Mi
chiamo Lux e sono un normalissimo studente. Frequento
il terzo anno di lingue Orientali, studio giapponese e inglese.
Dato che al terzo anno è obbligatorio uno stage, io decisi
di aiutare la mia
vecchia professoressa di inglese a scuola, così da riuscire
a coprire le
centocinquanta ore che prevede la mia università.
C’è anche un’altra piccola cosa di me
che dovrei dirvi, ma preferisco
raccontarvela. Ecco, tutto è partito da una mattina, nella
mia vecchia scuola,
ma non è proprio l’inizio. Poi capirete il
perché.
Quella mattina, di metà settembre, come tutte le altre mi
svegliai per andare a
scuola. Percorsi con la macchina il medesimo tragitto fatto tutte le
altre
mattine, parcheggiai di fronte la scuola e scesi dalla macchina.
Attraversai la
strada per salire sul marciapiede della scuola, salutai qualche
ragazzo, altri
invece mi chiesero quali domande ci sarebbero state nel test di inglese
di quel
giorno, risposi che non lo sapevo, ma che dovevano aspettarsi qualcosa
su
Shakespeare. Con un cenno della mano i ragazzi mi salutarono ed
entrarono in
classe, io raggiunsi la professoressa che mi aspettava con un
caffè fumante in
mano. Mi chiese se ne volessi uno anche io, accettai molto volentieri.
Mi fece
visionare il compito per la 4C, quello di cui stavo parlando con i
ragazzi
prima, ed effettivamente stavano solo domande su Shakespeare. Ero
contento di
aver aiutato quei ragazzi, e speravo che stessero ripetendo
l’autore per il
compito. Nel frattempo entrarono altri docenti nella stanza. La mia
vecchia
professoressa di Latino, era fiera ogni volta che mi vedeva,
soprattutto per la
scelta universitaria che ho intrapreso.
Al suono della prima campanella, la prof ed io andammo verso la prima
classe
alla quale dovevamo fare lezione, due ore e poi l’ora
successiva il test.
Ma non andò esattamente tutto così.
Finite le due ore in quella prima, che secondo me era più
una terza media
spacciata per primo superiore, ci incamminammo verso la 4C.
Entrati in aula, non volava una mosca, i ragazzi erano già
pronti, dizionario
sul banco e foglio protocollo. Mentre distribuivo i fogli, notai su
alcuni
volti la gioia di quelle tracce, su di altri la disperazione
più assoluta. Come
ogni compito che si rispetti.
Arrivai in fondo, consegnai l’ultimo foglio a Beatrice, una
ragazzina molto
pacata che andava davvero d’accordo con tutti. Le feci un
sorriso e le augurai
buona fortuna. Tornai al mio posto, alla cattedra, vicino alla prof che
diede
il via. Cinquanta minuti di tempo per 5 domande. Mentre io e la docente
ci
intrattenevamo a parlare e controllare che i ragazzi non copiassero,
bussarono
alla porta.
La prof convinta fosse un segretario, o uno del personale ATA li invitò ad
entrare.
La porta però non fu aperta come di consueto, ma fu
letteralmente sfondata da
un calcio. I ragazzi, molti non tutti, si spaventarono, altri
ringraziavano
diverse divinità per aver fatto saltare il compito. Se mi
fossi ritrovato
seduto su quelle sedie avrei pensato la stessa cosa.
La persona che aveva sfondato la porta, era un militare, giacca
mimetica e
fucile alla mano. Si incuriosì del mio sguardo, pensai.
Perché in realtà non
ero sorpreso o spaventato, negli ultimi mesi ho visto cose davvero ben
peggiori
di un fucile carico, ma dopo un secondo feci la faccia di uno
spaventato.
Giusto per non creare più problemi del dovuto.
L’omone aveva alle sue spalle due uomini che erano grossi
come buoi, ma che
comparati a quello del leader sembravano vacche durante una carestia.
L’omone
cercò nella tasca un foglio che trovò dopo aver
ravanato un po’. Lesse quelle
poche righe che stavano scritte, lesse mimando ogni singola parola,
come se
fosse uno stupido. Magari non è che sembrasse stupido, lo
era.
-Il nostro compito qui è di prendere in
“custodia”- questa parola scandita
particolarmente –una certa Beatrice. E’ tra di voi
per caso?- tutti gli sguardi
andarono verso il fondo della classe. Idioti, pensai, bisognava far
credere che
non ci fosse, avrebbe controllato il registro magari, e avremmo
guadagnato
tempo, invece gliel’hanno servita su di un piatto
d’argento.
Appena la povera Bea, entrò nel raggio visivo della bestia,
per un attimo i
suoi occhi divennero come d’oro, anzi meglio quasi arancioni,
come il colore
dell’oro stinto. Capii che quello era il mio momento di
intervenire. Alzai le
mani e tutti gli sguardi furono rivolti a me, la professoressa non
sapeva cosa
fare e provò ad avere un dialogo con le tre figure
misteriose, ma era tutto
inutile. Successivamente mi alzai in piedi tutto il mio movimento fu
seguito
dall’omone che pian piano si avvicinava a me e mi fissava
negl’occhi. Intanto i
due scagnozzi mi puntarono i loro fucili contro. Ma non sono
così stupido da
far qualcosa che mi possa mettere in scacco.
Immediatamente dopo mi ritrovai dietro alle loro spalle, con lo
sgomento
generale e la faccia da “WTF” del leader, nessuno
però si accorse che i due
tirapiedi erano a terra tramortiti.
Il tempo di un respiro ed ero sul muro infondo alla classe, vicino a
Bea. Mani
poco sotto la schiena, appoggiate al muro, come un vero fighetto da
strada.
La ragazza quasi in lacrime, si girò verso di me,
scattò in piedi e mi
abbracciò, dando le spalle a quella specie di orso.
-Ovviamente sai che se difendi la singola ragazza, non sarai in grado
di difendere
gli altri della classe, vero?- ringhiò il bestione.
-Se mi fai così stupido, arruolami tra le tue fila!-
Qualcuno si mise a ridere, e ciò fece imbestialire ancora di
più l’omone che
perse le staffe che caricò l’arma e la
puntò verso di noi...
Ma eravamo dietro di lui ormai, Bea seduta alla cattedra e io scrivevo
alla
lavagna.
Se dovessi pensare da esterno, direi un bel “Ma che
cazz”, ma visto che conosco
le dinamiche dell’avvenuto non mi sorprendo (LOL).
Il bestione, però sembrò non capire
l’antifona. Che cioè non poteva battermi. E
puntò il fucile contro Beatrice, la povera e indifesa Bea,
che un attimo dopo
si ritrovò con il fucile del suo aggressore in mano.
Più sorpresa che
spaventata, ma capì in un attimo come si impugnasse e
qual’era la funzione del
mirino.
Intanto da una classe vicina, sentimmo tutti il rumore come di un muro
che
veniva abbattuto all’interno della scuola, per poi riversarsi
nel cortile
interno della scuola. Ah piccolo particolare, la scuola è
composta su tre
piani, e noi siamo al secondo.
Mi affacciai alla finestra, e con mio grande stupore vi era una figura
incappucciata
che teneva tra le braccia una ragazza. Stavano planando verso il centro
della
palestra interna della scuola. In quel momento capii che non erano qui
per Bea,
cosa che pensavo, ma per quella ragazza. Perché non me ne
ero accorto? E se
fosse una trappola dell’Organizzazione per prendere Bea
quando io non le sono
vicino? Le domande mi attanagliavano, ma dovevo fare qualcosa, ero
lì per
quello. Dovevo muovermi e fermarlo, prima di farlo scappare in un
corridoio
oscuro e perdere le sue tracce. Mi girai per vedere come se la cavava
Bea, e
lei con uno sguardo sicuro e la presa salda sul fucile mi disse:
-Muoviti,
ancora qui stai?-
In meno di un secondo mi ritrovai giù, nel cortile. Alle
spalle del tizio in
nero. Effetto sorpresa garantito!
Ecco, ma forse vi starete chiedendo come posso fare tutto
ciò, è vero non vi ho
detto praticamente nulla, ma lasciate che le spiegazioni vengano da
sole.
Il tizio incappucciato, si voltò senza sorprendersi, teneva
la ragazza
tramortita sotto il suo braccio sinistro, col destro invece
evocò un’arma. Era
un lungo bastone che terminava con una mezza luna attorniata da spine.
-Si chiama Berserk, e lo posso utilizzare solo quando sono realmente
incazzato.
Che arma utilizzerai per sbarazzarti di me, un fucile, un cannone?
Sappi che
non bastano.-
-Un Keyblade, dici che può bastare?-
Purtroppo la sua espressione era coperta dal cappuccio, ma sono sicuro
che ha
fatto una faccia sorpresa, se non addirittura esterrefatta.
Si abbassò il cappuccio, e il volto che celava finalmente si
poteva ammirare,
un ragazzo di circa venticinque anni, capelli lunghi e blu, ma di una
tonalità
particolare, forse il blu di metilene. Occhi gialli, anzi arancioni
come
l’amico di prima. Il Maestro mi ha avvertito che chi possiede
quegli occhi,
probabilmente è un seguace di Xehanort, se non proprio un
suo vessillo. E credo
che questo ragazzo sia proprio un vessillo.
Con un movimento fluido lasciò cadere la ragazza, che
però non si svegliò dal
suo torpore.
Strinse il suo bastone a due mani, e improvvisamente si
librò in aria.
Istintivamente avevo già la mia arma in mano, pronto a
difendermi e attaccare.
Gli insegnamenti del Maestro ormai facevano parte di me, pertanto ero
già in
posizione, pronto per entrambe le azioni. L’unica cosa che
secondo me mancava
era una bella OST per iniziare il combattimento!
Prima, però, che potessimo incrociare i nostri colpi,
venimmo interrotti da una
voce di un vecchio.
-Fermi, Saix...- prese una pausa -Isa, soprattutto tu.-
La voce era roca, si sentiva il peso degli
anni e la cattiveria nel tono, ma anche la fermezza e la decisione.
Comunque non mi feci perdere quell’unica occasione di
distrazione del ragazzo
dai capelli blu, fermai il tempo, corsi per afferrare la ragazza e
iniziai a
scappare. Purtroppo la magia che mi permette di fermare il tempo vale
per
un’area delimitata e per un breve periodo di tempo. Quindi
penso che dopo una
ventina di secondi si erano accorti della mia fuga e si erano
già messi alla
mia ricerca. Uscito da scuola, neanche pochi passi e un passaggio
oscuro si
aprii davanti a me, e ne uscirono le due persone che stavano dentro il
cortile
interno della scuola. Avevo una sola possibilità, e quella
era la fuga. Ma
come... erano in due, di cui
un maestro
del Keyblade, e non uno qualsiasi, ma Xehanort. In quel momento cercai
tutte le
forze dentro di me, e Keyblade alla mano, puntato contro di loro urlai:
-Ragnarock-.
Il Keyblade vibrò così forte che venni spazzato
via e dalla sua punta uscirono
una decina di frecce di energia che si scagliavano automaticamente
contro i
nemici. Era la tecnica più forte che il mio Maestro mi aveva
insegnato, e mi
lasciava a corto di MP (Magic Points) ogni volta. Non so che fine
fecero i due,
ma in pochi secondi ero in macchina con una bella addormentata.
E Bea.
Come ci è arrivata è ancora un mistero per me. Ma
i suoi occhi, senza parlare,
dicevano che voleva sapere di più. Accesi la macchina e
partì alla volta della
base segreta del mio Maestro. Master Eraqus.