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Autore: Jade Tisdale    30/08/2015    1 recensioni
Post seconda stagione | Nyssara
È passato un mese dalla sconfitta di Slade, e mentre Starling City cerca di risollevarsi in seguito ai danni subiti, il Team Arrow continua a vigilare sulla città, proteggendola dai numerosi e frequenti pericoli.
Sara, invece, ha fatto ritorno a Nanda Parbat. Ma qualcosa, o meglio, una notizia, potrebbe dare una nuova svolta alla sua vita. E mettere a rischio quella di chi le sta intorno.
*
«La tua ragazza» sussurrò la mora «è questa Nyssa?»
Sara annuì, arrossendo lievemente.
«Dev'essere una persona splendida. Voglio dire, se è ancora con te dopo aver saputo di questa storia, significa che ti ama veramente.»
*
«Credevo di essere perduta per sempre» sussurrò, solleticandole dolcemente la pancia nuda «ma poi sei arrivata tu, e hai sconvolto completamente la mia vita. Tu mi hai ritrovata, Sara. Mi hai ritrovata e mi hai fatta innamorare follemente di te con un semplice sorriso.»
Nyssa intrecciò la propria mano in quella di Sara, rossa in viso.
«E poi» proseguì, con un sussurro «in questo inferno chiamato vita, stringerti la mano è la cosa migliore che mi sia potuta capitare.»
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Nyssa al Ghul, Oliver Queen, Ra's al Ghul, Sarah Lance, Un po' tutti
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Love is the most powerful emotion'
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Capitolo 4: 
We're home

 

 

 

 

«È stata un'esperienza sconcertante.»
Sara soffocò una risata, stringendo la mano destra intorno al braccio di Nyssa. «Abbiamo semplicemente scelto il divano per il salotto.»
«Sì, ma quel magazzino era enorme, e quei divani terribilmente scomodi. E, ovviamente, l'unico decente ci è costato una fortuna.» L'erede del Demonio sospirò sommessamente. «Ho bisogno di un caffè.»
«Non pensavo che l'avresti mai detto» soffiò la bionda, non riuscendo a smettere di sorridere.
«Il lato positivo è che sabato potremo finalmente trasferirci nella nostra nuova casa.» La voce della mora si ridusse ad un misero sussurro, e Canary si accorse anche del rossore che le contornava le guance.
Il cellulare di Sara cominciò a squillare e la ragazza si fermò nel bel mezzo del marciapiede per rispondere. «Felicity?» esordì, inarcando le sopracciglia con fare stupito e confuso al tempo stesso. «È successo qualcosa?»
«No, è tutto a posto!» esclamò la bionda dall'altra parte del telefono. «Sei con Nyssa?»
Canary rivolse un'occhiata fugace alla sua amata. «Sì, certo, è qui con me. Perché me lo chiedi?»
«Oliver ha comprato del cibo thailandese, ma... diciamo che ha un po' esagerato con le porzioni, e dubito che riusciremo a finire tutto da soli. Vi andrebbe di unirvi a noi?»
«Dovresti inventarti delle scuse migliori» rispose la bionda, ridacchiando.
«Non sono brava a mentire» ribatté l'altra, con un pizzico d'ironia. «Tra venti minuti a casa mia?»
 Sara abbozzò un sorriso. «Arriviamo subito.»



«Siete già qui? Non sono passati neanche dieci minuti!» affermò Felicity, lasciando entrare le due ospiti.
«Quando mi hai chiamata eravamo appena uscire da un negozio di arredamenti, così abbiamo preso un taxi per non tardare» spiegò la giovane Lance, facendole l'occhiolino.
«Oh, giusto! Dimenticavo che questo fine settimana tu e Nyssa vi trasferirete. Sono così felice per voi, dico davvero!»
Sara le sorrise, e il gesto fu ricambiato dal tecnico informatico; Nyssa le osservò con discrezione, fino a quando, ad un tratto, sentì una mano poggiarsi delicatamente sulla sua spalla.
«Sono felice che siate venute.»
L'erede del Demonio si voltò lentamente, incrociando i verdissimi occhi di Oliver Queen. Ignorò a fatica il fatto che avesse osato toccarla.
«Ollie!» Sara lo abbracciò di slancio, mentre l'ex miliardario le lasciava un bacio sulla fronte.
I due si fissarono a lungo senza dire una parola. La bionda sentiva solamente il rumore del suo respiro irregolare e il battito del suo cuore farsi sempre più rapido.
Quel momento di profondo disagio per Sara, fortunatamente, fu spezzato dalla voce di Felicity.
«Che ne dite di accomodarci a tavola? In cucina c'è un'anatra arrosto con curry rosso che aspetta solo di essere mangiata!»
«Sto morendo di fame» disse Nyssa, parlando tra sé e sé. La padrona di casa sentì il suo commento, e le dedicò un sorriso sincero.
L'erede, imbarazzata, non rispose in alcun modo a quel gesto.



«Mi piace molto la tua casa. È piccola, ma accogliente» affermò Sara, bevendo un sorso d'acqua dal suo bicchiere. «Mi ricorda molto quella in cui vivevo prima.»
La ragazza ignorò l'occhiata malinconica di Oliver, seduto di fronte a lei, e continuò il suo racconto per dare una spiegazione a Felicity.
«Mia madre insegna alla Central City University fin da quando ero bambina. Non si è mai trasferita per essere una madre presente, così è stata costretta a prendere il treno ogni giorno per quasi vent'anni. Poi, dopo che il Gambit è affondato, i miei si sono separati.» Fece una pausa, prendendo un respiro profondo. «Mia madre se n'è andata a Central City, mio padre si è comprato un alloggio non molto distante dalla stazione di polizia, e Laurel è andata a vivere nell'appartamento che avrebbe dovuto condividere con Oliver.»
Quando si rese conto delle parole che aveva detto, era troppo tardi.
Felicity distolse lo sguardo -non perché quella frase le aveva dato fastidio, bensì per non mettere a disagio l'amica-, e Oliver abbassò il capo.
«Scusatemi» sussurrò Canary, sentendo la mano di Nyssa poggiarsi sulla sua gamba con fare rassicurante.
«Non devi scusarti» la tranquillizzò l'altra, sistemandosi gli occhiali da vista. «Vai pure avanti.»
Sara soffocò un sospiro, mentre un brivido inaspettato le accarezzava la schiena. Che figura.
«Dico questo perché... la mia famiglia è a pezzi. Ogni volta che torno a Starling, non ho un punto di riferimento. E adesso che Laurel mi ha regalato quell'appartamento...» Sul suo volto andò a formarsi un lieve sorriso. «È bello sapere di avere un posto tutto mio. Tutti si sono rifatti una vita, mentre io sono rimasta bloccata in un limbo per sette anni. Ma adesso che sono riuscita a trovare una via di uscita, non voglio sprecare questa meravigliosa opportunità.»
Nyssa le dedicò un sorriso carico di gioia, che Sara si affrettò a ricambiare. Felicity le osservò con le mani incrociate, provando una strana sensazione di allegria. Era veramente felice per loro.
Oliver, al contrario, mandò giù un sorso di birra per nascondere la sua espressione pensierosa. Non era geloso di Sara, lui amava Felicity e di questo ne era certo. Però... tra lui e la più giovane delle sorelle Lance c'era sempre stata una sorta di intesa che non aveva mai provato con nessun'altra donna. E vedere la ragazza che un tempo aveva amato rifarsi una vita con la sua fidanzata, poco dopo essere tornata a far parte di una Lega di assassini psicopatici, come se nulla fosse, gli parve molto strano. Fin troppo.
«Quindi, avete già acquistato tutti i mobili?»
La bionda annuì a Felicity. «Sì. Pensavamo di metterci più tempo, e invece sono bastati pochi giorni. L'aiuto di Nyssa è stato essenziale!»
Canary scoppiò in una sonora risata; la sua amata inarcò un sopracciglio, mostrandosi fintamente scocciata, mentre Arrow ruotò leggermente la testa di lato.
«Che intendi dire?»
«“Questo non mi piace, quello non ce lo possiamo permettere, quest'altro ha un colore orribile”. Sono state le giornate più esilaranti di tutta la mia vita!» esclamò Sara, provocando un lieve rossore sulle guance della mora.
Quest'ultima, per non sentirsi ulteriormente a disagio, cambiò argomento. «E voi? Da quando vivete insieme?»
Oliver e Felicity si scambiarono un'occhiata imbarazzata, non riuscendo a trattenere una piccola e buffa risata.
«Ci siamo messi insieme pochi giorni dopo aver rinchiuso Slade nella prigione su Lian Yu» spiegò il ragazzo, con un tono di voce inspiegabilmente cauto.
«A causa degli uomini di Deathstroke, la città ha riportato numerosi danni» proseguì Felicity. «Ci siamo chiesti più e più volte se fosse giusto rimanere insieme, o se per Arrow fosse meglio pensare ai cittadini Starling City e a nessun altro. Poi, ci siamo convinti che ce l'avremmo fatta, e così ho chiesto a Oliver di venire a vivere con me. È anche una questione di sicurezza, da come dice lui.»
«Fondamentalmente, è per questo motivo se ho accettato.»
«A cosa ti riferisci, esattamente?» domandò Sara, incrociando la sguardo dell'ex fidanzato.
«“Ti voglio troppo bene per stare insieme a te”. Ricordi chi è stato a dirmi questa frase?»
La bionda annuì lentamente. Era stata lei a farlo, poco prima di tornare a Nanda Parbat. Il fatto che Oliver stesse pronunciando quelle parole di fronte a Felicity e a Nyssa, considerando che avrebbero potuto fare loro delle domande, la stupì molto.
«Io e Felicity abbiamo indubbiamente commesso un errore. Con la vita che conduco, mi sono fatto un'innumerevole quantità di nemici, e un'indomani, se qualcuno volesse vendicarsi con me, colpirebbe le persone che amo. Un po’ come ha fatto Slade. Capisci che intendo?»
Sara annuì ancora, questa volta con più convinzione. «Le persone come noi non possono avere una vita normale. Metteremmo a rischio chi ci sta intorno.»
«Esattamente. E dato che noi due abbiamo deciso di provarci» disse Oliver, incrociando la propria mano con quella della fidanzata «il minimo che possa fare è vivere al suo fianco per proteggerla in ogni momento.»
La bionda si strinse nelle spalle, provando un improvviso senso di colpa. Oliver e Felicity si scambiarono un bacio davanti ai suoi occhi lucidi e carichi di vergogna, mentre Nyssa tentava vanamente di capire cosa le fosse preso.



La notte era ormai vicina.
Sara e Nyssa camminavano l'una di fianco all'altra, in un silenzio che pareva irreale.
I marciapiedi erano vuoti, mentre in strada c'era un continuo via vai di automobili.
«Perché ti sei ammutolita di colpo?» domandò ad un tratto la mora, seriamente preoccupata per la reazione dell'amata.
Canary non rispose, continuando a camminare come se nulla fosse. L'erede la assecondò per un paio di minuti, ma poi, la sua pazienza esplose
«Mi hai sentita? Sara!»
La bloccò con cattiveria, stringendo la mano intorno al suo braccio, costringendola così a voltarsi: Sara piangeva silenziosamente, e nel vederla in quello stato, Nyssa provò una strana sensazione di vuoto all'altezza dello stomaco.
«Che cosa ho fatto?»
Aveva la voce incrinata dal pianto: ciò lasciava trasparire il dolore e l'angoscia che aveva trattenuto dentro di sé per tutta la serata.
Nyssa sussultò. «A che ti riferisci?»
Sara iniziò a singhiozzare, coprendosi il volto con entrambe le mani. «Il bambino... io... l'ho condannato a morte» disse, mentre l'erede del Demonio la accoglieva tra le sue braccia. «Sono stata una sciocca... avrei dovuto... avrei... io...»
«Calmati. Respira, Sara. Io sono qui» sussurrò dolcemente, cominciando a cullarla dolcemente nel tentativo di calmarla. «Non possiamo rinunciare a costruirci una famiglia a causa della vita che conduciamo. Siamo esseri umani e meritiamo di comportarci come tali. Non sentirti in colpa per il bambino. Hai fatto la scelta giusta, e io ti ho promesso che vi proteggerò fino alla fine.»
La bionda tirò su col naso, nascondendo il viso nell'incavo del collo dell'amata. «Voglio tornare al covo, adesso. Per favore...»
Nyssa annuì lentamente, dopodiché strinse la mano di Sara intorno alla propria e riprese a camminare, la mente affollata da vari pensieri.

*

Dopo quanto accaduto quella sera, Sara si chiuse in un silenzio agghiacciante, e Nyssa non osò turbarla in alcun modo. Non ne parlarono più.
Le serate passarono in fretta, anche grazie all'aiuto che le due avevano offerto al Team Arrow. Quattro mani in più facevano sempre comodo per acciuffare -o uccidere accidentalmente, secondo Nyssa- dei banditi.
Quando finalmente le due amate si trasferirono nel loro appartamento,  nessuno era ancora stato messo al corrente della gravidanza di Sara. Ed era quasi al terzo mese.
La squadra gli offrì l'aiuto necessario per preparare al meglio la nuova casa. Laurel scelse le postazioni dei mobili, mentre Roy, John e Oliver aiutarono i facchini a collocare tutto al posto giusto: Felicity rimase ad aspettarli al Verdant con Sara e Nyssa, che attesero con impazienza il ritorno dei loro amici.



«Sei pronta?»
Sara prese un respiro profondo. Le tremavano le gambe. «Sì.»
La mora infilò la chiave nella serratura con delicatezza, cercando di non lasciar trasparire alcun segno di agitazione.
Quando aprì la porta, tutto ciò che i loro occhi videro fu una stanza buia.
Sara poggiò le dita sull'interruttore situato dietro di lei, e quando accese la luce l'espressione sul suo viso cambiò completamente.
Il salotto era splendido. L'oggetto che spiccava di più era indubbiamente il divano bianco che aveva scelto Nyssa: il morbido tappeto - molto sicuramente un'aggiunta di Laurel- era grigio tenue, e sul tavolino in vetro sopra di esso era stata posta una bottiglia di champagne.
L'erede del Demonio lesse ad alta voce il bigliettino:


“Lo champagne è un'extra di Oliver. Sarebbe gradito se non ne avanzaste neanche un sorso. Passate una bella serata, per una volta!

Dig, Ollie e Roy”


Canary soffocò una risata, portandosi una mano vicino alla bocca.
«Bisogna ammettere che il tuo ex è molto... perspicace, oserei dire.»
Sara si voltò verso Nyssa, incrociando il suo sguardo magnetico. Quest'ultima non aggiunse altro e si diresse nella cucina, situata nella stanza a sinistra del salotto; ritornò dopo poco con due bicchieri in mano.
Le due si sedettero nel divano, e dopo aver versato lo champagne, si scambiarono una lunga occhiata.
«Alla nostra nuova casa, e a noi due» esordì Sara, alzando il flûte.
L'erede del Demonio abbozzò un sorriso imbarazzato. «Al bambino.»
Canary si portò in fretta il bicchiere vicino alla bocca, nel tentativo di reprimere il suo imbarazzo. Nyssa fece lo stesso, ma con meno entusiasmo: non aveva mai assaggiato dello champagne in vita sua.
Il liquido le attraversò la gola in fretta, donandole una strana sensazione di calore, e subito dopo la lingua cominciò a pizzicarle irrefrenabilmente. Ma, non appena Sara le propose di visitare il resto della casa, il fastidio passò completamente.
Sulla destra vi era il lungo corridoio, con alcuni scatoloni zeppi di roba sparsi qua e là: si trattava dei pochi vestiti che le due possedevano, delle loro divise e di alcuni oggetti che a Sara erano molto familiari, come la fotografia che lei e sua sorella si erano scattate sette anni prima. Ogni membro della famiglia Lance aveva incorniciato quella fotografia -Quentin l'aveva posta sulla scrivania del suo ufficio, Laurel in salotto, e probabilmente anche Dinah l'aveva collocata in un posto a lei caro. Mancava solo lei: solo Sara.
Nyssa aprì la prima porta sulla sinistra: il bagno. Era poco più piccolo della cucina, ma accogliente. C'erano sia la doccia che la vasca da bagno: vicino a quest'ultima, erano stati posti ordinatamente i prodotti che avevano acquistato il giorno prima.
Si diressero alla fine del corridoio, giungendo davanti a due porte. Quella di destra conduceva ad una stanza vuota, ma le due non potevano saperlo: Sara la varcò, e per un attimo il suo cuore smise di battere.
Quella era la stanza in cui un giorno, se tutto fosse filato liscio, avrebbe dormito suo figlio.
«Che cos'hai detto a...» Sara bloccò la frase a mezz'aria, ma era ovvio che si riferisse ad Oliver.
«Ho solo detto che non sapevamo cosa farne di questa stanza, probabilmente una camera degli ospiti, più avanti» rispose Nyssa, poggiandole una mano sulla spalla. «Sta' tranquilla, non ho nemmeno accennato alla gravidanza. È compito tuo parlarne.»
La bionda si lasciò andare ad un sospiro di sollievo, e la sua amata le dedicò un sorriso.
«Che dici, guardiamo la nostra stanza?»
Non fece in tempo a rispondere, perché Nyssa era già entrata nella camera.
La seguì a passo lento. Le tremavano ancora le gambe.
La stanza era grande, spaziosa, e decisamente più bella di come se l'era immaginata. Era perfetta, e bianca.
I mobili, il letto, le tende. Tutto bianco.
Sara compì qualche passo in avanti, incredula che quella, da quel giorno in poi, sarebbe stata la sua casa. La loro casa.
Si bloccò di fronte alla finestra, sfiorando impercettibilmente il vetro con le dita.
Era un semplice appartamento al secondo piano di un edificio, eppure, da quella postazione, lei poteva vedere la sua città.
Vedeva in lontananza il parco in cui andavano spesso lei e Nyssa, il semaforo con la luce rossa che si accendeva e spegneva a piacimento, il bar di fronte con l'insegna a forma di croissant, il Verdant in fondo alla strada. Riusciva a scorgere anche il vecchio campanile in cui aveva vissuto con Sin, l'unico luogo in cui le due poterono vedersi senza dare nell'occhio quando ancora non era stato reso noto il fatto che Sara fosse viva.
Nyssa abbracciò dolcemente l'amata da dietro, poggiando la testa sulla sua spalla: prese ad osservare la città insieme a lei, provando un'emozione, una consapevolezza che non aveva mai sentito prima.
«Siamo a casa» affermò la mora, sorridendo gioiosamente alla città.














Ho cercato di descrivere l'appartamento con poche parole, anche perché, se avessi aggiunto tutti i dettagli, il capitolo sarebbe sembrato/diventato l'opuscolo di un'agenzia immobiliare xD
Mi sono limitata a scrivere poche righe della loro nuova casa -confortevole e semplice- perché si tratta di un passo importante, ma non così importante da dedicare un'intera pagina di word per la descrizione. Credo che sarei andata fuori tema, anche se probabilmente ho già esagerato così.
Un capitolo un po' diverso e piuttosto calmo rispetto ai precedenti. Spero di rifarmi con il prossimo.

   
 
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