Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Ookami_Kirai    21/08/2015    0 recensioni
“Vi fu un tempo in cui tenebre e luce, per la prima volta, combatterono fianco a fianco.
Furono tempi dolorosi. Tempi vuoti. Tempi bui. Un' epoca in cui l'amore stesso riuscì a distruggere tutto."
Questa è la storia di Araag Bran, un ragazzo che sarà costretto a riscoprire storie di un passato misterioso. Assillato dagli incubi, da una presenza oscura nei suoi sogni, cercherà cosi di scoprire chi è veramente.
Non date per scontato che questo sia la classica storia fantasy, perchè le vicende che Araag dovrà affrontare andranno ben oltre la semplice ricerca della verità. Chi lo minaccia veramente? Quest'oscura presenza è parte solo del suo vissuto o coinvolgerà le intere Terre di Morwen?
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Eviscerazione di un abbandono


Ma certo! Pensò Araag, alzandosi bruscamente dal soffice letto. Zhin potrebbe aiutarmi! Chi altri se non lui? Che io sappia dovrebbe ancora trovarsi nella villaggio dei Natif dell'Acqua, a Sud. Partirò con Galvorn, stanotte. Voglio capire chi sono io e sapere se sono in grado di affrontare la verità. Devo trovare Zhin, devo andare da lui. Araag si sedette allora al banchetto di legno nella sua stanza. Era ancora notte fonda, ma il sonno stentava a ritornare. Ormai era completamente sveglio, afflitto dai pensieri che lo avevano investito nuovamente, eccitato e pieno di speranza per via del sogno. Con un calamaio colmo di denso inchiostro nero sulla destra, foglio innanzi a sé e penna d'oca nella mano, il giovane si mise a scrivere. Ora sapeva cosa doveva dire. Ora sapeva cosa doveva fare. Finalmente riusciva a trovare le parole adatte per chi lo aveva ferito. Araag era tanto bravo con il suo sarcasmo, con il suo atteggiamento da ribelle narcisista, ma allo stesso tempo così ben educato. Araag riusciva sempre a sopraffare le persone con intelligenza e charme da intellettuale, chiunque diveniva vittima del suo modo di fare così particolare, così piacevole. Ma non sua madre, non lei. Quando il ragazzo era in sua presenza non osava mai ricercare la sfida, ma diveniva lui la vittima della situazione, stregato da quella gentilezza con la quale Isneth arricchiva ogni cosa. Il suo modo di cucinare, i suoi abbracci improvvisi, la sua tenacia anche nelle situazioni più disperate. Araag si sentiva combattuto: sua madre era la persona che non gli avrebbe mai voltato le spalle, avrebbe dato la sua vita pur di proteggerlo, questo lo aveva sempre saputo, lo notava nell'atteggiamento e nel fatto che lei non desiderasse mai nulla in cambio, la donna che lo aveva accudito e che non poteva fare a meno di sentirsi fiera di lui; ma, allo stesso tempo, quello stesso ragazzo si sentiva offeso ed umiliato profondamente, senza più dignità, senza più integrità. Tenuto all'oscuro dalla sua vera storia. Lui che aveva sempre ricercato la logica alla base delle cose, lui che non credeva in nulla di superiore, lui che ricercava sempre la causa e la conseguenza in ogni frangente. Lui che ora non riusciva a capire e che, in un'infinita tristezza, stava ora scrivendo di getto ogni suo pensiero più recondito. I sentimenti scorrevano come un fiume in piena: prima pagina, seconda pagina, terza pagina. La lettera era diventata infinita, ricolma di sbavature, lacrime e scarabocchi. Ma Araag doveva farsi ascoltare, almeno questa volta doveva vincere. Quando i suoi occhi cominciarono a bruciare, gettò la penna sul tavolo e si fiondò verso l'armadio, preso un sacco di tela, alla rinfusa vi scaraventò dentro i primi vestiti che gli capitarono sottomano. Prese il materiale usato per scrivere, i pochi soldi riposti nel cassetto e, muovendosi di soppiatto, se ne andò.

_ _ _

Isneth si svegliò molto più tardi del solito quella mattina, quella lunga discussione l'aveva stremata. Aveva passato gran parte della notte insonne, rigirandosi continuamente sotto le coperte, cercando di non pensarci, di non piangere più. Sbirciò dalla finestra della sua stanza e vide che il sole era già alto nel cielo, nascosto dietro fitte nuvole. Malinconica e profondamente dispiaciuta scese le scale. Si aspettava di trovare Araag nel cortile, o in cucina, poiché egli era solito alzarsi tardi. Sarà andato in città, pensava, o da Findo. Probabilmente avrà bisogno di stare solo. Così si mise a sbrigare le solite, noiose faccende domestiche in attesa di recarsi alla locanda qualche ora più tardi. Mentre raccoglieva le foglie nel cortile davanti casa le sembrò di sprofondare in una deprimente solitudine. Spazzava, spazzava e spazzava, poi riponeva il tutto in un grande cesto, e così via. Una volta che ebbe raccolto tutto il possibile, prese un grande secchio d'acqua ed iniziò ad innaffiare le varie piante presenti: rose, ortensie, rosmarino, finché, in un attimo di completo silenzio, le sembrò di udire uno strano rumore, qualcosa si muoveva tra le foglie. Pensò che fosse il vento e si spostò verso un' altra pianta, ma poi, sentito nuovamente quel forte rumore di fratte muoversi, si voltò e rimase ad osservare. Quello che vide fu talmente spaventoso che per qualche attimo non riuscì a muoversi. Una sagoma alta e nera si proiettò sulla facciata della casa, un'ombra grande ed agghiacciante. Per un attimo vide il sole spegnersi al passaggio delle nuvole ed essa si fece ancora più immensa. Sembrava che volesse inghiottirla. Dal cespuglio sentì ancora provenire quel fastidioso rumore e quando si voltò li vide: occhi gialli, spaventosi e profondi come l'abisso, circondati da qualcosa di informe e nero, ma molto più piccolo. Quando il sole si fece di nuovo spazio fra le nuvole tutto sparì. Sarà stata la mia immaginazione. Devo essere davvero, davvero stanca per pensare a presenze oscure. Stupido sole che gioca a nascondino, stupidissime nuvole che glielo permettete! Va bene, sì, devo sedermi un attimo. Quello che Isneth non sapeva, però, era che quel gioco d' ombre non era stato causato da un fenomeno atmosferico, né tanto meno dalla sua immaginazione. Ciò che aveva visto era reale, vivo, ma se n'era andato con tempismo perfetto.

Spaventata e tremante come un foglia, Isneth tornò in casa. Le ci volle qualche minuto per ritrovare la lucidità e, solo allora, si accorse di quanto tempo fosse passato. Pensò a che cosa stesse facendo Araag in quel momento, a dove si trovasse, pensò che avesse fatto colazione prima di lei, ma, quando andò al lavello per cercare stoviglie sporche da lavare, si accorse che non vi era nulla. Né un cucchiaio, né una ciotola. Tutto era rimasto com'era la sera precedente, pulito ed ordinato nella dispensa. Nella casa il silenzio tombale della solitudine si fece ancora più opprimente, i sottili spifferi d'aria che entrava dalle finestre erano glaciali, nonostante il tempo fosse mite. Fu in quell'attimo di brivido e di completo silenzio che ad Isneth balenò un pensiero ancor più glaciale: Araag non aveva messo piede in cucina quella mattina. Lo sentiva nelle viscere, quella era la verità. Preoccupata salì le scale e si mise a bussare alla porta. Toc toc toc... Silenzio. Toc toc toc. Nessuna risposta, nessun rumore. Con il tempo che scorreva alle sue spalle, Isneth delicatamente poggiò la mano sulla maniglia della porta. Se solo aveste potuto vedere con che estrema pazienza si mosse. La sua mano sottile lentamente si abbassava, portando la maniglia con sé. E quando, con un leggero cigolio la porta si aprì, Isneth non poté far altro che muoversi ancor più prudentemente. Cercò sul muro di destra la piccola lanterna che vi era in ogni stanza, sempre al solito posto. Con dolcezza l'accese, poco a poco, tanto quanto bastava ad illuminare il pavimento. Si recò verso la finestra e, sempre con estrema cura, fece penetrare quanta luce bastava per spegnere la lanterna e avere una chiara veduta della stanza. Fu allora che capì. Fu allora che vide ciò una madre non dovrebbe mai vedere: la stanza di Araag era un completo disastro, i suoi affezionati libri gettati ovunque assieme ad altrettanti vestiti, carte sparse ovunque, lenzuola ripiegate su loro stesse come se qualcuno avesse lottato nel letto. E poi, sul tavolo di legno piccolo e gracile, fogli riposti uno sull'altro, senza più nulla intorno. Con efferata calma li raccolse e, fattasi spazio sul materasso disordinato, si mise a leggere. Nonostante i fogli fossero molti, le parole erano assai poche. Parole che, ahimè, nessuno vorrebbe mai sentire. In un disperato pianto Isneth si lasciò cadere, eviscerata e svuotata da qualsiasi felicità. Lo avevo deluso e lui se n'era andato, nulla avrebbe potuto consolarla.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Ookami_Kirai