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Autore: eleCorti    10/09/2015    0 recensioni
Prequel di Once Upon a Digi-Time, in cui si narra dei primi digiprescelti e di come hanno sconfitto il signore oscuro di Digiworld.
Digiwolrd è in pericolo e dovrà chiamare i bambini prescelti, che vivono nella Los Angeles della metà degli anni '80.
La prima ad aprire gli occhi fu la ragazza dai capelli castani chiari, subito si rese conto che non era a LA, ma in una strana foresta subtropicale, si guardò intorno spaesata e subito fu aggredita da qualcosa.
Genere: Avventura, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Agumon, Altri, Gatomon, Nuovo personaggio, Patamon
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il mattino seguente i quattro ragazzi e i rispettivi digimon si svegliarono molto presto, a causa di uno strano rumore molto forte che li aveva agitati parecchio.
Uscirono subito dalla caverna e si ritrovarono di fronte un enorme dinosauro grigio che camminava a quattro zampe.
“Aiuto un mostro!” gridò Tommy.
“Non è un mostro è Monochromon, un digimon buono e mansueto” rispose il suo amico digitale.
“Andiamo via di qui!” propose la più grande.
Tutti annuirono, così, più in fretta che poterono, lasciarono la caverna, inoltrandosi nella foresta.
Quella foresta era davvero insolita, innanzitutto le piante che la popolavano non le avevano mai viste a LA né in qualsiasi altro luogo in cui erano stati; non vi era nessun animale che loro conoscevano, come per esempio scimmie, serpenti, orsi, ma solo mostri di qualunque genere e tipo, chiamati, appunto, Digimon; infine, cosa più importante, non vi era nessun essere umano come loro.
Durante il loro lungo cammino incontrarono varie stranezze, come per esempio, dei distributori automatici, contenti si fermarono, inserirono le monete e premettero il bottoncino, ma dal macchinario non uscì nessuna bibita, ma degli strani esseri verde acido che lanciavano escrementi.
Subito si misero a correre.
“Ma chi sono?” domandò Rebecca, mentre correva a perdifiato.
“Quelli sono i numemon, sono dei digimon molto sporchi che vivivono al buio” rispose Salamon.
Continuarono a correre fino a quando giunsero in una spiaggia, lì i numemon smisero di inseguirli, e il gruppo poté fermarsi a riposarsi.
Subito, però, notarono qualcosa di molto insolito, in mezzo alla spiaggia, vi erano delle cabine telefoniche, che fosse un miraggio? Si chiesero tutti.
No, non poteva essere, perché i miraggi non hanno ombre, mentre quelle cabine l’hanno.
Col sorriso sulle labbra corsero verso le cabine, vi entrarono e chiamarono ognuno la propria famiglia. Niente, i telefoni non funzionavano.
“Chissà cosa ci fanno delle cabine telefoniche qui?” domandò Timmy.
“Non lo so, è molto strano, se ci sono delle cabine telefoniche, allora ci deve essere qualche umano per forza!” ipotizzò la dodicenne.
“Hai ragione Rebecca, io direi di seguire i fili delle suddette cabine, e vedere dove ci portano” propose la più grande.
“Ma io ho fame!” si lamentò Tommy.
“Tutti abbiamo fame!” lo asserì il castano.
“Bene, io proporrei di fermarci e mangiare qualcosa, poi ci possiamo rimettere in marcia!” disse la castana.
Tutti annuirono, così si sedettero tutti in cerchio, mentre i Digimon andavano a cercare qualcosa di commestibile, poiché i quattro non avevano con sé del cibo.
I quattro piccoli mostri digitali ritornarono presto e con loro avevano molta frutta e delle piante, ovviamente non erano quelle della Terra.
Poggiarono il loro pranzo al centro del cerchio, i ragazzi fissarono quegli alimenti così strani, poi la castana più chiara, si buttò, assaggiando un frutto dalla forma rotonda, simile ad una pesca.
“Ma come fai a mangiarlo?” domandò la dodicenne, con un tono schifato.
“Sì chiama spirito d’adattamento!” replicò la più grande, lei ne sapeva qualcosa, poiché la sua famiglia era alquanto povera.
“Io non lo mangio!” insistette la castana, anche i due maschietti erano d’accordo con lei.
“Bene, vuol dire che morirete di fame!” esclamò la quattordicenne.
Al solo sentire quell’affermazione, Timmy e Tommy, cambiarono idea, avventandosi, anche loro, sul mangiare, mentre Rebecca rimase sulla sua idea.
Presto, anche lei la cambiò, sentiva, difatti, i morsi della fame, così, senza indugi, addentò un frutto giallo, simile ad una banana.
Dopo essersi rifocillati, proseguirono il loro cammino, addentrandosi di nuovo nella foresta, seguendo i fili delle cabine telefoniche.
Ormai camminavano da un pezzo, erano stanchi e senza energie, avevano bisogno di mangiare qualcosa, pertanto si fermarono per cercare dell’altra frutta.
La trovarono, si sedettero su dei massi e iniziarono a cibarsi, non erano un gran che come sapore, ma quando la fame chiama, si mangerebbe di tutto!
Non ebbero manco il tempo di finire di mangiare, che sentirono uno strano rumore, molto assordante, subito videro un qualcosa che veniva contro di loro, si buttarono per terra,onde evitare di essere colpiti.
Quando si rialzarono, videro una specie di ape con un pungiglione molto grande.
“Quello è Flymon!” esclamò Agumon.
I quattro mostri digitali si misero a difesa dei loro partner, attaccando l’essere volante.
Purtroppo solo un Digimon riusciva a tenere testa all’insetto, Byomon, gli altri, senza energia, erano stati scaraventati al suolo.
Samantha si prese di coraggio, prese dei sassi e li lanciò addosso al Digimon.
“Non mi fai paura mostro!” urlò, spavalda.
Il Digimon le scagliò il suo pungiglione letale, la castana mise le mani davanti, a mo’ di protezione, ma l’attacco non la colpì, un grande uccello rosso l’aveva protetta.
Byomon, infatti, vedendo la sua amica in pericolo, era stata avvolta in una luce bianca, cambiando forma.
“E tu chi sei?” domandò spaventata.
“Sono Birdramon, la digievoluzione di Byomon” rispose l’uccello.
Poi si concentrò sul suo nemico, colpendolo con il suo attacco, il colpo d’ali fiammanti, il mostro, però, lo evitò, tirando il suo pungiglione, che l’essere alato schivò, riprovando con il suo attacco.
Colpì l’insetto che, sconfitto, si ritirò, Birdramon ritornò a essere Byomon, ed atterrò di fronte alla quattordicenne.
“Wow, sei stata formidabile! Ma come hai fatto?” domandò stupita e curiosa di sapere.
“Non lo so, so solo che eri in pericolo e che ti dovevo aiutare” rispose l’uccello rosa.
Il gruppo decise di lasciare quella zona, per evitare altre spiacevoli sorprese, camminarono a lungo, fino a sera, quando arrivarono in riva ad un lago, lì decisero di fermarsi e mangiare.
Si divisero in gruppi: le ragazze andarono a cercare della legna, i ragazzi si misero a pescare. Quella sera mangiarono pesce arrostito, grazie al fuoco accesso da Agumon.
In mezzo al lago c’era un isolotto, al quale si poteva accedere attraverso una striscia di terra, in mezzo al suddetto isolotto vi era un tram.
Gli otto amici vi entrarono per vedere se c’era qualcuno, ma niente, il tram era vuoto, non si poteva nemmeno guidare, mancavano le rotaie.
Lì decisero di riposarsi, e forse, passare la notte, era un luogo caldo e sicuro.
“Secondo voi ci sarà una città?” domandò Timmy.
“Non lo so, spero di sì, ho bisogno di una doccia!” si lamentò la sua coetanea.
“Io invece vorrei dell’ottimo cibo!” protestò il biondino.
“Smettetela di lamentarvi! E ringraziate il cielo che siete vivi!” li rimproverò la più grande.
Già non li sopportava più, non vedeva l’ora di andare a casa e non vedere più quei bambini viziati e capricciosi.
“Ci penseremo domani! Ora andiamo a dormire!” esclamò il castano.
Quella notte la passarono lì, sui sedili del tram, per fortuna erano comodi, e non ebbero spiacevoli sorprese.
Il mattino dopo si misero in marcia, dopo aver fatto colazione, sempre con la frutta trovata nel bosco, non sapevano che presto avrebbero scoperto alcune cose molto importanti sul loro destino.   
   
 
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