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Autore: Martina Sapientona    03/09/2015    0 recensioni
Cato e Clove. Sempre e Per Sempre.
Genere: Azione, Drammatico, Fluff | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Cato, Clove
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Brutality
I due giorni successivi passarono molto velocemente e il giorno delle sessioni private arrivò prima che io me ne rendessi conto. Aprii gli occhi e mi resi conto di essere in ritardo: mi infilai sotto la doccia premendo pulsanti a caso e poi corsi verso il mio armadio prendendo la mia uniforme. Me la infilai in un batter d’occhio e corsi verso l’ascensore rendendomi conto che nell’appartamento non c’era più nessuno.
Arrivai al piano con il fiatone e trovai solo Clove persa nei suoi pensieri.
- Dove sono tutti gli altri?- chiesi mentre mi sedetti vicino a lei
- A dormire suppongo, visto che sono le sei del mattino – mi rispose lei come se fosse la cosa più ovvia del mondo
- E tu che ci fai qui? Perché non sei a dormire? Dovresti riposare, lo sai? – gli chiesi io. In quel momento pensavo solo alla sua salute e a lei.
- Da adesso non posso nemmeno più svegliarmi all’ora che mi pare e fare quello che voglio? Perché mi devi sempre controllare? Adesso basta! – mi gridò in faccia e se ne andò. Cercai di correrle dietro ma le porte dell’ascensore si chiusero tagliandomi fuori e lasciandomi solo in quell’enorme stanza con 24 sedie. Decisi di rimanere lì fino all’orario delle sessioni.
Dopo un paio di ore iniziarono ad arrivare i primi tributi e man mano che passava il tempo arrivarono tutti. Tutti tranne lei.
Gli allenatori iniziarono a chiamare Marvel per la sua prova e io corsi verso l’ascensore che mi fece arrivare al secondo piano in pochi secondi.
- Esci. Non fare la bambina capricciosa. Sei il peggior tributo che io abbia mai avuto nella mia carriera. Esci prima che chiami un pacificatore e ti faccia venire a prendere!- disse Enobaria prendendo a calci la porta di Clove con tutta la forza che aveva.
- Aspetta Enobaria, ti prego. Le parlo io e nel giro di cinque minuti prometto che saremo giù per le sessioni – le risposi in seguito ad aver visto la sua scenata.
- Okay. Ma guarda che li conto. Se non vi presenterete, chiamerò i pacificatori. – mi rispose sorridendomi cattiva. Era proprio un essere bizzarro.
- Clove…- dissi con voce cantilenante – Clove, ti prego, mi faresti entrare? – . Mi aprì la porta e me la ritrovai davanti imbronciata e tutta tesa.
- Che succede? – le chiesi dolcemente. Tentai di accarezzarle i capelli ma si scostò rapidamente dalla mia mano.
- Non c’è la faccio più. Qui tutti vogliono troppo da me e trovano sempre qualcosa che non so fare. Tutti mi ripetono che devo essere all’altezza ma poi mi fanno notare che non lo sono. Brutus mi ha detto che ho fatto un disastro nell’intervista. Quel pesce senza lische con un nome mi odia e anche per te non sono abbastanza. – esclamò quasi sul punto delle lacrime. Si sedette sul letto e si portò le ginocchia al petto. Mantenne un’espressione dura e fredda per non cedere alla tentazione delle lacrime.
Non capivo più nulla. Lei che non ne poteva più? Clove che quasi piangeva perché non si sentiva all’altezza? E poi perché non si sentiva all’altezza di me? Non sapevo più che fare, né tantomeno come portarla alle sessioni private.
-Bene, se fai così allora non so che fare. Quindi esci di qui e andiamo alle sessioni private. Dopo ne parliamo. Adesso andiamo. E’ un ordine Clove Miller. – le dissi in tono imperativo. Lessi la paura per il mio tono nel suo sguardo e anche la rassegnazione.
Prendemmo l’ascensore e fummo nella palestra appena in tempo per sentire il mio nome annunciato nell’altoparlante. Entrai nella sala con passo deciso e vidi circa quaranta persone che mi squadravano da capo a piedi alzarsi per applaudirmi. Alcune donne mi mandavano anche dei baci. Le stesse quaranta persone che con molte altre godevano e si divertivano a vederci uccidere altri poveri ragazzi.
In quel momento provai uno sgomento e dal profondo dello stomaco un odio che mai avevo provato prima. Afferrai una spada e andai di corsa alla postazione della spada. Ogni passo che rimbombava nella stanza faceva crescere il mio odio verso tutte quelle persone.
Trafissi il primo manichino da una parte all’altra, estrassi la spada e passai a sgozzare prepotentemente il secondo lasciandogli solo un brandello di stoffa attaccato al collo e alla testa. Al terzo mozzai tutti gli arti. Andai avanti a uccidere tutti i manichini, che nella mia mente erano proprio quelle persone che mi avevano trascinato fino a Capitol e mi avrebbero visto morire per il loro divertimento. Scagliai violentemente la spada, come se fosse un giavellotto, verso l’ultimo manichino che venne trapassato. Me ne andai più furioso che mai, senza dire una parola.
Uscendo incontrai Clove che entrava ancora arrabbiata. Avrebbe fatto una strage come me.
Per ingannare l’attesa iniziai a parlare con Glimmer, la ragazza del distretto 1.
- Sai, sei proprio un bel fusto. Ne avessimo come te al distretto 1. Invece abbiamo solo questi mollaccioni – disse in tono malizioso indicando Marvel. Si spostò i capelli per mostrare ancora di più il suo viso. Mi prese la mano. In quel momento la odiai. Perché doveva continuare a provarci con me? Io non volevo avere nulla a che fare con una ragazza, o meglio un’anatra all’arancia, come lei.
In quel momento uscì Clove che ci lanciò uno sguardo e iniziò a camminare a passo spedito prendendo l’ascensore per andare all’appartamento del distretto 2. 
POSTILLA DELL'AUTRICE
Okay, me ne vergogno enormemente. Un nuovo capitolo finalmente. 
- Credi che noi ci ricordiamo ancora di te? - *lettori di Clato in coro e profondamente offesi*
No, avete ragione. Ma se scavando nella vostra memoria a lunghissimo termine vi ricordate ancora di me, lasciatemi una piccola recensione che mi fa sempre sorridere. Un bacio. Martina Sapientona

 
  
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