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Autore: Blue Eich    20/09/2015    7 recensioni
Lucinda è cresciuta: ora ha un appartamento tutto per sé, un lavoro come Stilista Poké ed è la fidanzata del grande Gary Oak. I giornali la descrivono sempre in meglio, chiamandola la Reginetta di Sinnoh, ma in realtà non sanno che la sua corona traballa e rischia di cadere in un baratro di angosce.
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Gary, Kenny, Lucinda
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Anime
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 Capitolo 6 
 

Bastarono ancora pochi giorni e Lucinda, oltre che a guarire da quella febbre subitanea al suo rientro dall'ospedale, riprese a mangiare agli stessi ritmi di prima. Se non l'avessero fermata in tempo, sarebbe precipitata in fondo al baratro dell'anoressia, di cui aveva sfiorato più volte l'entrata, sempre tirandosi indietro all'ultimo secondo per la paura.
Gary, purtroppo, presto avrebbe dovuto tornare alla sua vita e alle sue ricerche, per quanto ormai si fosse abituato alla routine che regnava in quel piccolo appartamento. Prima, però, c'era una cosa che voleva assolutamente fare.
«Buongiorno.» Lucinda si sporse verso di lui, per salutarlo con un pigro e sfizioso bacio, a cui si abbandonarono per un po'.
Lui, che l'aveva presa per i fianchi, dopo un lasso di tempo che a entrambi parve indeterminato staccò di poco i loro visi. «Oggi usciamo un po', ti va?» le sussurrò a un orecchio.
Lei piantò gli occhi nei suoi, piacevolmente sorpresa da quella proposta così insolita. «Certo» rispose, continuando a fissarlo, e come sempre lui si stupì di quanto tra le sue braccia sembrasse minuta e carina. Non appena si alzarono dal letto, la prese delicatamente per un polso, con già un'idea che gli frullava per la testa e la convinzione che fosse il momento giusto per metterla in atto.
«Dove mi porti?»
Ignorò la sua innocente domanda, finché si fermarono davanti alla specchiera del bagno. «Prego, milady.» Le fece cenno di sedersi sullo sgabello, scostandosi di lato.
Lei rimase in un primo frangente confusa, poi sorrise e si sedette, avendo intuito le sue intenzioni. Lo trovava un gesto un po' buffo da parte sua, ma davvero tenero. «Sei sicuro di essere capace?»
«Dubiti del grande Gary Oak?» rispose lui, fingendosi oltraggiato, per poi impugnare la spazzola arancione ch'era posta sulla mensola.
«Oh, non mi permetterei mai!» scherzò lei, trattenendo un risolino con il palmo della mano, un gesto abitudinario che – anche se non glie l'avrebbe mai detto – Gary trovava davvero seducente.
Cominciò a trafficare coi suoi preziosi capelli, spazzolandoli piano, per timore di farle male o di rovinarli. Nel frattempo lei sedeva immobile, con il sorriso sulle labbra, avvertendo il tocco morbido delle sue mani, ogni volta prudente, lieve e piacevole come una carezza.
Alla fine riuscì a farle la coda con un bel fiocchetto rosso, permettendo così a buona parte della sua cascata di capelli – che risplendevano d'azzurro più del solito grazie alla luce del mattino – di rimanere in alto. Si tirò indietro, un po' esitante, perché sapeva di non essere stato perfetto.
Lucinda, quando lo sentì allontanarsi, riaprì i suoi vispi occhi e il suo volto venne illuminato da un sorriso smagliante. «Wow! Grazie mille, amore!»
Lui sorrise di rimando, grattandosi la nuca, un po' imbarazzato, ma fiero di averla resa contenta, perché era evidente che non stesse fingendo di esserlo.
Lucinda continuò a rimirarsi allo specchio. Certo, non era la coda più precisa del mondo, ma andava bene lo stesso: si sentiva carina. Era un po' su di giri al pensiero che – per la prima volta in sedici anni – aveva lasciato toccare a qualcuno i suoi capelli. Kenny ricordava chiaramente lo schiaffo che aveva ricevuto all'asilo per aver provato a scioglierle i codini. Invece Gary… Gary era anche l'unico ad averla mai ammirata in negligé, l'unico ad averla accudita durante un malanno e l'unico ad aver visto quella sua foto da piccola imbronciata, nascosta in fondo a un cassetto; lei la riteneva dannatamente imbarazzante, ma lui l'aveva definita adorabile.
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Il ricercatore tirò giù la propria giacca dall'appendiabiti, per poi infilarla con una sola rapida mossa. «Allora, andiamo?»
«Le hai prese le chiavi della macchina?» chiese Lucinda, comparendo al suo fianco, dopo essersi velocemente vestita.
«Quali chiavi?» Le labbra di lui s'incresparono in un ghigno, mentre mostrava le mani aperte, dove non c'era nulla. «Oggi si cammina, dolcezza.»
«Cooosa?» mugolò la Coordinatrice, corrucciandosi, perché l'idea non l'allettava molto. «Stai scherzando, spero.»
Lui la indirizzò con una spintarella verso l'ingresso. Sapeva bene ciò che stava facendo. «Su, andiamo.»
«Aspetta! Devo ancora truccarmi! Non posso mica uscire-» Tutte le sue frenetiche opposizioni furono inutili, dal momento che venne trascinata fuori da casa propria e vide la porta richiudersi in un batter d'occhio dietro di loro, senza potersi opporre.
 
Gary aveva deciso di far passare a Lucinda una giornata da normale teenager: addio decapottabile, addio ristoranti di lusso, addio vestiti eleganti e portamento composto. Le cose semplici sono le più belle, come quel nastrino di velluto che le legava i capelli e quel gelato alla fragola che stringeva in mano e le aveva sporcato un po' le guance. Appariva ancora più bella, adesso che aveva ritrovato quell'ingenuità e quella spensieratezza che per lungo tempo le erano mancate.
«Ora che facciamo?» gli chiese, mentre camminavano in mezzo al parco. Non c'era quasi nessuno e, le poche persone che c'erano, non si curavano di loro. Sì, perché apparivano una normalissima coppia di fidanzati in un normalissimo parco.
Lui, con un cenno del capo, indicò le altalene.
«Eh?!» Lucinda si tirò indietro di un passo. «No, dai, sono troppo grande…» obiettò, con un sorrisino imbarazzato, anche se in realtà le sarebbe piaciuto molto.
Lui fece un ghigno, per poi attirarla a sé per i fianchi e sollevarla di poco dal terreno.
«Ehi» borbottò lei, con il suo solito broncio, mentre veniva posata davanti all'altalena di sinistra.
«Niente storie, signorina!» Gary si sedette per primo sul sedile e le afferrò le mani, così da spingerla verso sé e farla finire sulle proprie gambe.
Lucinda rimase pietrificata: era da anni che non saliva più su un'altalena e la prima volta che ci saliva in braccio a qualcuno. Ricordava di aver visto spesso nei film il cliché dei fidanzati insieme sulla stessa altalena e, per quanto stentasse ad ammetterlo, aveva sempre desiderato che capitasse una scena simile anche a lei. Si resse alla catena di ferro, mentre iniziavano piano a muoversi. In quella posizione stava davvero comoda, e lui non dava il minimo cenno di essere infastidito dal suo peso. «Gary?» chiamò, d'un tratto, e il monotono cigolio che riempiva il silenzio s'interruppe.
Lucinda girò di scatto la testa indietro, unendo tempestivamente e con trasporto le labbra alle sue. Si stava comportando in modo davvero fantastico, ricoprendola di tutte quelle attenzioni. Non si era mai sentita tanto importante ma soprattutto felice. «Ti amo…» sussurrò sulle sue labbra.
Gary, superato il leggero stupore per la sua audacia improvvisa, sorrise. «Anch'io» mormorò soltanto, prima di continuare e approfondire quel bacio.
 
 

 
Angolo Autrice
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L'immagine ispiratrice per la scena iniziale è stata inserita nel ben mezzo della storia perché pensavo avesse più senso, piuttosto che metterla in fondo.
Non mi sembra vero di essere già arrivata alla fine di questa long…
Vi chiedo scusa se questo capitolo è un po' troppo corto, ma non c'era altro, il finale doveva essere così.
Ringrazio le poche persone che mi hanno seguita anche se in silenzio, chi mi ha sopportata, chi mi ha consolata, chi ha recensito… Tutti. Grazie mille. Non mi sono mai impegnata così tanto in una fanfiction e vedere che qualcuno ha riconosciuto i miei sforzi mi riempie il cuore di gioia.
Beh, concludo così: Keep calm and love Cavalier!~
-H.H.-
 
   
 
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