-Capitolo
10-
« Sei … Sei davvero splendida, Kagome. »
A quelle parole sentì una strana fitta al cuore, una sensazione piacevole e
nostalgica l’avvolse mentre il respiro moriva all’interno del suo corpo lasciandola
in uno stato di sospensione da cui era difficile fare ritorno.
Perché una sua parola riusciva a metterla
sotto sopra, tanto da dimenticare che attorno a loro c’erano altre persone.
Kikyo osservava la scena con gli occhi
lucidi, l’espressione sorniona e soddisfatta.
Non era sicura che Kagome avrebbe recuperato
i ricordi legati a Inuyasha, ma, come aveva detto lui una volta, non era detto
che non potesse accadere qualcosa di nuovo.
Sarebbe stato un bel lieto fine, pensò.
In quel momento, seppure a malincuore, dette
un colpetto di tosse per richiamare i due piccioncini dal loro mondo di sguardi
e ricordargli che era ancora presente.
Inuyasha le lanciò un’occhiata sbieca.
« Ancora qui sei? »
Kikyo gli rispose con un’ennesima
occhiataccia, sbuffando e andando a recuperare le sue cose.
« Ho capito, ho capito, la ruota di scorta
se ne va! »
Kagome si sentì quasi colpevole per quello
che stava accadendo, e non era nemmeno lei a parlare in quel momento, ma le
bastò l’occhiolino di Kikyo e il suo sorriso a rincuorarla.
“Meno male”, pensò sospirando, “sembra che
non sia offesa”.
La punta dell’unghia stava sfiorando la
guancia mentre assisteva a questo silenzioso, seppure poco velato, scambio di
occhiate complici tra lei e Kikyo. Il tempo, però, non era dalla loro parte e
dovevano sbrigarsi per cercare di arrivare a destinazione in tempo.
« Se … Se sei pronta direi che possiamo … Ecco … Andare … »
Kagome si riscosse nuovamente, annuendo e
prendendo dall’appendiabiti vicino alla porta una borsetta da abbinare all’abito.
C’erano tante cose di cui voleva parlargli, tante domande che ora, dopo il
racconto di Kikyo, sentiva di fare ma quando i suoi occhi nocciola si posavano
sul viso di Inuyasha questa curiosità moriva.
Qualcosa la pizzicava nell’angolo della
mente, come se, in qualche assurdo modo, lei sapesse già tutto quello che era
necessario sapere su di lui. Da sempre.
Scosse il capo, cacciando quei pensieri
dalla mente e trasse un profondo respiro quando oramai erano al piano terra e
lui le stava aprendo la porta della macchina – posteggiata vicino al portone
principale.
« Inuyasha … grazie, per la serata e … beh … la collana. »
A quelle parole si trovò per un momento
spiazzato, incapace di rispondere se non con un farfuglio a cui mise fine
simulando un colpetto di tosse.
« Ho solo pensato che ti stesse bene … Tutto
qui! » rispose lui, evasivo e cercando di mascherare il suo imbarazzo.
“Kikyo … Giuro che ti licenzio!”
Senza ulteriori indugi salirono sulla
macchina di Inuyasha, un vecchio modello di Toyota, di certo non la macchina
lussuosa che ci si poteva aspettare dal figlio di una famiglia più che
benestante. Quella, però, era una delle molte domande che voleva fargli ma che
si trovò bloccata dal fare.
Parlarono appena durante quel tragitto,
Inuyasha, chiaramente a disagio, aveva acceso la radio su una stazione radio
casuale che mandava musica tradizionale. Non era la sua preferita, ma non
disdegnava la cosa e questo le dava l’occasione per riordinare i suoi pensieri
e la strana sensazione che provava al cuore.
Aveva frequentato altri ragazzi in passato,
ma non aveva mai sentito quella stretta e quello strano guizzo al cuore. Mai.
Era qualcosa di assurdo, pensò poggiando la
fronte contro il finestrino della macchina guardando il paesaggio della città
scorrere sotto i suoi occhi, ma doveva cacciare indietro quella sensazione o ne
sarebbe stata schiacciata.
Dopo circa una mezz’ora buona, Kagome si
trovò con gli occhi completamente sbarrati dalla sorpresa. Il tutto a buon
ragione: davanti a lei non si trovava una semplice villa, ma quello che aveva
l’aria di essere un antico palazzo tradizionale.
Davanti a lei c’era una portone in legno con delle lanterne illuminate gettando
ombre sulle grandi arcate, oltre esse c’era una strada in pietra accanto a un
prato attentamente curato come l’albero di ciliegio alla sua destra e l’acero
alla sinistra.
“Comincio a capire cosa intendevano Sango e
Kikyo … “
Davanti ad una simile magnificenza Kagome si
sentiva un pesce fuor d’acqua, completamente inadatta anche solo per respirare
l’aria di un posto simile.
Intuendo il suo disagio, Inuyasha le si
avvicinò e la prese per mano. A quel tocco Kagome sussultò, ridestandosi da
quel sogno ad occhi aperti e guardandolo ancora con sorpresa mentre lui, senza
dire nulla, si limitava a sorriderle e a scuotere il capo mentre continuava a
tenerla stretta per mano guidandolo verso la porta di casa.
« Tu davvero sei cresciuto qui? » domandò
Kagome, ripresasi abbastanza da trovare il coraggio di porre quella domanda.
Inuyasha ridacchiò mentre faceva suonare
delle piccole campanelle per annunciarsi alla porta.
« No, assolutamente. »
In quel momento le tornò alla mente il
discorso di Kikyo sulla madre di Inuyasha e capì di aver toccato un tasto
dolente, si morse le labbra mentre si dava mentalmente della stupida per quella
domanda inopportuna.
Izayoi, la madre di Inuyasha, era l’amante
umana del signor Akio ed era normale che non vivesse nel medesimo luogo.
La porta venne aperta da quelli che dovevano
essere demoni servitori, non dissero una parola e si limitarono a tenere il
capo chino così che Kagome non li guardasse in viso lasciandola libera, volente
o no, di ammirare l’interno.
Seppure l’esterno fosse chiaramente
tradizionale, la casa all’interno si apriva su un lungo corridoio in parquet
con alcuni mobili, sistemati a lato e un’atmosfera completamente diversa da
quella s’immaginava.
« Se te lo chiedi … » esordì Inuyasha
sottovoce, avvicinando il viso a quello di Kagome. « La parte “vecchia” della
casa è dall’altra parte. La usano solo quando c’è qualche evento ufficiale. »
La ragazza annuì appena, mormorando qualcosa
che nemmeno Inuyasha riuscì a capire ma che lo fece sorridere; era come in
passato.
Avanzando diritta si accorse che Inuyasha
aveva ragione: quell’area della casa era molto occidentale, moderna per così
dire, e tutto curato nei minimi dettagli dell’arredamento. Aprì una porta sulla
sinistra che dava su un soggiorno con un bellissimo divano poggiato contro una
parete completamente ricoperta di librerie stracolme di libri. Davanti al
divano, separato da un tappeto con sopra poggiato un tavolino in vetro, c’erano
due poltrone e un paio di sedie.
Sul divano, accanto a quella che doveva
essere la moglie, stava il signor Akio che non appena vide entrare Kagome il figlio
si alzò immediatamente in piedi per salutarli con un semplice inchino e un
sorriso.
« Sono felice di vedere che siete venuti
veramente … » esordì il padre di Inuyasha, guadagnandosi un’occhiataccia da
parte del figlio e un’espressione interrogativa da parte di Kagome.
« Kagome, permettimi di presentarti mia
moglie. »
Accompagnò le parole con un gesto del
braccio allungando la mano alla consorte, la quale la strinse e la usò per
alzarsi in piedi.
Aveva lunghi capelli argentei, più chiari
rispetto a quelli di Inuyasha che sembravano avere le stesse sfumature della
luna, li teneva legati in una coda alta che lasciava libere solo un paio di
ciocche per incorniciare i lineamenti affilati ma non meno femminili.
Occhi color del ghiaccio la scrutavano con
uno strano sorriso sulle labbra, misterioso e indecifrabile, mentre Kagome si
soffermò ad ammirare velocemente l’abito elegante della donna di un blu chiaro
con una strana cosa morbida, forse una specie di pelliccia, che la ricopriva le
spalle e un bellissimo amuleto al collo.
« Lieta di conoscerti, signorina Higurashi,
il mio nome è Mizuki* (*luna bellissima). »
La voce della donna era molto delicata e in
quel momento Kagome capì come in passato, ma anche adesso, gli uomini
considerassero alcune donne demoni particolarmente attraenti – tanto da perdere
loro stessi.
Un leggero cenno del capo e Kagome ricambiò,
inchinandosi e sentendosi nuovamente inadeguata. La donna spostò lo sguardo
verso Inuyasha, sospirando appena e scuotendo il capo.
« Almeno questa volta sei venuto
presentabile, Inuyasha. »
Il mezzo demone le sorrise sghembo,
scrollando le spalle mentre Akio, intuendo la possibile battuta sarcastica del
figlio, si affrettò ad intervenire nella discussione; l’ultima cosa che voleva
era una discussione famigliare davanti a ospiti.
« Kagome … mio figlio Sesshomaru, invece, lo
avevi già conosciuto quella sera … »
Lo sguardo di lei si spostò, allora, verso
le poltrone dove vi erano accomodate due figure. Il primo ad alzarsi fu
Sesshomaru, il fratello maggiore di Inuyasha. Kagome ricordava bene quella sera
e, infatti, annuì con un cenno del capo.
Come la madre, anche Sesshomaru aveva uno
sguardo glaciale, completamente diverso da quello gentile e affettuoso del
padre, molto simile invece a quello della madre. Le parole di Kikyo risuonarono
nella sua mente e si trovò a concordare con lei.
Proprio come Inuyasha, anche lui, per la
serata, aveva optato per un abito più formale ma sul grigio e, esattamente come
la madre, aveva una strana cosa morbida che ricadeva sulla spalla. Sembrava una
pelliccia, ma non era sicura.
Dopo di lui si alzò la donna che gli era
seduta accanto. Aveva due profondi e malinconici occhi cremisi, un trucco leggero per far risaltare
la carnagione chiara e i capelli scuri legati in un chignon con un fermaglio
formato da un paio di piume bianche. Il suo abito aveva delle spalline leggere,
la scollatura risaltava la sua figura longilinea e i colori che sfumavano dal
bianco al rosso era perfetto per lei.
« Lei invece è Kagura, la mia fidanzata. »
continuò Sesshomaru mentre la donna s’inchinava davanti ai due ragazzi.
I suoi occhi si fissarono su Kagome qualche
istante, sorpresa mentre la ragazza, dal canto suo, la fissava un momento
interrogativa.
« E- Ecco … »
« Voi … Siete alle dipendenze di Naraku,
vero? » domandò Kagura, un tono così severo nella voce che Kagome lo considerò
come una predica nei suoi confronti.
Trasse un profondo respiro, placandosi e
cercando di risponderle con un sorriso dolce sulle labbra.
« Sì, sono il primo Maître del ristorante “Nekomata”. »
La donna non rispose subito ma al contrario si lasciò andare ad una risata, elegante e nascosta appena dal dorso della mano.
« Scusa, non voleva essere una critica … » si affrettò ad aggiungere mentre si avvicinava a Sesshomaru afferrando delicatamente il suo braccio. « … Naraku è anche il mio benefattore, se così vogliamo dire, ogni tanto mi telefona per discutere di affari e non fa che parlare di quanto sia fiero dei suoi dipendenti. In particolare, parla spesso di te. »
« Immagino, Kagome ha proprio l’aria di essere un’ottima collaboratrice. » asserì il padre di Inuyasha, annuendo più volte con il capo.
« Non ha solo l’aria, padre. »
La voce di Inuyasha risuonò nella stanza improvvisamente, fiera e orgogliosa, tanto che Kagome sobbalzò quando passò il braccio attorno alle sue spalle. Si trovò così appoggiata al suo petto, così vicina a lui come non lo era mai stata durante quei giorni di convivenza.
« Il ristorante non esiste senza di lei. »
Avrebbe voluto fermarlo, dirgli che non era merito suo ma anche degli altri e, non in ultimo, di Naraku, ma solo per quella sera non se la sentì di controbattere.
Quelle parole l’aveva resa felice.
Non era la prima volta che qualcuno si complimentava con lei, ma le parole di Inuyasha avevano uno strano potere su di lei e si trovava ad essere sempre in confusione.
La madre di Sesshomaru, Mizuki, sospirò sonoramente mentre chinava il capo.
« Noto che ha ereditato lo stesso gusto di suo padre. » commentò la donna spostando poi la sua attenzione verso Kagura, rammaricata. « Spero vorrai perdonare questa incresciosa scena. »
« Non vedo niente da perdonare, signora, dopotutto concordo con quanto è stato detto. » rispose Kagura, sorridente verso la donna.
« Se Naraku ha una grande considerazione di Kagome, allora non ho motivo di dubitare di quanto è stato detto. »
Non si aspettava quella risposta, ma soprattutto non credeva di vedere quella donna, la madre di Sesshomaru, indietreggiare di poco. Fu solo per un attimo, ma sia Inuyasha che Kagome videro uno strano barlume di orgoglio negli occhi di Sesshomaru.
Un leggero colpo di tosse da parte di Akio e tutta l’attenzione tornò verso di lui.
« La cena sarà pronta tra poco.
Kagome, nel frattempo, perché non dai un occhiata alla stanza di Izayoi? Sono sicuro che potresti trovare ancora delle vecchie fotografie. »
« Oh, intendi il magazzino? » domandò Inuyasha con una punta di sarcasmo, ma Kagome, ancora poggiata contro di lui, poté sentire la mano sulla sua spalla aumentare la stretta.
Il padre di lui non rispose, si limitò a glissare la domanda rivolgendo un sorriso gentile alla ragazza.
« Dobbiamo discutere di alcune faccende di famiglia, Inuyasha, quindi dovrai rimanere qui. »
Il mezzo demone roteò annoiato gli occhi verso l’alto; era quello il motivo per cui voleva evitare di andare.
Sperava che la presenza di Kagome potesse salvarlo, ma chiaramente non era così.
« Non pretenderai che lasci da sola la nostra ospite. »
« Sciocchezze! » ribatté la madre di Sesshomaru, sospirando appena. « Myoga l’accompagnerà, ovviamente. »
« Quel
vecchio … »
Non fece in tempo a finire la frase poiché sentì il rumore di uno schiaffo
provenire da Kagome, aveva la mano poggiata sul collo e quando l’allontanò
rivelò il piccole demone pulce completamente spiaccicato.
« … Eccolo lì,
per l’appunto. » mormorò esasperato Inuyasha, una mano poggiata contro la
fronte.
Kagome si trovò nuovamente senza un momento per esporre la sua opinione, i suoi
occhi si fissarono sul piccolo demone che si riprendeva nella sua mano,
scuotendo vigorosamente il corpo e guardandola con quei piccoli occhi colmi di
rispetto e ammirazione.
« Vi accompagnerò volentieri, signorina Kagome, non avete nulla da temere signorino Inuyasha! »
Detto questo saltò giù dalla mano della ragazza, saltellando verso la porta e verso il corridoio aspettando l’arrivo di lei.
Inuyasha le afferrò il polso, bloccandola e impedendole di andare. Kagome si voltò appena con il capo, in tempo per notare la sua espressione colma di rammarico alla quale rispose con un sorriso.
« Non ti preoccupare, tornerò presto a salvarti. » mormorò sottovoce – anche se sapeva essere inutile visto che la stanza era piena di demoni, demoni dall’udito molto sottile, ma nonostante tutto non poté resistere e rivolse un occhiolino a Inuyasha prima di uscire e raggiungere Myoga in corridoio.
« … Sembra una brava ragazza, forse anche troppo per te. » commentò Sesshomaru con voce bassa mentre poggiava una mano su quella di Kagura prima di tornare a sedersi sulla poltrona.
Inuyasha non rispose alle parole del fratello; non aveva forse ragione?
Nel frattempo Kagome, anche se ancora un po’ incredula, seguiva la piccola pulce che saltellando la condusse attraverso il corridoio della casa sino a quella che doveva essere la stanza/magazzino menzionata da Inuyasha.
« Eccoci arrivati, signorina Kagome. » disse Myoga saltellando sulla spalla della ragazza.
Non ancora del tutto sicura aprì la porta della stanza ancora immersa nelle tenebre, fu il piccolo demone pulce, allontanandosi dalla spalla della ragazza ad accendere la luce.
« E’ … stupenda … »
Quello non era un magazzino. Quella era la stanza di una donna chiaramente molto, molto amata.
La carta da parati che ricopriva la stanza aveva lo stesso colore del cielo notturno, aveva catturato l’esatta sfumatura di colore che assumeva pochi istanti dopo il tramonto e vi erano tanti piccoli punti chiari che dovevano essere le stelle.
Non vi erano finestre ma una porta a vetro che dava su un giardino zen, da essa si poteva chiaramente udire il rumore dell’acqua e il suono secco del bambù che colpiva la roccia.
Non c’era un letto, ma solo un armadio a muro e una specie di comodino su cui era posata una fotografia. Incuriosita si avvicinò prendendo la cornice tra le mani.
Izayoi aveva lunghi capelli scuri, proprio come nella fotografia del passato, i lineamenti si erano fatti più dolci con il passare degli anni e i suoi occhi scuri brillavano di gioia. Teneva per mano un bambino piccolo, imbronciato e con adorabili orecchie da cane: Inuyasha.
« La signora era davvero splendida, non credete? » domandò Myoga saltellando sulla spalla di Kagome, mentre lei annuiva.
« Sì, è davvero una donna bellissima. »
« Quando ha saputo della malattia, il padrone ha chiesto che venisse preparata questa camera … Voleva starle vicino il più possibile e dividere insieme il breve tempo concessole. » continuò Myoga, affranto. « La signora, però, non voleva lasciare il suo lavoro e non voleva creare incomodo per la padrona. Era una donna forte e il suo sangue era così delizioso … »
A quell’ultima affermazione si lasciò scappare una leggera risata.
Dopotutto, pensò, era un demone pulce e succhiare il sangue era una cosa normale.
« Anche il vostro è buono quasi quanto il suo, signorina Kagome! »
“Questo non so se prenderlo come un complimento”.
Si limitò a sorridere non sapendo bene cosa rispondere.
Posò la fotografia dove si trovava prima carezzando la cornice d’argento con le dita.
Era strano.
Ora che la vedeva adulta, non più una giovane donna, le sembrò di averla già
conosciuta in passato.
« Myoga … » esordì Kagome, assorta nei suoi pensieri. « La signora Izayoi aveva
un diario … »
« Forse c’è qualcosa negli scatoloni nell’armadio. »
Voleva conoscere. Voleva capire la ragione di quella sensazione nostalgica e piacevole.
Si avvicinò all’armadio a muro e ne aprì un anta, al suo interno vi erano un sacco di scatole e scatoloni che contenevano i frammenti di una vita che non sarebbe più tornata. Nell’angolo, nel ripiano più basso, c’era un futon tenuto con la massima cura. Non perse tempo e prese un paio di scatoloni, per cominciare – eliminando quelli con la chiara scritta “vestiti”.
Uno di essi era già aperto, probabilmente da Akio o Inuyasha, conteneva diverse cose e oggetti personali di Izayoi.
Il suo sguardo fu catturato da quello che era un vecchio lettore di cassette portatile, piuttosto antiquato come strumento ma, stranamente, senza nessuna traccia di polvere.
« Ah, la signora amava registrare dei messaggi.
Volete ascoltarla? »
« Sicuro che sia il caso? Insomma … Ha l’aria di essere molto personale. »
« Non ve ne date pensiero, signorina Kagome, la signora spesso registrava dei pensieri e delle poesie. Scrivere era divenuto pesante nei ultimi suoi mesi, così, invece dei diari, usava questo. »
Non era molto convinta.
Se Inuyasha fosse stato con lei avrebbe potuto chiedere, ma lui non era accanto a lei in quel momento e doveva decidere se fidarsi o meno. La curiosità alla fine prese il sopravvento.
Srotolò il filo delle cuffie e ne sistemò una nell’orecchio, lasciando l’altro alla piccola pulce che teneva quell’oggetto, grande il doppio del suo corpo, con le sue piccole mani. Un respiro profondo e fece partire il nastro.
« … E’ partito … ? » la voce della donna suonava distorta dalla registrazione, ma anche così poté sentire chiaramente quanto fosse piacevole.
Era una voce calda, delicata e profonda, arrivava diritta al cuore.
« Mio adorato figlio, probabilmente non ascolterai mai questo nastro. So di non essere stata una buona madre nell’ultimo periodo, ti ho causato molto dolore vero? » La voce di lei era spezzata dal dolore e dal rimpianto.
« Lo so che è così, ma voglio che tu sappia
che non c’è nulla che io rimpiango delle mie scelte passate. Nulla. Sono stata,
e sono tutt’ora, la donna più felice del mondo perché ho potuto conoscere tuo
padre ed innamorarmi. Ho sperimentato la gioia più grande e ho vissuto appieno.
Inuyasha, la mia gioia più grande sei tu.
Quando eri piccolo e tornavi a casa in lacrime, il viso ricoperto di graffi e mi chiedevi “mamma, perché mi hai fatto nascere così”, sappi che l’ho fatto perché tu sei un essere vivente. Tu appartieni a questo mondo come chiunque altro, sai perché? Perché ogni essere vivente ha davanti a se un’esperienza unica in un mondo pieno di possibilità. Possono esplorare il mondo, ascoltare suoni e voci sconosciuti, e vivono la vita come vogliono … E’ tutto così complicato a volte, ma anche semplice, e io non vedevo l’ora che tu entrassi a far parte di questo mondo. »
Gli occhi cominciarono a bruciare agli angoli mentre portava una mano vicino alle labbra, come per trattenere la voce e le sue emozioni. Quelle parole suonavano così familiari, come se le avesse già udite in passato.
« Ricorda sempre, sei qualcosa di
straordinario proprio perché sei un essere vivente! Quando guarderai le stelle,
quando i tuoi occhi guarderanno la luna, sappi che sarò lì a guardare lo
scenario con te. Ovunque sarà la mia anima … io sarò con te. Abbi cura di tuo
padre, Inuyasha. »
Il rumore di una porta che si apriva e la registrazione s’interruppe.
Lacrime scendevano lungo le guance di Kagome mentre anche il giovane demone pulce si asciugava gli occhi, commosso dalle parole della signora e dal suo cuore puro.
Quelle parole lei le aveva già sentite.
Nella sua mente comparve l’immagine di una donna, lunghi capelli scuri legati in una treccia e l’espressione dolce che guardava spesso fuori dalla finestra. Nella sua memoria, sentiva la sua voce delicata chiamare il suo nome e lei ricordava. Ricordava di esserle andata incontro, sorridendo felice e abbracciandola.
Il registratore cadde dalle sue mani, colpendo le ginocchia e poi il pavimento della stanza.
« Che cosa succede? »
Salve a tutti!
Ne è passato di tempo, vero? Mea culpa, vero, ma ho avuto molte cose a cui pensare e
mille problemi da risolvere.
Ora, però, veniamo ad una notizia di carattere
personale.
La sottoscritta a breve partirà per Londra,
ho ricevuto una chiamata e sarei stata sciocca a dire di no. Non è un addio,
poiché è mia intenzione portarmi dietro un computer se riesco, ma almeno per i
primi tempi sarò un pochino compressa e le uscite tarderanno di nuovo.
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e
ci vediamo al prossimo aggiornamento. Ah, giusto, entro oggi o domani uscirà
una one-shot che conterrà il mio primissimo
esperimento con discorsi in prima persona. Siate clementi.
Un grandissimo abbraccio a tutti!
Scheherazade