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Autore: lilyhachi    06/09/2015    3 recensioni
[AU; high school; Alec Lightwood/Magnus Bane]
Alexander Lightwood, titolare della squadra di football del suo liceo, non reggeva bene la pressione…anche se cercava di impegnarsi il più possibile per non darlo a vedere. Per il suo allenatore era un giocatore da cui prendere esempio, per i suoi compagni di squadra era un modello a cui ispirarsi e chiedere consiglio, per i suoi genitori era un orgoglio…mentre per Izzy, Max e Jace era il fratello maggiore sul quale ricadevano troppe responsabilità e troppi macigni. Loro erano le uniche persone in grado di vederlo per come era davvero: stanco e spossato da troppi impegni e pensieri.
Genere: Fluff, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Magnus Bane, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie '~ Fearless'
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“All the roads you took came back to me. So I’m following the map that leads to you
The map that leads to you. Ain't nothing I can do. The map that leads to you”.
 

Maps

 
III
 
 I just wanna be yours



“I look into your eyes, diving into the ocean. I look into your eyes, falling!
Like a wall of stars, we are ripe to fall”.
 
 
Alec Lightwood si sentiva sereno per la prima volta, senza la paura di doversi nascondere in un angolo e senza la fretta che era solito provare quando si trovava insieme a Magnus. Sorrise, allargando di più le braccia e sprofondando nel morbido materasso di Magnus, cercando di sorvolare sul colore rosso in contrasto con quello blu elettrico delle pareti.
Si sollevò sui gomiti, scrutando la camera del suo ragazzo.
La stanza rispecchiava perfettamente la sua personalità con tutti quei colori accesi che esplodevano nel mezzo della camera, poster appesi un po’ ovunque e vestiti sparsi come se un tornado fosse appena passato.
Dischi musicali di ogni genere tappezzavano le mensole, così come i vinili e biglietti di concerti – e ne erano davvero tanti – appesi in un quadretto.
Non c’erano foto nella camera di Magnus, nessuna cornice che racchiudesse il viso felice di un bambino in braccio ai suoi genitori, nessun ricordo d’infanzia che lo rappresentasse.
Da quel punto di vista, la stanza di Magnus appariva quasi smorta: così adulta, e senza nessuna traccia di innocenza infantile.
Magnus non voleva mai parlare di quel periodo della sua vita, e Alec non aveva insistito più di tanto, sapeva soltanto che era stato adottato, ma dei suoi genitori naturali o dei suoi anni prima di essere affidato alla sua famiglia attuale, neanche un accenno.
Lo stesso silenzio vigeva per il suo passato sentimentale.
Alec sapeva di non essere il primo ragazzo di Magnus, ma quest’ultimo non aveva mai voluto parlare delle sue storie passate, dettaglio che spesso lo feriva. Non voleva certo costringerlo, ma in momenti simili non poteva ignorare il groppo che gli si formava in gola. Una paura gelida si faceva strada nelle sue vene, ricordandogli quanto poco sapesse di Magnus, e di ciò che era stato prima di incontrarlo.
Tuttavia, Alec non voleva dare credito a quei pensieri, non quella sera.
Non fece neanche in tempo ad alzarsi, che Magnus entrò in camera e lo travolse, facendolo ricadere sul materasso con un tonfo e sorridendo sulle sue labbra, prima di baciarle. Alec portò una mano sulla sua nuca, per tenerlo ancorato a sé.
Una strana concatenazione di eventi aveva fatto sì che i genitori di Magnus decidessero di partire per una mini-vacanza, lasciandogli casa libera, così il suo ragazzo aveva ben pensato di impiegare quel tempo libero con Alec, senza che nessuno li tenesse separati.
Alec aveva pensato a lungo ad una scusa credibile da rifilare ai suoi genitori, e alla fine aveva optato per una nottata a casa di un suo compagno di squadra, a base di pizza e videogiochi. Quello che Alec non si aspettava era la complicità di sua sorella, che aveva bonariamente deciso di assecondare la sua copertura. Non c’era bisogno di parole con Izzy, perché ogni volta che Alec apriva bocca per mentire, lei lo fermava: sembrava leggerli il nome di Magnus direttamente in faccia, ritenendo inutile ogni possibile spiegazione proveniente dalle labbra di suo fratello.
“Stavi ammirando la mia tana?”, domandò Magnus, sfiorando il naso con il suo e mostrandosi sempre perfetto, anche se in pigiama, con dei pantaloni blu leggermente sgualciti e una maglietta con la scritta “Blink, if you want me”.
“E’ piuttosto pittoresca ma confortevole”, dichiarò Alec, lasciando vagare lo sguardo.
“E la tua presenza la rende ancora più accogliente”, sussurrò l’altro, premendo ancora le labbra sulle sue mentre sentiva Alec sciogliersi ad ogni tocco.
Quando Magnus si allontanò da lui, un brivido di freddo scosse Alec, facendolo sussultare.
“Metti i vestiti lì. Io vado a ordinare le pizze e poi mi metto a lavoro”.
“Lavoro? Mi hai fatto venire qui per vederti strimpellare con la chitarra?”.
“Andiamo, come se non ti piacesse”, lo rintuzzò Magnus, sfiorandogli il collo con le labbra.
Magnus gli regalò un ultimo bacio a fior di labbra, per poi alzarsi, provocando in Alec un grugnito di disapprovazione che lo fece sorridere.
“Per caso puoi prestarmi una maglietta del pigiama?”, chiese Alec, ancora disteso sul letto del ragazzo, cercando disperatamente la voglia di alzarsi.
Magnus gli rivolse un sorriso diabolico che non lasciava prevedere nulla di buono.
Quando cominciò a sfilarsi la maglietta, Alec credette di soffocare a causa della sua stessa saliva, sbarrando gli occhi e fissando senza alcun ritegno il torace di Magnus.
Il ragazzo – o come lo stava definendo Alec, il bastardo – gli lanciò la maglietta e ne prese una al volo dalla poltrona vicino al muro, infilandosela con espressione vittoriosa.
“Esibizionista”, borbottò Alec mentre si infilava la maglietta e Magnus usciva dalla camera.
Alec sospirò, tirando fuori i vestiti per il giorno dopo dal suo zaino e avvicinandosi alla cassettiera indicatagli da Magnus per riporli al suo interno.
Aprì il primo cassetto, trovandolo vuoto, e gli si strinse il cuore al pensiero che Magnus avesse lasciato un cassetto apposta per lui, quasi come per offrirgli un posto fisso. Quando lo richiuse, quello che sembrava essere un pezzo di carta svolazzò fuori, probabilmente rimasto incastrato tra il primo e il secondo cassetto. Alec si abbassò, accorgendosi che si trattava di una foto.
Un Magnus completamente differente dal suo gli sorrideva, con i capelli più corti, una camicia a quadri di flanella e un look del tutto diverso da quello che aveva adesso: era abbracciato ad altre tre persone, ma l’attenzione di Alec venne catturata da un ragazzo alla sua sinistra, con una zazzera di capelli neri scompigliati e gli occhi azzurri.
Il suo sguardo era genuino, e per quanto la posa fosse chiaramente amichevole, c’era qualcosa in quella foto che lo aveva turbato all’istante.
“Allora, pizza al formaggio per te e con i funghi per me”, esordì Magnus, facendo il suo ingresso nella camera. “Ne ho presa anche una terza e una porzione di patatine nel caso avessi ancora fame”.
“Ehi, e questa?”, domandò Alec, sventolando la foto con un sorriso.
Magnus non reagì come Alec aveva sperato, ovvero fulminandolo con lo sguardo per poi rincorrerlo, strappandogli la foto dalle mani.
Anzi, il suo sguardo si fece cupo.
“Vecchi amici”, rispose Magnus, avvicinandosi ad Alec per prendere la foto e guardandola come se gli facesse male. “Lei è Tessa e lui è Will”. (1)
“Vecchi amici?”, domandò Alec, sperando che la sua espressione non lo tradisse, mostrando il suo timore silenzioso. “Potrei conoscerli”.
“Non credo, Alec”, dichiarò il ragazzo, abbassando gli occhi. “Lui è morto”.
Alec rimase paralizzato da quell’affermazione, e l’unica cosa sensata che pensò di poter fare era scusarsi con il suo ragazzo, imbarazzato.
Magnus non sembrò badarci, e gli sorrise, scoccandogli un bacio.
Eppure, qualcosa si era infiltrato nel cuore di Alec, come una spina appuntita che aveva cominciato a circolare in lui, rendendolo inquieto e dolorante.
Quel ricordo spiacevole aveva confermato una paura appena accennata ma che sonnecchiava in lui, in attesa di essere finalmente risvegliata.
Alec Lightwood non sapeva quasi nulla del passato di Magnus Bane.
“Mentre aspettiamo le pizze, finisco un attimo una cosa, ok?”, esclamò Magnus, poggiando la foto sulla scrivania con un delicatezza silenziosa che non sfuggì ad Alec.
Il ragazzo riuscì solo a fare un cenno con il capo, mentre Magnus gli baciava la fronte.
Quando Alec rimase nuovamente solo nella camera del musicista, qualcosa prese a muoversi dentro di lui.
Una paura gelida si fece strada nelle sue vene, ricordandogli quanto poco sapesse di Magnus, e di ciò che era stato prima di incontrarlo. E quell’episodio apparentemente insignificante non aveva fatto altro che alimentare quella paura.
Magnus Bane non era un libro aperto, a differenza di Alec, che gli aveva permesso di scandagliare il suo animo e il suo cuore come se fosse la cosa più semplice da fare, lasciando parte delle sue paure fuori dalla porta.
Il suo sguardo, tuttavia, sembrava celare la malinconia di interi anni, allontanandolo così tanto che Alec non aveva la benché minima idea di come raggiungerlo. A dividerli c’era un oceano incommensurabile di cose non dette. (2)
Quando Alec raggiunse Magnus nel soggiorno, lo trovò seduto sul divano, con la chitarra in grembo mentre una mano scribacchiava qualcosa sul suo quaderno. Alec si sedette sul bracciolo del divano, mentre Magnus continuava a comporre note.
“Cosa suoni?”, chiese, osservando le sue dita lunghe che si contraevano.
“Qualcosa”, rispose Magnus in modo vago e regalandogli un sorriso sornione.
Alec sapeva quanto Magnus tenesse alla concentrazione in momenti come quelli, così si limitò a ricambiare il suo sorriso.
Il suo sguardo si posò sul quaderno di Magnus, aveva la copertina in pelle nera e sulla superficie erano riportate due iniziali bordate in oro: W. H.
“Chi è W.H.?”, chiese Alec, senza riuscire a fermarsi, come se il suo corpo sentisse il bisogno impellente di rivolgere quella domanda.
Magnus non sembrò irrigidirsi. “Un regalo di un vecchio amico”.
Un vecchio amico: quella definizione colpì Alec, facendo riaffiorare tutti quei pensieri che lo avevano travolto poco fa e ricordandogli il Will della foto.
“Un vecchio fidanzato, forse”, gli fece notare con tono pungente.
Magnus non si voltò a guardarlo, ma ad Alec bastò vedere la curva che le sue spalle avevano assunto per capire quanto quell’affermazione avesse smosso il bersaglio.
“Alec, non-“.
“Sono solo un numero del tuo elenco?”, chiese a bruciapelo. (3)
“Cosa? Assolutamente no”, rispose Magnus, sbattendo le palpebre come per ridestarsi.
“Sei sicuro? A me invece sembra esattamente così. Io sono solo un numero del tuo elenco di giocattoli. Uno se ne va e ne prendi un altro”. (3)
Gli occhi di Magnus erano fissi sul suo volto, spaventati e straniti, come se le parole di Alec lo avessero ferito e sorpreso allo stesso tempo, eppure non proferiva parola.
Alec si alzò di scatto, passandosi una mano tra i capelli, mentre una valanga di parole premeva contro le sue labbra per uscire e schiantarsi addosso a Magnus.
“Non so nulla di te. Vuoi parlare tutto il giorno dei problemi degli altri ma di te e della tua storia non dici nulla, e quando ti faccio una domanda ti contorci come un verme su un amo”. (4)
“Quando abbiamo iniziato a stare insieme, sapevi a cosa stavi andando incontro”, ribattè Magnus, alzandosi a sua volta e assumendo un tono per nulla comprensivo, come se stesse ricordando ad Alec di aver firmato un accordo svantaggioso a cui non poteva sottrarsi.
“Cioè una storia a senso unico? Una relazione in cui io parlo e tu no?”.
“Una relazione tra due persone mature”.
“Ah, quindi io sono immaturo”, dedusse Alec con un sorrisetto sarcastico. “Forse non ho la giusta esperienza per stare con un uomo vissuto come te, forse non sono come Will”.
Magnus alzò gli occhi al cielo, gesto che fece solo stizzire maggiormente Alec.
“Will non centra nulla, e non era ciò che intendevo. Se davvero mi ami, è un limite che devi accettare, come io riesco ad accettare i tuoi, senza costringerti. E se non riesci a venire a patti con questa cosa, allora forse non dovremo stare insieme”.
Quell’ultima affermazione lo fece vacillare, mentre il suo cuore perdeva un battito.
Ad Alec sembrò di essere su un campo di battaglia, con Magnus che gli lanciava colpi a tutta forza, mentre lui cercava di pararli con scarsi risultati.
“Parli del fatto che non voglio ancora dire a tutti di noi, vero?”, il tono di Alec si era fatto più basso, completamente diverso da quello che aveva assunto inizialmente.
Magnus sgranò gli occhi, portandosi le mani ai lati della testa e sospirando. Forse non era quello che intendeva dire, eppure lo aveva fatto, scoccando una freccia che aveva colpito in pieno il cuore di Alec, ricordandogli come tenesse in gabbia la loro storia.
“Alec, mi dispiace. Io – “-
“Hai detto abbastanza”, lo interruppe subito Alec. “Ora è meglio che vada”.
Magnus non gli corse dietro, né cerco di dire altro mentre Alec raccoglieva velocemente le sue cose per andare via dal loft il prima possibile, senza neanche voltarsi verso di lui.
Nella fretta, Alec non si era neanche accorto di avere ancora addosso la sua maglietta.
Una parte di lui sperava con tutto il cuore che Alec lo guardasse, che gli corresse incontro, buttandogli le braccia al collo e baciandolo senza sosta.
Un’altra parte di lui, invece, immaginava di afferrargli il polso per fermarlo e premere le labbra sulle sue, ripetendogli quanto gli dispiacesse fino allo sfinimento. Magnus, però, non assecondò nessuna delle due. Semplicemente rimase a fissare Alec mentre scappava via…perché forse era la cosa più giusta che potesse fare per entrambi.
Alec Lightwood brillava di luce propria, creava un’esplosione di luce in grado di oscurare completamente tutto quel passato doloroso che Magnus non voleva vedere. Ma nel momento esatto in cui Alec chiuse la porta alle sue spalle, tutta l’oscurità che Magnus aveva cercato di tenere a bada gli si rovesciò addosso, lasciandolo solo.
 
 

“And I am feeling so small. It was over my head. I know nothing at all.
And I will stumble and fall, I’m still learning to love, just starting to crawl”.
 

Il cuore di Alec batteva all’impazzata nel petto mentre il ricordo dell’ultima volta che lui e Magnus avevano parlato riaffiorava violentemente nella sua testa, graffiandogli la pelle e togliendogli il respiro, costringendolo ad annaspare in cerca di ossigeno.
La testa gli vorticava, mentre quella canzone trasmessa per puro caso alla radio gli entrava nelle vene, come una sostanza velenosa messa in circolo e che prendeva la via del cuore. Alec sentiva di doversi alzare dal letto e spegnere la radio, o meglio, lanciarla dalla finestra.
Non sentiva Magnus da almeno una settimana, e nessuno dei due aveva cercato l’altro.
Si chiese se anche lui fosse nelle sue stesse condizioni, chiuso in camera, a rigirarsi il cellulare tra le dita, chiedendosi se fosse giusto chiamarlo o meno.
Quando Magnus gli aveva detto che avrebbe dovuto accettarlo senza fare domande, Alec non conosceva abbastanza dell’amore per capire quella strana richiesta, così aveva ignorato le conseguenze che presto avrebbero travolto entrambi.
Magnus, però, non gli aveva detto i dettagli più importanti.
Non gli aveva detto che le cose sarebbero andate in quel modo.
Non gli aveva detto che avrebbe dovuto accettare tutto quel silenzio.
Non gli aveva detto che un giorno sarebbero arrivati ad un punto di non ritorno.
Alec non sapeva nulla di Magnus, e lui non aveva mai dimostrato l’intenzione di cambiare le cose, non gli aveva mai raccontato nulla di sé e della sua vita: ricordi d’infanzia, racconti sulla sua famiglia, il primo amore, la prima volta che qualcuno gli avesse spezzato il cuore.
Intanto, le lacrime bruciavano nei suoi occhi, premendo per uscire, e Alec dovette sbattere le palpebre diverse volte per tentare inutilmente di ricacciarle. Si rannicchiò su sé stesso, mentre la stanza si faceva più buia.
Alec non si sarebbe alzato per accendere la luce.
 

“Say something, I’m giving up on you. I’m sorry that I couldn’t get to you.
Anywhere, I would’ve followed you. Say something, I’m giving up on you.
And I will swallow my pride. You’re the one that I love and I’m saying goodbye”.
 

Le dita di Magnus tremavano, mentre si muovevano sulla chitarra.
I suoi movimenti non erano gli stessi di sempre.
Qualcosa rendeva il tutto più inquieto, mentre una nota storta ricorreva più e più volte, gettando solo maggiore incertezza nella sua musica.
Tuttavia, nessuno ci avrebbe fatto caso…nessuno, fatta eccezione per Alec Lightwood.
Se Alec fosse stato lì, seduto sul letto accanto a lui, sarebbe stato in grado di andare oltre, di cogliere la nota storta, vedendo realmente Magnus e il dolore nei suoi occhi.
Era passata una settimana dalla sfuriata avvenuta a casa di Magnus, nessuno dei due aveva cercato l’altro…ed era finita, nonostante non lo avessero detto a voce alta.
Magnus aveva fissato il telefono più volte con la speranza che suonasse, spesso lo aveva anche afferrato, pensando di mandare tutto al diavolo e chiamarlo, ma non lo aveva fatto.
Era come se il suo corpo gli stesse dicendo di restare immobile, lasciare che Alec vivesse una storia normale con un ragazzo più adatto a lui…qualcuno che potesse dargli ciò che desiderava: complicità, stabilità e – cosa più importante – sincerità sul proprio passato.
Quelle erano cose che Magnus non sarebbe mai riuscito a donargli.
Credeva che tutto il suo amore sarebbe bastato, ma si era illuso.
Chiuse gli occhi, mentre continuava a suonare e – come ogni volta – vide il volto di Alec Lightwood in tutta la sua meraviglia: i suoi occhi blu, la forma del suo viso, i suoi capelli spettinati, la curva delle sue labbra, le sue sopracciglia aggrottate per gli atteggiamenti assurdi del suo ragazzo, il rossore che gli invadeva le guance ad ogni bacio. Alec era lì, davanti ai suoi occhi, e forse non sarebbe mai andato via.
Il cielo fuori dalla finestra cominciava a scurirsi, mentre il buio faceva capolino.
Continuò ad intonare quella canzone straziante, lasciando che gli facesse male ad ogni parola, come tanti piccoli aghi che gli si infilzavano nella pelle.
Intanto, l’oscurità lo avvolgeva lentamente e la camera si faceva più buia.
Magnus non si sarebbe alzato per accendere la luce.
 
 
 
Angolo dell’autrice
 
  • (1) ovviamente, si tratta di Will Herondale, premetto che non ho ancora letto la saga di The Infernal Devices e non so molto della sua storia o del rapporto con Magnus;
  • (2) rimaneggiamento di una frase di Città delle Anime Perdute: “A dividerli c’erano incommensurabili oceani di tempo”;
  • (3) altro rimaneggiamento sempre da Città degli Angeli Caduti;
  • (4) frase tratta da Città delle Anime Perdute;
  • il primo verso è tratto da “Too late” di M83;
  • la canzone che viene ascoltata per radio da Alec e cantata da Magnus è “Say something” di Christina Aguilera feat. A Great Big World.
 
Beh, avevo detto che avrei rimediato con l’angst, no?
Ok, siete liberi di linciarmi, gettarmi pomodori, ortaggi, mattoni, insomma tutto quello che vi capita a tiro, perché so di aver fatto davvero del mio peggio. Se lo scorso capitolo era troppo fluff, questo è praticamente l’opposto. Comunque, come vi avevo accennato, visto che sono riuscita a seguire una linea temporale, la storia non è più una raccolta di one-shots ma una mini-long, spero siate contenti :)
Come spero abbiate notato, ho pensato di riutilizzare alcune frasi della saga per questo capitolo. Non credo di avere altre precisazioni da fare, questo capitolo onestamente non mi piace moltissimo, mi sembra di aver esagerato sul serio.
Volevo trovare un motivo che gettasse Alec e Magnus nel panico, costringendoli ad allontanarsi del tutto e spero sia credibile e non scontatissimo come sembra a me. Fatemi sapere cosa ve ne pare con un commentino, se vi va!
Dite che le cose tra questi bimbi si rimetteranno a posto?
Grazie a tutti coloro che seguono, leggono, recensiscono e mettono tra le preferite/seguite/ricordate…siete tutti dei tesori ♥
Alla prossima,
Lily.
   
 
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