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Autore: eli_mination    15/09/2015    3 recensioni
Il Barian World è scosso da una minaccia imminente. Una divinità sconfitta millenni fa si sta per risvegliare, portando distruzione e morte. L'unica soluzione? Sette umani, ai quali è stato tramandato un potere particolare, in grado di debellarla. Riusciranno nel loro intento?
[STORIA SOSPESA]
Genere: Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Sette Imperatori Bariani, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: Incompiuta, Violenza
Capitoli:
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Pov: Juan

Sono passate due settimane dal mio incontro con Arito e le cose sembrano andare bene. I suoi continui allenamenti non mi stancano molto (essendo io un grande frequentatore di palestre) e sembrano piuttosto efficaci. Ho notato che la mia tartaruga è diventata più evidente di quanto non lo fosse prima. Anche i muscoli delle braccia sono aumentati. Peccato che è l’inverno è alle porte e che quindi io non possa mostrare granché a causa del freddo.

È notte. In questo momento mi trovo in discoteca con un gruppo di amici, composto da tre ragazzi con cui esco da quando avevo dodici anni: Gabriel, un ragazzo di sedici anni alto quasi quanto me, con capelli neri e occhi color ambra accentuati da un paio di occhiali da vista dalla montatura scura; Martino, il cui aspetto ricorda quello di un emo, con capelli semi-lunghi neri e una frangia che gli copre l’occhio destro, con occhi verdi e un piercing al labbro inferiore; Jorge, capelli castani e occhi azzurri, sempre nascosti dietro un paio di occhiali da sole, nonostante sia buio.

Quando andiamo in discoteca è sempre la solita storia: Martino non vuole andarci, ma dobbiamo sempre convincerlo perché è l’unico con la patente e una macchina. Tira fuori sempre la stessa scusa: “La discoteca è sempre il solito posto per scemi e drogati seriali. Io odio stare in mezzo a questa gente bla bla bla…”. Alla fine riusciamo a farlo venire con noi e pare che, ogni volta, si diverta. Durante la serata, tutti cerchiamo di invitare una ragazza a ballare con noi, tranne Gabriel, essendo già fidanzato. Se non ci riusciamo, andiamo a fare compagnia al nostro amico.

Questa sera ho provato a chiedere a una ragazza strafiga: aveva i capelli castani legati in una treccia alta che ondeggiava insieme a lei mentre ballava, occhi del medesimo colore e un vestito aderente senza spalline che le arrivava fino a metà coscia. Ma quando le ho domandato se era sola, lei si è comportata in modo strano: appena mi ha visto aveva già strabuzzato gli occhi ed era divampata, poi mi ha detto:

“Io… ecco… Non posso perché… Tra poco me ne vado, c’è anche il mio ragazzo… Devo andare, ciao!”
E poi si è allontanata. Chissà cosa aveva…

“Mah, secondo me è una di quelle che sono fidanzate e vengono tenute d’occhio dal proprio ragazzo…” urlava Martino, a causa del volume della musica troppo alto.

Siamo rimasti lì, ad osservare la gente che ballava e a ridere per il modo in cui si comportavano alcuni ragazzi ubriachi, fino a mezzanotte, poi abbiamo deciso di uscire a prendere un po’ d’aria fresca. Fuori dalla discoteca c’è un grande parcheggio, completamente ricoperto di auto. Alcune se ne stanno andando, altre invece rimangono lì. Ai lati dei posti auto ci sono delle aiuole.

Siamo rimasti a chiacchierare delle solite cose: scuola, calcio, musica…

Mentre Gabriel ci parla delle sue considerazioni su una partita di ieri, sento che non siamo gli unici a parlare. Sento due voci: una maschile e una femminile, che parlano tra di loro. Con due gesti dico a Gabriel di zittirsi e di aspettare un attimo.

“Juan, cosa c’è?” chiede sottovoce Jorge.

Il fatto è che… la voce della ragazza è molto familiare. Troppo!

Dico ai miei amici di aspettarmi, mentre io mi dirigo molto piano nel luogo da cui provengono le voci. Mi nascondo in un cespuglio di un’aiuola senza farmi né vedere né sentire. Ciò che riesco a vedere sono: un ragazzo di spalle seduto su una panchina e la stessa ragazza a cui ho chiesto di ballare, seduta sulle sue ginocchia. Si stanno baciando, riprendendo fiato ogni tanto. Allora ecco chi è il fortunato! Cerco di andarmene senza fare rumore, poi sento la voce del ragazzo che dice una cosa che mi stupisce parecchio.

“Allora, come hai detto che ti chiami? Marìa…?”

Io pensavo che quello fosse il suo ragazzo… Invece è uno appena conosciuto! Ma la cosa che mi spaventa è la risposta della ragazza:

“Alvarez. Marìa Alvarez.”

No. Non poteva essere lei. Non è quella la ragazza con le trecce che ogni mattina, dopo la scuola, mi aspetta per fare il tragitto con lei. Lei non si veste così. Lei non va in discoteca. Non è lei. Marìa è timida, non sta con il primo che capita.

Me ne vado senza fare troppo rumore, poi torno dai miei amici e riferisco loro l’accaduto. Tutti sanno chi è Marìa e sono sbalorditi quanto me.

“Ma secondo me non è lei… Sai quante ragazze che hanno il cognome Alvarez ci sono in tutta la Spagna? E tra queste, sai quante si chiamano Marìa?” dice Martino.

“Io vi dico che la voce era la stessa. È da anni che la sento, ormai so come parla!” dico, insistendo.

Si è fatto tardi, quindi continuiamo a parlarne in macchina. Non diciamo granchè, solo alcune ipotesi su un possibile cambiamento di Marìa.

Arrivato a casa saluto i miei amici e ringrazio Martino per il passaggio.

Entro piano, cercando di non svegliare mia sorella che, come al solito, si è addormentata sul divano del soggiorno.
Entro in camera mia, chiudo la porta e accendo la luce, saltando per lo spavento. Sul mio letto c’è Arito.

“Questa casa non è un albergo! Che ore sono?” mi dice.

“Che paura… Uhm, è mezzanotte e mezza… Scusa, Mamma!” dico io scherzosamente, prendendo un pigiama pulito. “Comunque, hai presente Marìa? Quella ragazza che mi aspetta sempre davanti alla scuola dopo le lezioni?”

“Beh, si… Perché?” mi chiede subito lui, e gli spiego quello che è successo questa sera. Quando gli dico di Marìa, la sua faccia è sconvolta.

“Wow, non la facevo così tanto…da discoteca…” dice lui.

“Nemmeno io… Però ti dico che era così bella da non sembrare neanche lei…” dico io, lasciandomi sfuggire quelle paroline magiche.

Dopo un po’ vado a letto e Arito torna nel mondo Bariano.

 
Pov: Ivan

Questa volta tocca a me combattere e devo assolutamente vincere! Non permetterò a me stesso di perdere al primo avversario che mi trovo davanti. Le altre volte sono stato debole e i colpi li ho incassati, ma stavolta non devo lasciarmi intimidire!

Perciò mi avvicino a lei e cerco di darle un pugno, ma lei si scansa subito. Devo assolutamente colpirla! Cerco di tirarle un calcio all’altezza della caviglia, ma lei salta e lo evita. Provo ancora… e ancora… e ancora…

Ogni attacco lo schiva come se niente fosse. Non prova mai a colpirmi… Secondo me vuole stancarmi, in modo da approfittarne e darmele di santa ragione.

“Cavolo!” dico io.

“Tesoro…sei troooooppo lento!” dice lei, sghignazzando. “Non ti facevo così… LENTO…”

Diamine, è riuscita nel suo intento… Sono stanchissimo… Ora di sicuro ne approfitterà per picchiarmi, sapendo che ho questa debolezza. Un po’ come i bulli… Sanno che sono un debole e che non mi difendo, quindi per loro picchiarmi è un gioco da ragazzi.

Ma non sono un debole. Non devo dimostrarlo, almeno. Cosa ho fatto finora per rendermi più forte? Gli allenamenti di Gilag. Ho spaccato pietre. Beh, non sono poi così forte, con questo allenamento…

“Bene, ma dovrai continuare ad esercitarti se vuoi rompere un paio di ossa durante la battaglia…”

Quello che ha detto Gilag. Ma certo! Devo fare esattamente quello che mi ha insegnato lui! Devo rompere pietre… cioè, ossa!

“Avanti, cosa aspetti?” mi dice Bella, facendo un gesto con la mano che significa “fatti sotto”. Ma io non attacco. Io sono un debole, non attacco per primo. Ma mi difendo per primo.

“Dai, che il tempo passa!” dice lei. Ma imito il suo gesto.

“Perché non attacchi prima tu?” dico io, guardandola fisso negli occhi e sorridendo. “Oppure sei debole e sai solo schivare e far addormentare la gente?”

Lei mi guarda, poi cerca di tirarmi un calcio sul fianco sinistro, ma io riesco a bloccarlo con una mano.

Bella si stupisce, vista la sua espressione. Ma non si aspetta minimamente quello che le sto per fare. Le stringo forte la caviglia. Devo romperla, così lei schiverà in modo più lento e io potrò colpirla.

Lei digrigna i denti dal dolore e cerca di liberarsi, ma il braccio libero fa da scudo ai suoi pugni. Stringo la presa sempre più forte, fino a quando non sento un lieve “crack”.

Lei si lamenta dal dolore e mi tira un pugno sullo stomaco, che stavolta va a segno e mi fa mollare la presa.
Lei si allontana da me zoppicando leggermente. Io mi avvicino subito a lei e le tiro un pugno sulla guancia. Bella cade a terra dolorante.

“Che dolore…” dice, rialzandosi piano e tremante.

“Tesoro…sei troooooppo lenta!” le dico, imitandola. “Non ti facevo così… LENTA…”

Lei si infuria e prova a tirarmi un pugno, colpo che riesco a bloccare di nuovo con una mano. E ora provo a romperle il polso, stringendo la presa anche su quell’arto. Bella però fa la medesima cosa. Stringe il mio polso. E con la mano libera, mi colpisce lo stomaco ripetutamente. Il dolore mi fa mollare la presa, ma non riesco a liberarmi perché lei mi trattiene. Sento dolori continui, come se sul mio stomaco si stia abbattendo una scarica di fulmini: il dolore non dura tanto, ma un frazione di secondo dopo se ne abbatte un altro. E tanti altri cadono finché il dolore non rimane, facendosi sentire. E anche tanto.

Quando riesco finalmente a divincolarmi, cado a terra supino. Il dolore mi fa piegare in due. Ho le braccia incrociate sul mio stomaco, mentre mi rotolo a destra e a sinistra sull’erba secca. Le lacrime mi escono dal viso. È una cosa a cui ormai ci sono abituato, ma stavolta è diverso. Non potevo permettermi di limitarmi a prenderle, dovevo farlo per il mio pianeta. Dovevo farlo perché sono stato incaricato. E invece sono costretto a terra, a vergognarmi di ciò che ho fatto. Ricevo ogni giorno un sacco di pugni senza provare minimamente a difendermi. E così anche stavolta. Sono abituato a questa tortura, così abituato che se mi volessero dare un pugno, io acconsentirei.

“Bene, vuoi sapere il bello?” mi chiede Bella, inginocchiandosi vicino a me.

“C…cosa…?” chiedo, tra i singhiozzi.

“La mezz’ora è scaduta. Ora mi tocca prendere i tuoi poteri. Sogni d’oro, ragazzino.”

I suoi occhi si illuminano. Io sono costretto ad osservare. Provo ad oppormi, ma fa troppo male. Sono costretto ad osservare la mia fine. L’ultima cosa che vedo è una ragazza che mi addormenta per sempre. Ho permesso questo a una divinità. Ho tradito tutti quelli che credevano in me. Dal primo all’ultimo.

La luce nei suoi occhi sparisce improvvisamente. Sono ancora vivo?

Vedo Bella che guarda il vuoto, come quando qualcuno è al telefono. Sembra che stia ascoltando qualcosa, visto che annuisce. Poi si rivolge a me.

“Caro, mi dispiace. Non sai quanto. Ma la tua fine non è ancora giunta. Il mio superiore mi ha dato l’ordine di ritornare immediatamente alla base e di interrompere quello che stavo facendo. Argh, io odio essere interrotta. Beh, immagino che ci rivedremo. Tranquillo, per ora ti ho risparmiato. La prossima volta non saremo così clementi!”

Bella si dissolve piano, finché non è sparita del tutto. Non mi ha ucciso. Eppure, la sensazione che provo è quella. Il dolore si è impossessato di ogni cellula del mio corpo e quello che posso fare e rimanere lì. Aspettare. Ma non posso farlo, mi sono rassegnato una volta oggi, non deve succedere una seconda volta!

Mi rialzo con molta fatica e mi dirigo verso il mio zainetto, contenente alcune cose che mi sono servite per l’allenamento. Lo apro e prendo il cellulare. Tremante, digito il numero di mia mamma. A quest’ora non lavora… Spero solo che non si preoccupi troppo.

“Mamma…” dico a fatica, quando risponde. “Mamma… Per favore… Vienici… a prendere… Siamo alla pianura… quella poco distante… capito? Per favore, fai… presto…”

Mia madre sembrava preoccupata, ma ha detto che sarebbe venuta. E così non mi resta che aspettare. Spero solo che faccia presto... Il dolore è insopportabile.

 
Pov: Nathan

Sono leggermente confuso, mi sono appena svegliato da una botta in testa che mi aveva addormentato, ma so cosa devo fare. Fino ad ora, Juniper ha combattuto per sconfiggere David, colui che mi ha fatto male, e devo aiutarla!

“Ora ci sono anche io! Preparati…” dico determinato. “Perché non ti lasceremo vincere!”

David, come risposta, scoppia a ridere.

“Voi due? Sconfiggermi?” dice tra le risa. “Di quali sostanze vi siete fatti?”

“Di coraggio!” dico io, correndo verso di lui per colpirlo con una sfera di luce.

Il colpo lo prende in pieno, liberando della polvere in aria. Mia sorella ne approfitta per attaccarlo con uno dei suoi poteri. La vedo arretrare dolorante. A quanto pare, David non è stato minimamente scalfito dal mio attacco.

“Sorellina? Stai bene?” le chiedo. Lei annuisce con un mezzo sorriso.

“Hai fatto male ad avvicinarti, Juny!” dice David, mettendo enfasi nell’ultima parola, schernendo Juniper.

Io mi avvicino e cerco di colpirlo, emettendo una luce biancastra dal mio braccio. Il pugno va a segno e David viene sbattuto qualche metro più in là, crepando leggermente il muro.

“Forza, ragazzi!!” dice Nasch, che finora si è limitato a guardare la scena. Viene poi imitato dalla sorella, che poi prova ad aiutarci intrappolando il nostro nemico in una specie di ragnatela gelida.

“Sorpresa!”

Mi giro e noto che David ha creato un’altra copia, quella che abbiamo messo al tappeto. E ora il vero David ha un braccio intorno alla gola di Juniper. La sta strozzando!

Non posso permettere che mia sorella soffra in questo modo! Corro verso di lui e lo colpisco alla testa con un pugno, che non gli fa nulla. Con uno scatto fulmineo, il braccio mi colpisce sul fianco e io vengo lanciato, sbattendo nuovamente contro un muro.

“Questo… è troppo…” dico, rialzandomi, seppur dolorante. Formo una sfera di luce tra le mie mani, grande prima quanto una palla da calcio, poi dalle dimensioni gigantesche. Il colore è diverso: se prima era bianco, ora è azzurrino. Senza pensarci due volte, la scaglio alle spalle di David, in modo che non ferisca troppo Juniper. La “bomba” esplode e una grande quantità d’acqua a velocità impressionante lo investe. Urla dal dolore e cade a terra, lasciando mia sorella, che prende un bel respiro dopo essere stata senza per un po’.

“Tutto ok?” le chiedo.

“S…si… Mi hai bagnato…” mi dice lei, poi dalla sua faccia capisco che le è venuta un’idea. Mi sussurra: “Ascolta, l’acqua può essere congelata. Quindi, se noi congelassimo David in questo modo?”

“Cioè inzuppandolo e ghiacciandolo?” le chiedo piano. Lei annuisce e io inizio a preparare un’altra palla d’acqua.
David, intanto, è ancora a terra ed è tremolante.

“Perché non riesco a sdoppiarmi?!” continua a ripetersi.

“È chiaro che abbiamo capito le tue debolezze! Sei spacciato!” dice Nasch. Buffo, detto da uno che non è mai intervenuto.

Scaglio la bomba d’acqua su di lui, dopodichè Juniper lancia una specie di raggio congelante e David continua a urlare dal dolore.

“Non è… possibile! Sono stato battuto…così? Nooooooo!!”

È stato sconfitto. Ora è accasciato a terra congelato. Mia sorella si avvicina a me per abbracciarmi, ma la allontano.

“Aspetta a cantar vittoria… E se si fosse sdoppiato e quello che ha detto era una presa per il culo?” le dico.

“No, non credo… Ho notato che gli avete congelato il cuore, e da quel che ho capito è quello il motivo per cui riusciva a non morire mai. Bravi!” dice Nasch, avvicinandosi a noi e dandoci delle pacche sulle spalle. Merag ci abbraccia, dicendoci che si era alquanto preoccupata.

“Non volevo che voi interveniste… Tutto qua.” Dice Juniper.

Beh, ora è meglio dimenticarci di quello che è successo, così propongo a tutti di andare a casa. Come primo scontro, sono fiero di essere riuscito a batterlo. E sono fiero anche di mia sorella, che ha combattuto molto prima che mi svegliassi. Spero di riuscire a battere anche i prossimi avversari.
 
 
  
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