Sensazioni
Prompt: Novecento!AU, A Reese sembrava che il mondo si fermasse ogni volta che sentiva Harold suonare il pianoforte.
La prima volta che John Reese vide e sentì Harold Finch suonare il pianoforte fu la prima sera in cui era sulla nave.
Era lì, bello carico con la sua tromba e pronto a fare impallidire persino Louis Armstrong, quando prima di attaccare Leon Tao, il direttore della jazz band del Virginian, si avvicinò e sussurrò a Harold: «Senti, Finchy, ti prego, fai delle note normali, okay?».
Note normali? A giudicare dalle gomitate e dalle risatine degli altri musicisti, Reese capì che non era la prima volta che Leon faceva quella strana richiesta e non ne capiva assolutamente la ragione: certo, aveva sentito delle voci di corridoio a proposito della bravura di Finch, insieme ad altre chiacchiere assolutamente insensate che avvolgevano la sua vita in una nebbia misteriosa, ma era anche vero che John aveva già lavorato in altre band e Harold non gli sembrava così diverso dagli altri pianisti con cui aveva avuto il piacere - e a volte il dispiacere - di suonare. Harold annuì con un sorriso professionale a Tao, che non molto convinto diede l'attacco del brano.
Accadde pochi istanti prima dell'inizio dell'assolo di John.
Per il resto dei suoi giorni, John Reese non seppe mai definire cosa accidenti avesse suonato Harold Finch quella sera: seppe solo che era meraviglioso, maledettamente meraviglioso, e che rimase a bocca aperta come uno stoccafisso mentre fissava le dita di Harold che correvano veloci sui tasti bianchi e neri. Non vide o sentì altro, nemmeno le imprecazioni di Tao o la ragazza carina che ridacchiava di fronte alla sua faccia da ebete: il mondo e tutti i casini in cui poteva essersi ficcato quella sera erano scomparsi ed era rimasto solo quello spiraglio di infinite possibilità che era la musica di Harold.
*
Quella notte provò di nuovo quella sensazione.
L'oceano era in burrasca, John era diventato verde per il mal di mare e Harold aveva pensato che la migliore cura fosse farlo sedere accanto a lui mentre suonava un Dio sa cosa al pianoforte.
E ovviamente funzionò.
John dimenticò la tempesta, la nausea, il fatto che il pianoforte scivolasse sul parquet del salone sfiorando pericolosamente tavoli e sedie e persino i problemi che si era lasciato alle spalle mentre saliva sulla nave. Il mondo decise, in quel quarto d'ora o forse anche di più, di tacere e di fermarsi per far sì che Harold avesse tutto il silenzio di cui aveva bisogno per tirare fuori la sua musica più bella.
«Va meglio, signor...?» esordì Harold poco prima di sfondare con il pianoforte la vetrata del salone e la porta della cabina del comandante.
*
Nulla impedì al comandante Lionel Fusco, incazzato come una bestia, di spedire a spalare carbone quelli che a suo dire erano i due più grandi imbecilli che avessero mai solcato i sette mari.
Sfiniti per il calore della sala macchine e per i quintali di carbone che avevano appena gettato tra le fiamme, John e Harold erano stesi a quattro di spade sul mucchio ancora da spalare a riprendere fiato. Quale migliore occasione, dunque, per fare la conoscenza l'uno dell'altro?
«Suoni da Dio, per la cronaca».
«Già, me lo dicono in tanti».
«Io sono John Reese».
«Piacere, Harold Finch».
E da lì ebbe inizio tutto quanto.
Sfiniti per il calore della sala macchine e per i quintali di carbone che avevano appena gettato tra le fiamme, John e Harold erano stesi a quattro di spade sul mucchio ancora da spalare a riprendere fiato. Quale migliore occasione, dunque, per fare la conoscenza l'uno dell'altro?
«Suoni da Dio, per la cronaca».
«Già, me lo dicono in tanti».
«Io sono John Reese».
«Piacere, Harold Finch».
E da lì ebbe inizio tutto quanto.
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