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Autore: Francesca Alleva    31/08/2015    1 recensioni
"Voglio illuminare il tuo manto, voglio essere di conforto e di aiuto a chi, nel tuo buio, non vede altro che disperazione. Voglio innalzare il mare e farlo giocare, parlare col lupo e allietare le feste. Voglio far brillare mia figlia, far vedere quanto è bella, vederla crescere, far sì che venga amata, stare con lei il più possibile. Voglio portare le stelle a terra."
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa One Shot è dedicata ad un'amica e "collega",
una persona vissuta online che, conosciuta, mi ha commosso per le bellissime parole dedicatemi.
In questa Notte, ci sei entrata senza volerlo.
Questa Notte, la vincerai con la tua luce e con quella di tutte quelle Stelle che credono in te.
Perché oggi, domani e fino alla fine Vince la Luna.
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(autore sconosciuto)
 

Il mio nome è Ersa e al momento sono ovunque nel mondo, laddove c’è del verde, laddove c’è vita, laddove c’è qualcuno che cammina scalzo nell’erba senza paura della notte. Sono ovunque e sto brillando leggera solo grazie alla luce della Luna, quella stessa Luna che mi ha messa al mondo. E che ha combattuto per me.
 
Questa storia nasce quando è nato l’universo, quando mia madre, sua sorella e suo fratello furono generati dall’energia stessa. Lei, Helios e Eos.
Quando i miei nonni hanno chiesto ai tre fratelli cosa volessero essere da grande Eos ha risposto che voleva essere la nascita di una nuova speranza, loro fratello che voleva rendere più chiara la via di chi si smarriva e mia madre che avrebbe voluto essere un conforto nei momenti bui. Fu così che Helios si munì di raggi e imparò a donare luce a chi aveva perso la strada, mentre Eos e mia madre non trovarono come eguagliarlo e realizzare i loro sogni.
Si interrogavano spesso, insieme, senza capire come avrebbero potuto essere loro stesse, tristi a tratti ma determinate a capire cosa avrebbero voluto essere, con la volontà di scegliere bene e scegliere per sempre.
Mia madre era ottimista, sapeva che ce l’avrebbero fatta e Eos era sua complice: passavano il tempo a fantasticare e immaginare. Si sentivano giovani e forti, ed erano giovani e forti.
 
Poi, un giorno, figlia dell’amore nacqui io: Ersa. Io non ebbi la loro fortuna, non potei scegliere cosa essere poiché non avevo molte opzioni: ero quello che ero.
Nascevo e vivevo solo in determinate situazioni e condizioni e per sopravvivere avevo dovuto accettare di vivere al riparo di Nyx, colei che prendeva il posto di Helios quand’egli, stanco, necessitava riposo.
Ma Nyx non era buona, era chiusa, buia, spesso cattiva. Non aiutava nessuno, se poteva cercava di mettere i bastoni tra le ruote. Accecava, portava malinconia e tristezza.
Con lei non ero a mio agio ma non avevo dove altro andare.
Fu lì che Eos capì cosa avrebbe potuto fare la mia mamma: portare speranza e allegria nel buio e nella gravità di Nyx. E soprattutto, aiutare me ad esprimere la vera me stessa, a brillare tra i petali e sui tetti. Lì dove non possono arrivare le stelle.
 
Eos prese mia madre e l’accompagnò a parlare con il buio.
-Voglio illuminare il tuo manto, voglio essere di conforto e di aiuto a chi, nel tuo buio, non vede altro che disperazione. Voglio innalzare il mare e farlo giocare, parlare col lupo e allietare le feste. Voglio far brillare mia figlia, far vedere quanto è bella, vederla crescere, far sì che venga amata, stare con lei il più possibile. Voglio portare le stelle a terra.
Nyx non rispose, gelosa e muta, gelida come solo lei sapeva essere.
Poi alzò lo sguardo e le permise di entrare: ma Eos vide il suo ghigno e rimase ad aspettare, alle porte del buio, che sua sorella tornasse.
 
Era il 13 Agosto, ed Helios era appena andato a dormire.
Mia madre si guardò intorno e si sentì smarrita: quel manto era qualcosa di immenso, dava le vertigini e i brividi, le stringeva la testa come una cintura. Le stelle non si vedevano, lei era la sola che avrebbe potuto fare qualcosa. Cercò di trovare la forza dentro di sé ma un gelo sempre più intenso le stava fasciando la mente: si voltò. Sua sorella non era più visibile, chiusa fuori dalla gelosia della Notte e il manto aveva perso il suo volto (codarda Nyx, infima, viscida Nyx) ma stava acquisendo ostilità. Gelo. Cattiveria. Forza.
Guardò quindi in basso per cercarmi ma non mi vide, non poteva, io ero solo gocce sparse a terra, nascevo e morivo con la stessa velocità del tramonto e del vento. La chiamavo ma non poteva udirmi. La vedevo disperarsi, piangere, chiamare aiuto ma il mondo dormiva e non la poteva ascoltare.
Si sentiva sola e disperata, chiamò le stelle ma nonostante sentisse sempre le loro voci non riusciva a vederle. Loro avevano paura di Nyx e da essa cercavano di nascondersi. Mia madre cercò di calmarsi. Le ore passavano, la disperazione cresceva. Sentiva Nyx che si spostava e la trascinava via, senza darle la possibilità di andarsene, di uscire, di decidere della sua vita: non poteva vedere sua sorella, non poteva cercarmi, non poteva chiedere aiuto a suo fratello o ai suoi genitori. Era sola, circondata da una malattia che non aveva voluto, in un momento in cui pensava solo a realizzarsi e a dare una vita migliore a sua figlia.
Pianse, e pianse tanto, arresa, abbandonata, buia.
Dopo un tempo che le parve interminabile decise che non è così che si fa, la solitudine non aiutava, l’abbandono nemmeno.
Iniziò a parlare, piano, tutti i giorni. Qualche frase che potesse far sorridere, qualche canzone che potesse far compagnia, una riflessione. Lo faceva per chiarirsi le idee, per non perdersi e per aiutare le stelle, che nascoste, facevano come sua figlia: non si esprimevano come avrebbero potuto. All’inizio le voci si interruppero e in risposta ebbe solo silenzio. Poi, pian piano, qualcuna iniziò a ridere e a far capolino. Blink, ne comparve una, blink! un’altra e così gradualmente accese il cielo.
Nyx stringeva il suo manto con forza ma la mia mamma attingeva la sua energia dalla gratitudine che riceveva da quelle stelle, sole e lontane tra loro per anni, che ora si potevano rivedere, ritrovare, ridere e scherzare, trascinate via da una forza monotona e sgradevole.
 
Nella sua ricerca di forza, pensava costantemente a me, mi chiamava e si immaginava la mia voce resa flebile dalla distanza, in risposta.
Riuscirò a darti l’aiuto che meriti, mi sussurrava. Riuscirò a starti accanto e a vederti brillare ed esprimere per quello che sei.
Mamma è qui. Mamma è qui per te,
mi diceva.
 
Durante un’ora indefinita in un momento imprecisato di questa condivisione a senso unico che durava da tempo incalcolabile, ecco che le stelle decisero di ricambiare la sua compagnia, commosse da una storia dove solo un po’ di luce avrebbe potuto vincere: ad una ad una iniziarono a donarle uno dei loro piccoli raggi. Incredula, mia madre li accolse a braccia aperte e se ne vestì. Ritrovò dentro di sé quell’allegrezza e quella spensieratezza che credeva di aver perso quando perse Eos e la speranza, quando non vedeva più suo fratello e quando credette di aver perso me, sua figlia.
E invece io, dall’altro dei miei steli di fiore, iniziai a brillare dei suoi raggi riflessi e vedendomi lei si riempì di gioia. E più gioiva più brillava e più brillava più le stelle esultavano e Nyx si ritirava.
Mia madre poteva vincere il buio e non farsi più trascinare via, poteva decidere della sua vita, poteva vincere.
Ed Eos ricomparve, colma di speranza e a braccia aperte e colori dolci l’accompagnò verso il sole sostenendo la sua vittoria e gioendone con lei, festeggiando la nascita di un nuovo giorno.
 
E questa è la storia che volevo condividere, quella di mia mamma, la Luna che vinse il buio, la Luna circondata da voci prima e da raggi poi, quella Luna che combatté per sua figlia, per poterla vedere, per poter stare con lei, lei che era ovunque e dappertutto, tranne che al suo fianco. Per colpa di Nyx. La storia di mia mamma che vinse la Notte.
 
Mia mamma, Selene.
 
 
 
 
 
(autore sconosciuto)

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