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Autore: WibblyVale    12/09/2015    1 recensioni
Una neonata nell'ospedale di Konoha viene sottoposta ad un esperimento genetico e strappata alla sua innocenza. Crescendo diventerà un abile ninja solitaria, finchè un giorno non verrà inserita in un nuovo team. Il capitano della squadra è Kakashi Atake, un ninja con un passato triste alle spalle che fatica ad affezionarsi agli altri esseri umani. La giovane ninja sarà in grado di affrontare questa nuova sfida?
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Kakashi Hatake, Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Shiori e i due gemelli studiavano la mappa rubata nel Paese dell’Acqua con attenzione. Takeo si grattava la testa, mentre il fratello si mordeva le labbra. Avevano confrontato la mappa con tutte quelle in loro possesso e non riuscivano a capire a quale luogo corrispondesse.
La kunoichi si sistemò gli occhiali sul naso e sospirò.
“Non arriveremo a nulla così!” si lamentò.
“Forse potremmo farci aiutare da Kakashi. In fondo, noi stiamo aiutando lui.” Propose Hisoka.
“No, non è possibile.”
“Perché?” domandarono in coro i gemelli.
“Perché io potrei seguirla in missione e farmi irretire dal potere che sta cercando.” Spiegò pacato il Copia-ninja, entrando in cucina con le mani indifferentemente affondate nelle tasche.
“Io… È che…” balbettò la donna.
“Non ti preoccupare hai le tue buone ragioni.”
Shiori si rilassò.
“Ragazzi potete andare. Cercheremo qualche mappa ancora più antica di quelle in nostro possesso. Ora io e Kakashi dobbiamo parlare dell’altra missione.”
“Voglio venire anche io!” esclamò Hisoka, riprendendo un discorso già affrontato più volte negli ultimi giorni.
“No, non siete pronti. In più, meno siamo meglio è.”
“Ma…”
Kakashi si avvicinò a lui e gli posò una mano sulla spalla.
“Non devi preoccuparti per Shiori. Voi non conoscete le storie della Ninja Solitaria, ma al mio villaggio erano nate leggende sulle sue missioni. Si diceva che una volta lei dovesse rubare piani di attacco ad un gruppo della Nuvola. Erano una ventina di Anbu, ma lei riuscì ad affrontarli tutti da sola per poi tornare a casa in tempo e sventarne i piani.”
“Gli Anbu erano solo dieci, ma…” precisò lei.
“Il punto è…” La interruppe il Copia-ninja. “Che non dovete preoccuparvi.”
A quel punto, i gemelli uscirono dalla stanza, anche se un po’ delusi per non aver avuto il permesso di andare in missione.
Kakashi si sedette accanto a Shiori e la osservò a lungo, mentre lei riponeva le mappe che l’avrebbero aiutata con la sua missione segreta.
“Credo che Hisoka abbia una cotta per te.”
“È solo un ragazzino. A tutti capita di avere cotte per persone più grandi che ammirano. Gli passerà presto, quando capirà che sono molto meno misteriosa di quanto sembri.”
“A tutti? Anche a te?” fece con un tono scherzoso, sperando di farla arrossire.
“Certo. Fa parte della crescita. Perché a te no?” rispose tranquilla.
L’uomo ci pensò su.
“Tsunade-sama.”
“Non avevo dubbi.”
“Cosa vorresti dire?”
“Il seno.” Si limitò a sillabare per lui, che rispose con un broncio offeso.
“Non è affatto vero! Era la kunoichi più famosa e forte di Konoha. La mia era ammirazione.”
“D’accordo.” Fece poco convinta, tirando fuori le carte per mettersi a lavorare. “Puoi mentire a te stesso ma non a me.” Lo prese in giro.
“E sentiamo, saputella, chi era per te?”
Finalmente, arrossì. Uno sguardo trionfante apparve sul volto del Copia-ninja.
“Dobbiamo lavorare.”
“Non finché non rispondi.”
“È piuttosto banale. Tutte le ragazze del villaggio avevano una cotta per lui.”
Il ninja dai capelli argentati le fece segno di continuare. “L’Hokage.” concluse lei.
“Quindi io ero solo un ripiego?”
“Davvero molto divertente. Ora possiamo metterci al lavoro?”
Lessero le carte in silenzio. Le lettere più recenti, cioè quelle inviate dopo l’attacco alla Foglia, intimavano di ritardare l’attacco al Daimyo.
“Perché?” fece Kakashi confuso. “È il momento migliore. Konoha è debole e non può arrivare in suo soccorso. Io accelererei la cosa.”
In effetti, anche lei avrebbe agito nello stesso modo. A meno che…
“E se il cambio di situazione a Konoha avesse destabilizzato i loro piani?”
“E perché?”
“Se morisse il Daimyo, Konoha sarebbe più forte. Potrebbe mettersi a capo del Paese del Fuoco. Addio due re, addio conflitti interni, l’unico a decidere sarebbe l’Hokage senza alcuna distinzione.”
“Ora però l’Hokage è morto e siamo noi quelli in difficoltà.” Il Copia-ninja si passò una mano ad arruffarsi i capelli, pensieroso. “Chi mai vorrebbe una cosa del genere?”
“Qualcuno a cui non piace questa divisione. Qualcuno che vorrebbe che esistesse un solo capo all’interno della nazione.”
L’uomo fece una smorfia.
“Il mondo è pieno di idioti. È come cercare un ago in un pagliaio.”
Shiori rise alla battuta.
“Comunque dobbiamo cercare un ago in grado di muovere molti fili.”
“Dobbiamo assolutamente interrogare lord Fujita.”
La Ninja Solitaria si alzò dalla sedia.
“Bene, allora si parte.”
 
Erano rannicchiati in una piccola ansa nella montagna. Una coperta li copriva entrambi. Il sole era tramontato da ore, ma a loro mancava ancora mezza giornata di viaggio per arrivare alla meta.
Shiori tirò fuori le pillole alimentari e ne diede una manciata al compagno. Non si erano detti molto per gran parte del viaggio. Non che ci fosse mai stato bisogno di grandi parole tra loro, ma in quel momento il silenzio non era confortante era più… più imbarazzato.
La luna risplendeva argentea nel cielo scuro e privo di nubi. Kakashi giocherellava con un lembo della coperta, cercando di tenersi impegnato. Perché non riusciva a tirare fuori un argomento che fosse uno?
“Porti gli occhiali?” chiese ad un tratto, ricordandosi di quella mattina.
“Si. Dopo aver passato del tempo al buio nelle grotte all’interno delle Miniere di Ghiaccio, non riesco più a vedere bene da vicino.”
“Non li hai messi l’altra sera. Quando abbiamo letto insieme…”
La donna si morse un labbro.
“Non volevo che mi vedessi così… cambiata. Aya però mi ha immediatamente ripreso e costretta a portarli sempre con me.”
Il Copia-ninja sorrise.
“Tu non sei affatto cambiata.” Lei rispose con uno sbuffo. “L’unica cosa che non va nel tuo aspetto è quella stupida parrucca.”
“Ormai ci ho fatto l’abitudine. Poi, non è male.”
“Sarà, ma io ho sempre preferito i tuoi capelli.”
“Ora non c’è molto da vedere. Sono tagliati a spazzola sembro un uomo.”
“Non credo che tu possa sembrare un uomo.” Le accarezzò il viso. “Potresti farli ricrescere quando…”
“Non farlo.” Lo fermò lei, percependo dove stesse andando a parare.
“Cosa?”
“Progettare un futuro, che non siamo sicuri di poter avere.”
Kakashi allontanò la mano.
“Non lo stavo facendo.” Sospirò. “Sono io quello che è a casa, lo so. Non per questo è più facile.”
Shiori, dopo un giusto minuto di imbarazzo per essere stata così stupida, appoggiò la testa sulla sua spalla.
“Sono un’idiota. Ma sappi che lo faccio, per prima cosa, perché non voglio che tu soffra.”
Il suo compagno appoggiò, a sua volta, la propria fronte sul capo di lei.
“Non devi preoccuparti per me.” Sussurrò.
 
La notte successiva la situazione era completamente cambiata. Si trovavano nella capitale del Paese del Fuoco, sotto la finestra dello studio di lord Fujita. Le luci erano accese, varie ombre si alternavano davanti alla finestra.
Sul tardi, finalmente, la stanza si svuotò e l’uomo rimase da solo. Shiori si arrampicò lungo il muro, entrando dalla finestra della stanza accanto allo studio. Kakashi la guardò muoversi con attenzione, aprire con delicatezza la finestra ed entrare.
A quel punto, la seguì appostandosi di sotto alla finestra dello studio, coperta dalle tende. Un uomo alto e dall’aspetto gioviale, gli venne ad aprire e lui entrò.
Lord Fujita, un signore distinto con sottili baffi neri, saltò sulla sedia.
“Haro, vorrei una spiegazione!”  ordinò severo.
L’uomo alto per tutta risposta si trasformò in una giovane donna con una maschera d’aquila sul volto. Il Copia-ninja non perse un secondo e bloccò l’uomo sulla sua poltrona, puntandogli un kunai alla gola.
Lo studio era ai piani superiori, troppo vicino alle camere da letto, perché potessero permettersi di fare il minimo rumore.
“Perdoni l’irruenza del mio compagno, lord Fujita.” Cominciò Kasumi, con voce dolce quasi materna. “Lui non ha abbastanza pazienza e, sfortunatamente, io non riesco a controllarlo del tutto. Chi può dire cosa potrebbe farle se si irrita.” Il suo tono era forzatamente preoccupato, facendo trapelare perfettamente quanto poco le importasse della fine che avrebbe fatto l’uomo tra le mani del proprio compagno.
Kakashi sentì Fujita rabbrividire: temeva più la donna di quanto temesse lui. E come dargli torto, persino lui si sentiva intimorito. Se non avesse saputo che c’era Shiori sotto quella maschera, avrebbe pensato di essere di fronte ad uno spietato nemico.
“Io… Le mie guardie possono arrivare in un lampo.” Minacciò stupidamente l’uomo.
Il Copia-ninja premette il suo kunai ancora di più contro la gola.
“No, no, ti prego non ucciderlo.” Fece con voce pacata la donna. “Lord Fujita probabilmente non ha capito bene ciò che gli ho detto. Vediamo se posso spiegarmi meglio…” finse di ponderare per qualche secondo. “Se lei fa qualcosa che non ci convince o dice a qualcuno che siamo stati qui, il mio compagno non si limiterà ad uccidere lei. Sappiamo che ha una figlia, capisce quello che voglio dire?”
L’uomo si limitò ad annuire, terrorizzato com’era da quella minaccia.
“Bene. Con chi stava organizzando l’attentato al Daimyo?” Fujita sbarrò gli occhi per la sorpresa. “Abbiamo le nostre fonti. Su parli.”
“Io… Io collaboro con un intermediario. Non so chi è il capo.”
“Qual è lo scopo di tutto ciò?”
“Accentrare il potere nelle mani di una sola persona.”
“L’Hokage suppongo. Lei crede che il futuro Hokage sarà contento di questa idea?”
“Non importa molto.”
Kakashi che non aveva mai tolto lo sguardo dalla sua vittima, si voltò di scatto verso Shiori. La ragazza strinse le mani a pugno. Anche lei aveva notato qualcosa di strano in quella risposta.
“Mi descriva il suo contatto.”
“Un uomo, sembra abbastanza giovane, capelli scuri, portava sempre una maschera, come le vostre.”
“Perché non importa l’opinione dell’Hokage?” chiese, finalmente, avendo acquisito la calma giusta per porre la domanda.
“Io…” Il lord esitò.
Kasumi si avvicinò a lui con passo lento, gli posò una mano sul volto. Fujita si scostò leggermente: la mano scottava. La donna lo trattenne per la nuca e premette di nuovo la sua guancia sulla sua mano.
“Per favore risponda alla domanda.”
L’alto funzionario del governo tremava.
“La prego non faccia del male a mia figlia.”
“Lei risponda.” Insistette Shiori.
“Il mio contatto ha l’incarico di eliminare il futuro Hokage e i suoi accompagnatori. Non è la prima volta che si occupa di persone così potenti. L’ho visto eliminare sei guardie scelte della scorta personale dello Tsuchikage senza battere ciglio.”
La donna si allontanò da lui.
“Ci dica dove?”
“Tanzaku-gai.”
“Perfetto. Ora ce ne andiamo. Ricordi se dirà qualcosa a qualcuno lo sapremo, e lei e sua figlia… Spero che capisca le mie ragioni.” Fece un leggero cenno del capo a Kakashi che, facendo una leggera pressione su un punto sotto la gola, lo tramortì.
Uscirono di soppiatto, senza dirsi una parola. Quando furono fuori dalla capitale si fermarono. Il Copia-ninja si morse una mano e fece segni con le dita, richiamando a sé Shiba, un cane grigio con un ciuffo marrone sulla testa e un coprifronte della Foglia al collo. Era il più veloce della sua muta.
Il cane annusò l’aria, drizzò la testa in direzione di Shiori e fece qualcosa di simile ad un sorriso. Lei, che si era tolta la maschera, gli sorrise di rimando. Kakashi, ignorò questo scambio, preso com’era dalla fretta.
“Ho bisogno che tu vada a Tanzaku-gai più in fretta che puoi e che recapiti questa a Jiraiya.” Gli porse una lettera scritta di suo pugno da consegnare all’Eremita. “Noi arriveremo il prima possibile.”
Shiba fece cenno di aver capito e partì alla velocità della luce verso la sua meta. I due shinobi andarono per qualche chilometro nell’altra direzione per recuperare le loro cose.
“Li dobbiamo raggiungere.” affermò l’uomo a bassa voce, ma la compagna lo sentì comunque.
“Ce la faremo.” Poi, capendo dallo sguardo del suo compagno ciò che stava pensando, disse: “Non è colpa tua. Avevi i tuoi allievi di cui occuparti. Sei solo un uomo.”
“Non sono nemmeno quello, se anche loro muoiono senza che io possa fare nulla.”
Non avrebbe permesso che altre persone a lui care morissero per una sua svista. Lui doveva assolutamente arrivare in tempo.
 
Arrivarono a destinazione alle prime luci dell’alba, dopo aver corso senza sosta per tutta la notte. La città si trovava su un piccolo promontorio. Le case si susseguivano, percorrendo la circonferenza del monte fino alla sua cima. Su quest’ultima si trovava il tempio. Enormi gradoni di pietra attraversavano la città, scalando il monte fino al suo punto più alto.
Kakashi e Shiori però non ebbero il tempo di indugiare ad osservare quella meraviglia. Dovevano trovare Tsunade, chissà se Jiraiya l’aveva già raggiunta? La kunoichi avrebbe voluto avere ancora i suoi poteri, sarebbe stato tutto più semplice.
Il Copia-ninja annusò l’aria. Sentiva l’odore di Shiba molto vicino, mescolato a quello del sangue. Strinse i pugni delle mani, cercando di non farsi prendere dalla rabbia. Doveva assolutamente concentrarsi sul suo obiettivo.
Come un segugio seguì l’odore fino ad uno stretto vicoletto. Il suo cane stava sdraiato a terra, respirando affannosamente, dei rivoli di sangue lo ricoprivano. Lui e la sua compagna corsero verso il fagottino grigio.
“Shiba!” lo chiamò il suo padrone, prendendolo tra le braccia.
Shiori allontanò il compagno dall’animale ferito. Gli accarezzò la fronte con la mano sinistra, mentre con la destra cominciava a curarlo. Le zampe anteriori avevano subito leggeri danni e il corpo era ricoperto da tagli.
Dopo qualche minuto che gli stava infondendo chakra in corpo, il cane cominciò a riaprire gli occhi anche se con qualche fatica.
“Non sono riuscito a raggiungerlo.” disse con un tono di voce basso e contrito.
“Non ti devi preoccupare. Chi ti ha fatto questo?” ringhiò l’Hatake, passando una mano tra il ciuffo di peli marroni sul capo dell’animale.
“Quando sono arrivato, loro se n’erano già andati. Sono rimasti qui per qualche giorno. Ho trovato l’uomo e, seguendolo, ho scoperto che si trovavano in una radura a pochi chilometri dal villaggio. Non avevo capito che si era accorto di me… Come puoi vedere mi ha fermato.”
Un sommesso suono ferale provenne dalla gola del Copia-ninja.
“Hai fatto un ottimo lavoro, Shiba.” lo consolò Shiori. “La maggior parte delle tue ferite sono curate. Ora ci pensiamo noi.”
Il cane annuì.
“Grazie. È bello rivederti.”
“Si, anche per me.”
“Kakashi, avete tempo. Non…”
“Tranquillo. Ora va.” disse con affetto.
Non appena Shiba se ne fu andato in una nuvola di fumo, i due shinobi scattarono in piedi. Non avrebbero lasciato che accadesse qualcosa ai loro compagni.
 
Nella casetta nascosta tra le dune del Paese del Vento, nel frattempo i due fratelli si allenavano cercando di mettere in pratica i consigli che Kakashi aveva dato loro. Kenta era in un angolo del cortile, cercando di costruire qualche mobile in più per la casa, mentre probabilmente Aya era a studiare medicina su qualche libro.
Takeo concentrò il fulmine tra le sue mani, mentre Hisoka cercava di creare un vortice d’acqua. I risultati erano a dir poco scarsi. Sapevano usare quelle tecniche, ma il ninja dai capelli argentati aveva detto loro di cercare di bilanciarne la potenza. Quello ancora non erano capaci di farlo.
Dopotutto loro erano degli esperti linguisti e studiosi di storia antica, non dei rozzi ninja qualunque. Però, sapevano che era necessario diventare più forti, o organizzazioni come la Kumori li avrebbero schiacciati come mosche.
Kenta sbuffò dall’altro lato del giardino. Si annoiava, sperava che presto si sarebbe ricominciato a scavare. Lui non era utile in quei momenti di calma. Era un ottimo costruttore e un buon combattente, ma non era in grado di aiutare i suoi compagni a risolvere gli enigmi che quegli antichi papiri portavano.
Quando il loro capo li aveva scelti tra i tanti sottoposti della Kumori, erano stati tutti sollevati. Kasumi non sembrava crudele come la maggior parte  dei capisquadra che avevano avuto fino a quel momento.
La donna prese i tre ragazzini sotto la sua ala protettrice e insegnò loro molte delle cose che sapeva, mentre Kenta divenne il suo mastro costruttore durante gli scavi nonché il suo consigliere, data la sua età.
Lei aveva spiegato loro parte della verità, si era fidata e aveva deciso di salvarli da quell’orribile destino che li avrebbe attesi se avessero lavorato per l’organizzazione. Ora loro stavano pagando per questa alleanza, dovendosi nascondere, ma era un prezzo così basso dopo tutto quello che lei aveva fatto. Li stava ancora aiutando, cercando di combattere per loro, trattandoli come la propria famiglia.
Aya uscì dalla casetta e si diresse verso il tendone. Posò una mano sulla spalla di Kenta con affetto e lanciò un sorriso in direzione dei ragazzi. Takeo si distrasse fulminando il fratello.
“Idiota!” lo insultò Hisoka.
“Non darmi dell’idiota! Non l’ho fatto apposta!”
“Ciò non toglie che tu sia un idiota!”
“Ora ti faccio vedere io!” urlò, lanciandosi contro il gemello e scaraventandolo a terra.
Kenta alzò gli occhi al cielo e si diresse verso di loro per bloccare quella zuffa. Era ormai a pochi centimetri da loro quando un grido di terrore provenne dalla tenda.
“AYA!” I tre uomini corsero verso la direzione della compagna, quasi lottando per decidere chi dovesse entrare per primo nella sala medica di fortuna.
Aya se ne stava seduta in un angolo, le mani appoggiate a terra, il petto che si alzava e si abbassava per la paura e gli occhi sbarrati fissi sulla piccola vasca piena di acqua ghiacciata, che stava dall’altro lato della stanza.
Kenta si inginocchiò accanto a lei e le scosto i capelli dal viso, mentre i due gemelli lo imitavano, ma senza distogliere lo sguardo dal cadavere nella vasca.
“Cos’è successo?”
La ragazza strinse la mano dell’uomo più anziano con forza, cercando conforto. Le parole non riuscivano a raggiungere la sua bocca, non sapeva come spiegare ciò che aveva visto.
“Si… si è mosso.”
“Cosa?” chiese Hisoka.
“Il cadavere.”
“Non dire sciocchezze! Avrai lavorato di fantasia!”
“Di fantasia, Hisoka? Quella cosa mi ha preso la mano, bloccandola sul limite della vasca e mi ha guardato negli occhi!”
Tremò e Kenta la strinse tra le braccia, aiutandola ad alzarsi.
“Ora usciamo di qui. Voi ragazzi legate quel coso, di modo che non possa scappare.”
“Credi che abbiamo a che fare con uno zombie?” domandò Takeo sommessamente. Era d’accordo con il fratello, era più probabile che fosse un’allucinazione.
“Puoi anche non credermi, ma quel cadavere si è mosso!” Aya si era staccata dall’uomo più grande e ora affrontava con determinazione i due gemelli.
“Ragazzi, di cose strane ne abbiamo viste negli ultimi tempi. Qualche precauzione non guasta.” affermò Kenta diplomatico.
I due fratelli annuirono e fecero come gli era stato chiesto. Presero una corda e la legarono attorno ai polsi e alle caviglie del cadavere.
“Che cosa sta succedendo?” Takeo era confuso: un cadavere in movimento batteva tutte le cose strane viste fino a quel momento.
“Non chiederlo a me, ma Kasumi avrà un bel daffare quando tornerà.”
“Tornerà?”
“Takeo, non essere stupido. Certo che tornerà!” esclamò il fratello maggiore con una sicurezza che non aveva.
“Ma l’hai vista con lui. Se invece volesse solo tornare a casa sua? Le daresti torto? Tu non faresti di tutto per poter stare con mamma e papà ancora una volta?”
Hisoka abbassò gli occhi, sapeva che se si fosse specchiato in quelli del fratello, lui avrebbe capito la sua insicurezza.
“Perché sennò vorrebbe che imparassimo tecniche più potenti per difenderci?” insistette lui.
“Perché ci vuole bene e vuole che stiamo al sicuro. Non ci abbandonerà.”
“Allora le stiamo impedendo di tornare a casa sua. Non ti sembra ingiusto?”
Hisoka sbuffò, alle volte suo fratello si faceva troppi problemi.
“Prima dici che non vuoi che se ne vada, poi dici che se noi non ci fossimo lei potrebbe fare ciò che vuole, si può sapere cosa vuoi?” domandò esasperato.
“Non lo so.” ammise. “Vorrei non aver mai ereditato tutto quelle conoscenze da mamma e papà.”
“Non avremmo mai conosciuto Kasumi, la piccola Amaya, Kenta e Aya. Saremmo soli, probabilmente per strada, a derubare qualche sfortunato per rimediare qualcosa da mangiare.”
“Non sarebbe una bella vita.” ammise il fratello minore.
“No.”
“In fondo, siamo stati fortunati, non credi?”
“Si credo di si.” Hisoka prese a camminare verso l’esterno.
“Fratellone?”
“Mmm?”
“Kasumi tornerà.” affermò sicuro.
Hisoka gli rispose con un sorriso pieno di gratitudine. Takeo aveva capito che il fratello era nervoso quanto lui.
“Finalmente ti è entrato in testa!” scherzò, piantando un pugno scherzoso sulla spalla del fratello.
 
Kenta e Aya erano seduti al tavolo con una tazza di tè tra le mani quando i due fratelli li raggiunsero. La ragazza aveva riassunto un po’ del suo colore e fece un sorriso incoraggiante ai due gemelli, che le si sedettero accanto.
“Ci dispiace per prima.” Si scusarono in coro.
“No, è colpa mia. Ero terrorizzata e ho reagito in modo esagerato.”
“Cosa credi sia successo?” domandò Takeo. “In termini medici intendo?”
“Nessuno idea. A volte, dopo la morte il corpo può avere degli spasmi, ma quello… Era come se sapesse quello che faceva. Mi ha guardato!”
Il gemello più giovane posò una mano sulla spalla dell’amica, che vi posò sopra la propria.
“Dobbiamo scrivere a Kasumi?” chiese pratico Hisoka.
“No, non possiamo scrivere questo in una lettera. Aya farà delle analisi e cercheremo di dare delle risposte a tutto questo prima che lei torni.”
Kenta faticava a credere a ciò che era accaduto, ma la blu aveva detto loro troppe cose su Orochimaru e sui suoi esperimenti perché lui lasciasse perdere.
“Io… andrò.” Fece la ragazza titubante.
“Verrò con te.” La incoraggiò Takeo. “Non è necessario che tu vada là dentro da sola.”
Aya gli sorrise. Era terrorizzata. Quegli occhi rossi iniettati di sangue. Quella voce che sembrava provenire direttamente dagli inferi. Si, perché quell’essere aveva parlato. Non l’avrebbe detto ai suoi compagni, non voleva spaventarli più del necessario, ma lei non poteva togliersi dalla testa quella scena.
Il cadavere l’aveva afferrata stretta e guardata negli occhi. Le sue labbra raggrinzite si erano distese in un ghigno e lui aveva parlato con voce roca e sibilante. Quelle parole serpeggiarono nella sua testa, facendole lanciare quell’urlo terrorizzato.
“Shiori sei mia.” aveva sussurrato il cadavere. 
  
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