Capitolo 15: piscine deserte, onde perfette
e
lattine svuotate
Si strofinò il
bagnoschiuma sulle braccia prive di peli, simili a quelle di un
ragazzino
dell’asilo e per nulla abbronzate.
Sora sbuffò:
incredibile, ogni estate la stessa storia!
Era più bianco di
Riku!
Aveva provato a
mettersi seriamente al sole per abbronzarsi, un paio di giorni prima,
con tanto
di occhiali e tankobon, pronto per passare l’intero pomeriggio in
catalessi
sotto i raggi.
Ma dopo dieci minuti
su tutta la pelle aveva avvertito un pizzicore tremendo, come se fossde
stato
punto da mille granchi invisibili, ed era stato costretto a ripararsi
sotto
l’ombrello da Gotich Lolita* di Paine, che lo aveva guardato malamente,
mentre
Tidus gli gridava dietro che ‘non reggeva neanche un po’ di sole’.
Oh, certo, mica
erano tutti come lui, che bastava stesse un secondo sotto quella
lampadina
gigante per diventare più scuro della cioccolata che piaceva tanto a
Demyx!!
Posò la confezione
di bangoschiuma profumato sul pavimento, e in silenzio iniziò a
sciacquarsi,
mentre lo shampoo iniziava a colargli e gli finiva un po’ negli
occhietti
azzurri.
“Ahi! Porco
Shinji !”
“Socchan, solo
perché odi Neo Genesis Evangelion** non vuol dire che devi insultare i
protagonisti! Ti ricordo che io ho la collezione di tutti i tankobon e
degli
OAV***!”
Sora si fermò
immediatamente, alzandosi sulla punta dei piedi e affacciandosi alla
doccia
accanto, dove un Roxas più contento del solito era intento a chiudere
l’acqua e
infilarsi le infradito.
“E’ solo un manga,
Rox!”
“Come il tuo stupido
Ranma, Socchan?”
Tidus si mise a
ridere quando sentì Sora urlare qualcosa come “Non toccare il MIO
Genma-san!”
“Avete finito di
fare macello?! Sbrigatevi a lavarvi, stiamo aspettando da mezz’ora!”
puntualizzò dall’esterno Xaldin, mentre, accanto a lui, fuori dalla
porta,
Marluxia cercava di guardare dentro, Demyx gli tirava le orecchie e
Axel, tanto
per fare qualcosa di diverso dal solito, si stava fumando una sigaretta.
Roxas aprì la porta
della sua doccia, lasciando libera una quantità preoccupante di vapore,
e
ciabattando uscì all’esterno, coperto dall’accappatoio.
Demyx, senza
preoccuparsi di non farsi vedere, diede una gomitata rumorosa ad Axel,
che si
voltò e per poco non collassò sull’erba.
“Com’è oggi l’acqua,
Roxy?” chiese Marluxia, avvicinandosi un po’…beh, un po’ troppo.
Axel scattò in
avanti e prese Marluxia per una spalla , con la stessa espressione di
un
bambino a cui hanno appena rubato una caramella appena comprata.
“Marlu-chan…vuoi che
ti mandi sotto l’acqua fredda a calci
oppure ci vai coi tuoi bei piedoni da Yeti?”
Marluxia, che si
aspettava una reazione del genere, si
mise a ridere.
“Va bene, va bene,
ti lascio il tuo cucciolo” fece, divertito, e si fiondò nella doccia
appena
liberata da Roxas.
Il ragazzino guardò
Axel, asciugandosi i capelli con un secondo asciugamano e sentendo
delle
goccioline d’acqua che gli colavano ancora dalla punta del naso.
Axel gli gettò
un’altra occhiata vorace, poi si affrettò ad allontanare gli occhi.
“Emh...vatti a
cambiare, sennò poi prendi freddo.”
Roxas, per la prima
volta, si ricordò che sotto quel dannato accappatoio non aveva
assolutamente
niente, neanche l’intimo, e arrossì visibilmente.
“Già, è…è meglio che
vada.” Balbettò, imabarazzato, per poi correre verso il bungalow.
Axel lo guardò
andare via, sperando che gli si alzasse un po’ il lembo
dell’accappatoio, anche
se sapeva benisimo che era una cosa da pedofili.
Xaldin e Demyx, alle
sue spalle, sbottarono a ridere.
“Ehy, Ax, mi sa che
ti serve un bagno…vuoi che ti libero una doccia?” chiese Xaldin,
divertito come
un matto.
Axel si girò di
scatto, mentre Demyx e quel brutto vecchiaccio sembravano sul punto di
chiedere
un pannolino per non sporcarsi le mutande, tante erano le risa.
“AHAHAHAH! Ax, non
per dire eh…ma tra le gambe sei un po’….”
Axel gettò subito
un’occhiata alle parti basse e…
CAZZO!
Si voltò verso la
direzione in cui era andato Roxas, ora deserta, e per la seconda volta
in tutta
la sua vita la pelle del viso divenne tutt’uno con i capelli.
“Bastardi!!! Come se
a voi non fosse mai successo! E poi…mica è così per Roxas…devo…devo
solo fare
pipì!”
“Sì, e i bambini
nascono sotto i cavoli!” fece Demyx, asciugandosi le lacrime dagli
occhi
azzurri. “Axel, davvero…devi trovare una soluzione a questo problema!
Roxas ha
solo sedici anni…non puoi farci le porcate come con uno di venti!”
“LO SO BENISSIMO!”
tuonò Axel, più in imbarazzo che mai, nascondendo il viso fra le mani e
ancora
girato.
Oh merda…
Perché non poteva
sparire?!
Desiderò con tutto
sé stesso che in quel momento precipitasse un aereo e lo colpisse in
pieno,
ammazzandolo sul colpo.
“…la doccia me la
faccio oggi pomeriggio!” esclamò, contrariato.
Poi, senza aspettare
risposta da quei due idioti, si allontanò in una direzione a caso.
Anche una necropoli
sarebbe stata meglio di quelle stupide doccie pubbliche!
Correndo, andò a
sbattere contro qualcosa, e si ritrovò davanti una Kairi perplessa.
“Aku-senpai!”
esclamò la ragazza, sorpresa di ritrovarsi davanti proprio il ragazzo a
cui
stava pensando.
Axel la salutò
flebile, ancora sovrapppensiero.
Basta, non…non ce la
faceva più!
Lui voleva bene, a
Roxas…sul serio…
Gli piaceva tenergli
la mano, guardarlo ridere, o lavorare, o giocare a
calcio…però…non poteva farci niente…il suo
istinto sembrava non accontentarsi di cose del genere…
Però lo sapeva,
accidenti…sapeva che Roxas era qualcosa di troppo delicato…qualcosa di
troppo
importante…non voleva trattarlo come uno di quelli da “una botta e
via”…Roxas
era diverso…
“Axel-san?! Ci sei?”
domandò Kairi, vispa, schioccando le dita davanti agli occhi verdi di
Axel, che
subito sobbalzò.
“Ah, scusa, ero…ero
distratto. Ti ho fatto male?”
Kairi sorrise,
sbattendo leggermente le piccole ciglia colorate con una punta di
mascara.
“No, tranquillo.
Piuttosto…senpai, sei sicuro che vada tutto bene? Mi sembri pensieroso.”
Axel, senza pensarci
due volte, prese la sigaretta che teneva dietro l’orecchio e se
l’accese,
nonostante ne avesse appena finita una.
Forse doveva davvero
comprarselo, quel libro per smettere di fumare.
Avrebbe potuto
chiederlo a Zexion per compleanno; era l’unico a cui potevi chiedere
dei libri
per regalo senza avere timore di farti ridere in faccia.
Kairi continuava a
fissarlo, manco fosse stato il pupazzo del Tottoro nel Museo dello
Studio
Ghibli****.
Prese una boccata di
fumo e si afflosciò a terra, appogiato al muretto.
“Beh, il fatto è…che
ho un po’ di problemi.”
“Con mio cugino?”
Axel rischiò di
strozzarsi con la sua stessa saliva, e si voltò verso Kairi con gli
occhi
spalancati: la ragazza, dal canto suo, si limitò a ridacchiare e a
sedersi
accanto a lui, sistemando accanto la borsa a tracolla dove aveva
l’asciugamano
per la spiaggia.
“Sai, Aku-senpai”
cominciò, godendosi l’espressione esterrefatta di Axel per qualche
breve
istante “Roxas…è un ragazzo diverso dagli altri. E’ pieno di rabbia
verso il
mondo, e non ha fiducia in niente. Sua madre…lo ha abbandonato quando
aveva sei
anni o giù di lì.”
Axel lasciò che la
sigaretta cadese a terra, stavolta davvero, davvero stupito.
…allora era questo
ciò che Roxas gli aveva sempre tenuto nascosto?
Ma perché?
Perché…perché non
glielo aveva mai raccontato?
“Dici sul serio?”
chiese, senza urlare né agitarsi, ma alterando leggermente la voce,
cosa di cui
Kairi si accorse.
Si fissò i piedi,
sovrappensiero, e Axel, se non fosse stato completamente preso da ciò
che lei
stava dicendo, si sarebbe chiesto se non avessero qualcosa che non
andava.
La ragazza fece un
piccolo cenno del capo, agitando lievemente le ciocche rossicce che le
cadevano
sulle spalle e spegnendo di un poco lo sguardo.
“Mia zia…se n’è
andata di casa una mattina presto, durante uno dei viaggi di lavoro di
mio zio.
Ha lasciato Roxas da solo.” Spiegò, rapida e secca, come se anche il
semplice
ricordare le facesse troppo male.
Axel, che aveva
raccolto la sigaretta, fece un lunghissimo tiro, mentre dentro lo
stomaco gli
si apriva una specie di voragine grande quanto il Monte Fuji.
Roxas...il suo
Roxas…
Era per questo che
non si fidava mai di nessuno…?
Quella donna…lo
aveva abbandonato a un’età del genere…mentre il padre non c’era…
…chi potrebbe mai
fare una cosa del genere al proprio bambino?
“E’ una cosa….disgustosa.”
riuscì solo a mormorare, ignorando gli occhi che, lenti, iniziavano ad
appannarsi.
Kairi tacque per un
breve istante, poi, con una mossa secca, si alzò, portano la borsa con
sé e
rimettendosi il capellino da baseball che aveva tolto poco prima.
“Aku-san…”
Axel incrociò gli
occhi con quelli azzurri di lei, e non potè fare ameno
di notare che erano di un colore
similissimo a quelli di Roxas.
“…ti prego…non
fargli del male.”
Il ragazzo, senza
aspettare che aggiungesse altro, assunse un’espressione severa.
D assoluta
convinzione esincerità, come se non
avesse dubbi a riguardo.
“Io amo tuo cugino,
Kairi.” Disse semplicemente.”Lo amo come…come non ho mai amato nessuno.”
Kairi lo vide
sorridere, e ricambiò il gesto.
Suo cugino aveva
ragione.
Axel sapeva davvero
farci, con le parole.
***
“Sonounidiotasonounidiotasonounidiotasonounidiota…”
Rikku continuava a
ripetersi la stessa frase ad alta voce da circa mezz’ora, ovvero da
quando si
era alzata.
Stava facendo tardi,
accidenti!!!
Ma a che ora era andata
a dormire, la sera prima?!
Svoltò a destra
correndo, infilando una manica del giacchetto azzurro e con una fetta
di pane
tostato stretto tra i denti.
Cercò di fare mente
locale.
…erano tornati dal
ristorante verso le dieci…poi si era infilata il pigiama, quello che
Selphie le
invidiava tantissimo…poipoipoi…h, sì, aveva iniziato a
giocare a Tekken con Yucchan…avevano fatto
una ventina di incontri, poi lei si era stufata e aveva mangiato un
pacchetto
di patatine al formaggio, di quelle che Kairi diceva sempre che
puzzavano…
Accidenti…si ricordò
tutto u tratto che l’ultima volta ch aveva visto l’orologio era l’una
passata…
Beh, quando uno è
deficiente…
“Merda!” esclamò,
rivolgendosi a se stessa e fermandosi un nano secondo, quel poco che
bastava
per riprendere fiato.
Stava già per
ripartire, con tanto di posa da centometrista delle braccia e delle
gambe,
quando in lontananza vide Riku su una panchina accanto al campo da
calio,
intento a parlare al telefono.
Oh, beh..tanto ormai
era in ritardo…
Sorrise, sentendosi
una perfetta cretina, e senza pensarci due volte si avvicinò al ragazzo.
Quando lo raggiunse,
gli si piazzò davanti, mantenendo un sorrisone largo tre metri che gli
occupava
da solo mezza faccia.
Riku sospirò,
chiedendosi cosa aveva fatto di male nella vita per meritarsi una
punizione
simile.
Al telefono con quel
tirannosauro di sua madre e davanti agli occhi la sclerata dell’anno.
Fantastico.
Ok, ora potevano
dirglielo…dov’erano le telecamere?
“Sì….d’accordo.
Ciao.”
Non fece in tempo a
chiudere la conversazione che Rikku gli era praticamente già saltata
addosso,
sedendoglisi sulle ginocchia.
“Good morning,
Ricchan!” esclamò la ragazza, piegando le labbra truccate di lipgloss
in un
sorriso.
Riku riuscì a
malapena a rificcare il cellulare nella tasca dei jeans, poi le lanciò
uno
sguardo non troppo benevolo.
“Non dovresti essere
a lavoro? E poi ti ho già detto mille volte di non chiamarmi Ricchan!”
Rikku assunse un’espressione crucciata, che mal si addiceva ai suoi
lineamenti
appuntiti.
“Come siamo scorbutici
oggi, Ricchan.” Osservò, inserendo una nota d’ingenuità nella voce, per
darsi
un’aria infantile e sperare che Riku si addolcisse.
Ovvio, sapeva che
non sarebbe successo.
Eppure ogni volta ci
provava, a fare gli occhi dolci: insomma, sua madre le aveva sempre
detto che
un battito di ciglia può sconvolgere un uomo più di una vitoria della
sua
squadra preferita di calcio.
Ma Riku non era
proprio il tipo, da fare caso a certe cose.
Non che fosse
insesibile, oh, no.
Non avrebbe mai
potuto pensare una cosa del genere.
Preferiva credere
che il suo fosse solo un atteggiamento per far scena.
Evidentemente, non
riusciva proprio ad accettare che quel comportamento fossse dovuto al
fatto che
lui, semplicemente, voleva solo farsi gli affari suoi e stare da solo,
alle
volte.
Riku alzò gli occhi
al cielo, e le fece spazio sulla panchina, tanto per far pace con la
coscienza.
Naturalmente, Rikku
non esitò a fiondarsi lì accanto e sedersi a gambe incrociate,
fissandolo.
“Stamattina mi sono
alzata tardi. Ma scommetto che Namichan se la caverà alla grande.” Fece
una
pausa, come a sperare che lui si mostrasse interessato alla cosa.
Quando capì che al
ragazzo non poteva fregare di meno, riprese a parlare come se nulla
fosse.
“…Ricchan…posso
farti una domanda?”
Riku, ormai amareggiato
e arreso all’idea di essere chiamato in quel modo ridicolo per tutta la
vita,
si limitò a fare un piccolo cenno con il capo, scuotendo un poco la
frangetta
chiara che gli ricadeva sugli occhi.
Rikku aveva sempre
pensato che sarebbe stato molto meglio senza quei capelli sul viso, ma
al
momento il pensiero non la tangeva minimamente.
“…ti piace qualcuna,
Ricchan?”
Riku non mostrò
alcuna reazione, nonostante il suo primo impulso fosse stato quello di
scavare
nell’asfalto o farsi investire dalla prima macchina di passaggio.
Ma mantenne il
controllo.
Come sempre, del
resto.
“Rikku…non sei il
mio tipo, te l’ho detto cenntinaia di volte.”
“Ma perché no?!
Voglio dire…cos’ho che non va?” chiese lei, saltando in piedi sulla
panchina.
Riku la guardò negli
occhi, disperato.
“Non…sei tu, il
problema…è…una cosa complicata”
“E non puoi
spiegarmela?!” sbottò la ragazza, iniziando ad arrabbiarsi.
Riku le lanciò uno
sguardo carico di rammarico.
Cosa doveva dirle,
diamine?!
Perché non riusciva
a farsene una ragione?!
Eppure, l’aveva
rifiutata tante di quelle volte…una ragazza normle si sarebbe
rassegnata già da
tempo.
“Rikku…mi dispiace.
Dico davvero.”
Rikku arrossì com
non aveva mai fatto, gli occhi pieni di lacrime.
Il ragazzo avrebbe
voluto agiungere qualcos’ altro, ma il timore che la situazione potesse
peggiorare gli fece tenere la bocca ben chiusa.
Rikku tornò a
sedersi, stavolta sulle ginocchia, verso Riku: prese il volto del
ragazzo tra
le mani e lo baciò.
Non in modo volgare,
no…con una tristezza infinita.
Le guance di Riku
erano immobili sotto il suo tocco, quasi come se lui fose diventato
all’improvviso di ghiaccio.
Si allontanò, mentre
ormai piangeva come una bambina a cui hanno appena rubato il giocattolo
appena
comprato.
“Eppure…tu…mi piaci
così tanto…”
***
Fece cadere la
lattina a terra, e quella si aprì contro un sasso.
Sora percepì il
cuore fermare i suoi battiti, ma non fece in tempo a riprendere fiato
che fu
costretto a nascondersi dietro al primo cespuglio nelle vicinanze,
perché
Rikku, seduta laggiù sulla panchina, si guardava attorno ancora
frastornata.
Il ragazzo spostò lo
sguardo verso Riku, che guardava in basso senza espressione.
…Riku…
Gli aveva dato
appuntamento là la mattina presto, prima del lavoro…gli aveva detto che
aveva
bisogno di parlargli...e lui aveva anche comprato delle lattine al
distributore, di quella bibita schifosa che sembrava piacesse solo a
lui…
…cos’era
quel…terribile senso di vuoto che gli stava invadendo il petto?
Non lo
sapeva…l’uncia cosa di cui era certo era che voleva vedere Rikku
andarsene e
dimenticare quella scena al più presto…
Certo…Rikku era
sempre stata innamorata persa, di Riku…ma lui, la sera prima…
Oh, accidenti…
Si alzò di scatto,
ben attento a non farsi vedere, poi sgattaiolò per la strada battuta
che
portava alla spiaggia.
Iniziò a correre,
correre più forte che poteva, sperando che la mente gli si svuotasse.
Merda…merda!
Non…non era
normale!!
La sua reazione non era normale!!
Si stava comportando
da pazzo!
Raggiunse lo
stabilimento con un’espressione di vuoto totale, come se qualcuno gli
avesse
appena soffiato via l’anima.Si fermò in piedi, le scarpe piene di
sabbia, a
fissare le onde azzurre e tanto perfette da essere irritanti.
Alcune ragazze
stavano giocando con un grande pallone a stelle rosa, lanciandoselo e
gettandosi in acqua per tentare di acchiapparlo, con i capelli lunghi e
gocciolanti che ricadevano sulle spalle e i costumi a fantasie assurde.
“Socchan, che ci fai
qui?”
Sora riconobbe
all’istante la voce di Kairi, e si voltò per mostrarle un sorriso falso.
Il primo della sua
vita.
Non aveva mai avuto
bisogno di fingere…era sempre stato davvero felice, spensierato, uno
che quando
aveva visto Il Re Leone la prima volta aveva subito adottato le parole
Hakuna
Matata rendendole il suo motto.
Kairi non ricambiò
il gesto, al contrario assunse
un’espressione crucciata.
Aveva capito che
stava fingendo.
E per un istante gli
tornarono alla mente le parole di Selphie…che Kairi era innamorata di
lui…
…in fondo…non era
quello che aveva sempre voluto?
Non era ciò che
aspettava da anni? Le parole che voleva sentire da quando erano alle
medie?
Preso da quei
pensieri istintivi, si avvicinò a Kairi e le sfiorò una guancia con le
dita.
….no…non lo stava
facendo perché aveva visto Riku e Rikku che si baciavano…lo stava
facendo
perché…
Bèh…perché Kairi gli
era sempre piaciuta…no?
“Kacchan.”
Kairi sembrava aver
capito che la situazione stava avendo una svolta imprevista, e le
guance chiare
le si colorarono di un delizioso e leggerissimo rossore.
Sora finse di non
notarlo: la sua mente era come una finestra appannata, e neanche lui
riusciva a
rendersi bene conto di cosa stesse facendo.
Una parte del suo
cervello era lì sulla spiaggia…ma l’altra, quella più piccola, sembrava
ancora
addormenatata, e continuava a sognare la stessa scena…continuava a
vedere le
labbra di Riku che incontravano quelle di Rikku…
“…Socchan..?”
bisbigliò Kairi, mentre il rumore del mare e le risate dei bagnanti si
facevano, alle sue orecchie, sempre più piccole.
Doveva tornare a
lavoro…al chiosco non c’era nesuno..chissà perché, Riku non era ancora
arrivato..Oh, ma a che diamine stava pensando?!
Sora era lì, davanti
a lei, vicinissimo, tanto che avrebbe potuto contare le ciglia dei suoi
occhi
stupendi…e lei pensava a cose simili?!
Sora non la stava
neanche a sentire…abbassò lo sguardo per un attimo, e la luce nei suoi
occhi,
Kairi lo vide, si spense per un istante.
Poi, come se stesse
scacciando un brutto pensiero, scosse lievemente la testa, credendo di
non
essere visto: rialzò gli occhi, un velo di serietà che glieli riempiva.
“…vuoi metterti con
me?”
**
Andiamo in moto,
aveva detto.
Sara divertente,
aveva detto.
….ma la colpa non
era stata di Axel, oh no.
La colpa era stata
sua, che gli aveva creduto e aveva avuto la masochista idea di seguirlo
davvero!
E adesso, con il
casco che gli stava distruggendo i capelli che aveva impiegato mezz’ora
a
sistemare, la maglia che, controvento, sul davanti si attaccava alla
pancia
come fosse fatta di scotch e il vento negli occhi, riusciva a rendersi
conto
che sarebbe stato meno autolesionista se avesse fatto bangee jumping
senza
corda.
Si, sicuramente i
rischi sarebbero stati minori.
Chissà, magari
mentre cadeva sarebbe riuscito ad aggrapparsi a qualcosa…chessò, uno di
quei
rami secchi che stavano in tutti, tutti
i film di avventura e che, puntualmente, salvavano quello sfigato del
protagonista, che, non si sa come, ogni volta riusciva magicamente ad
aggrapparcisi senza finire schiantato al suolo.
Oh, ma a che diamine
stava pensando?!
La sua vita era
seriamente in pericolo.
“AXEL, IO TI
AMMAZZOOOOOOOOOOOOOO….” Gridò d’un tratto, sperando che l’altro lo
sentisse.
E così fu, o almeno
lo intuì, perché lo sentì ridacchiare da sotto il casco rosso.
Il ragazzo, in tutta
risposta, impennò, aumentando la velocità, e Roxas fu costretto a
saldare la
presa intorno alla vita di Axel
….dannato!
Lo stava facendo
apposta, perché voleva essere abbracciato più forte!!
Che razza di malato
poteva divertirsi a flippare su una moto rossa fuoco sull’autostrada di
una
giornata di fine estate?!
Non voleva morire,
era…era troppo giovane!
Aveva appena
imparato a baciare, cavolo, Dio non poteva fare qualcosa di tanto
crudele da
ammazzarlo proprio ora che la vita cominciava ad avere un senso!
Axel rallentò di pochissimo, quel poco che bastava per permettergli di
aprirsi
un attimo il vetro del casco e lasciare che l’aria d’estate gli
arrivasse in
volto.
Quando finalmente
Axel frenò buscamente, Roxas riaprì gli occhi, dopo che li aveva tenuti
sigillati (non chiusi: sigillati. Ermeticamente, quasi) per più di
dieci
minuti, e si guardò attorno, psicologicamente distrutto.
“Prima o poi dovrai
spiegarmi perché abbiamo preso l’autostrada. Potevamo venire in
autobus,
saremmo arrivati da un pezzo.”
Axel si mise a
ridere, mettendo la catena alla moto e togliendosi il casco, liberando
i
capelli sparati da tutte le parti.
“Cavolo, quanto ti
lamenti! Volevo farti fare un giro…perché, non ti sei divertito?”
domandò,
immaginando la risposta.
Roxas fece una
smorfia come se qualcuno gli avesse appena dato una spinta sulle
costole.
”Oh sì, come a una riunione di satanisti.”
Axel fece una
piccola risata, alzando gli occhi al cielo.
“Dio, sei così
romantico da farmi venire i brividi” esclamò, ianrcando un sopracciglio.
Il più piccolo
incrociò le braccia al petto.
“Wow, hai appena
fatto la prima battuta sarcastica della tua vita. Stasera riso con
fagioli
rossi.*****”
“Ehy, già di cattivo
umore? E io che ti avevo invitato perché volevo stare un po’ con te. In
quel dannato villaggio non riusciamo
quasi mai a vederci.”
Lasciò la frase in sospeso,
e Roxas fu colto da un indecifrabile
senso di colpa.
Accidenti…Axel non
aveva tutti i torti.
Era lui, che li
stava costringendo a tenere nascosto tutto questo.
E pensare che non ci
sarebbe stato nulla di cui vergognarsi…eppure…
“….non mi sento
ancora pronto per dirlo agli altri, Ax. Mi dispiace…io…”
Axel gli si
avvicinò, il casco ancora tra le mani, e si chinò per guardarlo dritto
in viso.
“Ehy” bisbigliò,
incurante dei passanti che, di tanto in tanto, lanciavano a entrambi
sguardi
incuriositi “stavo scherzando. Non me ne frega niente… se stiamo
insieme di
nascosto.” Abbracciò gli occhi di Roxas, ed ebbe un brivido nel vederli
così
chiari. “…per me possiamo andare avanti così per sempre. E’ molto
romantico,
non trovi?” e sorrise.
Roxas capì che stava
dicendo così per consolarlo, per togliergli ogni responsabilità….
Lo baciò appena,
alzandosi in punta di piedi per stare più comodo.
Axel mollò una mano
dal casco per stringerla con la sua, e rimasero così per qualche
istante.
“Emh…Ax…non per dire
niente…”
Axel aprì
gli occhi, e si accorse di essere
rimasto imbambolato come un perfetto idiota per qualche secondo buono.
Davanti a lui, Roxas
che sogghignava sotto i baffi.
“I film,
tecnicamente, vanno visti dall’inizio, non dal secondo intervallo.”
Axel sbottò
a ridere, ma quando vide l’ora sul
display del cellulare assunse un’espressione impagabile.
“Cavolo! Comincia
tra mezzo minuto!”
Prese Roxas per mano
e inizarono a correre insieme verso il cinema, facendosi largo tra la
folla.
Roxas, col fiatone,
alzò gli occhi al cielo, amareggiato.
Nota mentale: mai
più cinema con Axel.
A meno che non sia
un film che hai già visto.
**
Axel camminava con
le mani in tasca, la sigaretta spenta in bilico tra le labbra e l’aria
più
distratta del mondo.
Non si sarebbe
stupito se avesse preso in pieno un palo, ma al momento la
preoccupazione era
minima.
Il pomeriggio del
giorno prima era stato grandioso.
Peccato per il
film…tra quaranta persone, l’unico uscito sorridente dalla sala era
stato
Roxas, con un sorrisone sulle labbra e le guance sporche del burro dei
pop-corn.
Aveva detto che il
film era stato fantastico, e quando se n’era uscito con questa frase:
“il
fratello del protagonista era proprio carino” lui aveva provato
l’impulso di
lanciargli addosso una delle colonne del multisala.
Svoltò l’angolo del
bar e si ritrovò davanti alla piscina vuota.
Per forza, erano
andati tutti via.
Chissà perché gli
aveva detto di vedersi così tardi.
Naminè lo aveva
raggiunto al lavoro la matina dicendo che aveva un problema, e l’unica
persona
con cui se la sentiva di parlarne era lui.
Mah.
Certo che quella
ragazza era strana.
Per carità, una
bravissima persona…ma alle volte gli
sembrava un po’ distante, come se avesse sempre la testa fra le nuvole.
E poi loro due non
avevano mai avuto chissa quale rapporto…cioè, parlavano spesso, ma non
più di
quanto lui chiacchierasse con Kairi o, che ne so, quella ragazzina
bionda,
quella innamorata di Riku.
Ecco, lui era una di
quelle tipiche persone che socializzava un po’ con tutti.
Però aveva accettato
di incontrarla perché…beh, perché era la migliore amica di Roxas, e
quindi non
poteva essere tanto male.
A proposito..ora che
ci pensava, non aveva ancora visto Roxas, oggi.
Certo, lo aveva
beccato dieci secondi a colazione, ma avevano fatto a mala pena in
tempo a
salutarsi un attimo, perché entrambi dovevano lavorare.
Sospirò, sedendosi
su una sdraio vuota e ripercorrendo mentalmente le dodici lezioni della
giornata.
Era distrutto.
Non vedeva l’ora di
mettersi a letto, cosa insolita per uno che, come lui, era abituato ad
andare a
dormire come minimo alle due di notte (anche a causa delle ispirazioni
notturne
di Demyx, che quando inizava a suonare la sua maledetta chitarra non la
smetteva più, con la scusa che ‘aveva avuto un’illuminazione’.)
“Scusa il ritardo.”
La voce di Naminè lo
fece alzare di scatto dalla ridicola posizione in cui era seduto, e la
ragazza
gli si avvicinò sorridente.
Indossava una
salopette bianco latte con i pantaloni cortissimi, e i capelli erano
raccolti
in due trecce spettinate.
Sembrava molto più
piccola della sua età, eppure il suo viso aveva qualcosa di strano.
Axel,
all’improvviso, si sentì a disagio senza un’apparente ragione.
…aveva…una brutta
sensazione.
Cercò l’accendino
nella tasca e, una volta trovato, accese la sigaretta, provando a non
pensarci.
“Figurati, erano
appena arrivato” esclamò, sorridendo. “Allora, cosa succede?”
Naminè smise
improvvisamente di sorridere, e iniziò a camminare a bordo piscina, le
mani
dietro alla schiena.
“...sai,
Aku-senpai…sono…innamorata di un ragazzo.”
Axel la guardò
accigliato.
“Beh, alla tua età
mi sembra normale. Per caso lo conosco?” chiese, senza reale
interesse…più che
altro, gli sembrava scortese mostrarsi menefreghista.
Naminè smise di
camminare e guardò il pelo dell’acqua illuminata dalle luci artificiali
sul
fondo.
“Oh, direi di sì.”
Cominciò, senza mostrare segni di imbarazzo. “...ma non penso di avere
possibilità. Sai, non credo mi abbia notata poi molto.”
Axel diede un tiro,
agitato.
La sensazione di
prima non accennava a sparire… al contrario, si sentiva sempre più
nervoso.
Accidenti!
“Beh…ma lui sa che
ti piace?”
Naminè lo guardò
fisso negli occhi.
“Adesso sì.”
Axel rimase
sbigottito per un attimo, poi realizzò ciò che la ragazza voleva dire e
arrossì
di botto, imbarazzato.
…oh, no…
Naminè gli si
avvicinò e, in silenzio, si sedette su di lui.
Axel era
visibilmente agitato, e non badò al rumore di passi che si avvicinavano.
Naminè guardo alle
spalle di Axel senza che lui ci facesse caso.
Dietro di loro,
trovò Roxas che avanzava nella loro direzione, incuriosito.
Lei fece una smorfia
di eccitazione, poi, facendo finta di nulla, di nuovo puntò i suoi
occhi di
ghiaccio verso Axel.
“Senpai…”
Axel non ebbe
neanche il tempo di rendersi conto della situazione: Naminè posò
delicatamente
le labbra sulle sue.
Il ragazzo era
talmente confuso da non riuscire neanche a ribellarsi, e lei approfittò
della
situazione per rendere il bacio più profondo.
Axel, quando
finalmente realizzò cosa stava accadendo, prese le spalle della ragazza
e la
allontanò con un movimento brusco.
Naminè aveva ancora
le labbra umide, ma sembrava soddisfatta.
Guardò dietro ad
Axel, e il visetto le si illuminò in un sorrisone.
“Oh, ciao Roku-chan.”
Axel, sentendo quel
nome, si voltò di scatto: davanti a lui, Roxas lo fissava senza parole.
Riusciva a vedere le
lacrime già appese alle sue ciglia, e il viso gli era diventato
paonazzo.
Si alzò
immediatamente, lasciando che Naminè cadesse a terra, e cercò di
prendere Roxas
per una mano.
“Rox! Posso…posso
spiegarti!” riuscì solo a balbettare.
Roxas abbassò il
capo, nascondendo gli occhi sotto la frangetta, e con uno schiaffo
allontanò la
mano di Axel.
Il ragazzo sentiva
un nodo all’altezza della gola, ma Roxas…sembrava semplicemente senza
espressione.
“…scusate se vi ho
interrotti.” Sussurrò, e poi corse via.
Sentiva Axel
chiamarlo da dietro, ma non sarebbe mai voltato indietro.
Continuò a correre,
le gambe che sembravano in procinto di cedere da un momento all’altro e
piangendo come quando sua madre se n’era andata.
Singhiozzava così
forte che avrebbe potuto scuotere una montagna, e senza neanche
accorgrsene
arrivò alla spiaggia deserta.
Non si fermò neanche
un istante per guardare il sole che
tramontava contro il mare: gettò le scarpe da qualche parte sulla
sabbia
ericominciò a correre a piedi nudi, continuando a piangere e urlare.
…era stato uno
stupido…era stato uno stupido…
…l’amore non
esisteva…nessuno al mondo riusciva ad amare senza poi tradire…
…era stato così con
sua madre…e ora ci era cascato di nuovo…
No….no…NO!
Basta…basta…
Non ce la faceva
più….basta…
“UCCIDIMI!” gridò ad
un tratto, senza smettere di correre e lasciando che le lacrime li
appannassero
la vista.
“Uccidimi e
basta…non voglio più…soffrire…”
Finalmente si fermò,
portando un polso sulla mano e sentendo il cuore battere come un
tamburo di
guerra.
Era sudato, stanco,
distrutto.
Voleva solo morire.
Lasciare quel mondo
di merda e andarsene.
Volare via come i
gabbiani…
“….avevo giurato…che
non avrei più voluto bene a nessuno…”
disse a sé stesso,stringendo i pugni e con gli occhi chiusi per la
rabbia.
“….uccidimi…qui…”
Si sedette sulla
sabbia, nonostante sapesse di essere lontano almeno un’ora dallo
stabilimento
privato del villaggio.
Rivolse lo sguardo
verso il cielo colorato dal crepuscolo, senza riuscire a fermare le
lacrime.
…per la prima volta
in tutta la sua vita…desiderò davvero la morte.
Una morte veloce,
meno dolorosa dell’amore.
Una morte che
risolvesse ogni cosa.
Una morte che lo
lasciasse libero.
Una morte che lo
facesse volare via.
Come i gabbiani.
Note dell’autrice:
Vi prego di ignorare
la vena emo di quest’ultima parte del capitolo ;___; me depressa dopo
un
pomeriggio passato a studiare e a sentire canzoni assolutamente
depressive.
Comunque sia…avete
visto, i capitoli arrivano sempre, alla fine XD in ritardo, ma ogni
tanto
rispuntano come i funghi.
L’avevo detto, che
questa storia l’avrei portata avanti nel bene o nel male U.U Non voglio
più
ripetere lo sbaglio di New Kingdom heroes (mia fanfiction famosa per
essere
rimasta incompiuta).
Oltretutto, questa
storia per me è importante, e ormai la mando avanti da quest’estate.
Sta
davvero diventando lunga.
E pensare che
inizialmente era un’idea breve….però ha avuto un successo inaspettato,
quindi è
arrivata dove è oggi. Grazie a voi tutti per il vostro sostegno ^^.
Come avrete notato,
Naminè è una bastarda dentro, e in effetti prima mentre rileggevo mi
sono
chiesta: “non l’avrò fatta troppo stronza?”
La risposta me la
sono data da sola: è talmente crudele da essere anche spaventosamente
OOC, ma
che volete farci, la trama aveva bisogno di un risvolto drammatico.
E poi quante volte
le persone migliori fanno delle cattiverie quando meno te l’aspetti?
Voglio dire, Naminè
è umana XD
Un’altra cosa che
tenevo a dire: Sora è un c**one, stavolta ne avete la ceretzza. Voglio
dire,
adesso si è messo con Kairi, illudendosi di essere innamorato di lei.
E Roxas e Axel?
Vogliamo parlare di
questi due adorabili deficienti??
Eeeeeeh, l’amour…speriamo
che questi riusciranno a risolvere tutti’sti casini, sennò dovrò andare
avanti
all’infinito XD
*= stile molto in
voga in Giappone tra le giovani. E’ una moda che fa largo uso di pizzi,
merletti, vestiti, cerchietti…le ragazze che vestono così assomigliano
spesso a
delle bamboline ^^ Sono davvero deliziose
**=Shinji è il
protagonista di Neon Genesis Evangelion…manga che dovete conoscere per
forza xD
***= OAV sono i film
che si basano su delle serie di animazione giapponese. Ammetto di non
essere
una grande esperta del settoere, però, quindi se ho sbagliato non
trattenetevi
e fatemelo notare ^___^° *sorride imbarazzata*
****= Il Museo dello
Studio Ghibli è un museo dedicato a questi studi di animazione, gestiti
dal
grande Hayao Myiazaki (regista, tra gli altri, di ‘La Città Incantata’,
‘Nausicaa
e la Valle del Vento’, ‘Il mio amico Totoro’, ‘ Il Castello Errante di
Howl’, ‘Porco
Rosso’ e tanti altri magnifici capolavori, la maggior parte
praticamente
sconosciuti qui in Italia).
*****= qui Roxas si
riferisce ad un’usanza tipica del Giappone: quando accade qualcosa per
la prima
volta ( ad esemmpio, il primo ciclo mestruale delle ragazze) è
tradizione
mangiare per cena, appunto, riso accompagnato da fagioli rossi, in
segno di
augurio.
Note finite….ho
cercato di limitarmi, in questo capitolo.
Neanche stavolta
risponderò alle recensioni, mi dispiace…ma ho passato il pomeriggio a
scrivere,
quindi ora ho mille cose da fare T___T spero mi perdonerete.
Al prossimo capitolo
^^ Con la speranza che questo vi sia piaciuto.
Grazie infinite a
tutti voi che mi leggete, recensite, aggiungete ai preferiti o anche
che
semplicemente mi sostenete con il vostro affetto e il vostro interesse.
Senza di voi,
ricordatelo, questa storia non sarebbe mai arrivata fin qui.
Spero di riuscire ad
aggiornare prima, la prossima volta ^____^!
Un abbraccio grande
grande to everybody
*MagikaMemy*