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Autore: Evil_Regal    08/09/2015    5 recensioni
Ho deciso di fare una serie di oneshot SwanQueen,tutte indipendenti l'una dall'altra.
Saranno per la maggior parte fluff.
Genere: Demenziale, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash | Personaggi: Emma Swan, Regina Mills
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Erano giorni che non dormiva.

Trascorreva le giornate nel letto. Non nel suo. E non a dormire.

Non riusciva a dormire nel suo letto. Non riusciva a cercare conforto lì dove tutto era succcesso,dove tutto si era perso. Dove si era rotta in mille pezzi. Dove aveva perso chi era e ciò che aveva.

E non riusciva a dormire.
Perché chiudere gli occhi e addormentarsi significava avere incubi e gli incubi la terrorizzavano. Non poteva. Non voleva.

Gli incubi la portavano a svegliarsi di soprassalto.

Soprassalto.

Proprio come si era svegliata quella mattina.

Un lampo di dolore l’aveva svegliata e l’attimo dopo Regina aveva perso tutto. Si era trovata in una pozza di sangue e il suo bambino non c’era più.

Svegliarsi con quella paura addosso,con quello shock che l’aveva paralizzata e poi sconvolta era troppo doloroso. Tutto era troppo doloroso. Tutto era semplicemente troppo.

Perfino respirare.

Non lo meritava.

Non meritava di respirare. Perché lei si e il suo bambino no? Aveva perso il suo bambino. Il loro bambino. Il loro piccolo miracolo. Aveva perso  ciò che di più bello c’è a questo mondo. Non era stata abbastanza per il loro bambino. Non abbastanza forte. Non abbastanza.

Non poteva dormire e non poteva nemmeno toccare quel letto.

Emma si era sbarazzata di tutto. Aveva cambiato tutto. Anche il materasso. Ma Regina non poteva nemmeno entrare in quella stanza.

La stessa stanza,lo stesso letto,dove tutto era cominciato e dove tutto era finito.

Non varcava la soglia di quella porta da settimane ormai. Il suo corpo non riusciva più a funzionare e il suo cuore faceva troppo male.

Era un dolore che le penetrava fino a dentro le ossa. Che le opprimeva il petto e non la faceva respirare. Era un dolore che la rendeva pesante. Era diventato difficile perfino muovere un braccio. Il dolore era penetrato ovnque. In ogni capillare,in ogni muscolo,in ogni cellulare del suo essere e l’aveva paralizzata.

Non riusciva a pensare a  nient’altro se non a quel “BUM BUM BUM” che le aveva portato le lacrime agli occhi. Non riusciva a non pensare a quella macchiolina grigia sullo schermo del macchinario dell’ufficio del dottore. Non riusciva a non pensare  alla felicità che aveva provato e poi al dolore. Al sangue. Alle grida. Al senso di vuoto. Al freddo che aveva provato dentro. A quanto persa si fosse sentita.

Aveva guardato Emma,aveva gridato. Si era aggrappata a lei come se la sua vita dipendesse da lei e aveva gridato perché non voleva crederci. Non poteva essere vero. Aveva pianto e urlato fino a perdere i sensi. (Cosa successa in realtà per la perdita di sangue).

Per un attimo Emma pensò che il dolore l’avesse portata via. Che fosse andata anche lei e ci fu un attimo,un solo attimo,in cui la bionda si era arresa. Perché non si era sentita abbastanza forte. Era successo tutto così velocemente. Tutto così inaspettatamente. Il dolore e la paura avevano paralizzato anche lei e in quell’attimo aveva scollegato tutto. Aveva mollato tutto.

Se ne era andata anche lei. Ma poi le lenzuola avevano cominciato ad assorbire il sangue che si stava espandendo e che era arrivato a toccare le ginocchia di Emma e così lei tornò indietro.

Sangue di Regina.

Regina.

E così,con una forza che venne da chi sa dove,riuscì ad agire in fretta e portare Regina in ospedale. E quando la bruna si svegliò era tutto diverso. Lei era diversa. Niente sarebbe stato più lo stesso.

Aveva freddo. Dentro.

Le due si guardarono  per lunghi attimi e i loro occhi parlavano. Non dissero nulla. E Regina,lentamente,portò la mano sulla sua pancia e la sentì fredda. Vuota. E così entrambe furono scosse da un pianto angosciante.

Perché quell’angoscia le stava divorando vive. Le stava portando giù. Nel baratro.

Settimane e settimane dopo Emma era riuscita a sollevarsi un pochino. Ma Regina era ancora a terra. Regina non riusciva a rialzarsi. Non aveva abbastana forza e, in realtà,non aveva nemmeno voglia.

Non voleva vivere in un modo dove il suo bambino non c’era.
Era inerme.
Era un corpo senza vita.
Un corpo bloccato. Che non riusciva ad andare avanti. A muoversi oltre quella mattinata in cui le era caduto il mondo addosso.

Non riusciva a vedere nient’altro se non il sangue in cui era quasi affondata.
Non riusciva a sentire nient’altro se non le sue grida e l’odore ferroso del liquido rosso che si era portato via il suo bambino.
Non riusciva a pensare a nient’altro se non al fatto che aveva perso,aveva ucciso il loro bambino.

E così trascorreva le giornate nella camera degli ospiti. Sola. Non voleva che Emma dormisse con lei perché non lo meritava. Aveva ucciso suo figlio e Regina si sentiva sporca. E non meritava di essere nemmeno toccata da Emma,figuriamoci consolata.

Era da sola con il suo dolore e sapeva che stava ferendo Emma così facendo ma non riusciva a pensare ad altro. Le riusciva impossibile.

Così trascorreva le giornate nell’anonima stanza.
Riusciva a dormire un paio d’ore a notte.
Mangiava poco.
Fissava il soffitto.
Ascoltava il silenzio.
Si perdeva nei suoi pensieri.
Guardava la tv.

Ma non piangeva.

Non piangeva più. Non ne aveva più la forza. Non riusciva neanche più a piangere. Aveva pianto così tanto che se si fosse guardata allo specchio,cosa che non riusciva a fare perché non riusciva a sopportare la vista di se stessa,avrebbe visto che c’erano dei solchi sul suo viso,lasciati dalla lacrime. Lasciati dal dolore che ogni goccia aveva significato. Lasciati dal bruciore che ogno singola lacrima aveva provato ogni volta che aveva attraversato il suo viso.

E avrebbe notato gli occhi stanchi e persi,lo sguardo vuoto e spento,il viso magro e scavato.

Faceva docce in continuazione. Bagni e docce.Perché si sentiva sporca. Perché doveva togliere il sangue. Doveva sciacquare il dolore. Doveva scostare la sofferenza. Doveva eliminare ogni traccia,ogni prova che rendesse l’accaduto più reale.

Aveva strofinato la sua pelle così tanto che era arrivataa sanguinare e sanguinare l’aveva portata a strofinare ancora più forte.

Doveva pulire il sangue.

Non poteva sopportare la vista del sangue.
Non poteva sopportarne l’odore e il calore.
Non poteva sopportare la sensazione che si provava quanto quel liquido scorreva sulla sua pelle.

Una volta Emma l’aveva trovata nella vasca a grattare via il ricordo di quel momento dalle sue gambe. Si era graffiata e stava sanguinando e ciò non faceva altro che portarla a grattarsi e sciacquarsi con più forza.

Emma fu costretta a sollevarla di peso e tirarla fuori di lì. E quello fu uno dei due momenti in cui Regina si lasciò toccare da Emma.

Lasciò che la calmasse e consolasse. Si perse nelle sue braccia,della sua premura,nella sua dolcezza. Si perse nel suo profumo e nel suo calore. Emma l’aveva cullata e riportata a letto e poi era riuscita  a farla addormentare e riuscì a rimanere con lei. A tenerla durante la notte tra le sue braccia. Ma furono appena due ore. Regina si svegliò gridando e con l’affanno. Piangeva dicendo di voler fare un bagno. Dicendo di aver bisogno di fare un bagno. Era totalmente fuori controllo. Non riusciva neanche a respirare.

Emma riuscì a calmarla dopo quegli attimi fuori controllo,Regina ritornò ad essere quel corpo inerme che era sempre. Emma l’aiutò ad alzarsi e la portò in bagno. Aprì il rubinetto della vasca e controllò che fosse abbastanza calda. Emma sapeva che a Regina piaceva l’acqua così calda da quasi bruciarla.

Le tolse il pigiama. E Regina non protestò. Non alzò un dito. Seguì Emma con lo sguardo e la lasciò fare. Entrò nella vasca e lasciò che Emma la lavasse. Con cura,attenzione e dolcezza. Non come lei faceva di solito.

Aveva accarezzato con la spugna ogni graffio di Regina e lei era rimasta in silenzio,con gli occhi chiusi a pensare ad ogni attimo in cui la spugna calda accarezzava al sua pelle maltrattata dandole sollievo. Emma entata nella vasca con lei e le aveva lavato i capelli. Non le imporava se era ancora vestita e si sarebbe bagnata completamente. Si mise dietro Regina e le lavò lentamente i capelli. Poi l’abbracciò e Regina si appoggiò al petto di Emma che in quel momento era l’unica cosa a cui potesse davvero aggrapparsi. Era forte e pronto ad ogni cosa contro la schiena stanca e debole di Regina. 

Di solito Emma, bambino o non bambino, avrebbe avvolto le braccia attorno alla pancia di Regina. Ma quella volta non lo fece,le mise più sopra. Sullo stomaco.Sotto il seno.

Regina chiuse gli occhi e appoggiò la sua mano su quella di Emma,che aveva la fronte aggrottata e seguiva ogni movimento di Regina per capire cosa stesse per fare,perché era un comportamento insolito,e la strinse per un attimo prima di prenderla nella sua e portarla leggermente più giù. Sulla sua pancia. Lì dove ci sarebbe dovuto essere il loro bambino. E la lasciò lì. Con la sua mano da sopra. Le sue dita stavano accarezzando leggermente,come una piuma,il dorso della mano di Emma ed Emma capì che poteva. Poteva sfiorare la pancia di Regina con la punta delle dita,poteva sentire quanto fredda fosse. Quanto vuota.

Emma fissò ad occhi spalancati le sue dita sfiorare la pelle di Regina e non notò le lacrime che aveva cominciato a versare. Aveva appoggiato la guancia alla testa di Regina e stava fissando le loro mani accarezzare lo spettro del loro bambino.

“Una bambina” sussurrò Regina “Penso che avremmo avuto una bambina”

Emma rimase scioccata. Abbassò lo sguardo con le lacrime che continuavano ad attraversarle il viso e guardò Regina.

Quando non sentì risposta Regina girò leggermente il collo e guardò Emma,che serrò la bocca e deglutì Non sapeva cosa dire. Era sotto schock.

Ma anche lei pensava che avrebbero avuto una bambina.

“Avrebbe avuto i tuoi occhi” disse Regina tristemente,tornando a fissare la sua pancia. Sia la sua mano che quelle di Emma ora erano ferme.

Poi ci fu un silenzio.

“Il tuo sorriso” fu Emma a romperlo. Regina scattò la testa di lato,incontrando lo sguardo di Emma,che era presente di nuovo. Si guardarono ed Emma fece un sorriso triste “Avrebbe avuto il tuo sorriso” continuò “E le mie fossette” continuò “La tua intelligenza” continuò con la voce spezzata “E la mia goffaggine”

Regina aveva le lacrime agli occhi mentre guardava quelle di Emma scorrere “Avrebbe avuto il tuo grande,grande cuore” terminò Emma e Regina non riuscì più a trattenersi. Si voltà tra le braccia di Emma e avvolse le braccia attorno al suo collo,affondando la fronte nella sua spalla e Emma la stinse a sé. Ed entrambe si liberarono del peso del pianto che stava morendo nel loro petto.

Era stata la prima volta che avevano parlato del bambino…o bambina.

Più tardi l’acqua diventò fredda e Regina cominciò a tremare. Emma la tirò fuori di lì. Le asciugò i capelli e si prese cura di lei. Poi si stesero su letto,Regina appiccicata ad Emma. L’aveva respinta fino a quel momento,ma ora aveva bisogno di lei. Ora non poteva farne a meno. Ora Emma era tutto. Ora era fondamentale sentire Emma accanto a sé.

“Regina?” sussurrò Emma e lei non rispose ma Emma sapeva che era lì e che l’avrebbe ascoltata,quindi continuò “Penso che sia il caso di andare a parlare con qualcuno.Sono preoccupata e non voglio più vederti così. Magari parlare con qualcuno potrebbe aiutarci ad affrontare meglio la cosa” sussurrò Emma e Regina deglutì. Chiuse gli occhi.

Parlare significava ricordare. Signficava riportare alla luce cose che lei stava cercando di dimenticare.
Significava dover affrontare il problema,combatterlo anche se lei non era abbastanza forte per farlo.

Parlare significava smettere di scappare.

Ma forse significava anche riuscire a stare meglio. Riuscire a ricominciare a vivere.

Regina guardò Emma e appoggiò il mento sulla sua spalla. Le due si guardarono a lungo e poi Regina prese un respiro profondo. Annuì.

Emma annuì in risposta e poi sorrise,le spostà una ciocca di capelli dal viso e mormorò “Posso darti un bacio?”

Regina sorrise e si morse il labbro. Emma era la persona più dolce che ci fosse. Regina non disse nulla e non fece gesti. Semplicemente si allungò e le diede un bacio. Un bacio semplice ma allo stesso tempo così importante.

Emma le accarezzò i capelli e la baciò con tutto quello che aveva. Quando si separarono Regina sfregò il suo naso contro quello di Emma e poi sospirò. Un sospiro stanco. Un sospiro meccanico. Uno che Emma odiava. Odiava vederla così a pezzi. Vederla soffrire così tanto.

Cominciarono ad andare entrambe in terapia.
C’erano sessioni singole e sessioni da fare insieme. Ma ogni singola volta era una tortura. Era come se un coltello affilato venisse girato  rigirato in una ferita che già era stata contrassegnata come inguaribile.

C’erano volte in cui Regina non riusciva a dire una parola.
Altre in cui riusciva ad aprirsi un po’ ma poi finiva con il singhiozzare.
C’erano volte in cui riusciva a parlare del bambino con un sorriso. Pensando alla vita che avrebbero potuto avere. Ma alla fine si ricordava che non sarebbe mai potuto succedere e quindi ricominciava a singhiozzare.

Era  difficile.
Era troppo difficile.
Certe volte sembrava impossibile.
Certe volte Regina voleva solo mollare.
Certe volte avrebbe solo voluto starsene a casa e smettere di parlarne,smettere di dire come si sente. Smettere di affrontare e semplicemente soffrire.

Ma c’era ancora qualcosa per cui combattere.
C’era ancora qualcosa per cui valeva la pena di vivere.
C’era ancora il desiderio di andare avanti.
C’era ancora qualcosa dentro Regina che la faceva alzare da quel letto e andare dal terapista.

Anche c’era momento in cui non riuscisse a non pensare alla sua bambina,che avrebbero chiamato Lexie,erno riuscite ad andare avanti.

Un anno e mezzo dopo Regina si era ripresa. Non del tutto,perché da una cosa del genere non ci si riprende mai.  Ma era tornata a lavoro. Lavorara e sorrideva. Dormiva nella sua camera da letto,anche se aveva fatto cambiare tutto. Ogni cosa. Dal pavimento alle pareti,dai mobili ai quadri. Dai soprammobili al lampadario.Aveva fatto cambiare tutto e solo dopo che quella stanza fu completamente nuova,riuscì a rimetterci piede dentro.

Conservò una sola cosa. Una ed una sola.

Il pigiama.
Quello che aveva quella mattina.

Lo aveva lavato e conservato in una scatola infondo all’armadio.
Non sapeva perché,ma non riusciva a buttarlo via e allo stesso tempo non riusciva ad indossarlo.
Doveva semplicemente conservarlo.

E quella non era una scatola che non riusciva e non voleva dimenticare.

Ci aveva messo il pigiama e sopra ci aveva appoggiato la foto dell’ecografia. E ogni tanto,quando si sentiva triste,quando era difficile pensare che Lexie non era con loro,quando i fantasmi del passato ritornavano,l’apriva. Accarezzava col dito la superfice della foto e stringeva il pigiama a sé. E sorrideva.
Quelle due cose riuscivano a farle ricordare Lexie col sorriso.
E non se ne sarebbe mai separata.
Erano un’ancora.
E lei ne aveva bisogno.

Andava ancora in terapia. Emma aveva smesso ma Regina si sentiva bene. Una volta ogni due settimana andava a sfogarsi. Forse lei ne sentiva ancor ail bisogno perché era lei che la portava in grembo. La perdita fisica l’aveva subita lei e parlare con la sua psicologa l’aiutava.

Ma erano riuscite ad andare avanti.

E una notte,una di quelle in cui dormire era un po’ più difficile,entrambe si ritrovarono abbracciate nel buio ad ascoltare il rumore della pioggia. E tra il ticchettio delle gocce di pioggia Regina confessò ad Emma che non voleva rimanere incinta di nuovo,perché la possibilità di perdere un altro bambino l’avrebbe uccisa. Emma si trovò d’accordo con lei e così trovarono un modo per impedire alla loro magia di combinarsi e creare nuove vite.  

Ma non era detto che,un giorno,non sarebbero state pronte a dare il benvenuto ad un nuovo membro della famiglia…


                                                                                TO BE CONTINUED



Angolo autrice: ovviamente non è della SwanMills family e so che è un po’ forte come capitolo,la seconda lo sarà molto di meno. Ne approfitto per ringraziarvi tutti xoxo
  
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