Twenty-first.
Ino
e Shikamaru erano davanti al chiosco che vendeva gioielli di bigiotteria e vari
oggetti per capelli o la bellezza in generale: la ragazza stava contrattando
con il venditore sul prezzo di un kanzashi, quando Shikamaru ne attirò
l’attenzione.
La
bionda kunoichi guardò verso la direzione indicatele dal compagno e vide Shirai
ferma di fronte a Saori e Itachi.
«Oh,
non sembra nemmeno lei vestita così» disse Ino, mentre Shikamaru si limitava ad
annuire.
L’utilizzatrice
del Raiton indossava un kimono dai colori caldi: era composto da sfumature che
andavano dall’arancione al giallo, mentre l’obi era rosso. Non aveva
particolari ricami, ma le gradazioni di colori estivi lo rendevano
particolarmente bello nella sua semplicità.
Al
posto del solito chignon, aveva arrotolato una treccia, fermandola con un
kanzashi dai fiori gialli e arancioni: stava molto bene così e per una volta
sembrava la ragazza che era.
Saori
era rimasta bloccata nel vedere quanto Shirai fosse diversa vestita come una
ragazza e si azzardò a lanciare uno sguardo al suo accompagnatore, trovandolo
con il solito sguardo stoico e indifferente.
In
quel momento si rese conto che non riusciva a leggere le emozioni nascoste
sotto il suo cipiglio serio, non come al solito: Itachi aveva mascherato
qualsiasi sensazione al di sotto di strati e muri, costruiti con abilità negli
anni di vita da shinobi.
«Oh,
konnichiwa Saori-san, Itachi-san» disse Shirai, sorridendo ad entrambi «Lo
yukata che indossi è davvero magnifico, Saori-san» si complimentò la ragazza,
senza dire nulla sull’abbigliamento del capitano.
«Mh,
grazie» rispose l’altra senza, ovviamente, ricambiare i complimenti.
«Ora
vado a mangiare i dorayaki, passate una buona serata» li salutò Shirai,
inchinando leggermente il capo ed andandosene.
La
coppia la guardò andarsene e poi proseguì verso la bancarella dove Saori voleva
recarsi prima dell’incontro: mentre la ragazza guardava una stoffa
particolarmente pregiata, Itachi si azzardò a lanciare uno sguardo alle spalle,
vedendo che Shirai parlava con Shikamaru e Ino.
Lo
aveva stupito, non poteva negarlo: non era abituato a vederla vestita in quel
modo, ma sempre con vestiti comodi o da kunoichi.
La
osservò sorridere ai suoi amici e poi allontanarsi in mezzo alla folla, diretta
probabilmente in un luogo dove mangiare i dorayaki: Itachi si ricordò in quel
momento che aveva ancora una chiacchierata in sospeso con lei, ma doveva
rimandarla ad un altro giorno poiché non poteva abbandonare Saori, non quando
era stato lui da invitarla.
I
fuochi d’artificio iniziarono verso le undici e Shirai si era rifugiata sulla
testa di pietra del Sandaime per guardarli, ovviamente in solitaria: i fiori di
fuoco esplosero nel cielo tingendolo di rosso, giallo, azzurro e altri colori
sgargianti.
Il
rombo delle esplosioni rimbombava nella cassa toracica delle ragazza e nelle
orecchie, ma non era fastidioso.
Il
finale fu la parte migliore: le esplosioni di colore si susseguirono
rapidamente creando un’enorme fontana di fuoco dai colori aranciati e
rossastri.
Alla
fine dello spettacolo pirotecnico la popolazione di Konoha applaudì e con lei
anche Shirai, con un bel sorriso stampato.
Decise
di scendere dalla testa del Sandaime e andarsene a casa, ma percepì il chakra
di Sakura e Sasuke in avvicinamento e decise di salutarli prima di andarsene.
«Sapevamo
di trovarti qui, Shirai» le disse Sakura, ridacchiando.
«Sono
piuttosto prevedibile, neh?».
«Decisamente.
Hai visto nii-san stasera?» le chiese Sasuke.
«Hai! Era con Saori. Indossava un gran
bello yukata, neh?» rispose Shirai, mantenendo il sorriso.
«Mh.
Lo yukata era davvero come dici, ma lei è sempre la solita vipera appiccicosa»
rispose il moro, con un cruccio sul viso.
«Yare,
Yare, Sasuke. Non dovresti parlare così della ragazza di tuo fratello!» disse
Shirai, ridacchiando per l’espressione dell’Uchiha, che voleva essere
arrabbiata, ma lo rendeva un po’ ridicolo.
Non
riusciva a capire perché lui non sopportasse Saori in quel modo: era forse la
sua gelosia verso il fratello?
«Ora
vado a casa, ragazzi! Passate un buon fine serata, neh? Ci vediamo domani in
giro! Buonanotte!» disse Shirai che scomparve dalla loro vista appena loro
ebbero ricambiato i saluti.
La
ragazza sapeva che lo yukata non era adatto a saltare da un tetto all’altro e
decise di andare a casa camminando come una normale cittadina di Konoha,
riuscendo così ad apprezzare la fine del festival.
Le
famiglie si stavano dirigendo a casa, con i bambini al seguito che parlavano in
modo entusiasta dei fuochi, descrivendoli con il loro modo infantile.
Le
coppiette camminavano vicine, tenendosi per mano o a braccetto, e si
scambiavano sussurri e dolci parole. I chioschi erano ancora al lavoro,
servendo gli ultimi paesani che avevano ancora fame o volevano prendere qualche
oggetto, il quale aveva attirato la loro attenzione.
Shirai
non vide nessuno dei suoi amici e un pensiero divertente la fece sghignazzare
da sola: se li era immaginati nascosti da qualche parte a scambiarsi effusioni.
Al
pensiero di Sasuke che diceva parole dolci a Sakura dovette trattenersi dallo
scoppiare a ridere, donde evitare di sembrare una matta: peccato che qualcuno
la trovasse già completamente fuori di testa.
Infatti
una voce profonda le chiese: «Hai bevuto di nascosto o sei impazzita
completamente, Shirai?».
Voltandosi
alla sua destra vide Itachi Uchiha, da solo, appoggiato ad un muro tra un
chiosco di maschere e uno di stoffe: i venditori guardarono con stupore e
timore il genio degli Uchiha, seguendo i suoi movimenti con circospezione.
Alcuni
dei negozianti erano esterni al villaggio di Konoha ed erano giunti lì da altri
piccoli paesi nella Terra del Fuoco e conoscevano Itachi e il Clan Uchiha solo
per le leggende dove venivano descritti come shinobi straordinari e spietati.
Itachi
si avvicinò a Shirai, la quale iniziava seriamente a credere di avere la
sfortuna appollaiata sulle spalle e, una volta che le fu davanti, sovrastandola
con i suoi otto centimetri di differenza, le chiese:
«Perché
non mi hai mai raccontato nulla?».
«Eh?
Di cosa stai parlando, Itachi?».
Lui
la guardò un attimo e, dopo essersi passato una mano tra i capelli che
sfuggivano alla coda per la frustrazione, le disse: «La sera in cui abbiamo
salutato Naruto, Sasuke mi ha fatto notare che avevi qualcosa che non andava e
quindi ti ho seguita quando te ne sei andata con lui e Sakura» le disse,
facendola prima impallidire e poi assumere una faccia infastidita.
«Dovresti
smetterla di origliare le mie confessioni … Sembri un fastidioso spione»
rispose lei, con la seria intenzione di troncare lì la discussione.
Peccato
che Itachi fosse di tutt’altro avviso e le chiese perché non gli avesse mai
raccontato nulla, preferendo farlo con Sasuke e Sakura.
«Perché non ero pronta ad affrontare quell’argomento con te, Itachi. È un
episodio molto duro della mia esperienza a Kumo e, inoltre, ti sei espresso
chiaramente: non vuoi che io mi innamori di uno shinobi straniero» fece una
pausa e aggiunse, guardandolo da sotto in su «Avevo paura della tua reazione se
ti avessi confessato di essermi innamorata di Taichi».
Itachi
la guardò un attimo, prima di sospirare, incredulo di fronte alla poca fiducia
che avesse in lui, ma non poteva biasimarla: erano stati lontani tanto tempo e
dovevano imparare a conoscere i cambiamenti avvenuti nell’altro durante quel
periodo.
«Ora
ti senti pronta a raccontarmela?».
«Non
credo ce ne sia bisogno, dopo tutto hai sentito tutto, neh?» gli chiese,
retoricamente, piegando la testa di lato e sorridendogli lievemente.
«Sì,
ho sentito tutto, ma voglio che me lo racconti guardandomi in faccia, come hai
fatto con gli altri» le disse, facendola sbuffare.
«Itachi,
non è facile per me ripercorrere quei momenti e non ho intenzione di farlo,
nemmeno per te. Dovrai accontentarti di sapere tutto perché hai spiato. Fine
della questione» gli disse, prendendo a camminare e venendo raggiunta
dall’Uchiha che l’affiancò.
«D’accordo,
ma posso farti una domanda?».
«Mh».
«Lo
prendo come un sì. Sei ancora innamorata di lui?» le chiese, facendola
bloccare, testa bassa e spalle piegate, come se fosse sotto il peso di un
macigno.
Si
voltò poi verso di lui e con un sorriso sereno, rispose: «Hai!».
Itachi
rimase completamente paralizzato davanti a quella risposta, perché in quel
momento capì quale fosse la ragione che lo spingeva a seguire Shirai ovunque,
anche solo con lo sguardo quando lei non se ne accorgeva nemmeno, troppo presa
a ridere e prendere in giro qualcuno.
Il
suo rapporto con Shirai stava mutando ed ora che ne era consapevole si
ritrovava di fronte a un grosso problema: come poteva farle dimenticare Taichi?
Come poteva battersi contro un morto per lei?
*
Il
tempo scorreva inesorabilmente e Konoha si ritrovò ben presto nella seconda
metà del mese di Gennaio: quell’anno aveva anche lievemente nevicato e i
bambini del villaggio ne erano rimasti entusiasti, prendendo a palle di neve
chiunque capitasse loro a tiro.
Persino
Itachi non era rimasto immune ai loro scherzi e la mattina del venti di quel
mese entrò nell’archivio con i capelli umidi e ancora qualche pezzo di neve
addosso.
Shirai
scoppiò a ridere di fronte a quella vista e gli chiese, quando ne ebbe il
fiato, perché non le avesse semplicemente schivate.
«Shisui
mi ha tenuto fermo… Ed è stato lui quello che mi ha preso in testa» le rispose,
facendola ridere ancora di più.
Saori
entrò in quel momento e, se Itachi era un po’ bagnato, lei era fradicia:
l’acqua le gocciolava dai vestiti e dai capelli, formando delle piccole
pozzanghere sul pavimento liscio e lucido.
Shirai
cercò di trattenersi dal ridere, ma proprio non vi riuscì e questo causò la
rabbia di Saori che attivò lo Sharingan, minacciandola di usare un genjutsu se
non avesse smesso di ridere.
La
ragazza prese dei respiri profondi, più che altro perché era senza fiato e non
per la minaccia dell’Uchiha, che aveva preso a tremare per il freddo.
Si
propose quindi di recuperare loro degli asciugamani ed uscì dall’archivio,
diretta verso il deposito presente nel palazzo e tornò dai due pulcini bagnati
in fretta: trovò Itachi senza maglia, poiché impegnato a strizzarla in uno dei
cestini vuoti.
Shirai
rimase un attimo bloccata e, nonostante sapesse che sia lui sia Saori la
stessero guardando, diede una bella occhiata: Itachi era sufficientemente
muscoloso, con gli addominali ben definiti e la pelle solcata da alcuni segni.
Cicatrici
di qualche nemico abbastanza abile, o molto fortunato, che era riuscito a
colpirlo. Solo la voce seccata di Saori la fece rinsavire e vide un ghigno
divertito sulle labbra di Itachi: un sorriso che prometteva prese in giro a non
finire.
Lo
vide togliersi l’elastico dai capelli e, afferrata la salvietta portagli da
Shirai, prese a frizionarli, mentre Saori faceva lo stesso con i suoi.
Vide
poi la ragazza estrarre un rotolo dalla sacca bianca in dotazione ad ogni
shinobi e, dopo i sigilli, apparvero degli abiti di ricambio per lei e per
Itachi.
La
vista le fece storcere il naso: erano così intimi che lei si portava un cambio
anche per lui appresso?
Shirai
decise di lasciarli soli ad asciugarsi e si diresse al suo luogo di lavoro,
quando Shikamaru entrò nell’archivio e doveva essere un’emergenza: sembrava
trafelato e Nara Shikamaru non lo era mai.
«Itachi-san,
abbiamo bisogno di te e dello Sharigan. Shizune-san ha finito con l’autopsia»
disse il ragazzo.
L’autopsia
a cui si riferiva era quella che Shizune aveva eseguito sul corpo di Pain che
Jiraiya aveva mandato in punto di morte a Konoha, insieme ad un messaggio, per
la cui decifrazione l’intervento di Naruto era stato essenziale e uno shinobi
di Amegakure, sotto interrogatorio da parte del padre di Ino.
Dovevano
scoprire tutto ciò che sapevano su Pain, poiché oltre ad essere il capo
dell’Akatsuki era anche incredibilmente potente. Dopotutto era riuscito a
sconfiggere Jiraiya.
Shirai
e Saori rimasero quindi da sole nell’archivio: la prima riprese a lavorare,
mentre l’altra si mise a riflettere sul motivo per cui avessero bisogno dello
Sharingan per decifrare i risultati di un’autopsia.
Itachi
non rientrò per tutto il giorno, lasciandole lavorare nel silenzio, rotto solo
dalle fusa di Kuro, che aveva raggiunto Shirai dopo pranzo.
Itachi,
in compagnia di Shizune e Shikamaru cercava di capire a cosa potessero servire
le sbarre estratte dal cadavere di uno dei nemici combattuti da Jiraiya: il
braccio destro della Godaime li aveva informati che erano fatti di un materiale
strano.
Con
lo Sharingan attivo, Itachi vide delle leggere tracce di chakra residuo e
l’ipotesi che passò per il suo cervello geniale fu una, che venne prontamente
esplicata agli altri.
«Credo
che quelle sbarre siano sensibili al chakra. Riesco a vederne delle tracce.»
Shizune
allora concentrò un po’ di chakra nella mano, ma la sbarra non si mosse né
cambiò caratteristiche. Shikamaru intanto continuava a ponderare su ciò che
Itachi aveva detto e concluse che poteva esserci sono una spiegazione a quelle
sbarre.
«Reagiscono
solo ad un chakra particolare. Probabilmente a quello di Pain» disse.
*
Gennaio scivolò tranquillo
verso la sua fine, che decretò anche la chiusura della punizione per Shirai,
Saori ed Itachi: ovviamente per la prima significava che da quel giorno in poi
tutti sarebbero stati dedicati all’allenamento, tra una missione e l’altra,
anche se Tsunade tendeva a lasciare uscire poco gli shinobi del villaggio,
poiché sospettava che prima o poi l’Akatsuki sarebbe venuto alla loro porta per
prendersi Naruto e il Kyūbi.
Così Shirai iniziò ad
allenarsi duramente con Itachi, il quale la fece combattere sia contro Ayane
che contro Shisui, risultando in un pareggio il primo e in una sconfitta totale
il secondo.
Shirai sentiva di essere
migliorata molto grazie ad Itachi, il quale le aveva anche chiesto se avesse
stipulato un contratto con qualche animale da evocare al bisogno.
Itachi le suggerì di scegliere
un animale che avesse una buona difesa, poiché, nonostante il suo chakra fosse
aumentato, se usava la Raiton No Yoroi quando lanciava il Railgun di questo
riusciva a scagliarne solo due e con fatica.
Shirai lo guardò dubbiosa,
non sapendo quale animale scegliere ed Itachi le suggerì l’armadillo.
Entrarono in un ala
dell’archivio riservata dove vi erano enormi rotoli ricoperti di polvere: altri
non erano quelli usati per stipulare un contratto con un animale da evocare.
Shirai vide Itachi cercare
quello che serviva e uscire di nuovo dall’archivio: qui aprì il rotolo e le
fece cenno di avvicinarsi.
«Ora devi mettere la tua
firma qui. E la devi fare con il sangue, Shirai» le spiegò, mentre lei
impallidiva, ma afferrava comunque un kunai e si incise il polpastrello
dell’indice della mano destra sufficientemente a fondo per scrivere il suo
nome.
Una volta finito Itachi le
mostrò i segni - cane, cinghiale, gallo, scimmia e pecora – e le disse di
poggiare la mano a terra.
Shirai eseguì, mettendo una
quantità non troppo alta di chakra nella tecnica e davanti a lei apparve un
armadillo di medie dimensioni: era di colore blu scuro, con un musetto
allungato, orecchie non molto grandi a punta, coda dalla forma conica, una
corazza spessa e all’apparenza molto forte e delle zampe tozze con artigli non
molto lunghi.
«Majiro-kun è pronto alla
battaglia!» disse l’animaletto con voce nasale e muovendo il musetto come se
stesse fiutando qualcosa «Dove sono i nemici?».
Si voltò verso Shirai ed
Itachi guardando prima una e poi l’altro in successione.
«Oh! Tu sei quella che ha
stipulato il nuovo contratto? Era da molto che nessuno lo faceva!» le disse
avvicinandosi e facendole notare che era alto poco meno di lei.
«Sono Shirai Nakamura, lieta
di fare la tua conoscenza Majiro-san».
«Puoi chiamarmi Majiro! Per
ora riuscirai ad evocare solo me ed è già un buon risultato. Ci alleneremo per
vedere dove posso esserti utile, d’accordo?» le disse «Però da domani. Ora devo
riferire al Re degli Armadilli che sei adatta a divenire la nostra evocatrice»
aggiunse, prima di salutare e sparire in una nuvola di fumo bianco.
Shirai si voltò verso Itachi
e, felice, lo abbracciò di slancio ringraziandolo per averla aiutata,
riservandosi uno sguardo vacuo dall’altro, che non era abituato a certe
dimostrazioni di affetto da parte sua, non nell’ultimo periodo.
«Andiamo, ci alleneremo tra
di noi. Chiama il tuo gatto, voglio vedere se è abbastanza maturo per essere
usato in battaglia» le disse, mentre Shirai annuiva e lanciava le tre onde di
chakra per richiamare Kuro.
*
Si
allenarono con Majiro l’armadillo ogni giorno e grazie a lui Shirai ora poteva
lanciare quattro Railgun, poiché non doveva più preoccuparsi della propria
difesa: per testare la potenza del colpo i due shinobi si erano allontanati dal
villaggio, ma anche così a Konoha si sentivano le esplosioni dovute al loro
allenamento.
«Speriamo
che non ci sia mai la necessità di usare uno di quei cosi all’interno del
villaggio: farebbe moltissimi danni» disse Ino alle altre, quando una nuova
esplosione riverberò nell’aria.
«Sono
sicura che Shirai lo userà solo se estremamente necessario, non ti preoccupare»
rispose Tenten, mentre Hinata confermava con un cenno del capo
«Speriamo
non lo usi contro Saori. Vi immaginate se dovesse carbonizzarla? Gli Uchiha si
rivolterebbero tutti contro di lei!» disse Sakura, mentre Sasuke sbuffava.
«Io
non lo farei, anzi le stringerei la mano e la ringrazierei. E fidati non siamo
in pochi a pensarla così. Saori è indisponente anche verso i suoi compagni di
Clan. Lo è persino verso di me, anche se sono il fratello di Itachi» disse
Sasuke.
Il
gruppo rimase un attimo in silenzio, sentendo il chakra di Shirai – debole come
sempre dopo gli allenamenti con Itachi - in avvicinamento: la videro spuntare
alla fine della via con il suo pacchetto di escoriazioni, lividi e sudore.
Sakura
si alzò immediatamente e prese a curarle le ferite più importanti, anche se non
erano per nulla gravi: se Itachi avesse fatto davvero sul serio Shirai sarebbe
stata ridotta a un colabrodo.
*
Tra
allenamenti e missioni varie gennaio si trasformò in febbraio: Naruto era ormai
via da due mesi per il suo allenamento speciale con i Rospi e dall’Akatsuki non
vi era nessuna notizia.
La
Godaime, però, non era per niente tranquilla: era sicura che quella fosse la
quiete prima della tempesta e teneva tutti gli shinobi di Konoha sempre
all’erta.
Shirai
quella mattina del dodici febbraio stava camminando verso il campo di
allenamento numero zero quando sentì la prima esplosione proveniente dal
quartiere a nord del villaggio: voltandosi verso la direzione da dove era
provenuto il fragore, vide del fumo nero alzarsi in volute.
«Cosa
sta succedendo?» si chiese, mentre altre esplosioni si succedevano una dietro
l’altra.
Shirai
decise di fare l’unica cosa sensata che le venisse in mente: raggiungere
Itachi.
E sono di nuovo in ritardo assurdo... Odiatemi pure... ç_ç