Premessa. Questa
storia fa parte della serie “Il Peter Pan del
Distretto 4”, incentrata su Finnick Odair, Annie
Cresta e il loro bambino. La storia è stata scritta per una sfida del Drabble Week-end con il prompt “child!Finnick/Mags – Mags non gli sembrava affatto simpatica”.
La signora tartaruga
Correva, come
sempre, disegnando orme paffute sulla sabbia.
Correva con un
piglio da piccolo marinaio e un sorriso birichino a illuminargli il volto.
Finnick fece una
capriola sulla riva, infradiciandosi i capelli e il costumino; non gli
importava. A lui piaceva giocare con il mare e sfidare le sue onde – fa
niente se la mamma poi mi sgrida, che è pericoloso!.
Amava il tappetino
d’acqua che gli accarezzava i piedi quando correva sulla riva. Non aveva
fratelli Finnick, così aveva deciso che le onde sarebbero state tante piccole
sorelline per lui. Voleva loro bene e un po’ le invidiava vedendole così
scatenate e giocherellone. Erano libere, perché non andavano a scuola e
potevano fare le spericolate senza che la mamma le sgridasse. Erano e allegre e
un po’ monelle, vivaci bimbe sperdute, e Finnick se ne prendeva cura,
intrattenendole con i suoi giochi altrettanto scalmanati. Lui era il loro
capitano e le onde, come un piccolo esercito di ragazzine perdigiorno, le sue
fedeli alleate.
Quel pomeriggio,
tuttavia, Finnick e le sue amiche d’acqua non erano soli. Stavano giocando a
rincorrersi, quando una persona incominciò ad avvicinarsi alla riva. Il bambino
si schermò gli occhi con una mano per poterla osservare meglio. Camminava
lentamente, come se non avesse fretta di raggiungere l’amico mare, e al bambino
ricordò un po’ una tartaruga di quelle che aveva visto qualche volta a casa del
suo amico Thomas. Anche loro arrancavano piano e sembravano sempre volersi
dirigere in direzione del mare, come se ne sentissero la mancanza. Finnick di
solito si stufava di fissarle – a lui
piacevano le cose veloci, mica quelle lente! – ma non riuscì a fare lo
stesso con la signora-tartaruga. Quando fu abbastanza vicina perché l’ombra che
l’avvolgeva potesse scappare via dal suo volto, il bambino la riconobbe: era la
signora del porto, quella che quando si avvicinava ai bambini li faceva
scappare tutti anche se sorrideva. Il suo amico Danny gli aveva raccontato che
era molto pericolosa, anche se non sembrava, perché era un po’ vecchia, ma non
tanto – tipo una nonna di quelle con i
capelli ancora non tutti bianchi e delle rughe, sì, ma non troppe!
Da giovane, gli
diceva Danny, aveva fatto cose paurosissime: aveva ucciso un mucchio di persone
con uno di quei tridenti che i loro papà usavano per pescare. Persone piccole,
non bambini come loro, ma nemmeno grandi come le loro mamme. Per questo i
ragazzini del villaggio ne avevano paura; per questo, i piccoli che giocavano
ogni pomeriggio al porto, scappavano quando il sorriso triste della
signora-tartaruga si posava su di loro.
Finnick stava
pensando a tutto questo mentre, con le manine ben piantate sui fianchi, fissava
i movimenti esitanti della donna. La vide avvicinarsi e fermarsi a poca
distanza da lui.
A quel punto sembrò
farsi piccola piccola, perché la sua testa si
schiacciò un po’ all’indentro: proprio come quella delle tartarughe quando
cercavano di nascondersi dentro a un guscio. Che avesse paura di lui?
Finnick allontanò quel
pensiero buffo battendosi una mano sulla fronte; ma no, non era possibile. Lui
aveva solo cinque anni e lei era pericolosa, lo sapevano tutti. Eppure, in quel
momento non aveva un’aria così temibile.
Si fissarono a
lungo, la donna e il bambino, l’una con la testa incassata e lo sguardo attento
e l’altro con l’aria spavalda, il petto in fuori e le manine sui fianchi.
Lui, lui mica poteva aver paura di una signora-tartaruga, si disse
facendo del suo meglio per mostrarsi sicuro di sé.
A quel punto la donna
fece una cosa strana: scosse la testa in un’espressione divertita e gli
sorrise.
Per un attimo il
bambino si sentì rassicurato, perché se una persona ti sorrideva non poteva
essere così cattiva, anche se Danny gli aveva detto che i bambini del porto scappavano
lo stesso, in quei momenti.
Poi, però, la
signora-tartaruga cambiò espressione. Sorrideva ancora, ma i suoi occhi
divennero bui e annacquati, come il cielo di sera, quando c’erano le nuvole e
pioveva pianissimo, una goccia per volta, quasi fosse stanco.
Finnick continuò a
tenere le mani sui fianchi, ma la sua aria fiera scomparve: la tristezza della
donna-tartaruga gli metteva paura. Lo faceva sentire tutto freddo dentro, come
se il sole avesse smesso di riscaldargli il petto e le sue sorelline onde non
fossero più in grado di rallegrarlo con i loro tuffi.
Il bambino rimase
immobile – non poteva fuggire, lui che
era tanto coraggioso! – ma sentì un brivido percorrergli la schiena.
Sorrise comunque,
per educazione; sorrise con un sorriso altrettanto triste e tirato, da
tartaruga.
Fu quello il momento
in cui decise che Mags non gli sembrava affatto
simpatica.
*
Più tardi, mentre il
padre cercava di acciuffarlo per mettere a letto, Finnick tornò a pensare alla
donna in riva al mare.
“Papà” mormorò a quel
punto, lasciandosi prendere in braccio. “Tu la conosci la signora del porto?
Quella che fa paura ai bambini?”
Gannet Odair inclinò il capo verso destra e indirizzò un’occhiata
meditabonda al figlio.
“Certo, tutti la
conoscono” rispose infine, sedendosi sul letto del bambino. “Ma tu non devi
averne paura: è una brava persona.”
“Danny dice una
volta ha ucciso tantissima gente” spiegò Finnick, allungandosi sul materasso
per recuperare la sua barchetta di legno.
Il padre sospirò;
per un attimo, a Finnick sembrò di riconoscere nel suo sguardo la stessa
tristezza spaventosa che quel pomeriggio aveva visto negli occhi della donna.
“Non erano persone
qualunque” spiegò Gannet, prendendo la barchetta e
spingendola contro il pancino del figlio, che sorrise divertito. “Erano pirati;
e quella donna ha dovuto sconfiggerli per poter tornare a casa dalla sua
famiglia. Un po’ come ha fatto tante volte Capitan Sebastian[1]”
concluse, alludendo al protagonista della favola preferita del figlio.
Il volto di Finnick
si illuminò.
“Dici davvero?”
chiese, infilando il dito nelle aperture della barchetta. “E l’ha fatto tutto
da sola, quando era piccola?”
“Già” confermò
l’uomo, arruffandogli i capelli. “Non era contenta di fare del male, ma ha
dovuto combattere per salvarsi la vita.”
“Allora non è poi
così cattiva” osservò Finnick, stringendosi il giocattolo al petto. La sua
espressione, da pensierosa, tornò vivace come sempre. “Domani lo racconto a
Danny! E anche agli altri bambini, così non avranno più paura di lei: secondo
me la farò contenta.”
Il padre gli
sorrise.
“Sei proprio un
bravo bambino, Capitano[2]”
esclamò, spostando le coperte per posare il figlio sul materasso.
Le labbra del
piccolo si incresparono a formare un sorriso birichino.
“Non sono un
furfante? Tu dici sempre che lo sono.”
Il padre si mise a
ridere.
“In effetti… Allora
diciamo che sei un bravissimo furfante” concluse, facendogli il solletico.
Il bambino rise, divincolandosi per sfuggirgli.
“E sono anche un
Capitano! E un amico del mare e delle onde. E dei pesci. E di Capitan
Sebastian. E della signora tartaruga. E….”
Il padre interruppe
quel fiume di parole, posando un bacio sulla fronte del bambino.
“Buonanotte,
Capitano” mormorò, appoggiando la barchetta sul cuscino.
Il piccolo gli
rivolse un ultimo sorriso malandrino, prima di chiudere gli occhi.
“Buonanotte, papà.”
Accarezzò il legno
levigato per un po’ e, quando sentì la stanchezza appesantirgli i movimenti,
indirizzò un ultimo pensiero al sorriso stanco della signora sulla riva.
“Buonanotte,
signora-tartaruga.”
[1] Riferimento
alla storia “Footprints in the sand”,
dove il piccolo Finnick ha una prima conversazione con Mags
e le spiega che suo padre le ha detto che ha combattuto contro i pirati. Anche
la storia di Capitan Sebastian viene introdotta in “Footprints
in the sand”.
[2] “Capitano”
è il soprannome che il signor Odair ha scelto per
Finnick, come era già stato accennato in “Footprints
in the sand” e in “Un bacio per Peter”.