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Autore: Deliquium    23/09/2015    4 recensioni
«Quindi, fammi capire...» tornò a massaggiarsi il mento e a camminare. «Adesso sei nella fase: Non me la dò più a gambe e le prendo di santa ragione?»
«Ma non mi limito a prenderle...» si difese Shura. «E poi... è perché sono più piccolo.»
«Quindi vai ad infastidire la gente più grande? Molto astuto da parte tua.»
«Se voi mi insegnaste a combattere forse non tornerei a casa con una faccia che sembra una melanzana!»
Storia di come il Saint di Capricorn scoprì di avere una spada nel braccio.
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Capricorn Shura, Nuovo Personaggio
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Sincretismo'
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Los Sanfermines


[ Leoš ]

 

L'aria di Pamplona si scioglieva nel caldo di luglio. Le strade erano deserte e solo qualche auto, per lo più taxi, si arrischiava a sfidare la calura.
E lui, naturalmente.
Si gettò di peso contro la porta della Mano de Dios e per poco non ruzzolò giù da una rampa di scala.
Sbirciò in basso, aggrappato al corrimano.
Il rumore delle pale dei ventilatori copriva il lieve vociare che veniva dai tavoli.
Persino lì, la gente faticava a esistere.
Shura assottigliò gli occhi, spostando lo sguardo da un tavolo all'altro, finché non lo individuò.
La vista di Leoš gli provocò un moto di rabbia.
L'uomo se ne stava seduto tra due donne che, se fossero state nude, sarebbero apparse più vestite di come erano ora. La scarsa luminosità gli impediva di vederle con chiarezza, ma era pronto a scommettere che fossero Sole e Luna, le gemelle del flamenco.
Luna, che si era tagliata i capelli e li aveva tinti di biondo platino perché voleva un aspetto più ... lunare, ridacchiava per ogni cosa che Leoš le sussurrava all'orecchio, mentre Sole gli riempiva il bicchiere e glielo portava pure alle labbra.
Il giorno che le conobbe, quando Leoš precisò che si chiamavano veramente Sole e Luna e che quelli non erano affatto dei soprannomi, Shura trasse la sua personale conclusione: le madri odiano i loro figli. La sua gli aveva dato il nome di un demone che, se ci fosse stata ancora la Santa Inquisizione, lo avrebbero annegato per sicurezza.
Shura scese le scale calcando il passo su ogni gradino e si piantò davanti al tavolo a gambe larghe e pugni sui fianchi.
Leoš lo guardò come se faticasse a riconoscerlo.
«Sono venuto a prendervi. Vorrei ricordarvi che non siamo venuti a Pamplona per divertirci.»
I tre lo fissarono in silenzio per qualche istante.
Non era tanto sicuro di aver usato le parole giuste. Stava per aprire bocca, quando Leoš scoppiò a ridere, seguito a ruota dalle altre due.
«Shura, perché non ti siedi con noi?»
«Signora, la prego di rispettare la mia età, se non l'ha notato... sono un bambino.»
Sole guardò incredula Leoš.
L'uomo si strinse nelle spalle.
«Cosa volete farci, mie regine... E' nato vecchio.»
«Poverino.»

Lo guardarono con compassione.
Ebbe l'impressione che lo stessero prendendo in giro. Ma fu solo una sensazione, giusto un sassolino nella scarpa.
E lui quando aveva sassolini nelle scarpe, camminava lo stesso. Chi è l'uomo che si ferma per togliersi un misero sassolino dalla scarpa, eh?
Lui era il futuro Gold Saint di Capricorno. Il Cavaliere onorato da Atena con il dono di un'arma potentissima, capace di tagliare qualsiasi cosa. L'orgoglio del Santuario. Il più forte, glorioso, splendente....
«Maestro avete intenzione di restare qui tutto il giorno?»
Leoš sì alzò.
«No, hai ragione.»
Si voltò verso le due donne tendendo le braccia.
«Forza mie regine, andiamoci a cercare un posto più tranquillo dove continuare la nostra chiacchierata.»
Shura li osservò incredulo mentre passavano tra i tavoli camminando in sincronia. Un mostro a tre gambe e a tre teste, che avrebbe volentieri abbattuto, se la testa in mezzo non fosse stata quella dell'uomo che doveva fare di lui un Santo di Atena e se le altre due non fossero state donne.
E lui, le donne non le toccava.
Si tuffò al loro inseguimento.
«Maestro, dove state andando?»
Sole e Luna ridacchiarono e lui si domandò cosa ci fosse di così divertente in quello che aveva chiesto. Fissava con assoluta concentrazione i riccioli di Leoš - prima o poi glieli avrebbe tagliati, così forse senza più donne tra i piedi si sarebbe deciso a fargli da Maestro.
Il suo piede urtò qualcosa sul pavimento. Nemmeno si era accorto dell'ostacolo e purtroppo, vuoi che proprio aveva la testa da tutt'altra parte, cadde lungo disteso.
«Niño, che fai? Pulisci il pavimento?»
Leoš nemmeno ci provava a soffocare le risate.
Shura si rialzò lentamente.
«Me lo avevate promesso!»
Si morse il labbro per ricacciare indietro le lacrime.
Gliel'aveva promesso.
Erano trascorsi ormai quindici mesi, quasi un anno e mezzo, da quando era arrivato a Pamplona e cosa aveva fatto fino ad ora? Niente, assolutamente niente. Leoš spariva per giorni interi e lo lasciava da solo a badare al suo appartamento. Se lo era immaginato diversamente il suo addestramento. In fondo, non era forse destinato a un futuro di guerriero? E allora... come diavolo avrebbe imparato a combattere se Leoš non gli insegnava niente? Niente!
Ma non era stato fermo. Quel crucco impiantato in Andalusia credeva che non sarebbe stato in grado di cavarsela?

Si era fatto un nome Shura, giù a Calle Comedias, di uno che ti stendeva. Certo, gli ci voleva tutta la faccia e anche qualche costola, ma cavolo, era lui che rimaneva in piedi alla fine, prima di svenire, due secondi dopo. Ma questo non contava. Non contava nemmeno che se la facesse sotto tutte le volte e che dovesse ripetersi in continuazione "Io sono il Capricorno. Io sono il Capricorno" per convincersi di non essere un vigliacco.
«Niño, hai intenzione di fare tutto il giro del mondo con il pensiero o riusciamo ad averti ancora con noi?»
Shura sbatté le palpebre, come se fosse appena tornato indietro da un sogno e picchiò un piede a terra con rabbia.
«Se voi vi comportaste da Maestro, io non avrei tutti questi pensieri!»
Leoš si massaggiò il mento e lo fissò in silenzio per alcuni istanti, mentre le pale del ventilatore ronzavano imperterrite, poi mise entrambe le braccia sulle spalle delle ragazze e avvicinò la loro testa alla propria.
«Mie adorate! Temo che per oggi il nostro appuntamento termini qui.»
«Ma Leoš!»
L'uomo - il suo Maestro – si appoggiò un dito sulle labbra.
«Prima il dovere e poi il piacere.» Sole gli strizzò l'occhio, mentre Luna annuì come se avessero condiviso un importante segreto. «Ci vediamo questa sera.» chiosò l'uomo, stampando un bacio sulle labbra di entrambe.
«Ciao, niño!» salutò Sole, mentre Luna si limitò a un cenno con la mano.
Shura ricambiò i saluti e le guardò salire le scale, imitato da altri tredici paia d'occhi.
«Bel culo, Sole, eh? Anche Luna non scherza, ma Sole...»
«Maestro!» lo interruppe Shura. «Non sono venuto qui a guardare i c... il fon... insomma, quella roba lì.»
Leoš piegò le labbra in una smorfia irriverente.
«Sarà... eppure il tuo sguardo seguiva una direzione ben precisa, o sbaglio?» Shura stava per ribattere, quando Leoš riprese: «Dunque, dunque, caro il mio Asura. E così io dovrei addestrare un mocciosetto che non sa nemmeno camminare?»
Shura sentì le guance andargli a fuoco.
«E' stato un incidente.»
«E dì un po', Asura, dopo che il nemico ti avrà staccato la testa, cosa dirai ad Atena dall'Oltretomba? Perdonatemi mia signora, è stato un incidente!» lo canzonò l'uomo, mentre uscivano nel calore di Siviglia.
«Se voi invece di spassarvela tutto il giorno, mi addestraste... Forse io non dovrei preoccuparmi di perdere la testa per distrazione.»
Leoš gli afferrò il mento.
Lui distolse lo sguardo, mentre l'uomo lo fissava.
«Che è accaduto alla tua faccia?»
Shura avrebbe voluto dirgli: "Siete molto interessato al vostro allievo, vero, maestro? Peccato che questa faccia ce l'avevo anche due minuti fa!", ma si limitò a un misero "Niente!"
«Ti sei fatto ancora menare dai ragazzi giù dalle parti di Plaza Del Castillo?» lo rimbeccò arricciando le labbra in una smorfia, nemmeno stesse guardando una merda schiacciata per strada. Gli girò la faccia per osservare con attenzione ogni livido. «Direi che questa volta hai incassato bene, ragazzo. Ne hai fatti di progressi da quando scappavi nelle fogne.»
«Io non mi nascondo nelle fogne!»
Leoš inarcò un sopracciglio e gli lasciò andare il mento.
«Beh...» Shura abbassò lo sguardo. «E' capitato solo una volta.»
«La paura rende l'uomo creativo.»
Leoš prese gli occhiali da sole dal taschino della camicia, e se li piazzò sul naso.
«Che caldo!» disse, mentre infilava due dita nel collo della camicia per slacciare un paio di bottoni.
«Quindi, fammi capire...» tornò a massaggiarsi il mento e a camminare. «Adesso sei nella fase: non me la do più a gambe e le prendo di santa ragione?»
«Ma non mi limito a prenderle...» si difese. «E poi... è perché sono più piccolo.»
«Quindi vai ad infastidire la gente più grande? Molto astuto da parte tua.»
«Se voi mi insegnaste a combattere forse non tornerei a casa con una faccia che sembra una melanzana!»
Leoš si fermò di scatto.
Lui sentì un brivido corrergli lungo la schiena.
«Quindi, è questo che vuoi, Asura? Imparare a combattere per fare il bulletto di paese?»
«Non... non.. intendevo questo.» mormorò, gli occhi fissi alla punta delle scarpe.
Leoš sospirò e gli appoggiò una mano sulla testa scompigliandogli i capelli.
«Lo so. Lo so.» disse con un'insolita nota di dolcezza nella voce. «Hai fame, niño?»
Shura chiuse gli occhi. Non aveva fame, dannazione. Non gliene fregava niente di mangiare. Perché Leoš non lo capiva?

   
 
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