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Autore: _ayachan_    06/02/2009    20 recensioni
A cinque anni dalle vicende de "Il Peggior Ninja del Villaggio della Foglia", che ne è stato delle promesse, dei desideri e delle recriminazioni dei giovani protagonisti?
Non si sono spenti con l'aumentare dell'età. Sono rimasti sotto la cenere, al caldo, a riposare fino al giorno più opportuno. E quando la minaccia è che la guida scompaia, quando tutt'a un tratto le scelte sono solo loro, quando le indicazioni spariscono e resta soltanto il bivio, è allora che viene fuori il carattere di ognuno.
Qualunque esso sia.
Versione riveduta e corretta. Gennaio 2016
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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- Questa storia fa parte della serie 'L'eroe della profezia'
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Penne 22
Capitolo ventiduesimo

Convalescenti




La falsa Loria non aveva impiegato molto a cedere alle pressioni di Gaara. Nel giro di un paio d'ore il Kazekage aveva saputo nome e cognome dei mandanti del rapimento, vita morte e miracoli della spia e, già che c'era, qualche dettaglio sull'organizzazione gerarchica della Roccia, anche se probabilmente erano dati vecchi di sei anni. Una volta concluse le domande importanti, aveva ritirato le sue dita di sabbia e se ne era andato lasciando a Kankuro il compito di spremere le ultime gocce dalla prigioniera. La donna che aveva lasciato accasciata sulla sedia era di statura più alta di Loria, con una struttura ossea più massiccia e l'incarnato quasi olivastro. Era talmente diversa dall'immagine che aveva mantenuto fino a quel momento che per Gaara non era stato difficile infierire.
Mentre risaliva le scale dello scantinato verso i piani illuminati dalla luce dell'alba gli sembrò che i suoi passi fossero più leggeri: Loria era tornata, era viva. E non importava che forse non lo avrebbe amato mai più, perché almeno era fuori pericolo.
Passando dall'infermeria si affacciò per controllare la situazione e la vide dormire un sonno agitato ma indisturbato. Chiese delle sue condizioni e di quelle di Kotaro, quindi, rassicurato, si diresse al suo studio per scrivere un messaggio urgente a Kakashi: la missione si era conclusa nel migliore dei modi. Ora, se guerra doveva essere, la Sabbia sarebbe stata in prima linea per combatterla.


Chiharu fu svegliata da un bussare sommesso e un po' cospiratore. Faticò per riemergere dal sogno confuso che la stava impegnando, ma quando il pensiero di sua madre le sfiorò la coscienza si affrettò a tirarsi in piedi con le orecchie ben dritte.
«Haru?» sussurrò una voce oltre la porta. «Sei viva? Dimmi che sei viva.»
Baka. Con un sospiro Chiharu si rilassò, e andò a scostare le tende per capire che ore fossero. Il sole stava sorgendo al limitare della città, il che significava che non aveva riposato granché.
«Sono viva» mormorò funebre, trascinando i piedi fino alla porta.
«Come ti senti?» le chiese Baka non appena gli fu aperto, scansionandola con lo sguardo alla ricerca di segni clinici.
«Assonnata.»
Akeru alzò una piccola torcia a forma di penna e le puntò il fascio di luce negli occhi.
«Ehi!» protestò lei scuotendo la testa, ma lui la tenne ferma e le chiese di seguire la luce. Solo quando vide le sue pupille restringersi e gli occhi guizzare furiosi da tutte le parti si azzardò a tirare un sospiro di sollievo.
«Ascolta, non ho molto tempo» disse prima che lei potesse lamentarsi. «Stamattina devo portare qui tua madre. Me l'ha fatto promettere. Arriveremo tra circa mezzora, tu renditi presentabile: ieri sera le ho assicurato che ti avevo visitato a fondo e non avevo trovato problemi, vedi di confermare la mia diagnosi.»
Chiharu gemette penosamente e si lasciò cadere seduta sul letto. «Tu che sei medico, mi spieghi perché alla gente fa tanto schifo l'idea di lasciar riposare in pace una povera cardiopatica?»
«Non sei una povera cardiopatica. Alzati e fatti una doccia, puzzi da far schifo.»
Chiharu si annusò discretamente e non poté che concordare. «Hai detto mezzora?»
«Venticinque minuti. E mi aspetto ringraziamenti principeschi quando torniamo a Konoha!»
Chiharu lo guardò di sbieco, chiedendosi se la sua boriosa affermazione nascondesse significati lascivi, ma rimase sola prima di poter approfondire il pensiero.

Temari arrivò precisamente ventidue minuti dopo, al seguito di un Akeru inquietantemente sollecito. Quando la vide pulita, con le guance arrossate dalla doccia e intenta a rifare il letto con aria innocente si lasciò sfuggire un sospiro di sollievo. Poi attaccò a urlare.
Baka si fece piccolo piccolo contro lo stipite, anche se non poté trattenere un mezzo ghigno quando sentì Temari rimproverare a Chiharu le stesse cose per cui l'aveva rimproverata lui. La sfuriata della signora Nara, tuttavia, non schivò del tutto il suo ruolo, perché la sua 'sprovveduta spacconeria avrebbe potuto portare gravi conseguenze, e se Chiharu avesse avuto un briciolo di cervello si sarebbe fatta visitare da un medico serio, uno a cui fosse cresciuto almeno qualche pelo di barba!'. Akeru si controllò il mento con disappunto.
«Sei la degna, irresponsabile figlia di tuo padre!» esclamò Temari in quello che tutti speravano essere un tono conclusivo.
«Adesso posso andare a cercare un medico con la barba?» borbottò lei con la testa incassata tra le spalle.
«Io ho la barba» ci tenne a precisare Akeru.
«Tu taci!» inveirono madre e figlia.
Non proprio di umore gioviale scesero insieme le scale che dal tetto portavano al pianterreno e fino all'infermeria. Quando la raggiunsero Akeru si defilò in fretta, sostenendo di voler sapere come stava Kotaro, e le due Nara rimasero sole in attesa del medico che stava facendo il giro-visita mattutino.
«Ogni volta spero che ti entri un po' di sale in zucca, ma non succede mai» brontolò Temari a quel punto.
«Non hai un bottone di spegnimento, vero?» ribatté Chiharu. «Papà è un eroe per averti sopportato tutto questo tempo!»
«Non tirare in ballo tuo padre adesso!»
«Va bene. Tanto ti rendi insopportabile da sola, non hai bisogno del mio aiuto.»
Temari strinse i denti e diede le spalle a Chiharu. Per un momento la ragazza si chiese se l'avesse offesa.
«A proposito di tuo padre» riprese Temari in tono strano. «Non ho intenzione di tornare a Konoha insieme a voi.»
Chiharu inarcò le sopracciglia fin quasi all'attaccatura dei capelli, sbalordita. Stava per chiedere se fosse un regalo di compleanno in ritardo, quando fu interrotta dal rumorosissimo arrivo di Gai Maito e Rock Lee, che vedendola lanciarono grida festanti e la avvolsero in un abbraccio pieno di entusiasmo.
«Ce l'avete fatta, ragazzi!» esclamò il primo dei Grandi Maestri, occhi lucidi e stretta di mano.
«Dov'è Kotaro?» chiese Rock Lee guardandosi intorno.
«Qui!» rispose una voce ovattata oltre una tendina.
«Figliolo!»
La riunione fu densa di lacrime ed esclamazioni ammirate. A sentir parlare delle Porte del Chakra tutti gli uomini tranne Akeru fecero salti di gioia, che sicuramente Tenten avrebbe ridimensionato, una volta a Konoha. L'entusiasmo fu tanto e tale che dopo pochi minuti il medico di turno comparve con il camice svolazzante e ingiunse a tutti di levarsi di torno perché infastidivano i suoi pazienti. Alla fine rimasero nell'infermeria solo Kotaro, Temari e Chiharu, e fu a lei che il medico si rivolse.
«Vieni. Chiharu, giusto? Mi hanno parlato di te, vediamo se sei tutta intera dopo gli ultimi giorni...»
L'uomo le fece cenno di seguirlo in una stanza adiacente, quindi chiuse la porta con un'occhiata di ammonimento a Temari, che già stava per chiedere di poter entrare. Molto stizzita, purtroppo, lei dovette desistere dal suo proposito e trovarsi una sedia su cui attendere.
Akeru cacciò dentro la testa e chiese a gesti se Chiharu fosse entrata. Solo quando ne ebbe avuto la conferma si rilassò e pensò bene di tornarsene a letto per recuperare qualche ora di sonno.
Temari si mosse nervosamente sulla sedia. Da quando il cuore di Chiharu era stato danneggiato non passava giorno che non si aspettasse la visita di due ufficiali della Foglia con la notizia della morte di sua figlia; non tanto perché la poverina fosse cardiopatica – confidava che i geni di Shikamaru le avrebbero impedito di strafare – quanto perché aveva più volte dimostrato di essere incosciente, orgogliosa e con una sconfortante vena teatrale. Ogni tanto Temari si augurava che il cuore di Chiharu peggiorasse quel tanto che bastava per farle chiudere la carriera ninja, ma in fondo sapeva che non sarebbe stata una soluzione.
Qualcuno bussò alla porta dell'infermeria, e nel dubbio lei disse «Avanti». A entrare fu, sorprendentemente, Gaara.
«Chiharu?» chiese dopo un cenno di saluto.
«La stanno visitando adesso. Eri preoccupato?»
«Ero venuto per un altro paziente, ma riposa.»
«Loria?»
Gaara annuì, quindi si avvicinò alla tenda di Kotaro e la scostò con delicatezza. Alla sua vista il ragazzino scattò a sedere, ma il movimento gli ricordò le costole che si erano rotte e gli fece mancare il fiato.
«Tutto suo padre» borbottò Temari.
«Come ti senti?» chiese Gaara, ignorandola.
«Meglio» ansimò lui. «Secondo il medico avrò bisogno di una settimana di riposo, poi potrò tornare a Konoha.»
«Una settimana?»
Kotaro arrossì. «Potrebbe aver detto due o tre... Ma sono sicuro di riuscire a guarire in una settimana.»
Il Kazekage e sua sorella si scambiarono un'occhiata circospetta: avevano una vaga conoscenza dei meccanismi delle Porte del Chakra, ma non ne sapevano abbastanza per ribattere. In ogni caso Gaara si disse contento di sapere che stava bene, e Temari colse l'occasione per chiedere che fine avesse fatto Hitoshi.
«Lui è... rientrato a Konoha.»
«Quando?»
«Prima della missione. Non stava... tanto bene.»
«Perché balbetti?»
Kotaro tacque, arrossendo ulteriormente. Avrebbe voluto dare un'immagine più positiva di Hitoshi, ma le circostanze non aiutavano. Adesso che la missione era finita in un trionfo, il senso di colpa per aver tradito il compagno tornava più forte che mai.
«In ogni caso tu, Chiharu e l'altro ragazzo riceverete una menzione speciale» lo informò Gaara. «Ho appena inviato un messaggio a Konoha per farvela assegnare.»
«Grazie!» annaspò Kotaro con gli occhi brillanti di entusiasmo.
«Non appena sarete tutti in forma migliore stenderete un rapporto dettagliato sulla missione.»
«Così sapremo finalmente quale misterioso cavallo vi ha riportati a Suna» aggiunse Temari.
«Non un cavallo. Era un uccello» ribatté Gaara.
«Da dove avete tirato fuori un uccello?»
«Lo ha evocato Chiharu.»
Temari si accigliò: non sapeva che sua figlia avesse stretto un contratto di sangue. Quando era successo? E con che animale? Di uccelli ce ne erano almeno due decine...
«Scusate... Sarebbe possibile far rientrare mio padre e il maestro Gai?» chiese Kotaro timidamente.
Gaara sospirò, ma lo accontentò. Prima di andarsene dalla stanza ora affollata scambiò uno sguardo d'intesa con Temari, e anche senza parlare lei seppe che la spia aveva vuotato il sacco.

Chiharu riemerse dallo studio medico quasi mezzora dopo, con l'espressione infastidita e un voluminoso plico di ricette in mano. Prima che Temari potesse aprire bocca e interrogare il dottore, lei fulminò lui con lo sguardo e piazzò in mano alla madre tutti i fogli che aveva.
«Dice che devo riposare per un po'. Almeno una settimana, prima di ritornare a Konoha. Mi ha dato qualche... ricostituente» quasi sputò. «perché il mio metabolismo faccia fuori un po' di tossine.»
«Che tossine?»
«Tossine, le solite tossine!» Chiharu si tenne sul vago. Temari non sapeva della Lophenaria, ed era meglio che continuasse a non sapere: avanti con le manovre evasive. «A quanto pare avrai molto tempo per spiegarmi cosa c'entra papà con il tuo non ritorno a Konoha.»
Temari si irrigidì e sollevò il mento. «Tu invece hai tutto il tempo di spiegarmi come e quando hai stretto un contratto di sangue, invece.»
«Chi te lo ha detto?» inorridì Chiharu.
Prima che la discussione crescesse di volume il medico tossicchiò lievemente.
«Vi ricordo che i miei pazienti hanno bisogno di silenzio...» iniziò, ma mentre lo faceva posò lo sguardo su Gai Maito e Rock Lee, che cercavano invano di nascondersi dietro la tendina che separava Kotaro. «Siete rientrati!»
Soltanto dieci turbolenti minuti dopo l'infermeria riuscì a svuotarsi degli ospiti molesti e rimase prerogativa del medico, di Kotaro e di Chiharu, che per evitare l'interrogatorio di Temari aveva insistito per farsi mettere sotto osservazione. Il dottore pretese che si infilasse sotto le coperte e mandasse giù un integratore, con tono a dire il vero piuttosto seccato.
«Tua madre ha il diritto di sapere che...» iniziò, ma Chiharu sbarrò gli occhi in un'occhiata d'avvertimento, accennando a Kotaro. Il medico scosse la testa e non proseguì. La maggiore età di Chiharu e il segreto professionale erano più che sufficienti per causargli un sacco di grane; per il bene della sua carriera preferì lasciar perdere e andare a controllare le condizioni di Loria.
Rimasta sola con Kotaro, Chiharu gli fece un cenno di saluto e si propose di evitare come la peste qualunque domanda sulle proprie condizioni di salute.
«Quante costole rotte?» si informò educatamente.
«Due.»
«Contento?»
Kotaro la guardò incerto. «Non capisco se è una battuta...»
«Lascia stare» sospirò Chiharu accomodandosi meglio tra i cuscini.
«Tu come stai?»
«Come al solito. Cardiopatica, circondata da nevrotici e molto assonnata» troncò in fretta.
«Vuoi che ti lasci riposare?»
Chiharu mugugnò qualcosa che somigliava molto a un sì. Kotaro si fece piccolo piccolo e iniziò a tirare un filo che pendeva dalle bende attorno al suo torace. La guardò di sottecchi, indeciso: era felice di trovarsi solo con lei, dal momento che la cosa non capitava praticamente mai, ma come al solito lei non si impegnava a tenere viva la conversazione e lui si sentiva un po' scemo.
«E' vero che hai stretto un contratto di sangue?» chiese, sperando che fosse un buon appiglio per farsi degnare di qualche attenzione.
Nel suo letto Chiharu quasi sussultò, ma si stampò in faccia l'espressione più annoiata di cui era capace. «Un contratto di sangue?» ripeté lamentosamente. «Sei pazzo? Sai quanto chakra richiede una di quelle evocazioni? Mi verrebbe una sincope prima di finire i simboli.»
«Gaara ha detto che ci hai riportati a casa con un'evocazione» insisté Kotaro, anche se più incerto. «Ha detto...»
«Era di Stupido» lo interruppe Chiharu. «Io avevo dietro un rotolo per la dislocazione, ma l'ho perso – sai, per la storia del cavallo di cui parlava il Sesto Hokage... Così Stupido ha evocato quel bestione. Gaara avrà pensato che fosse mio perché Baka nel frattempo si stava occupando sia di te che di Loria: hai presente, no, tutto il suo pomposo ripetere che è medico e Anbu e Unico Depositario della Verità...»
Chiharu rivolse un sorrisino d'intesa a Kotaro e lui, bevendosi quel minuscolo momento di complicità, prese per buona la sua versione senza dubitarne nemmeno un secondo.
«Ogni tanto anche Baka torna utile» commentò con una risatina.
Soprattutto per distrarre i compagni di squadra impiccioni...
Come naturale conseguenza dell'averlo nominato, Chiharu ripensò alla visita in camera della sera prima, al momento di esitazione di Akeru e anche alla sua delusione quando se ne era andato. Sì, ogni tanto Baka tornava utile... Per fortuna, però, era abbastanza Stupido da non rendersene conto.


*


Hitoshi odiava l'odore del disinfettante, le uniformi bianche del personale e l'arredamento privo di stile. Odiava le pantofole antiscivolo, i camicioni che gli lasciavano scoperto il sedere e il pappagallo, che avevano provato a fargli usare per ben due volte. Odiava quasi tutto ciò che si muoveva o semplicemente stazionava all'interno dell'ospedale, ma soprattutto, in quel preciso momento, odiava la lontana Chiharu Nara. E un po' anche la vicinissima e ospedaliera Sakura Uchiha, sua madre.
«Ahi!» sussultò quando lei gli staccò il cerotto che teneva fermo l'ago nell'avambraccio.
«Abbiamo finito con i prelievi» gli annunciò lei sorridendo un po' tirata. «Il tempo di farli analizzare e sapremo cosa c'è che non va.»
Hitoshi distolse lo sguardo. Sapevano entrambi cosa c'era che non andava: probabilmente i suoi geni dello sharingan, invece di svilupparsi normalmente come quelli di Fugaku e Mikoto, erano mutati in una neurotossina che lo avrebbe ucciso lentamente. O rapidamente, a seconda della fortuna.
«Adesso posso riposare un po'?» chiese rabbrividendo. «Il viaggio su quel rospo è stato tremendo.»
«Certo» Sakura gli accarezzò la fronte, ma lui si scostò impacciato.
«Ho diciotto anni!»
E non aveva vissuto nemmeno un decimo di quello che lei aveva già passato alla sua età, pensò la madre. Con un sospiro si scostò per gettare in un sacchetto l'ago utilizzato e i cerotti. Prima di lasciare solo Hitoshi si premurò di tirare le tende e assicurarsi che sul suo letto non arrivasse la luce del mattino.
«Dà ancora fastidio?»
«No, così va meglio.»
«Hai fame?»
«Prima devo dormire almeno due ore. Per favore. La testa mi esplode!»
Sakura si scusò sottovoce e uscì dalla stanza. Una volta all'esterno fece un lunghissimo sospiro e si strinse nelle braccia. Dov'era Sasuke quando lei e Hitoshi avevano più bisogno?
«Sakura! Sakura!»
Una voce altissima la fece sobbalzare e per poco non la mandò a sbattere contro la porta da cui era appena uscita. In fondo al corridoio, a passo di corsa e agitando freneticamente una mano, avanzava Naruto.
«Ho saputo che Hitoshi è arrivato!» esclamò raggiungendola.
«Shhh! Sei in un ospedale! Sì, è arrivato, ma ha bisogno di riposare. Quel tuo rospo gli ha quasi dato il colpo di grazia!»
«Devo vederlo!»
Sakura gli piantò una mano in mezzo al petto e attinse alle antiche risorse della leggendaria forza di Tsunade.
«Oltre che sua madre, sono anche il suo medico» lo minacciò. «Se cerchi di disturbare il riposo del mio paziente ti scaravento fuori dall'ospedale a calci!»
A sorpresa Naruto le prese la mano e la strinse tra le sue, sfoderando un ampio sorriso.
«Fidati di me, Sakura. Alla fine mi ringrazierai!»
Lei esitò per un secondo o poco più, momento che Naruto sfrutttò per prenderla di peso e spostarla.
Hitoshi lo vide comparire sulla soglia senza tradire la minima sorpresa: con l'emicrania alle stelle il suo udito si acuiva, e aveva intuito l'arrivo di Naruto dal momento preciso in cui aveva aperto bocca in fondo al corridoio.
«Non azzardarti a dire qualcosa di banale» lo minacciò puntandolo con il dito.
Naruto aprì la bocca e la richiuse. Rifletté per un secondo, si grattò la testa cespugliosa, infine scrollò le spalle. «Meno male che sei già arrivato!»
«Meno male?» ripeté Hitoshi sconcertato.
«Il team di punta lontano da Konoha in un momento così critico!» continuò Naruto, calcando un po' la mano. «Non hai idea del putiferio che è scoppiato qui mentre voi eravate via! Ora che sei tornato puoi aiutarmi a risolvere la situazione!»
Hitoshi fece una smorfia densa di disprezzo. «E' scappato un altro furetto? Qualcuno richiede urgentemente uova di nibbio?»
Naruto scosse la testa, sorridendo come se lo avessero appena nominato Hokage di tutti gli Hokage. Se Sakura avesse saputo della discussione tra lui e Sasuke si sarebbe potuta aspettare un'iniziativa balzana; ma non lo sapeva. Fu così che, per il suo totale sbalordimento, Naruto spalancò le braccia e fece un annuncio.
«Sei appena stato promosso Anbu!»






* * *

Bum!
Incomincia la riscossa (?) di Hitoshi!
O la fine di Naruto, per mano di Sakura.
Una delle due.

In ogni caso, avrete un po' di Uchiha aggratis
e tanto Naruto (che all'autrice piace assai).

Arrivederci alla prossima settimana!
  
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