Storie originali > Comico
Segui la storia  |       
Autore: Kim WinterNight    25/09/2015    4 recensioni
«Ciao, cari lettori.
Mi presento: mi chiamo Albertina, per gli amici Berty. Ho quindici anni e vivo in Italia, precisamente in un paese fittizio che chiamerò… mmh… Bettola town.
Okay, lo so, il nome può sembrare buffo e non attinente al nostro caro Stato Italiano (Repubblica fondata sul Lavoro e bla bla bla), ma sfido chiunque a trovare un nome migliore di questo!»
Spero che la storia vi piaccia.
Non sono solita scrivere comici, però per queste vicende sono davvero ispirata e ho preso spunto da un sogno che ho fatto recentemente.
NOTE: tutti i personaggi sono di mia modesta invenzione e qualsiasi riferimenti a luoghi o persone è puramente casuale.
Genere: Demenziale, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Credi di essere libera?








Rimango sbalordita nel trovarmi di fronte Checco che mi osserva con un sorriso enigmatico. Cosa faccia nella mia classe, questo è un mistero.

Mi aspettavo che fosse arrivato quello sfigato di Mauro, evidentemente è ancora impegnato con il suo dolce intrattenitore.

Rispondo all'occhiata di Filippo/Checco con uno sguardo interrogativo, faccio per aprire bocca, ma qualcosa interrompe quella scena che dall'esterno potrebbe sembrare idilliaca.

«Tu! Schifosa, mi fai schifo, io ti denuncio, come hai osato! Albertina Annetta Bartolini, come hai potuto farmi questo? Io ti ammazzo, ti ammazzo!»

La voce di Mauro è talmente stridula e colma d'ira che mi viene quasi paura. Quasi, perché poi mi ricordo di che esemplare si tratta e una risata sorge spontanea dalla mia gola. Mi ricorda tanto una canzone di Caparezza intitolata “Compro Horror”, in cui lui si esibisce in una performance simile gridando “Io ti ammazzo!”. Be', ascoltatela e capirete a cosa mi riferisco, perché spiegare il modo scomposto e iracondo che Mauro sta usando per strillare non rende certo giustizia alla realtà.

Comunque, sembra una gallina in confronto a Caparezza e il ricordo di quello che è successo mi fa piombare in una reazione talmente ilare che fatico a trattenermi.

Sventolando il cellulare con fare annoiato, dico: «Ciao, Mauretto. Devi sapere che tutta la classe ha già visto il video che conferma la tua malcelata omosessualità, quindi non ti conviene continuare a renderti ridicolo».

A questo punto, Mauro diventa paonazzo per la rabbia e spinge da una parte il povero Filippo, che intanto stava assistendo alla scena con aria confusa. Preso alla sprovvista, l'ex alunno di mia madre molla un pugno sulla spalla del mio compagno di classe e comincia ad imprecare come se non ci fosse un domani.

Intorno a noi tutti cominciano a ridere, segno che tutta questa situazione risulta molto divertente per l'intera classe.

«Razza di stupido, levati dalle palle!» abbaia Mauro in direzione di Filippo.

Io ridacchio e avanzo verso il pazzo, sbuffando.

«Mauro, hai finito con lo spettacolo? Vai a prendere aria, lo dico per il tuo bene.»

«Non provarci!»

Gabriel e Giacomo entrano in aula e subito si fermano, trovandosi di fronte questa patetica baraonda.

«Cosa state combinando?» domanda Giaco, trotterellando per la classe, per poi raggiungermi.

Gabriel rimane impalato in attesa di una risposta, mentre con la coda dell'occhio noto Giuditta che si avvicina con cautela a lui.

Questi due impareranno mai ad essere un po' più spontanei e meno pudici? Forse no. Sono due casi persi, si sono proprio trovati.

E tuttavia...

«Sei una porca schifosa, mi hai fatto fare una figura orribile... io...»

Mauro si interrompe all'improvviso e i suoi occhi si velano improvvisamente. Oh merda, se si mette a piangere ora, giuro che vomito.

Tutti i nostri compagni continuano a ridere, mentre lui continua a sprofondare in un mare di umiliazione e boccheggia a fatica per tornare in superficie.

«Ma che gli hai fatto?» bisbiglià Giaco, mollandomi una gomitata.

Lo ignoro e mi avvicino ancora a Mauro. Lo squadro dalla testa ai piedi, poi attacco: «Senti, Mauro, non provarci neancha a fare la vittima, perché proprio non lo sei. Mi hai lanciato una sfida assurda e io non mi sono tirata indietro, tu sapevi che non l'avrei mai fatto e te ne sei approfittato. Io l'ho vinta a modo mio e mi sono comportata di conseguenza, ho fatto ciò che era giusto nei confronti di un essere viscido e schifoso come te. Ma dai, Mauro! Credevi davvero che sarei venuta a letto con te? Ma è mai possibile che tu non abbia ancora capito con chi hai a che fare? Nessuno mi mette i piedi in testa e mi costringe a fare ciò che desidera, nessuno! Cerca di ficcartelo bene in testa, okay? E adesso... vai a prendere aria, ti farà bene, vedrai». Detto questo, gli indirizzo un sorriso innocente e affettuoso, giusto per illuderlo che mi importa davvero qualcosa di lui.

Sì, come no.

Mauro scoppia a piangere come un bambino e quasi mi dispiace per lui. Già, quasi: Giaco corre in suo soccorso e si offre di accompagnarlo fuori. Non c'è bisogno che io finga preoccupazione, c'è chi lo fa al posto di tutti, quel povero martire di Giaco! Che caro ragazzo!

Stimo molto Gabriel in questo momento: abbracciato a Tita, non si accorge che forse il suo amico avrebbe gradito la sua presenza per consolare il povero disgraziato pseudo-omosessuale.

Solo ora mi ricordo che Filippo/Checco è ancora in piedi vicino alla cattedra e ha assistito a tutto questo sfacelo. Poveretto, non lo invidio.

«Ehm... Albertina?» mi chiama.

«Sì?»

«Ho sentito bene? Penso che dovrò fare rapporto a Maria Vittoria per questo tuo comportamento riprovevole» blatera Filippo, avvicinandosi a me.

Io sbuffo e sollevo una mano con gesto noncurante.

«Piantala, Pippo. Cosa diamine ci fai qui?» gli chiedo, conducendolo fuori dall'aula.

L'ora buca sta anche per finire, io non ho mangiato e sono indisposta a causa di quel deficiente di Mauro. È meglio che Filippo si dia una mossa, se non vuole che lo riduca in poltiglia seduta stante.

«Passavo da queste parti e ho pensato di venire a trovarti.»

«Che carino» commento, con tono ironico.

«Non offendermi così, Albertina. Ci rimango male!» finge di lagnarsi.

Perché dev'essere così deliziosamente idiota e simile a me? No, rettifico: nessun “deliziosamente”, non esageriamo.

«Adesso che mi hai visto, puoi andartene? Io devo strafogarmi di cibo, ho una fame...»

Filippo mi spinge verso i distributori automatici e se la ride.

«C'è anche un altro motivo, in realtà» prosegue, frugandosi in tasca con un impegno che non riesco a spiegarmi. Neanche fosse Mary Poppins e le sue tasche equivalessero alla famosa borsa.

«Sarebbe?» Faccio per infilare qualche moneta nella macchinetta ma Filippo scaccia la mia mano e fa scivolare nella fessura una moneta da due euro. «Cosa stai facendo, Checco?»

«Ti offro la merenda. Scegli ciò che vuoi. Comunque, questo sabato c'è un concerto interessante in zona, credi di essere libera per accompagnarmi?»

Mi blocco interiormente, ma a lui faccio credere che sto scrutando i prodotti al di là del vetro per decidere cosa prendere. Non posso credere alle mie orecchie: perché oggi vogliono abbordarmi tutti?! Questo qui crede forse di avere una corsia preferenziale perché è entrato nelle grazie di Maria Vittoria? Povero illuso.

Digito un codice sul tastierino e me ne esco con: «Mmh... dicevi? Scusa, non ti stavo ascoltando».

«Albertina, con me non attacca. Se vuoi venire con me al concerto, ti divertirai. Altrimenti sei libera di rimanere a casa con la prof a farti rompere le palle per tutto il fine settimane.»

Mi chino per estrarre i miei cracker dalla macchinetta. Sta dicendo sul serio e ha toccato proprio il tasto giusto, questo bastardo.

«Sai, Checco» rispondo, voltandomi nella sua direzione, «ho altro da fare nella mia vita, non esiste soltanto casa mia e Maria Vittoria».

«Sarà» commenta facendo spallucce.

Ci spostiamo nuovamente nel corridoio e io mi vado a sedere su un banco addossato alla parete. Apro i cracker e ne sgranocchio uno.

Filippo mi raggiunge, ne ruba uno e se lo ficca in bocca.

«Non te l'avevo offerto, mi pare» lo rimprovero, ritrovandomi però a sorridere.

«Sei sempre così acida, Albertina. Rilassati, okay? Non ti voglio saltare addosso come quel tuo compagno... ehi, poveretto! L'hai proprio umiliato, dammi il cinque!» esclama, sollevando la mano.

Faccio come mi dice, ma lui trattiene la mia mano nella sua e ridacchia.

«Si può sapere cosa vuoi, Pippo?» domando leggermente sorpresa da quel contatto. Sta decisamente esagerando.

«Niente, ti ho solo fatto una proposta. Devi essere tu a volerlo, cara ragazza. Io non ti posso obbligare.» Detto questo, mi lascia la mano e mi guarda con aria divertita.

Ha un modo di fare davvero strano, tuttavia lo trovo abbastanza interessante rispetto alla maggior parte degli esseri umani.

«Certo, nessuno mi obbliga a fare qualcosa se non sono io a volerlo» affermo. «E comunque non sono acida, diciamo che cerco di sopravvivere. Hai saputo anche tu cosa voleva quel viscido di Mauro da me. Qualche altra ragazza ci sarebbe cascata e avrebbe lasciato che la ricattasse.»

«Già, ma non tu. Questo ti dovrebbe far capire perché lui si comporta così con te.»

«Abbiamo qui il nuovo prof di psicologia o cosa?» ironizzo, continuando a mangiare la mia merenda. Poi mi viene in mente una cosa e balzo giù dal banco, gridando: «Hai dimenticato il resto nella macchinetta!».

«Eh? Sei sicura?»

«Sì, corri!» lo incito, afferrandolo per un braccio e trascinandomelo dietro. Tutto questo è alquanto comico, ma la cosa peggiore è che tra noi si stanno susseguendo troppi contatti fisici non esattamente casuali.

Purtroppo il resto non c'è più, come c'era da aspettarsi. Dicasi sfiga o semplice senso di sopravvivenza. Anch'io li avrei presi, se li avessi trovati là dentro, quei poveri piccoli spiccioli.

Filippo borbotta qualcosa con aria contrariata, poi la campana suona con un trillo infernale sulle nostre teste, facendoci sobbalzare.

«Adesso devo andarmene» annuncia Filippo, rubandomi un altro pezzo di cracker.

«E quindi per il concerto?» mi ritrovo a chiedere.

In quel momento noto Giaco e Mauro passarci accanto; quest'ultimo non solleva neanche lo sguardo e cammina a testa bassa. Giaco gli dice qualcosa, poi ci raggiunge trotterellando come suo solito.

«Ciao! Come va?» domanda, rivolto a Filippo.

«Ciao. Bene, ehm... tu sei?»

«Giacomo, piacere, sono un amico di Berty! A proposito, dovremmo tornare in classe, svampita! Oggi ti sei presa un po' troppo tempo libero!»

«Ma sta' zitto, Giaco! Io e quest'esemplare stavamo organizzando per andare ad un concerto sabato, sai?» lo informo, scompigliandogli i capelli con fare materno.

«E io non sono stato invitato, come al solito! Ah, dovrei proprio trovarmi una con cui divertirmi, anche Gabri non mi considera più da quando fa le fusa per Tita» afferma con aria disgustata, scuotendo il capo.

Scoppio a ridere.

«“Esemplare” mi mancava nella lista degli appellativi che utilizzi con me. Ricordami di aggiungerlo all'elenco.»

«E di che concerto si tratta?»

«Il gruppo si chiama Scarti del Caseificio, fanno punk o qualcosa del genere, credo...» risponde Filippo vago.

Io e Giaco ci fissiamo con aria perplessa, poi cominciamo a sghignazzare come due pazzi furiosi, fingendo di strapparci i capelli.

«Non me li posso perdere, Pippo! Mi hai convinto, per sabato ci sto!» esclamo, poi prendo Giaco sottobraccio e faccio per andarmene.

«Ti cerco su facebook per i dettagli, allora!» mi dice Filippo prima di uscire dalla scuola.

Mentre cammino con Giaco, lui mi fa promettere di portarmi dietro attrezzature tecnologiche in grado di riprendere e scattare fotografie, perché non può proprio pensare di non dare un'occhiata e un ascolto al gruppo che io andrò a vedere.

Mi viene da pensare che purtroppo mia madre sarà strafelice di sapere che esco con il suo pupillo, cosa che mi fa venire il voltastomaco: non sono abituata a fare qualcosa che mia madre approva, è del tutto politicamente scorretto!

Inoltre, lei e Alfonso (mio padre) saranno al corrente che io esco con un tipo e penseranno che mi sto rammollendo e che si tratta di un appuntamento romantico.

Be', se pure Checco avesse strane intenzioni con me, saprei benissimo come gestirlo: non ho certamente paura di un essere di sesso maschile che non spera altro che mettermi le mani addosso.

Oh, quanto gli piacerebbe!

Ma hanno sbagliato: stanno proprio sfidando la persona sbagliata, e Mauro ci è cascato anche stavolta!



♣ ♣ ♣



Cari lettori e seguaci di questa storia,

mi rendo conto che questo capitolo non è un granché, ma vi prometto che farò del mio meglio per regalarvene uno più divertente per la prossima volta!

Sono passata solo per precisare una cosetta: il nome del gruppo che Albertina e Filippo andranno a sentire – gli Scarti del Caseificio – è un'idea interamente del mio collega e stimato autore Frenzthedreamer. Lui hai ideato questo nome e l'ha inserito in un capitolo della sua “Rising Phoenix – Ragazzi nati dalle ceneri” (andatela a leggere, ve la consiglio caldamente!), così gli ho chiesto se potevo usufruire di questa geniale creazione per inserirla nella storia di Albertina, perché ci stava proprio bene! E lui è stato così gentile da concedermelo :)

Quindi, ricapitolando, questo è un piccolo omaggio a Frenz, che spero apprezzerà!

Bene, gente, grazie ancora di tutto e a presto :3

E ricordatevi che le recensioni sono sempre ben accette, il vostro parere mi è sempre utile, anche se dovesse essere negativo!


Kim ♥

  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Comico / Vai alla pagina dell'autore: Kim WinterNight