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Autore: lucia_canon    26/09/2015    1 recensioni
Una frase del Piccolo Principe, di Antoine de Saint-Exupéry a fare da cornice a ogni capitolo di questa raccolta, la storia dei Malandrini, dei loro anni a Hogwarts, della loro crescita e delle loro scelte. Tutto comincia la mattina di un Primo Settembre molto particolare.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alice Paciock, Frank Paciock, I Malandrini, Lily Evans, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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“C’era una volta un piccolo principe, che viveva su un pianeta poco più grande di lui e aveva bisogno di un amico”

1 Settembre 1971

“James, svegliati, altrimenti arriverai in ritardo!” la voce di Dorea Black risuonò per tutti e tre i piani di casa Potter, e fu seguita dal più completo silenzio. “James, Hogwarts!”
Dal secondo piano si udì un tonfo. Con ogni probabilità, il ragazzino era caduto dal letto, non appena si era ricordato che quello non era un giorno come tutti gli altri. Quello era il suo primo giorno nella Scuola di Magia e Stregoneria di Hogwarts, e se non si fosse alzato immediatamente, avrebbe perso il treno.

Pochi istanti dopo, James raggiunse Dorea e Charlus, suo padre, al tavolo della colazione. L’elfa Blinkey gli servì un piatto di porridge e una tazza di tè. Mentre lui mangiava, Charlus si alzò, gli sorrise ed estrasse un pacchetto. “In occasione del tuo primo giorno di scuola a Hogwarts, ho pensato di farti un regalo. Io stesso ricevetti uno di questi quando cominciai la scuola.” James aprì il pacchetto, incuriosito. Estrasse un piccolo sacchetto marrone. Rivolse al padre uno sguardo interrogativo.
“É un Mokessino: puoi metterci dentro quello che vuoi tenere per te, e nessun altro potrà prenderlo.”
“Grazie papà, mi sarà utile per proteggere le mie cose dai Serpeverde!” esclamò James. Charlus ridacchiò e scompigliò i capelli al figlio, prima di accorgersi dello sguardo accigliato della moglie.
“Questo è proprio lo spirito giusto per cominciare la scuola, James. Ti ricordo che anche tu potresti finire in Serpeverde, proprio come tua madre. Non dimenticare che, nonostante la divisione nelle Case, tutti gli studenti di Hogwarts sono uguali, e che dovrai rispettare anche i ragazzi delle altre Case.”  James annuì, ormai abituato ai continui discorsi della madre sull’argomento. Sapeva che esistevano casi di unione e collaborazione tra Case diverse, il matrimonio da cui era nato ne era un chiaro esempio, ma lui non poteva fare a meno di sentirsi già un Grifondoro, come lo era stato suo padre. Assomigliava molto a Charlus, aveva la sua passione e il suo coraggio, non era meditativo e determinato come sua madre.

Anche Dorea aveva un regalo per il figlio. Era più voluminoso e più pesante di quello di Charlus, tanto che James dovette appoggiarlo sul tavolo per aprirlo. Nel pacco, il ragazzino trovò una splendida scacchiera magica, nuova di zecca. “Grazie mamma, è bellissima!” James saltò al collo della madre, dopodiché corse a infilare i regali ricevuti nel proprio baule, per essere certo di non dimenticarseli.
Quando il figlio fu sparito su per le scale, Charlus si rivolse alla moglie. Sapeva che Dorea non agiva mai a caso, e che se aveva scelto proprio quel regalo per il primo giorno di scuola del loro unico figlio ci doveva essere una motivazione particolare. “Una scacchiera?”
“A scacchi non puoi giocarci da solo”
 
Charlus andò a caricare il baule sulla macchina, mentre Dorea era ancora in camera sua a vestirsi da Babbana. Essendo nata e cresciuta all’interno di una delle famiglie Purosangue più conservatrici del mondo magico, i Black, Dorea non amava i travestimenti da Babbana, e ogni volta che vi era costretta, aveva bisogno di adattarsi a quello stile che sentiva così lontano dalla sua natura. Questa era una delle cause per cui lei e suo marito si avventuravano molto di rado nel mondo Babbano, e James non vi aveva mai avuto a che fare. Oltretutto, lei aveva ormai cinquant’anni, un’età raggiunta la quale non amava molto le novità ed essere costretta ad adattarsi ad altri stili di vita.
Tuttavia, quello era il primo giorno di scuola del suo unico, amatissimo figlio. Non avrebbe mai rinunciato ad accompagnarlo fino al Binario 9 e ¾, per trascorrere con lui tutto il tempo possibile. James era per i suoi genitori, e per la madre in particolare, una fonte di  gioia di cui ancora adesso, undici anni dopo la sua nascita, non riuscivano a capacitarsi. Era nato quando ormai lei e Charlus avevano perso le speranze di avere un bambino, per anni avevano temuto che i Black avessero lanciato su di loro una maledizione, per punirla per aver disobbedito alla propria famiglia e sposato un traditore del suo sangue, Charlus Potter. Invece James era arrivato, e la sua infanzia era stata molto simile a quella degli altri giovani rampolli delle famiglie Purosangue: era stato coccolato e vezzeggiato dai genitori e da Blinkey, aveva giocato esclusivamente con altri piccoli maghi e aveva già imparato a volare. Per questo motivo Dorea non era preoccupata: a Hogwarts, James se la sarebbe cavata. L’unica ombra che offuscava il suo ottimismo erano la vivacità e l’irriverenza di suo figlio, che talvolta sfociavano in arroganza, e avrebbero potuto creargli dei problemi con professori e compagni.

Sospirando, Dorea trovò una gonna grigia, cha abbinò a una camicetta lilla. La temperatura era già fresca, come spesso accadeva in Inghilterra in quel periodo, così indossò un trench nero e scese nel vialetto, dove il marito e il figlio l’aspettavano, seduti in macchina. “Dai mamma, fai presto! Non posso arrivare tardi” James, sul sedile posteriore, era su di giri, non stava più nella pelle per la nuova avventura che si apprestava a cominciare. La madre si girò verso di lui, sorridente. Cercò di imprimersi nella memoria il volto allegro del figlio, i riccioli in disordine, la spontaneità infantile del suo sorriso. Sapeva con assoluta certezza che a Natale avrebbe visto un bambino diverso, e si augurava con tutto il cuore che sarebbe stato un bambino più felice.
 
Finalmente giunsero a King’s Cross. Nel viavai di maghi e Babbani che affollava la stazione cercarono di attirare il meno possibile l’attenzione, ma era un’impresa destinata a fallire, tra la rumorosa eccitazione di James, la grossa gabbia con il suo gufo e il fatto che Dorea, contrariata dalla presenza dei Babbani, stringeva il braccio del marito così forte da farlo gemere per il dolore. Mentre cercavano di trovare un modo per superare la barriera senza essere visti, sopraggiunse un’altra famigliola, formata da padre, madre e due ragazzini pressappoco dell’età di James. I Potter non si accorsero del loro arrivo, ma la madre dovette riconoscere Dorea, perché si fermò vicino a lei mentre suo marito e i due figli oltrepassavano la barriera. James fu molto impressionato da quella donna, la cui aria giovanile contrastava con la severità dello sguardo e dell’abbigliamento. I capelli corvini erano raccolti in uno chignon sulla nuca, e indossava una veste da strega, come se non le importasse di attirare l’attenzione dei Babbani, come se non si fosse nemmeno accorta della loro presenza. La donna si avvicinò ai Potter e si rivolse a Dorea.
“Dorea Potter, che piacere”. Dorea si voltò lentamente, e riconobbe la donna sconosciuta.
“Walburga Black, piacere mio”. Il volto della madre di James era perfettamente calmo, ma suo marito e suo figlio la conoscevano al punto da poter affermare che si trovava in uno stato di grande agitazione.
La signora Black fece un sorriso strano, che sembrava quasi un ghigno. “Immagino che questo sia il tuo piccolino, non è vero? Ha lo sguardo intelligente di un futuro Serpeverde, come la mamma e gli zii” James sentì il padre irrigidirsi dietro di lui, e stava per ribattere, ma lo sguardo della madre lo zittì.
“Anche tuo figlio comincia quest’anno, Walburga?” Dorea si affrettò a cambiare argomento.
“Si, ci aspettiamo grandi soddisfazioni dal nostro primogenito. Sono certa che darà lustro alla Casa di Salazar Serpeverde, come hanno fatto quasi tutti i membri della nostra famiglia”
“Non potrà essere diversamente per il figlio di Orion e Walburga Black. Ora ti prego di scusarci, ma dobbiamo proprio oltrepassare la barriera. Arrivederci, Walburga.”
“Arrivederci” la salutò la donna, mentre suo marito e il ragazzino più piccolo le venivano incontro, uscendo dal binario. I tre si allontanarono rapidamente verso l’uscita della stazione, e Dorea non avrebbe saputo dire se desiderassero separarsi più velocemente dai Babbani o da lei. Quando i Black furono a distanza di sicurezza, James chiese: “Chi era quella donna?”
“Mia nipote Walburga, la figlia di mio fratello Pollux. Suo figlio sarà del tuo stesso anno, di certo lo conoscerai. Diciamo che quella è una famiglia che sa come farsi notare.”
“Ma è la tua famiglia, mamma.”
“Non ho a che fare con i Black dal giorno del mio matrimonio.” Ribatté Dorea, sorridendo al marito.
“Perché?”
“È una storia troppo lunga per raccontartela ora. Magari a Natale riuscirai a sentirla. E adesso abbiamo una barriera da oltrepassare.” Non ci volle molto per distogliere i pensieri di James dall’incontro con Walburga Black. I tre Potter si presero per mano e attraversarono la barriera. Pochi istanti dopo, erano sul Binario 9 e ¾.
 
James aveva trovato posto in uno scompartimento vuoto, suo padre l’aveva aiutato a caricare il baule, e adesso stava salutando sua madre, che non voleva saperne di allontanarsi dal binario finché il treno non fosse partito. Charlus la sosteneva per un braccio, osservando divertito uno dei rari momenti di irrazionalità di sua moglie.
“I maglioni? I libri? La bacchetta? James, hai preso la bacchetta?” James e Charlus alzarono gli occhi al cielo nello stesso momento.
“Dai mamma, starò benissimo. Adesso andate, domani vi scrivo.”
“Tuo figlio ha ragione, Dorea.  Andiamo a casa.”
Dorea mandò un ultimo bacio al suo bambino, poi seguì il marito attraverso la barriera. James si guardò intorno. Per la prima volta in vita sua si separava dai suoi genitori. Era molto felice di cominciare finalmente la sua avventura a Hogwarts, ma sentiva anche l’ansia crescere. Si chiedeva se nel castello di cui aveva sentito a lungo raccontare avrebbe trovato qualcuno che gli assomigliasse tanto come suo padre e che lo facesse sentire compreso come sua madre.
Il capotreno fischiò, il treno partì. James guardò la stazione allontanarsi sempre di più, finché non divenne che un puntino lontano, e l’Hogwarts Express si trovava ormai nel mezzo della tranquilla campagna inglese. A distrarlo dalla bellezza del paesaggio fu l’ingresso nello scompartimento di un ragazzino dai capelli scuri e gli occhi grigi, che indossava già la divisa di Hogwarts.
“Ti dispiace se mi siedo qui?”
“Accomodati pure, io  mi chiamo James, e tu?” sorrise il giovane Potter, tendendo la mano al nuovo venuto. Questi guardò perplesso la mano, squadrò per un attimo colui che gliela porgeva, poi sorrise di rimando, strinse la mano e rispose: “Io mi chiamo Sirius. Sei del primo anno?”
“Si, tu?”
“Anche io”
James si sentì a suo agio: quel ragazzo era in una condizione molto simile alla sua. Era incoraggiante aver trovato un coetaneo. Notò che Sirius sbatteva i piedi nervosamente, e immaginò che fosse agitato quanto lui. Fu allora che ebbe un’idea.
“Ti va una partita a scacchi magici?”
 
Mezz’ora dopo, l’ansia di James e la rigidità di Sirius avevano già lasciato il posto a degli sghignazzi che avrebbero fatto alzare gli occhi al cielo a Dorea Potter. “Mia cugina si divertiva a far volare via i miei pezzi degli scacchi, pensando che io non potessi reagire. Io ero arrabbiatissimo. E all’improvviso, senza che neanche me ne rendessi conto, la mia regina iniziò a picchiare mia cugina sulla testa. Avresti dovuto vedere la sua faccia. Corse giù per le scale gridando, ma erano tutti così contenti per la mia prima magia che non le hanno dato retta.” James rideva così forte per il racconto della prima magia di Sirius che alcuni suoi pedoni si spaventarono e corsero a nascondersi sotto il sedile. Il giovane Potter stava per cominciare il proprio racconto, quando la porta dello scompartimento si aprì, rivelando due ragazzini che dovevano avere all’incirca l’età di James e Sirius. Il primo, quello che aveva aperto la porta, era magrolino e aveva grandi occhi castani, con i quali scrutava i due ragazzi seduti nello scompartimento. Al suo braccio era aggrappato l’altro ragazzo, che era più basso di lui e rotondetto. Aveva un’espressione di puro terrore impressa sul volto.
“Vi dispiace se ci sediamo qui? Nello scompartimento dov’eravamo prima due tizi del secondo anno hanno appiccato il fuoco ai nostri sedili quando hanno scoperto che siamo del primo anno” esordì il ragazzo più alto. Dietro di lui, l’altro faceva segno di si con la testa, stringendo sempre più forte il braccio del compagno.
“No che non potete stare qui.” rispose Sirius. James lo guardò stranito. Non era bello comportarsi così, soprattutto con altri del primo anno. Era importante essere solidali, come diceva sempre sua mamma.
“Dovete andare a vendicarvi e riprendervi il vostro scompartimento.”  L’espressione del ragazzino più basso si fece ancora più terrorizzata, tanto che sembrava sul punto di scoppiare a piangere.
 “E noi verremo con voi. Ho già in mente un’idea.”
 
“Sirius, ti rendi conto che siamo tutti e quattro del primo anno? Non sappiamo usare la magia! Qual è il tuo piano? Allagare lo scompartimento piangendoci dentro? Non possiamo metterci contro due del secondo anno!”
“Tanto per cominciare, io conosco degli incantesimi, me li hanno insegnati le mie cugine. E comunque, noi siamo in quattro e loro in due, dobbiamo giocare d’astuzia”. Negli occhi di Sirius c’era una luce strana, e forse fu quello a spingere gli altri tre a seguirlo senza opporsi.
Giunsero davanti alla porta dello scompartimento da cui erano scappati i loro nuovi complici.
“Il piano è semplice. Adesso tu, James, aprirai la porta, e tutti e quattro tireremo fuori le bacchette. La formula è semplice: dovete dire “Occipio”, e muovere la bacchetta così.” Mentre parlava, eseguì un semplice movimento con la bacchetta. Mia cugina Andromeda ha detto che è un incantesimo facile, di quelli del primo anno, e io l’ho già provato per fare uno scherzo a mio fratello”
“E dopo cosa faremo? Voglio dire, se dovessero reagire?” domandò il ragazzino più alto.
“Probabilmente saranno scombussolati, il che ci lascerà un po’ di vantaggio, e noi ne approfitteremo per scappare. Io terrò aperta la porta.” intervenne James. Sirius parve giudicarla una buona idea, e i due si scambiarono uno sguardo d’intesa.
“E…e se ci vedono?” erano le prime parole emesse dal ragazzino basso da quando lo avevano visto.
“Diciamo che le nostre future Case avranno già perso qualche punto” ghignò Sirius.
 
James aprì la porta, e Sirius entrò nello scompartimento con il ragazzino più alto, mentre l’altro li seguiva, probabilmente pensando che in quel momento avrebbe voluto essere seduto sul suo sedile infuocato, perché sarebbe stato un guaio meno grave. Sirius grido “Occipio!”, seguito a ruota dagli altri tre. Prima che i ragazzi del quarto anno se ne accorgessero, i bauli sistemati nella cappelliera si aprirono e rovesciarono libri, provette e abiti sulle loro teste. “Per tutti i Fondatori, Harold! Sono quelli di prima! Aguamenti!”  i quattro ragazzini cercarono di fuggire, ma furono investiti da due getti d’acqua. Completamente fradicio, James riuscì ad aprire la porta, attraverso la quale il ragazzo pauroso si precipitò ad uscire, mentre Sirius cercava di contrattaccare e l’altro ragazzo lo tratteneva, cercando di trascinarlo fuori. James avrebbe voluto aiutare Sirius, ma non conosceva altri incantesimi, così ritenne più prudente lasciar perdere. Di certo ci sarebbero state altre occasioni di vendetta. I tre s’incamminarono verso il loro scompartimento. All’improvviso, James si rese conto di una cosa. Si rivolse al ragazzino che era stato con loro fino a quel momento: “Per Merlino, non ci siamo presentati! Io mi chiamo James, James Potter, e lui è Sirius, Sirius…”  realizzò di non conoscere ancora il cognome dell’amico. “Sirius Black”, si presentò questi, e James capì che doveva trattarsi del ragazzo di cui gli aveva parlato sua madre. Dorea aveva avuto ragione, pensò James, Sirius sapeva come farsi notare. Tuttavia, si era aspettato un ragazzino freddo e borioso, troppo occupato a dare lustro alla sua Casa per interessarsi agli scherzi. Ma Sirius non era così. A dire il vero, Sirius non era come nessuno che James avesse conosciuto prima. Lui non sapeva perché, forse era la sicurezza di sé che dimostrava, forse lo sguardo d’intesa che si erano scambiati prima, ma non poteva fare a meno di fidarsi di Sirius Black.
“Molto piacere di conoscervi. Io sono Remus, Remus Lupin.”

NDA
Ciao a tutti, e grazie, perché se state leggendo vuol dire che siete arrivati in fondo al capitolo. Probabilmente quella di unire il Piccolo Principe a Harry Potter é un'idea un po' folle, ma amo troppo queste due opere per non provarci neppure. Il "Piccolo Principe" è ovviamente James, che nella sua casa è viziato e coccolato come un principe, appunto. Le informazioni sui suoi genitori, e sulla famiglia d'origine di Dorea, le ho trovate sull'HP Lexicon, un ottimo sito che fornisce moltissimi dati sul Mondo Magico. Sua madre è una Serpeverde, e questo è un dettaglio interessante, anche se inaspettato, visto quello che traspare dai libri dell'opinione di James su quella Casa. Ho pensato che lui si sentisse più simile a suo padre, e che magari questi gli avesse trasmesso l'amore per la Casa di Grifondoro come i padri Babbani trasmettono quello per una squadra di calcio. 
Per quanto riguarda l'incontro tra James e Sirius, ho voluto fare in modo che i due facessero amicizia senza conoscere i rispettivi cognomi, quasi come se, essendo bambini, i dissidi tra gli adulti non li interessassero. Mi é sembrato logico che loro due si conoscessero per primi, visto che il loro legame è più stretto di quello, comunque forte, che unirà i Malandrini. 
Non é un caso che il nome di Peter Minus non venga mai menzionato, visto che al momento di fare le presentazioni lui si è già dileguato per scappare dai ragazzi del secondo anno. Mi sembra un gesto chiaramente esplicativo del carattere di Peter, e viene da chiedersi come un fifone simile sia potuto finire in Grifondoro. 
Infine, ho volutamente deciso di omettere, almeno da questo capitolo, le figure di Lily e Severus, per focalizzare  l'attenzione su James, sulla sua famiglia e sui Malandrini. Inoltre, uno dei pochi episodi raccontati dalla Rowling sui genitori di Harry è proprio quello del loro incontro sull'Espresso per Hogwarts, e mi pareva inutile inventare qualcosa di nuovo per una parte su cui si é già pronunciata lei. 
Al prossimo capitolo,
Lucia

 

   
 
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