Film > Il gobbo di Notre Dame
Segui la storia  |       
Autore: Stella cadente    22/08/2015    7 recensioni
Francia, 1482:
Parigi è una città che nasconde mille segreti, mille storie, mille volti e mille intrecci.
Claudie Frollo è un giudice donna che tiene alla sua carriera più di ogni altra cosa al mondo.
Olympe de Chateaupers è una giovane ragazza da poco al servizio del giudice e, sebbene sia spavalda e forte, si sente sempre sottopressione sotto lo sguardo austero di quella donna cinica ed esigente.
Nina è una semplice ragazza di quindici anni, confinata nella cattedrale a causa di un inconfessabile segreto..
L’arrivo di Eymeric, un giovane ramingo gitano, sconvolgerà le vite di queste tre donne, in un modo diverso per ognuna.
Ma alla fine, di quali altri segreti sarà testimone Parigi?
Genere: Fantasy, Romantico, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Un po' tutti
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Gender Bender
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Parte seconda





XVII.
La sirena

 
 
Nina
 
 

Mi sentivo una codarda.
Ero emersa dal tratto di Senna che dava sul Terrain, vicino a Notre-Dame, e mi ero rifugiata nella cattedrale per timore che qualcuno mi avesse visto. Per sette giorni ero rimasta lì, impaurita indecisa sul da farsi.
Ora guardavo le acque della Senna scorrermi davanti, in preda ai sensi di colpa.
La cosa più naturale che mi era venuta di fare era stato darmi alla fuga, ma non era decisamente il piano migliore, dal momento che invece Olympe si trovava ancora tra le mani di quegli aguzzini.
Sei una sirena, Nina!
Le parole che mi aveva detto alla cattedrale mi rimbombavano nella testa come un ritornello. Già, perché ero scappata? Ero dotata di poteri sull’acqua. Olympe aveva ragione: non avevo nulla da temere. Eppure fino a quel momento avevo usato i miei poteri esclusivamente per giocare e per divertirmi; non mi era mai passato nella mente di usarli contro qualcuno per difendermi.
Ma dovevo liberare la mia amica.
E ora era di nuovo notte: probabilmente non ci sarebbe stata nessuna guardia nel sotterraneo.
È il momento opportuno.
Mi inabissai nella Senna e nuotai con decisione, diretta verso i sotterranei del Palazzo di Giustizia.
Sapevo come raggiungerli, attraverso l’acqua.
 
 
 
****
 
 
L’acqua del fiume era molto più scura, e da ciò capii che ero arrivata.  Era straordinario nuotare così liberamente; per quindici anni non avevo fatto che restare a Notre-Dame, senza mai poter esplorare altro se non il lago del chiostro. Ma sapevo dove andare; era come se l’acqua fosse un richiamo, per me. Come se fosse lei a guidarmi.
Ed era… sorprendente.
Guardai in alto: adesso distinguevo anche le fiaccole con la loro luce arancione, tremolante sul pelo dell’acqua.
Rimasi in ascolto, per individuare, eventualmente, un sospiro o un rumore di passi.
Niente. Dentro alle mie orecchie sentivo solo il rumore sordo di quella vaga corrente che agitava impercettibilmente la Senna. Non c’erano guardie in giro, lo sentivo.
Nuotai ancora un po’ più avanti, giusto per essere sicura di trovare Olympe senza intoppi. Non sapevo niente del Palazzo di Giustizia, e trovare le celle si stava rivelando un’impresa titanica.
Ad un tratto mi fermai.
Passi.
C’era un rumore di passi, che proveniva proprio dall’inferriata a semicerchio lì vicino. Passi ritmici, un po’ nervosi, ma delicati.
Il cuore prese a battermi talmente forte che me lo sentii andare a palpitare in gola; continuavo a stare immersa nel fiume, lasciando che l’involucro freddo dell’acqua mi tenesse nel suo abbraccio sicuro ancora un po’. Sentivo i miei occhi leggermente sbarrati dalla paura che saettavano continuamente sull’inferriata, nella speranza di poter scorgere qualcosa senza farmi notare.
Ma così non riuscivo a vedere niente.
Forza, Nina.
Presi coraggio e, piano, feci uscire la testa dall’acqua, attenta a non produrre nemmeno il minimo rumore. Guardai fra le sbarre con la paura che mi attanagliava le viscere, ma non sentii più nulla.
Che strano.                         
Il silenzio che abitava quella cella era fin troppo innaturale.
«Era ora» disse una voce che ben conoscevo, prima che una testa bionda sbucasse dal nulla, facendomi sobbalzare trattenendo un urlo di spavento.
«Sei completamente impazzita?» sussurrai, furiosa. «Mi hai fatto prendere un colpo!»
Probabilmente fino a quel momento era stata con le spalle contro il muro adiacente all’inferriata; perciò non l’avevo vista.
Olympe mi fissava con aria leggermente corrucciata, ma dopo poco sorrise gentilmente.
«Scusami se sono stata scortese» disse. «Pensavo che non saresti più venuta.»
Sorrisi anche io.
«Non ti abbandonerei mai, Olympe.»
«Già» replicò lei «non lo faresti. Ma dimmi» continuò «qual è il tuo piano?»
«Non ho nessun piano. Sono venuta per farti uscire, in un modo o nell’altro.»
La ragazza incrociò le braccia.
«E credi di riuscirci, se non hai prima pensato a come potremmo fare?»
«Abbassa la voce» la interruppi io bruscamente «ti sentiranno. Ed è fondamentale che non capiscano che io sono qui» dissi con tono fermo.
«Allora, cosa pensi di fare?» sussurrò lei, guardandomi.
«Non lo so. Un’ idea ce l’avrei, ma…»
«Spara.»
Feci un cenno ad Olympe invitandola ad avvicinarsi.
«Cerca di distrarre in qualche modo la guardia.» le bisbigliai all’orecchio. «Al resto ci penso io.»
La mia amica inarcò un sopracciglio.
«Ne sei sicura?»
Annuii.
«Fidati di me.»
Olympe si avvicinò alla porta della cella, attenta a non fare troppo rumore. Allungò il collo e accostò la bocca all’orecchio della guardia semiaddormentata.
«Aiuto!» gridò, facendo sobbalzare l’uomo. «Aiuto! Signore! C’è un fantasma! C’è un fantasma nella mia cella!»
E si mise a fare un gran chiasso. Urlava come un’invasata, mentre la guardia cercava di farla star zitta per non svegliare gli altri uomini di vedetta.
«Che cosa succede qui?» tuonò una voce maschile.
Un uomo alto e massiccio si avvicinò, comparendo dal buio del corridoio delle segrete, camminando con andatura imponente.
«Capitano Roland» disse il soldato «questa prigioniera è impazzita.»
Olympe intanto continuava ad accusare la presenza di un’entità inesistente, facendo spaventare sempre di più gli aguzzini.
«È posseduta, temo» disse il capitano. «Uomini!» chiamò. «Tirate fuori questa ragazza. Ma tenetela bene: potrebbe sfoderare una forza sovrumana. Ci sono entità malefiche dentro di lei.»
I soldati, con una faccia spaurita, aprirono la cella e presero Olympe, che continuava a dibattersi come se fosse sul serio presa da un qualche spirito demoniaco.
Recita bene, la ragazza.                                                             
«Bene. Adesso facciamo la prova del grano. C’è rischio che sia una strega» decretò il capitano.
Olympe agitò la testa, ma nel farlo mi lanciò un fugace sguardo come per implorare aiuto.
Io annuii.
Non sapevo quanto fosse attendibile la mia idea, o quanto potesse avere successo; ma poi ripensai ad Eymeric, a quando lo avevo visto per la prima volta senza che lui avesse visto me, a come era rimasto a guardare fissamente il vuoto, in alto, sperando di scorgermi..
Funzionerà. 
Mi schiarii la voce e cantai.
Cominciai piano, lasciando aleggiare nell’aria poche, prolungate note, che solcarono il silenzio e riecheggiarono nella cella come un dolce e inquietante eco.
Gli uomini si girarono subito, cercando la provenienza di quel canto, mentre io me ne stavo nascosta dietro l’inferriata. Avevano lasciato immediatamente la presa su Olympe, e il capitano Roland non aveva per niente l’aria di voler ancora fare la prova del grano sulla mia amica per scoprire se fosse una strega.
Sembravano tutti catturati dalla mia voce che, evanescente, continuava a diffondersi nella cella.
«Cos’è questo suono?» chiese un soldato. Era già in stato di trance: lo vedevo dai suoi occhi fissi e vuoti.
«È meraviglioso…» mormorò il capitano, scioccato.
Continuai a cantare, passando man mano ad una melodia sempre più elaborata, andando con la voce ora in alto, ora più in basso.
Funzionava. I soldati erano sotto il mio incantesimo, e nulla più sembrava importare loro se non della misteriosa voce che proveniva dalla cella.
Feci un cenno ad Olympe come a dire di liberarsi dalle braccia degli uomini e di aspettarmi vicino al tratto di Senna che scorreva lì vicino; lei obbedì senza fiatare, sconvolta.
Cominciai a nuotare per raggiungerla, mentre gli aguzzini seguivano il mio richiamo e si avvicinavano all’acqua, senza però prestare la minima attenzione alla mia amica.
Mi feci vedere e mi immersi nel mio canto angelico. L’acqua intorno a me si illuminò di bagliori argentati, dando al fiume un che di magico e ultraterreno, mentre i capelli mi si arricciavano intorno come manipolati da una forza invisibile, diventando da fulvi a color fiamma.
Non sapevo come stessi facendo: sapevo solo che dovevo riuscire ad essere il più ammaliante possibile per riuscire a trattenere le guardie e a liberare Olympe.
Con un gesto della mano feci scaturire dal fiume un sottile tentacolo d’acqua, trasparente e schiumeggiante, che andò a legare gli uomini mantenendosi rigido come una corda, senza che questi reagissero in alcun modo.
Poi, di colpo, mi zittii. Restai un momento a contemplarli così legati, completamente inermi di fronte a me, mentre mi guardavano stupiti.
Ma, d’un botto, la corda d’acqua si disintegrò.
«Corri» sussurrai ad Olympe, che si gettò subito in acqua con me.
«Oh Signore!» gridò Roland. «È una strega! È una strega! Uomini! Chiamate qualcuno! Quella ragazza deve essere messa al rogo! Prendetela!»
Cacciai Olympe sott’acqua e creai una bolla d’aria a coprirle la bocca e il naso.
Poi la presi per mano e sfrecciai a tutta velocità nelle acque scure della Senna, seminando in poco tempo le guardie di Frollo.
Anche se avessero detto qualcosa, nessuno avrebbe creduto loro, comunque.
Dovevo soltanto sperare che non lo dicessero alla mia tutrice.
 
 
****
 
 
«Spiegami come accidenti hai fatto» disse Olympe, fissandomi ad occhi sbarrati.
Eravamo in cima alla cattedrale, e stavamo guardando l’alba sorgere su Parigi.  L’aria era fredda, ma tutto sommato stavamo bene. Il silenzio che c’era dava un senso di pace e serenità, e mi perdevo ad osservare la piazza con i primi parigini che montavano il mercato e sistemavano carrette trainate da buoi.
«Nina.»
«Non lo so» dissi, con lo sguardo fisso su un mendicante seduto in un angolo. «Mi è... venuto naturale, suppongo» mi limitai a dire, scrollando le spalle.
«Ti è venuto naturale? E tu quella cosa la chiami naturale?» fece lei, alzando la voce.
Silenzio.
«Non fraintendermi, è stato fantastico, ma… buon Dio. Non credevo tu potessi arrivare fino a questo punto.»
Silenzio.
«Eri bellissima, comunque. Mi hai lasciata a bocca aperta» esclamò con entusiasmo. «I  tuoi capelli sembravano proprio le fiamme di una fiaccola. E l’acqua… accidenti, era magica. E poi la tua voce… Ma certo: eri tu! Ti avevo sentita prima della Festa dei Folli, proprio quando ho incontrato Eymeric…»
Il cuore mi balzò nel petto.
Eymeric.
«Eymeric!» urlai. «Come lo liberiamo, adesso?»
«Nina…»
«Lo abbiamo lasciato là, e gli uomini di Frollo adesso mi danno la caccia! Cosa possiamo fare, Olympe?»
«Nina, Eymeric non era nelle segrete» disse la ragazza alzando la voce.
«Come?»
«Lui non era là. Quando le guardie mi hanno presa, mi hanno portata nella cella in fondo al corridoio, perciò sono passata davanti a tutte le altre ed Eymeric non era in nessuna di quelle. Dovevo immaginarmelo, comunque. Lo conosciamo, Nina, pensaci. Con ogni probabilità sarà tre passi avanti a Frollo e ben lontano dal pericolo. Non ha bisogno di noi, adesso.»
«Ne sei sicura?» chiesi.
«Sicurissima» disse lei «non te lo direi, altrimenti.»
Silenzio.
«Direi anche» continuò la mia amica, mettendomi una mano sulla spalla «che adesso dobbiamo preoccuparci di far sì che quei gaglioffi non vadano a spifferare ciò che è successo nei sotterranei direttamente a Frollo.»
Annuii distrattamente.
«Altrimenti, amica mia» concluse «sarà un problema. Un grosso problema.»
 

 




Buondì, lettori  :)  come state? Spero bene.
Devo confessarvi che ho voluto che questo capitolo avesse un che di fantasy, e spero di esserci riuscita.
È stato, come dire … suggestivo scriverlo.
Lo dedico a Stella, qui nota come StellaandEleonora, perché è uguale a Nina, ha la sua stessa timidezza e la stessa natura gentile.
Dedico questa storia anche ad una persona speciale (boh a caso, ho voglia di fare dediche). Non c’è un motivo specifico, anche perché non la leggerà mai, semplicemente oggi è il suo compleanno ed è il mio Eymeric reale, per cui mi sento di dedicargliela.
Adesso ci possiamo aspettare di tutto, e sono curiosissima di vedere che ne pensate voi.
 
Grazie per aver letto, e alla prossima,
Stella cadente
 
Nota storica al testo: la prova del grano era uno dei tanti modi per riconoscere una strega, e consisteva nel tirare addosso alla presunta sospettata tre chicchi di grano. Se quest’ultima avvertiva il bisogno di urinare, era ritenuta colpevole di stregoneria.
  
Leggi le 7 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Il gobbo di Notre Dame / Vai alla pagina dell'autore: Stella cadente