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Autore: moonlight97    03/09/2015    1 recensioni
Adalhard, cavaliere caduto in disgrazia, dopo un lungo esilio torna al suo villaggio natale. La situazione è però molto cambiata da quando è partito: il bosco attorno al villaggio è diventato luogo di raduno di una setta misteriosa, la Maschera.
Adalhard non poteva, non voleva crederci. Eppure doveva; doveva riconoscere che tutto quello a cui assistito era realmente accaduto. Egli aveva dato vita alla propria ombra.
“Salve, me stesso” disse l'ombra.
Genere: Dark, Mistero, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo I




Il sole era quasi completamente sparito dall'orizzonte ed il vento soffiava incessante e tagliente. Avvolto in uno scuro e spesso mantello, Adalhard camminava lungo il sentiero semi innevato che dal bosco conduceva a casa sua, portando sotto il braccio destro della legna per accendere un fuoco. L'inverno non era mai clemente, ma quell'anno era stato particolarmente rigido: nevicate e gelate avevano devastato le colture e soltanto in quel momento la neve sembrava dar segno d'esser sul punto di sciogliersi. All'ennesima folata di vento, si portò istintivamente la mano sinistra sul capo, per calare il mantello, così che gli coprisse il volto. Il vento gli sferzava le gote già rosse, ma ormai non mancava molto: solo qualche passo e sarebbe stato finalmente al riparo. Certo non poteva considerare casa sua come il massimo del confortevole, ma era pur sempre meglio che rimanere fuori. Si udirono da lontano i lugubri rintocchi della campana dell'abbazia: era giunta l'ora dei Vespri. Adalhard lasciava una dopo l'altra impronte nella neve. Un altro cupo rintocco. Arrivò alla porta di casa e l'aprì; una volta dentro, dopo essersi tolto il mantello ed averlo distrattamente gettato su di una sedia, andò al camino ed accese un fuoco. Poteva dunque godersi un po' di tepore. Si abbandonò su una sedia davanti al camino, il capo reclino, gli arti intorpiditi e i ricci umidi appiccicati alla fronte. Tirando un sospiro liberatorio, alzò il capo e, con sguardo vuoto e assente, si mise a fissare il crepitio della fiamma nel camino. In quel mentre ripercorse mentalmente tutto ciò che gli era successo negli ultimi tre anni e mezzo: lui, Adalhard, primo cavaliere di Engelhard, duca di Ingelheim, calunniato, tradito, ridotto ad un povero pezzente e costretto a... Si alzò di scatto e andò al tavolo, su cui si trovavano una bottiglia di vino e una coppa. Con fare nervoso versò il contenuto della bottiglia all'interno della coppa e bevve tutto d'un sorso.
“Me la pagheranno” sussurrò, il bicchiere tenuto a mezz'aria. “Quel vecchio ubriacone e tutta la sua corte di sicofanti... Sì, tutti loro me la pagheranno”. Si sedette e fissò nuovamente il suo sguardo sulla fiamma. Questa volta però i suoi occhi brillavano, animati com'erano dal desiderio di vendetta: ardevano in maniera splendida e allo stesso tempo terribile e rifulgevano come lingue di fuoco, quali gli astri più luminosi del firmamento.

 

La mattina seguente Adalhard si recò a piedi al villaggio, che da lì distava un po' meno di mezzo miglio; pur non essendo quella la prima volta che vi andava, da quando aveva fatto ritorno nella sua terra natale, ad Adalhard faceva ancora un certo effetto presentarsi fra persone che lo conoscevano o di persona o per sentito dire, ragion per cui cercava di limitare il più possibile le sue uscite in pubblico. Si stava in quel momento allontanando dal banco della frutta, quando la sua attenzione fu colta da un gruppo di una quindicina di persone radunate intorno ad un palchetto in legno in fondo alla piazza.
“Felici abitanti di Ingelheim, oscure e demoniache presenze hanno cominciato a vagare nei dintorni del nostro beneamato villaggio” diceva con voce tonante l'uomo al centro del palco e che con tutta probabilità era l'abate. “Io stesso ho visto uno di questi servi del demonio aggirarsi per i nostri boschi: portava una maschera, che riproduceva l'effigie di una creatura infernale”. Adalhard si distrasse un attimo ad osservare le reazioni che queste parole provocavano nella gente intorno a lui: sgomento, paura e... indifferenza da parte dei più scettici. “Fratelli, dobbiamo rivolgerci con cuore sincero al Signore Nostro Dio, che rivolga il Suo sguardo benevolo su questi suoi figli e ci protegga da questa imminente disgrazia”.
Non appena l'abate ebbe finito il suo discorso, la folla si disperse e qua e là si formarono piccoli gruppi di persone che commentavano quanto avevano appena sentito. Adalhard, dopo essersi allontanato, imboccò una strada secondaria: era stato improvvisamente preso da uno strano desiderio. Camminò di fretta e a testa bassa per un po', percorrendo sempre vicoli e viuzze, finché non giunse davanti alle mura che circondavano il palazzo. Vi erano a presidio alcune guardie e le porte si stavano, con sua sorpresa, aprendo. Chiunque fosse uscito non avrebbe dovuto vederlo, per cui si nascose nella penombra di un vicolo. Stette qualche istante all'erta e poi... Quella voce, la voce di Polyxenia: l'avrebbe riconosciuta tra mille altre. Si sporse leggermente, perché sentiva il bisogno di rivederla. Prima che lui si sottraesse alla vista di lei, i loro sguardi ebbero modo di incrociarsi per un breve istante, che fu sufficiente a ricordargli tutti i dolci ricordi legati a lei, le parole gentili che lei gli aveva rivolto, tutte le volte in cui lui aveva cercato di incrociarla nei corridoi del castello e il suo sorriso, e ad infliggerli un nuovo profondo dolore: Polyxenia camminava infatti sorreggendosi al braccio di un uomo, Thorsten, il figlio del duca.
“Quel maledetto bastardo” pensò. “mi ha portato via anche lei”. Un impeto di cieca rabbia si impossessò di lui; mentre la sua mente era ancora offuscata, sentì la mano di qualcuno sulla sua spalla destra. Agì di scatto, mettendo il suo aggressore con le spalle al muro.
“Quindi è così che si saluta un vecchio amico, eh? Devi aver vissuto proprio fra dei bruti negli ultimi anni, Adalhard”.
“Tristan?” disse lui, lasciando andare la presa e abbracciandolo.
Non ricordava di aver avuto in tutta la sua vita amico più caro di lui: erano cresciuti praticamente come fratelli. Da quando sua madre era morta, lasciandolo orfano all'età di cinque anni (il padre era morto prima in guerra prima che lui nascesse), erano stati proprio la madre e il padre di Adalhard a crescerlo; inoltre Tristan era stato l'unico a prendere le sue difese, quando era stato accusato di aver progettato di assassinare il Duca. Prima di riprendere la sua strada, Tristan si fece promettere dall'amico che si sarebbero rivisti il prima possibile: erano troppe le cose entrambi avevano da raccontarsi. Dopo aver accettato di buon grado ed aver salutato l'amico, Adalhard, rimasto solo, si incamminò sulla via del ritorno; c'era però qualcosa che lo turbava, che lo opprimeva. Era una sensazione sgradevole, come se un respiro freddo gli penetrasse le membra e le intorpidisse. Un brivido gli corse tutto lungo la schiena. Adalhard, voltato di spalle com'era, non poteva di certo sapere che in quell'istante effettivamente qualcuno lo stava osservando, anzi, che qualcuno lo aveva osservato da quando quella mattina aveva messo piede nella piazza del villaggio.

 

La giornata seguente passò nella relativa normalità: dopo aver lavorato tutto il giorno nel suo piccolo appezzamento di terra, Adalhard era tornato a casa poco prima del calar del sole (il campo distava né troppo né poco da casa sua, però per raggiungerlo doveva attraversare una parte del bosco e alcuni campi altrui, per cui aveva preso l'abitudine di portarsi solo un tozzo di pane per pranzo) e aveva consumato un pasto frugale, prima di coricarsi. Il mattino arrivava per lui sempre troppo presto e portava con lui nuove fatiche e nuove sofferenze: l'onta subita gli bruciava ancora troppo, impedendogli di trovare pace nel nuovo tipo di vita, e le fatiche quotidiane erano il solo modo che lui aveva di scaricare la sua rabbia e la sua frustrazione. Erano passati due giorni da quando aveva rivisto Tristan e quella sera sarebbe stato ospite per cena dall'amico; questi viveva con la moglie, Liesl, in una piccola casa nel centro del villaggio. I due coniugi accolsero il loro ospite con affetto e con garbo e il pasto si svolse in maniera più che piacevole per tutti.
“Adalhard, ma, se posso chiedere, dove sei stato in tutto questo tempo? In tutta onestà, sono stato molto in apprensione per te, amico mio; quasi non credevo ai miei occhi, quando ti ho visto di nuovo al villaggio, sano e salvo!”
“Ah, sei sempre così drammatico, Tristan! Se non avessi intrapreso la carriera militare, saresti stato senz'altro un ottimo attore tragico. Comunque, devi sapere che non appena fui allontanato dal castello, cambiai subito regione e peregrinai per molte settimane, in condizioni assolutamente precarie e che preferirei non dover ricordare fin quando non ebbi trovato ospitalità presso una famiglia di contadini della Baviera; ho lavorato per loro fino a non molto tempo fa, quando mi giunse una lettera in cui mi si informava della morte di mio padre. Infatti non sono altro che poche settimane da quando sono tornato di nuovo qui: ho ereditato il podere che mio padre possedeva fuori dal villaggio, che mi fornisce un'occupazione e una dimora”. Dopo aver concluso il suo resoconto e aver ascoltato i commenti dei suoi due ospiti, Adalhard chiese che cosa fosse successo al villaggio e al castello durante la sua assenza; da Tristan apprese che il vecchio duca continuava a governare saggiamente e che, a parte qualche raccolto poco favorevole, la vita per tutti era stata più o meno soddisfacente.
“C'è anche un'altra cosa che devi sapere” proseguì Tristan, diventando improvvisamente serio. “e voglio che tu la sappia da me, che ti sono amico. Polyxenia è stata promessa in sposa al figlio del Duca, Thorsten, si sposeranno alle calende del nuovo mese”.
Tristan si accorse subito che l'amico si era notevolmente rabbuiato, avendo udito quella notizia; non passò infatti molto tempo, prima che Adalhard decidesse di ritornarsene alla sua dimora, nonostante l'ostinazione con cui i due ospiti lo invitavano a passare lì la notte.




Spazio Autore

Salve, gente!
Rieccomi qua con una nuova storia, che spero vi piaccia!
First things first: questa storia è nata per il contest "Est quaedam scribere voluptas" qui sul forum di EFP.
Che arrivi o non arrivi poco importa, perché comunque questo contest mi ha dato modo di sviluppare un'idea che avevo già da tempo ma che non trovava mai il verso di prendere forma. Non so che altro dire. Lettori, leggete. Recensori, recensite. Amen.

 

   
 
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