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Autore: xshesagleek    02/09/2015    4 recensioni
|Newtmas|AU|OOC|
Newt è uno studente di legge a Chicago, appena trasferitosi da Plymouth.
Un giorno, tornato da una giornata stressante di lavoro nello studio legale, incontra un barista totalmente diverso da lui, con un segreto che nessuno sa, che però lo attira tremendamente.
Che cosa succederà tra i due?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Minho, Newt, Thomas
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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sixth chapter.

Look for my heart,
You stole it away.

Prima che la sveglia potesse anche solo fare un accenno del primo suonetto irritante, gli occhi di Newt erano aperti.
Aveva passato la notte insonne, come del resto tutto il weekend. Aveva pensato, pensato pensato e ripensato a cosa era successo quel venerdì sera, e, Dio, se si dava dello stupido per quello, ma non poteva evitarlo.
Ripensava agli occhi glaciali di Thomas, a come gli aveva detto "forse è meglio se la finiamo qui", a come era scappato via da lui, via da quel qualcosa di speciale che Newt aveva intravisto sotto la scultura del Fagiolo, al centro della piazza. Forse era stato Newt, allora, che si era illuso che potesse andare nel verso giusto. Allora era stata sua, la colpa. Non di Thomas, o di ciò che aveva visto.
Perché come al solito correva. Si passò una mano sugli occhi stanchi, doveva prendere le forze e alzarsi, affrontare una nuova giornata allo studio legale, anche se nemmeno lì le cose sembravano andar bene, per lui. Continuava a fare l'assistente di turno, quello che portava i caffè, quello che doveva segnare gli impegni altrui.
Ma come far capire al signor Ankin che anche lui, alla fine valeva qualcosa?
Forse sarebbe stato meglio rimanere a Plymouth, si disse in un momento di estrema auto-commiserazione. Eppure la possibilità che gli era stata data era immensa, e lui era grato per questo.
Fu per questa motivazione, e solamente questa, che quel giorno Newt si alzò dal letto e si trascinò al lavoro. Di nuovo, la routine lo colpì come ogni giorno.
Si alzò, si fece la doccia, fece colazione, si vestì, prese la metro, tutto monotono. Tutto troppo vuoto. Nonostante i ricordi vividi dell'appuntamento andato a finire decisamente male, a Newt mancavano quegli occhi marroni, a Newt mancava Thomas.
E non il Thomas del bar, non quello che l'aveva preso in giro la prima sera, o il Thomas che lo aveva cacciato in malo modo, no. A Newt mancava il Thomas che aveva conosciuto sotto il Fagiolo, quello che si era messo a raccontare tutto di lui, quello che l'aveva fatto ridere e l'aveva spinto a parlare di sé. Il Thomas che, in davvero pochissime ore, era stato in grado di cambiarlo, anche se solo per una piccola parte.
Sospirò, reggendosi al palo giallo del treno della metro nel quale stava sostando. Si guardò un po' in giro, tentando di svagare i pensieri, eppure non riusciva a distoglierli dal ricordo di quella serata. Sì. Ecco come aveva passato il weekend. A rimuginare su quel maledettissimo appuntamento, a rimuginare sui sentimenti che aveva provato solamente guardando l'altro ragazzo, a rimuginare su quanto lui fosse stupido.
Portò una mano nei capelli, riavviandoli con le dita, quando il telefono dentro la sua tasca dei jeans prese a vibrare. Il suo cuore perse un paio di battiti, come lui perse un paio di squilli, mentre l'ansia lo divorava da dentro: aveva paura di leggere il nome sullo schermo. Aveva paura di potervi trovare scritto Thomas. E aveva ancora più paura di potervi trovare scritto, invece, un altro nome. 
Mamma.
Un sospirò uscì dalle sue labbra sottili mentre si portava il telefono all'orecchio, non sapeva se per la delusione o per il sollievo, i suoi sentimenti erano così contrastanti che aveva la vivida immagine mentale di quelli che facevano a botte, come due persone vere. Scosse la testa, alzando gli occhi al cielo e cominciando ad ascoltare ciò che la madre aveva da dire.
Negli ultimi giorni l'aveva chiamato spesso, probabilmente perché aveva avvertito il suo stato d'animo così cupo. Era incredibile, sua madre riusciva sempre a capire come stava prima che anche lui potesse farlo.
Avevano sempre avuto un rapporto speciale, e Newt ne era sempre stato più che contento. 

« Buongiorno Newton. »
La voce di Angelica lo accolse non appena entrò nello studio legale. Ancora non aveva capito che lui odiava il nome Newton, non a caso si faceva sempre chiamare Newt, da tutti. Non aveva mai capito il vero motivo per il quale la madre aveva deciso di dargli il nome di uno che aveva scoperto la gravità, ma i suoi genitori erano sempre stati fuori dal normale, ed il ragazzo non aveva mai fatto nulla per cambiarli.
Alzò la mano verso la segretaria che riprese a parlare al telefono (chissà con chi parlava, poi) in segno di saluto, e poi si tirò su la cartella, mettendola meglio sulla spalla, mentre con i soliti passi lenti e calcolati avanzava verso la sua postazione. Aleggiava una strana aria, quel giorno, nello studio legale. Erano tutti con la testa china sui fogli davanti a loro, le cartelle dei casi aperte sui tavoli, sparsi.
Newt si accigliò, ignaro di cosa stava succedendo. Si avvicinò, quindi, alla scrivania di Brenda, notandola tutta concentrata nello scrivere qualcosa, mentre toglieva e metteva fogli su una pila infinita. Si appoggiò con le mani all'estremità opposta rispetto a quella dalla quale era seduta Brenda e la fissò, finché il suo sguardo non attirò l'attenzione della moretta, che si riscosse immediatamente.
« Newt! Mi hai fatto prendere un colpo, giuro. »
« Era la mia intenzione. Che succede, Bren? »
Chiese usando quel nomignolo per la prima volta da quando era arrivato lì allo studio. Piano piano aveva avuto l'opportunità di conoscere davvero quelle persone, aveva cominciato ad affezionarsi a loro, e nemmeno poco, era più che felice che anche loro, da come aveva potuto vedere, stavano cominciando a fare lo stesso.
 « Eh? Ah, oddio, non lo sai? »
Un sopracciglio biondo di Newt si alzò, mentre lui incrociava le braccia al petto, alzandosi dalla posizione amichevole in cui si era messo, per prendere quella che era più sulla difensiva. Insomma, ma perché nessuno gli diceva mai niente lì dentro?!
« No. Non so mai niente qui dentro, a quanto pare. »
« Oh, andiamo. Non fare così. Ad ogni modo, hai presente il nuovo caso? Ecco, ci sono stati stani risvolti, qualche sera fa. C'è stato un morto, dicono sia colpa della droga e ... stiamo tutti un po' incasinati, al momento. »
Il naso di Brenda di arricciò in una smorfia. In effetti era strano, stavano portando avanti quel caso da un po' e ancora non era successo niente, eppure ora, da quanto diceva la ragazza di fronte a lui, qualcuno era morto. C'era qualcosa di grosso sotto.
Anche il naso di Newt si arricciò, mentre si sporgeva un po' per leggere quello che le schede dicevano: non sapendo le precedenti riguardo quel caso, però, non ci capì molto. Scosse la testa, e si alzò definitivamente, indicando con il pollice il proprio studio.
« Se vuoi possiamo dare un'occhiata insieme, magari dopo pranzo. Ora devo riordinare delle cose. »
E Newt sperava con tutto il suo cuore che finalmente quello poteva essere il suo trampolino di lancio, che finalmente Brenda gli avrebbe detto di sì, e che lui avrebbe potuto dimostrare quanto in realtà valesse. La moretta si passò una mano fra i capelli corti, arruffandoli leggermente, e poi spostò gli occhi in quelli del biondino, sorridendogli appena.
« E' una buona idea, certo. »
Non ci poteva credere. Finalmente avrebbe avuto accesso ad un vero caso, finalmente avrebbe potuto leggere qualcosa e capire, magari anche risolvere un caso che stava facendo andare tutti fuori di testa, in quel periodo. Sorrise alla ragazza, ringraziandola con lo sguardo, e poi se ne andò nella sua stanza, cominciando a sistemare qualche file che gli era stato assegnato quella mattina, che si era ritrovato sulla scrivania, come ogni mattina.
Le ore volarono, Newt non alzò il naso nemmeno per un momento, preso dall'idea che, se avesse chiuso tutto ciò che doveva chiudere in tempo per il pranzo, subito dopo aver mangiato allora avrebbe finalmente avuto modo di discutere con Brenda di quel caso.
Un bussare lieve sulla porta di vetro fu l'unica cosa che gli fece riprendere coscienza della situazione. Alzò gli occhi ed incontrò la figura di Minho che sostava davanti alla sua porta.
« Minho, buongiorno. »
L'asiatico gli sorrise, facendogli un cenno con la mano di saluto. Anche lui sembrava tremendamente stanco, tutti nello studio si stavano scervellando per quel caso, a quanto pareva, tutti tranne Newt. Non sapeva se ritenersi fortunato, viste le occhiaie che circondavano gli occhi di Minho, oppure se ritenersi escluso, visto che ancora non sapeva niente.
« Abbiamo ordinato il pranzo dal pub, senza che usciamo, dato che siamo piuttosto presi. Tra dieci minuti mangiamo tutti insieme sui divanetti quelli all'ingresso, ci stai? »
« Certo che ci sto. »
Minho gli sorrise e si incamminò verso la sua postazione, cominciando a riordinare qualche foglio. A quel punto della giornata, Newt era più curioso che mai di scoprire cosa c'era di quel caso che stava facendo finire in manicomio tutti quanti. Si alzò anche lui, riordinando qualche foglio e mettendo sulla scrivania ciò che aveva impilato fino a quel momento.
Si diresse verso i divanetti che Minho gli aveva indicato poco prima e cominciò a chiacchierare allegramente con tutti gli altri. Un'altra cosa che aveva notato, quel giorno, era che Minho e Brenda non si parlavano, mentre Teresa sembrava essere una cozza, sempre appioppata al ragazzo orientale. A quel punto si chiese se quel Lunedì qualcuno non avesse deciso che tutto doveva andare storto a tutti
Era abbastanza evidente che qualcosa era successo tra quei tre, ma in quel momento l'unica cosa che occupava la testa del biondo era il rumore della sua pancia che brontolava per la fame. Stranamente, sommerso da quel lavoro, Newt non aveva avuto modo di pensare neanche per un minuto al barista moro che tanto l'attraeva, e non voleva cominciare proprio in quel momento.
Quando Minho si alzò, per andare ad aprire al fattorino che avrebbe consegnato loro il cibo, quel giorno, Newt si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo, che gli morì, nonostante tutto, in gola non appena vide chi era il fattorino.
« Mi state prendendo in giro. »
Commentò a bassa voce, osservando la figura alta e muscolosa di Thomas che entrava, poggiando le buste sul tavolo al centro, e consegnava il conto a Minho. Inevitabilmente il suo sguardo incontrò quello di Newt, che a sua volta cominciò a fissarlo.
Ma non c'era più quell'attrazione che aveva tanto sospirato in quei giorni, c'era solo dolore mischiato a rabbia, per ciò che gli aveva detto e per come l'aveva lasciato. Si alzò, quindi, dal divanetto, sussurrando a Brenda una scusa improvvisata, e dirigendosi fuori dallo studio.
Oltrepassò Thomas, che lo seguì con lo sguardo, e si rifugiò sulla strada asfaltata subito fuori dalla porta a vetri che recitava il nome dello studio legale, sedendosi sul gradino adiacente alla porta. Quando sentì dei passi dietro di lui si aspettò la figura di Brenda che arrivava a consolarlo, ed invece si ritrovò davanti qualcuno di totalmente diverso.
Alzò gli occhi sul volto di Thomas, incrociando le braccia al petto.
« La mia parte del pranzo l'ha pagata Brenda, ho lasciato i soldi a lei. »
Disse freddo. Thomas era nervoso, glielo si leggeva in faccia, eppure Newt non riusciva a non essere ancora più incazzato, perchè era tremendamente bello anche così.
« Non è di questo che volevo parlare. »
« Allora non parlare di niente, è meglio. »
Asserì Newt, freddo come il ghiaccio. Qualcosa negli occhi di Thomas improvvisamente si incupì, Newt riuscì a percepirlo anche da quella distanza.
« Permettimi di spiegarti, Newt, ti prego. »
Provò il moro, avvicinandosi di qualche passo a lui. Immediatamente Newt saltò in piedi, avvicinandosi all'altro ragazzo con tutta la rabbia repressa di quei giorni che esplodeva negli occhi.
« No, Thomas, non te lo permetto. Mi hai lasciato lì, da solo, al freddo, senza nemmeno una cazzo di spiegazione del tuo comportamento. Mi hai detto che era meglio finirla lì e che non sono tua madre, che non devo farmi i cazzi tuoi. Beh, sai che c'è allora? Non me li farò, è meglio così. La prossima volta che ci porti il pranzo, fai avvisare, così io me ne vado. »
Gli voltò le spalle, facendo per entrare di nuovo nello studio legale, gli voltò le spalle per sempre, si disse, non avrebbe più pensato a lui e avrebbe chiuso la cosa lì, perché non vedeva altra via, perché non ci sarebbe potuto essere niente.
Ma l'improvvisa realizzazione che qualcuno lo stava tenendo per il polso lo fece fermare, e voltarsi. La presa di Thomas era ferrea, le sue nocche erano diventate bianche per quanto era intento a stringere, e la mascella era serrata, il volto segnato da un'espressione corrucciata.
« Non voglio che tu te ne vada. »
La frase fu appena sussurrata, ma perforò le orecchie di Newt talmente forte che poteva benissimo averla urlata da un megafono. I suoi occhi si spostarono dalla mano di Thomas chiusa intorno al suo polso ai suoi occhi scuri, che sono fermi sul suo viso, duri.
Newt inspirò forte dal naso, avvicinandosi un po' di più all'altro ragazzo, per fare in modo che la presa si allentasse, e la sua mano scivolasse nuovamente lungo il suo fianco.
« Senti ... »
« No, Thomas, senti tu. Ero ubriaco, quella sera, okay? Forse- è stato un errore, accettare quell'appuntamento, e forse è meglio così, davvero. »
Scosse la testa, Newt, consapevole che stava spingendo l'ennesima persona lontana da lui, una persona che incredibilmente l'attirava, ma che in pochi giorni era stato capace di mostrare diverse sfaccettature di lui e, diciamocelo, non tutte erano proprio perfette.
« O forse no. »
Un altro sussurro da parte del moro, che a sua volta aveva alzato gli occhi scuri in quelli di Newt, affrontando per la prima volta il suo sguardo.
« No? »
« No. Ascolta, tu hai detto che eri ubriaco no? Che è stata tutta colpa dell'alcol, se mi hai chiesto di uscire, giusto? »
Newt annuì silenziosamente, curioso di dove il discorso di Thomas li avrebbe portati. Poteva scorgere il nervosismo del ragazzo di fronte a lui dalle sue mani grandi che si torturavano. Era strano, quello era il Thomas che lo interessava di più, non quello stronzo che lo aveva lasciato da solo davanti alla fermata della metro.
Thomas prese un grosso sospiro, evidentemente agitato da tutta quella situazione. Per il poco tempo nel quale l'aveva conosciuto non aveva mai visto quella parte di lui, forse perché non la faceva mai vedere, perché, come Newt aveva dedotto, voleva sempre essere il fighetto della situazione.
Manco gli leggesse nel pensiero, Thomas si raddrizzò, ed un sorrisetto gli nacque sul volto, prima di parlare di nuovo.
« Bene, okay. Allora io te lo chiedo da sobrio: usciresti con me? »
Newt fu preso alla sprovvista da quella domanda, tanto che le sue braccia scivolarono e la sua bocca si aprì leggermente in una piccola 'o'. Farfugliò un qualcosa di indefinito anche a lui stesso, per poi prendere un grosso respiro e rispondere, guardando Thomas negli occhi.
« Io- Sì. »


NdA:
Oh Cristo, che parto questo capitolo. AHAHAHAH La prima parte è stata lenta, devo dirvelo sinceramente, non riuscivo proprio a buttarla fuori, aprivo il documento e chiudevo, ma da lì in poi è venuto tutto da solo e ho finito in un giorno, sono contenta!
Insomma, qui il nostro Tommy si scusa, e gli chiede di uscire di nuovo, e Newt -- ovviamente, sei cotto, hon -- accetta! Che amori, aw.
Scusate se sto pubblicando con un giorno di ritardo, purtroppo ieri non ho avuto tempo nemmeno per guardare il pc da lontano che ah, a proposito ... ha la batteria fusa, e dovrò mandare in assistenza. YOLO.
ANYWAY, soliti ringraziamenti, solita gente, soliti cuoricini, se volete un sunto: VE SE AMA! 
Al prossimo capitolo, gente. <3
  
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