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Autore: Bijouttina    22/09/2015    10 recensioni
*Seguito di “Ti va di rischiare?”*
Serena e Marco sono alle prese con la loro nuova avventura: due gemelli in arrivo, un matrimonio da organizzare, un probabile trasloco. Marco è stressato dalla gestione dell’azienda di famiglia, Serena è in preda agli ormoni, le incomprensioni sono dietro l’angolo. Riusciranno a superare i momenti no? Se ci si mettono pure gli amici e la famiglia a complicare le cose, l’impresa non sarà delle più semplici.
*****
«Cazzate!». Lorenzo scaccia quell’idea con un gesto secco della mano, come se fosse una cosa assurda e non avesse avuto alcun senso. «Tuo padre te la menerebbe a vita per non aver dato alla luce un erede».
«Il nostro non è mica un regno», gli faccio notare allargando le braccia e facendole ricadere pesantemente lungo i fianchi un istante dopo.
«Il regno dei Rossini», commenta portandosi un dito sulle labbra. «Non suona nemmeno male. Secondo me dovreste cambiare la scritta sopra il cancello».
Genere: Commedia, Erotico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La serie del rischio'
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Capitolo Ventidue

Doppio fiocco azzurro



 
Carico Serena in macchina e parto via quasi sgommando. Ho già avvertito il suo ginecologo, ci sta aspettando in ospedale. Non è un po’ presto per i gemelli? Serena è appena entrata nella trentaduesima settimana. So che può succedere che nascano così presto, ma non vorrei che nascessero con dei problemi.
«Amore, ti prego, datti una calmata», brontola mia moglie al mio fianco.
Calmarmi? Come faccio a calmarmi se i nostri figli hanno deciso di venire al mondo prima del previsto!
«Non sappiamo nemmeno se siano delle vere e proprie contrazioni. Magari sono solo i piccoli che mi stanno prendendo a calci. Avranno un ottimo futuro come calciatori, secondo me». Cerca di rassicurarmi in ogni modo, ma sto per andare in iper ventilazione. Di solito è Serena ad avere queste crisi di panico, non io.
Inspiro, espiro, inspiro, espiro.
No, non funziona! Sono nervoso come prima, non è cambiato proprio nulla. Che palle!
«Marco, ti supplico, togli il piede da quel cazzo di acceleratore!». Serena sembra furiosa e io eseguo immediatamente il suo ordine, prima di venire picchiato qui in macchina.
«Grazie», dice lei non appena il tachimetro segna nuovamente i cinquanta chilometri orari. In effetti stavo correndo un po’ troppo per essere in centro. È più forte di me, voglio arrivare in ospedale il prima possibile. Devo sapere se i piccoli stanno bene, se Serena starà bene. Tutti si preoccupano per come staranno loro, ma nessuno si preoccupa di come si sente il marito e padre dei pargoli. Il sottoscritto se la sta facendo addosso e se non ottiene al più presto informazioni rassicuranti sullo stato di salute dei suoi tre amori più grandi, farà una strage, non c’è santo che tenga!
«E smettila di farti un sacco di paranoie. Ti conosco bene, sappilo e so benissimo quello che stai pensando. Se fossi pronta a partorire, non credi che me ne accorgerei? Ho solo avuto qualche sporadica fitta, le contrazioni vere e proprie sono un’altra cosa», continua lei senza darmi tregua.
Vorrei dirle di smetterla di rassicurarmi, sta solo peggiorando la situazione, ma non vorrei essere brusco con lei, non se lo merita e non ha alcuna colpa. Sono solo io che sono completamente e irrimediabilmente nel panico e non so nemmeno come venirne fuori. Forse ho bisogno di una bella dose di tranquillante, la quantità che normalmente danno ai cavalli dovrebbe bastarmi.
«Finché il tuo ginecologo non mi dice qualcosa di rassicurante, io non mi calmerò». Alla fine esco dal mio mutismo non voluto ed esterno il mio pensiero all’amore della mia vita, la quale mi dà una manata sul coppino con il rischio di farmi anche sbandare.
«Se non lo farai con le buone, ti aiuterò io con le cattive. Ti tramortirò fino a farti perdere i sensi», bofonchia lei incrociando le mani sopra il suo ventre sporgente.
«Ho sposato una donna violenta. Non eri così prima del matrimonio. Sei davvero sicura che non posso richiedere l’annullamento?», brontolo massaggiandomi il collo con una mano, tenendo l’altra saldamente sul volante. Mancano pochi metri all’ospedale e vorrei arrivarci tutto intero.
«Quante volte devo ripetertelo? Ormai non puoi più fare un bel niente, caro mio. Dovrai sopportarmi così come sono e ti assicuro che con il tempo potrò solo peggiorare».
La osservo di sottecchi e sta sorridendo mentre dice queste parole. So che mi sta prendendo in giro e che vorrebbe che tornassi a scherzare, ma proprio non ce la faccio in questo momento, sono troppo agitato.
Lascio mia moglie all’ingresso dell’ospedale e parcheggio la macchina nel primo posto libero che trovo, raggiungendola di corsa un istante dopo. La prendo per mano e la trascino all’interno. Il mio passo è più veloce del suo e per farmelo capire, mi strattona con violenza, strappandomi quasi il braccio. Okay, va bene, devo darmi una calmata o ne uscirò in tanti piccoli pezzi.
Il dottor Sansone ci raggiunge velocemente e fa sistemare Serena su una sedia a rotelle.
«Che cosa senti di preciso?», chiede a mia moglie mentre viene accompagnata in una stanza. La borsa con le sue cose era già pronta da un pezzo in macchina, ma l’ho completamente dimenticata nel bagagliaio. La recupererò dopo, prima devo sapere.
«È da oggi pomeriggio che sento delle forti fitte qui». Indica il punto con la mano e lui annuisce.
«Adesso diamo una bella controllata». La rassicura con un sorriso.
Io li seguo senza dire una sola parola, perso in mille pensieri catastrofici.
Una volta sistemata su un lettino, il medico scopre il ventre di Serena, controllando con la sonda la situazione dei nostri diavoletti. Oggi non sono proprio degli angioletti, mi stanno facendo diventare i capelli bianchi per lo spavento.
«Allora», comincia il dottor Sansone controllando bene il monitor mentre continua a spostare la sonda da una parte all’altra per vedere ogni angolazione. «Questi giovanotti sono già in posizione. La cosa positiva è che uno di loro è cefalico e l’altro ha assunto comunque una buona posizione. È possibile effettuare un parto naturale, se te la senti. Direi che è un’ottima cosa. Ti permetterà di riprenderti più in fretta, Serena. Sempre meglio evitare un cesareo se c’è la possibilità».
«Stanno per nascere ora?», chiedo ingenuamente. Voglio chiarezza. Ho capito che sono già pronti per uscire e sono girati nella posizione ideale. Quello che non capisco è se sia già giunto quel momento.
«Tranquilli, non hanno poi così fretta di uscire. Non sono ancora pronti. Serena avrà bisogno di assoluto riposo da qui in poi, i piccoli potrebbero arrivare quando meno ce lo aspettiamo», dice l’uomo sempre con quel sorriso rassicurante.
«Quindi stanno tutti bene?», domando passandomi nervosamente una mano sulla fronte, sto perfino tremando.
«Stanno tutti benissimo, Marco», risponde guardandomi attentamente e accigliandosi un po’. «Credo che sia tu quello che non sta troppo bene. Siediti qui».
Mi accompagna in un angolo dove si trova una sedia e mi fa sedere. Prende lo stetoscopio che tiene al collo, chiedendomi di sbottarmi la camicia. Ausculta il mio cuore, non che serva a molto: sento benissimo che batte fin troppo forte. Tutta questa agitazione mi ha fatto venire la tachicardia.
«Direi che hai bisogno di tranquillizzarti un po’. Vai a casa con tua moglie e rilassatevi. Sta andando tutto benissimo, i vostri figli stanno bene e Serena va alla grande. Non hai alcun motivo di preoccupazione», posa una mano sulla mia spalla e si allontana per parlare con un’infermiera.
La donna si allontana per qualche istante, tornando poi con un bicchiere di plastica e una compressa.
«Tenga, la farà stare meglio», dice lei con sguardo comprensivo. Chissà quanti padri agitati avranno visto negli anni. Spero davvero di non svenire quando arriverà il momento del parto, non me lo perdonerei mai.
La ringrazio educatamente e mando giù tutto d’un fiato. Spero davvero che faccia presto effetto, non sono mai stato tanto agitato in tutta la mia vita.  Il dottor Sansone sta parlando con Serena e lei sorride contenta. Vederla così tranquilla è piacevole, in fin dei conti è lei che deve dare alla luce i nostri bambini. Non dovrei essere così nervoso, devo essere forte per lei. Non ha bisogno di un uomo nel panico, non se ne fa proprio nulla. Devo essere forte per lei e supportarla in questo momento delicato della sua vita, delle nostre vite. Fra pochissimo arriveranno i piccoli e tutto cambierà dal giorno alla notte, ne sono più che consapevole. La gioia per aver dato la vita a due bambini, però, sarà immensa e credo che tutta la fatica, l’ansia, la paura di non essere dei bravi genitori e tutto quello che ne consegue passeranno in secondo piano. Saranno loro il centro del nostro universo e faremo di tutto per dare loro una vita dignitosa, piena d’amore. Insieme possiamo farcela.
Quando comincio a sentirmi meglio, mi alzo, raggiungendo Serena.
«Andiamo a casa?», le chiedo accarezzandole una guancia con il dorso della mano.
«Certo, torniamo a casa, amore», risponde lei afferrando la mia mano e baciandola teneramente.
Da questo momento, i nostri figli possono nascere da un giorno all’altro e noi saremo pronti ad accoglierli a braccia aperte.
Mi sento molto meglio dopo aver mandato giù quella pastiglietta, chissà che cos’era. Spero non fosse niente di illegale, altrimenti se mi fermano per un controllo durante la strada, potrebbero ritirarmi pure la patente. Non mi sembra davvero il caso.
Una volta arrivati davanti casa, trovo la macchina di mia sorella Lucrezia davanti al cancello. Lo apro con il telecomando, in modo tale che possa entrare nel vialetto. Parcheggio accanto alla sua auto. Daniele scende di corsa e apre la portiera alla sua zietta preferita. Da quando ha cominciato la scuola non lo vediamo più tanto spesso e manca molto a Serena, quei due hanno davvero un legame speciale.
«Zia, zia, ho preso nove in matematica!», urla lo squaletto prendendo la mano di mia moglie e aiutandola a scendere dalla macchina. Serena è ancora un po’ dolorante e ha davvero bisogno di mettersi comoda.
«Davvero? Ma sei un piccolo genio!», esclama lei portandosi una mano alla bocca per esagerare con lo stupore. «Vieni, entriamo in casa così mi racconti tutto».
I due si dirigono verso la porta e spariscono in fretta all’interno. Io rimango un attimo fuori con mia sorella.
«Come sta?», chiede abbracciandomi e baciandomi poi la guancia.
«Ha avuto qualche strana fitta oggi in piscina al corso pre parto e l’ho portata immediatamente in ospedale. Lei e i gemelli stanno bene. Il suo ginecologo ha detto che sono già in posizione corretta, dobbiamo solo aspettare che siano pronti a nascere», le racconto con tranquillità. Mi sento davvero molto meglio ora e riesco perfino a pensare normalmente.
«Sarà un parto naturale allora», dice Lucrezia massaggiandomi il braccio. Penso abbia percepito quanto fossi spaventato.
«Se tutto va bene, sì. Non manca molto, sorellina».
Lei mi prende il viso tra le mani, sorridendomi dolcemente. «Sarai un padre meraviglioso, non metterlo mai in dubbio».
Mi prende sotto braccio, trascinandomi in casa. Serena è seduta comodamente sul divano, mentre nostro nipote gesticola vistosamente in piedi davanti a lei. Le sta raccontando tutte le sue prodezze scolastiche e mia moglie è orgogliosa di lui, si vede chiaramente.
«Ha voluto a tutti i costi venire a trovarvi, voleva raccontare alla sua zia preferita che aveva preso nove in matematica. Non gli è passata la cotta per la tua donna». Ridacchia lei dandomi una leggera gomitata sulle costole.
«Fra qualche anno comincerò a preoccuparmi, potrebbe perfino cercare di rubarmela». Mi aggrego alla sua risata passandole un braccio intorno alle spalle.
Ho davvero una famiglia meravigliosa, sono un uomo molto fortunato.
«Se poi ha preso dallo zio, spezzerà milioni di cuori quando crescerà», aggiungo osservandolo mentre abbraccia maldestramente mia moglie. Fa un po’ fatica ora che è parecchio tonda, ma si comporta benissimo con lei, sa che non può fare certe cose.
«Cucciolo, senti, i tuoi cuginetti stanno scalciando». Serena afferra la mano di Daniele e se la porta sul ventre. Lui per un istante sembra confuso, ma il suo volto si illumina con un sorriso stupendo non appena sente qualcosa.
«È vero. Sono proprio i miei cuginetti che colpiscono così forte?», chiede guardando il pancione della zia.
«Eh sì, sono proprio loro. Sentono la tua presenza e sono felici, stanno giocando con te», gli dice con dolcezza, passandogli le dita fra i capelli scompigliati.
«Non vedo l’ora di mostrare a Max e Simone tutte le mie macchinine. Due sono già pronte per loro, devo solo chiedere alla mamma di incartarle».
Serena si commuove a quelle parole. «Davvero hai fatto questo per loro?».
«Certo, sono i miei cuginetti e sono sicuro che diventeremo grandi amici», risponde con decisione avvolgendo il pancione della zia con le braccia, come se potesse abbracciare i nostri figli.
«Vedremo se dirà la stessa cosa una volta cresciuti, magari mentre litigano per la stessa donna», borbotta mia sorella al mio fianco.
Alzo gli occhi al soffitto. Non sono di certo cose a cui pensare in questo momento.
«Come sei pessimista», le dico osservandola con la coda dell’occhio.
«Può succedere tutto nella vita. Andiamo Dani, papà ci aspetta a casa per cena con tua sorella». Batte le mani per attirare l’attenzione del figlio e lui sbuffa baciando la guancia di Serena nel passare.
Li accompagno alla porta e li saluto con la mano quando escono dal cancello. Raggiungo mia moglie sul divano e mi rilasso accanto a lei.
«Stai meglio?», domanda posando la mano sul mio braccio, carezzandolo delicatamente.
«Sì, sto meglio, molto. Mi sono spaventato tanto, non lo nego», rispondo appoggiando la testa sulla sua spalla e stringendomi a lei.
«È normale preoccuparsi, amore. Ora cerchiamo di riposarci, ci aspetteranno giorni pieni di stress, con la paura che possano nascere all’improvviso», mormora passandomi un braccio lungo le spalle e carezzandomi i capelli.
«Lo so, ma noi saremo pronti».
Ne sono certo.
 
°°°
 
Mi sono addormentata sul divano, come al solito. Questa volta, però, Luca ha fatto lo stesso: sta ronfando beatamente con la testa a penzoloni, gli manca solo la bolla al naso come nei cartoni animati. Mi allungo per prendere il cellulare sopra il tavolino, cercando di fare piano. Non vorrei perdere questa occasione succulenta di fargli una foto a tradimento in una situazione tanto divertente. Potrei usarla come arma di ricatto in un momento di bisogno. Una fitta improvvisa mi toglie il fiato. In queste ultime due settimane mi era capitato di avere ancora queste strane fitte, ma il dottor Sansone mi aveva sempre rassicurato, dicendomi che non era ancora arrivato il momento di partorire. Un’altra fitta mi stordisce, facendomi stringere i denti. Prendo dei respiri profondi e mi sento meglio.
Decido di desistere per quanto riguarda la foto, mi alzo a fatica dai cuscini e vado in bagno. Ultimamente mi sembra di essere diventata incontinente. Prima, guardando un film comico, me la sono quasi fatta addosso e non è stato affatto divertente. Vedo delle strane perdite che non ho mai avuto prima. Non mi si staranno mica rompendo le acque proprio ora? Non c’è nemmeno Marco a casa, è ancora al lavoro. C’è solo la mia babysitter, ma se gli dicessi quello che sta succedendo, andrebbe nel panico. Ho ancora il telefono in mano, così decido di fare una chiamata.
«Stella, posso parlarti un secondo?», chiedo quando la mia migliore amica risponde con voce squillante.
«Certo, tesoro. Che succede?». Il suo tono cambia in meno di un secondo, sono riuscita a preoccuparla senza volerlo.
«Credo che mi si siano rotte le acque, ma non ne sono certa», le spiego sedendomi sul bordo della vasca da bagno.
«Hai tanta perdita di liquidi?», domanda con dolcezza.
«No, non è molto. Per questo non so se sia altro», rispondo passandomi nervosamente una mano sulla fronte. Se solo Marco fosse qui. Non mi va di disturbarlo al lavoro, magari non è nulla.
«Fai così, avevo letto questo trucco quando stavo aspettando Eleonora. Indossa un assorbente, se in mezzora si bagna molto, vuol dire che è ora di andare in ospedale perché i cuccioli stanno per nascere». La tranquillità che la mia amica riesce a donarmi anche dall’altra parte della linea è indescrivibile.
«Ora ci provo», le dico in un sospiro. «Grazie Stella».
«Tienimi aggiornata».
Ci salutiamo e poso il telefono sopra il lavandino, recupero un assorbente dal mobiletto, indossandolo immediatamente. Non posso rimanere qui seduta sulla vasca per mezzora, aspettando il verdetto. Vado nella stanza dei piccoli, mi siedo sulla sedia a dondolo, chiudendo gli occhi e cercando di rilassarmi.
«Stai bene cucciola?». Luca mi raggiunge, assonnato e spettinato.
Sono indecisa su cosa rispondergli. Non vorrei allarmarlo, ma allo stesso tempo non voglio mentirgli.
«Forse mi si sono rotte le acque, però non ne sono certa. Ho chiamato Stella e mi ha detto di fare una prova. Se dovesse succedere, te la senti di portarmi in ospedale?».
Luca si muove nervosamente sul posto, spostando il peso da un piede all’altro. «Vorresti dirmi che forse i miei nipotini stanno per nascere?».
Annuisco. «Te la senti?».
Lo ripeto ancora una volta, per essere certa di poter contare su di lui, altrimenti dovrò chiamare al volo Marco. Aspetterò di sapere se si sono rotte davvero, prima di contattare mio marito. Mi potrà raggiungere in ospedale. Una nuova contrazione mi fa stringere i denti, ma cerco di nasconderla per non preoccupare Luca. Non sono ancora così regolari, ma non mancherà molto. Posso dire quasi con certezza che il travaglio è iniziato.
«Certo che me la sento. Non devi neanche chiedermelo». Si inginocchia davanti a me, prendendomi entrambe le mani. «Sai che puoi sempre contare su di me. E poi io sarò il loro zio preferito, mi conosceranno fin dal loro primo vagito».
Ridacchio buttando la testa all’indietro. «Ti conoscono già, stai tranquillo. Senti come si muovono quando ti sentono parlare».
Luca posa la mano sul mio ventre e uno dei due angioletti, scalcia davvero forte. Il mio migliore amico si emoziona, i suoi occhi diventano improvvisamente lucidi.
«Non vedo l’ora di tenerli tutti e due in braccio, soprattutto il mio figlioccio. Massimiliano è un po’ troppo lungo per i miei gusti. Credo che diventerà immediatamente Max. Solo se avrò il vostro permesso, ovviamente». Mi guarda con occhi imploranti.
«Lo chiamiamo già anche noi così», commento ridendo.
«Beh, allora tanto vale che lo chiamiate Max anche all’anagrafe», esclama lui divertito.
«Ci penseremo su». Gli soffio un bacio e lui si mette di nuovo in piedi, baciandomi la fronte.
«Ti voglio un bene dell’anima», mormora ancora con la bocca premuta sulla mia fronte.
«Io te ne voglio di più, tesoro mio», gli dico chiudendo gli occhi e godendomi le attenzioni del mio migliore amico. «È arrivato il momento di controllare».
Luca si stacca da me e mi aiuta ad alzarmi, accompagnandomi in bagno senza allontanarsi di un passo da me. Mi aspetta fuori dalla porta come una brava guardia del corpo e io ispeziono l’assorbente. Bene, direi che questi due monelli hanno deciso di nascere oggi dodici febbraio. Prendo il telefono che ho lasciato sopra il lavandino e chiamo mio marito.
«Amore, tutto bene?», chiede già in agitazione.
«È ora», rispondo stringendo i denti. Sono cominciate le contrazioni proprio in questo istante. Non potevano aspettare mezzo secondo che finivo la telefonata?
«Ti vengo a prendere subito», esclama lui.
«C’è qui Luca, raggiungimi in ospedale», gli dico con decisione. Non ha senso perdere tempo in questo modo.
«Avverto il dottor Sansone. Ci vediamo tra poco. Andrà tutto alla perfezione, Flounder». Mi rassicura prima di terminare la chiamata.
Raggiungo Luca lentamente. I dolori sono davvero molto forti e non riesco nemmeno a ragionare.
Il mio migliore amico capisce al volo la situazione, recupera la mia borsa e le chiavi della macchina, prendendomi sotto braccio. Mi accompagna alla sua macchina, mantenendo la calma o almeno finge di essere tranquillo. La cosa essenziale è che non mi metta ulteriore ansia, non ne ho proprio bisogno in questo momento.
«Non partorirai nella mia macchina, vero?». Luca si assicura che i gemelli rimangano ancora un po’ dentro il mio utero.
«Magari se ti dai una mossa non li farò nascere qui sul tuo sedile». Lo prendo in giro chiudendo gli occhi e massaggiando il mio ventre, le fitte si stanno facendo sempre più dolorose e frequenti.
«Giusto, meglio muoversi», esclama il mio migliore amico partendo alla volta dell’ospedale. Spero guiderà un po’ più veloce del solito, questa posizione non è proprio comodissima. Fortunatamente sembra leggermi nel pensiero e venti minuti dopo, siamo davanti il nosocomio. Marco arriva quasi in contemporanea, abbandonando la sua macchina davanti e chiedendo a Luca di parcheggiargliela. Il mio migliore amico obbedisce senza fiatare.
«Ho fatto il prima possibile», dice baciandomi le labbra e accompagnandomi dentro, dove un’infermiera mi accoglie immediatamente con una sedia a rotelle.
Il dottor Sansone è pronto a ricevermi in una stanza.
«Adesso controlliamo la situazione. Sono già cominciate le contrazioni?», chiede posandomi una mano sul braccio.
«Sì, mi vengono ogni venti minuti, credo». Non è che sono stata lì a guardare il minuto, però bene o male dovrebbe essere questa la tempistica.
«Adesso ti teniamo monitorata e vediamo sul da farsi. Comunque le contrazione dovranno diventare ravvicinate, con la distanza inferiore ai cinque minuti. Ora non ci resta che aspettare». Mi sorride cercando di rassicurarmi.
Non so come mai, ma mi sento stranamente tranquilla. Pensavo che sarei stata tremendamente nervosa e agitata, invece sono rilassata. Forse è merito dei miei piccoli: ho una voglia assurda di vederli e di stringerli a me. Saranno due bambini meravigliosi, ne sono certa.
Marco mi accarezza dolcemente i capelli, con le labbra curvate in un sorriso. Sicuramente è lui quello più nervoso in questa stanza, riesco a leggerlo dai suoi movimenti.
«Andrà tutto bene». Lo rassicuro afferrando la sua mano e portandomela alla bocca. Ne bacio il palmo, posandomela poi sulla guancia. Sono davvero felice che faremo questa esperienza insieme. Avere Marco al mio fianco è rassicurante, se fossi stata da sola, sarebbe stato un disastro. Ho davvero bisogno di lui, avrò sempre bisogno di lui.
«Hai questo brutto vizio di dirmelo. Non sai che dovrei essere io a rassicurare te? Spetta al marito prendersi cura della moglie», borbotta lui fingendosi risentito.
«Però è la moglie che partorisce i suoi figli». Lo prendo in giro io bonariamente. «E tu hai voluto esagerare come al solito, non ne hai voluti due nel tempo, tutti in una sola volta. Tanto sono io che devo farli uscire da qui».
Indico il punto con la mano prima di scoppiare a ridere. La sua faccia sgomenta è troppo divertente. Secondo me non si è davvero reso conto di cosa lo aspetterà con questo parto. Meglio che rimanga nell’ignoranza.
Ecco qui una nuova fitta che mi stordisce! Sarà una giornata lunga e faticosa, ma so che alla fine mi dimenticherò di tutto lo sforzo e mi rimarranno solo dei bellissimi ricordi. Le successive ore sono un susseguirsi di contrazioni e di dolori assurdi: i nostri piccoli hanno proprio voglia di venire al mondo. Marco mi tiene la mano tutto il tempo, spostandomi i capelli ogni volta che mi finiscono sul viso. Non credo di aver mai sudato e faticato tanto in tutta la mia vita. Seguo le istruzioni del dottor Sansone e dell’ostetrica che mi seguono attimo per attimo.
Una gioia incommensurabile si impadronisce di me, non appena sento il vagito del primo nato dei nostri figli: benvenuto al mondo Max. Lacrime di felicità cominciano a scendere lungo il mio viso.
«Sei stata bravissima, amore», dice Marco emozionato da morire.
«Ultimi sforzi, Serena. Dobbiamo far uscire anche il secondo giovanotto». Il dottor Sansone mi strizza l’occhio e io riesco solo ad annuire. Comincio ad essere davvero stanca, ma Simone deve raggiungere suo fratello. Comincio a spingere nuovamente, pronta a dare alla luce l’altro cucciolo. Tre minuti più tardi, Simone emette il suo primo vagito e ora scoppio in lacrime a più non posso.
Sono stremata, ma, allo stesso tempo, sono la donna più felice al mondo. Marco ha le lacrime agli occhi per la contentezza.
«Sono bellissimi, amore mio. Hai dato la vita a due bambini stupendi, i nostri bambini. Non hai nemmeno idea di quanto ti amo». Incolla le labbra alle mie, baciandomi dolcemente. Le nostre lacrime si mescolano tra loro, siamo incapaci di dire altro, l’emozione è troppo grande.
Due infermiere mi stanno portando i miei figli e io ho già le braccia protese verso di loro. Li adagiano uno alla mia destra e uno alla mia sinistra. Sono così piccoli, ma sono anche così belli. I miei amori bellissimi. Li bacio a turno sulla fronte, felice come non mai. Marco sfiora le loro guance con i polpastrelli, li tocca appena, delicatamente. Osservo la sua espressione e non credo di averlo mai visto tanto emozionato, nemmeno il giorno delle nostre nozze. Lo so che non sarò bella in questo istante, sarò distrutta e piena di chiazze, ma voglio farlo lo stesso.
«Mi faresti una foto con loro?», gli chiedo sommessamente. Ho una sete assurda e sono a corto di forza.
«Certo», risponde lui estraendo il suo cellulare dalla tasca dei pantaloni. Ci scatta una decina di foto e so per certo che fra poco le spedirà a chiunque, orgoglioso di essere diventato padre.
«Devi riposare ora». Il dottor Sansone appare nuovamente accanto a me. Anche lui sembra parecchio stanco, è stata una faticaccia per tutti questo parto.
«Anche lei», commento ridacchiando.
«Sì, hai ragione, ne ho bisogno anch’io», esclama ridendo. «Brava, Serena, sei stata davvero bravissima».
Mi portano in quella che sarà la mia stanza per i prossimi giorni e mi addormento già durante il trasporto. Non ho resistito, avevo davvero bisogno di chiudere gli occhi e dormire un po’.  Non è stata una giornata tranquilla, ma sono contenta che tutto sia andato per il verso giusto. I nostri piccoli stanno bene, io sono stremata ma passerà, Marco è stato presente ogni istante: non avrei potuto chiedere di meglio. Sono una donna, una moglie e una mamma fortunata. Non avrei mai pensato che avere dei figli sarebbe stata un’emozione tanto grande. So che non si nasce madre, ma farò di tutto per essere un punto di riferimento per Max e Simone, li amerò incondizionatamente fino alla fine dei miei giorni. Farò tutto in mio possesso per dare loro la vita che si meritano. Marco sarà un padre fantastico, non l’ho nemmeno mai messo in dubbio. Le sue paure sono infondate, perché è un uomo e un compagno speciale. Sarà premuroso con loro come lo è sempre stato con me, li amerà sopra ogni cosa e li proteggerà da tutto e tutti. La nostra squadra si è allargata e io non posso che esserne orgogliosa. Non vedo l’ora di presentare a tutti i nostri figli.
 
 
 
*Note dell'autrice*
Bene, bene, bene… i due cuccioli sono finalmente nati. Posso dire che questo capitolo è stato un vero parto anche per me. Non avendo mai provato certe emozioni, è stato davvero complicato cercare di rendere tutto “reale”… spero di esserci riuscita in qualche modo e spero di avervi emozionato. Come ho già accennato nel mio gruppo, il prossimo capitolo sarà quello conclusivo. So che molti di voi non ne saranno felici, ma è giunto il momento di salutare Marco & Serena. Non sarà un addio, in qualche modo li ritroveremo ancora… non credo di essere in grado di liberarmi del tutto di loro, sono parte di me. Detto questo, vi aspetto martedì prossimo per la conclusione di questa storia che tanto ho amato. Grazie infinite a tutti voi che mi avete seguito con moltissimo affetto.
Un bacione, Ire.


Vi aspetto nel mio gruppo se vi va:

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