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Autore: millyray    29/08/2015    0 recensioni
Ariel Martinez arriva ad Hogwarts per frequentare il quarto anno. Ma sembra nascondere un segreto, oltre al fatto che deve aiutare Harry Potter a sconfiggere il Signore Oscuro. Chi è in realtà? Da dove viene? Chi è la sua famiglia? (Storia ispirata a Came back to the hell di Ino Chan).
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Da V libro alternativo
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CAPITOLO CINQUANTUNO

Severus Piton sentì dei colpi alla porta, colpi secchi e precisi. Il suo sguardo perforò l’uscio della sua piccola casa in Spinner’s End prima di alzarsi e con passo lento e strascicato dirigersi ad aprirla.
Spalancò l’entrata e si trovò davanti la chioma scura di Alecto Carrow. Assottigliò gli occhi, sorpreso di trovarsi la donna davanti; nessuno dei Mangiamorte veniva mai a trovarlo a casa. Sperava solo che non si trattasse di qualche emergenza per il Signore Oscuro. Il suo compito come spia era molto delicato e ogni azione necessitava di essere ben ponderata.

Quello che lo sorprese ancora di più fu però la presenza, insieme alla Mangiamorte, di un bambino che la teneva stretta per la mano come se senza quell’appiglio sarebbe potuto cadere a terra.

“Ciao, Severus”.

“Alecto”.

“Mi fai entrare?”

Il professore di Pozioni si guardò attorno circospetto prima di far entrare dentro la donna; non voleva certo che occhi indiscreti li vedessero. E il quartiere in cui abitava non era il migliore nel farsi gli affari propri.
Alecto entrò trascinandosi dietro il bambino che quasi inciampò nei propri piedi.

“Lui è Charlus”, disse lei indicando con un’occhiata il bambino. “Ed è tuo figlio”.

Severus strabuzzò gli occhi. “Non sono in vena di scherzi”.

“Non sto scherzando. E’ tuo figlio. Anzi, nostro”.

L’uomo riportò lo sguardo su quello scricciolo che, più che un bambino, sembrava un cucciolo di animale smarrito e ferito.  Teneva stretto al petto un orsacchiotto di peluche a cui mancava un occhio e che era stato rammendato alla base del collo, segno che qualcuno gli aveva staccato la testa, per sbagli o di proposito. Sembrava la cosa più preziosa che possedesse.

“Quanti… quanti anni ha?” chiese Piton.

“Nove. Si chiama Charlus”.

“Come tuo padre?”

“Sì”.

Charlus… non gli avrebbe mai dato nove anni, al massimo sei, per quanto piccolo e magrolino era, sicuramente denutrito. Come diavolo lo aveva trattato quella donna?

“Senti, Severus, facciamola breve. Io non posso più tenerlo. Sono troppo vicina al Signore Oscuro e… non è l’ambiente migliore per lui”.

“Davvero?” Ora il Serpeverde era perplesso. Alecto Carrow era sempre stata una fiera Mangiamorte, così come tutta la sua famiglia, in particolare suo fratello. Non avrebbe mai immaginato che si sarebbe fatta degli scrupoli per suo figlio. “Il figlio di Greyback e dei Lestrange non fanno che tormentarlo. Non può più stare là”.

“E che vuoi farne?”

“Lasciarlo con te, ovvio!”

“Che cosa?! Vuoi che me ne occupi io?”

“Certo! E’ tuo figlio dopotutto!”

“E perché non hai potuto dirmelo in tutti questi anni”.

“Eri troppo vicino a Silente…”.

“Che cosa c’entra questo?”

“So bene qual è il tuo ruolo tra i Mangiamorte e so bene che tipo di uomo sei. Penso che con te crescerà meglio. Gli darai tutto ciò che gli serve, in fondo vivi in una casa grande”.

“Il Signore Oscuro sa di lui?”

“Lo sa. Ma è ancora troppo piccolo. Quando verrà il momento…”.

“Certo”. Non voleva sentire la conclusione della frase. Ma Alecto si sbagliava, non sapeva affatto che tipo di uomo lui fosse e non sospettava nemmeno del suo reale ruolo tra i Mangiamorte. Se lo avesse lasciato con lui non avrebbe di certo seguito la strada prescelta dalla donna.

“Non posso trattenermi a lungo. Ti prego, Severus”.

“E lo lasci qui come fosse una valigia?”

“Non ho alternative”. Alecto lanciò un’occhiata all’orologio da taschino che teneva sotto il mantello e lasciò andare la mano del figlio. “Devo andare ora. Qui ci sono tutte le sue cose”. Gli mollò per terra un sacco che non era pieno nemmeno per metà e strinse la bacchetta. Poi con un sonoro pop si smaterializzò. Il bambino restò a guardare il punto in cui la madre era scomparsa con gli occhi resi enormi per le lacrime trattenute.

Piton osservò il bambino per qualche minuto. Non dubitava delle parole della Mangiamorte, non del tutto almeno. Nove anni prima avevano passato diversi momenti piuttosto… intimi finché lei non si era completamente raggelata nei suoi confronti. Adesso capiva il motivo. Si domandava però perché glielo avesse confessato soltanto ora. Il bambino inoltre sembrava essere la sua immagine sputata quando era piccolo, con i capelli neri, gli occhi scuri come due pozzi, il viso mortalmente pallido. Persino i vestiti che gli stavano larghi…

Diamine!

“Siediti”, gli ordinò in tono duro.

Il bambino non si mosse.

“Sei sordo per caso? Ti ho detto di sederti”.

Charlus, allora, senza avere il coraggio di guardarlo negli occhi, si sedette sul bordo del divano stringendo l’orsacchiotto ancora di più-

“Charlus, eh…”.

“Charlie”, pigolò quello con voce inudibile.

“Come?”

“Charlie. Preferisco Charlie”.

Piton sorrise appena, un sorriso che pareva una smorfia. Charlie… che diavolo ne avrebbe fatto di quel marmocchio?

 

John aspetto che la cuginetta si arrampicasse sugli scalini dello scivolo e dopo vi si arrampicò lui, veloce come una gazzella. Quando fu sceso dall’altra parte, scorse Jolie seduta nell’erba vicino alla casetta di legno.
La raggiunse.

“Ciao, Lie”.

“Ciao”.

“Che fai?”

“Gioco”.

La piccola era intenta ad aprire e chiudere i petali di una margherita col movimento delle mani. Una di quelle piccole e innocue magie che i bambini imparano a fare da soli, prima di poter maneggiare una bacchetta.

John si sedette accanto a lei senza invito. Stette a guardarla per un po’ chiedendosi che cosa ci fosse di divertente in quel gioco.

“Perché te ne stai qui tutta sola?”

“Così”. Jolie scrollò le spalle.

Il biondino prese un ramoscello e iniziò a tracciare dei ghirigori sulla ghiaia. Poco dopo vennero raggiunti da JamesRemus.

“Ehi”.

“Ehi”.

“E’ una giornata un po’ noiosa”.

“Forse”.

“Se ci fossero Ariel e Joel sarebbe più divertente”.

Jolie non rispose perché era troppo impegnata col suo fiore e John nemmeno perché non era del tutto d’accordo. Lanciò un’occhiata a Tonks che se ne stava su una panchina a leggere un libro. Quel giorno aveva deciso di portare lei i bambini al parco perché potessero prendere una boccata d’aria e starsene fuori dagli affari dell’Ordine.
Di solito lo faceva Martha ma era dovuta rimanere a casa con Ariel che si era ammalata. Lo stesso aveva deciso di fare Joel per non lasciare la gemella da sola ad annoiarsi. Del qual fatto il piccolo Paciock era piuttosto contento. Joel non gli dispiaceva, anche se era sempre molto cupo e silenzioso, ma a volte faceva davvero fatica a sopportare la piccola di casa Black; era capricciosa come pochi. Il che gli dispiaceva, visto che era la sorella di uno dei suoi migliori amici.

In quel momento arrivò anche Ted che si accomodò per terra insieme agli altri. Non aveva una bella cera, la luna piena si avvicinava e sarebbe stato meglio per lui rimanere a casa. Ma non aveva voluto rinunciare all’uscita con gli amici. 

“John, mi spingi sull’altalena?” chiese Emmie in tono supplichevole, guardando il cugino con due occhi enormi e dolci. John le sorrise e si alzò con un colpo di reni; non avrebbe mai potuto dire di no a quel dolce biscottino.

 

Severus rimase a osservare il bambino steso sul suo divano che si era profondamente addormentato, ancora abbracciato al suo orsacchiotto. Poi scosse la pozione bluastra che teneva in una fiala e l’annusò. Infine, si avvicinò al piccolo Charlie e gli staccò un capello, cercando di essere il più delicato possibile per non farlo svegliare.

Certo, si fidava abbastanza delle parole di Alecto, ma doveva verificare comunque, essere sicuro al cento per cento che quello fosse suo figlio.
Perché ora le cose sarebbero diventate decisamente più difficili e la sua missione poteva essere compromessa. Avrebbe dovuto parlarne con Silente…

Ma perché, perché quella dannata donna non aveva parlato prima? Che cosa aveva in mente?

Piton esalò un sospiro quando abbassò gli occhi sulla pozione che ora era diventata di un brutto verdognolo. Poi li riportò sul bambino.
Bene, ora era veramente fregato.   

 

 

MILLY’S SPACE

Buonasera, signore e signori…

Eccomi con un nuovo aggiornamento, questa volta un po’ più breve ma spero sia di vostro gradimento. Finalmente iniziamo a scoprire qualcosa di più sui nuovi malandrini, questa volta nella loro tenera età.

Ditemi cosa ne pensate del capitolo, le recensioni sono sempre ben gradite.  E ricordatevi di fare una capatina alla mia pagina fb https://www.facebook.com/MillysSpace?ref=bookmarks

MAIAROSS: ciao, carissima. Sono contentissima che la mia storia ti piaccia e che tu l’abbia letta d’un fiato. Sì, diciamo che adoro far soffrire i miei personaggi e far prendere colpi ai miei lettori, ma amo troppo l’happy ending ^^ Spero di risentirti. Un bacione, M.

  
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