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Autore: xAlisx    26/09/2015    0 recensioni
[Versione Alternativa della 3B - Non tiene conto della 4]
Un demone intacca la vita di Stiles. Lo logora o lo condanna ad una vita confusa.
Scott e Allison sono vittima delle conseguenze del loro sacrificio.
Una ragazza arriva a Beacon Hills e instaura un legame profondo con Stiles.
La missione del branco dell'Alfa Scott è quella di salvare Stiles dal suo demone.
Ma non sarà facile.
(Stiles ha un ruolo principale, ma anche gli altri hanno il loro spazio. Non esistono Malia e Kira.)
Genere: Fluff, Introspettivo, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Stiles Stilinski, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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CAPITOLO 8
Echo House
 
La cosa che Deaton aveva liberato nel corpo di Stiles con la siringa, aveva fatto addormentare temporaneamente il Trickster. Stiles si sentiva debole, triste, senza fiato. Avrebbe voluto gridare per tutto quello che quel mostro gli aveva fatto fare, ma allo stesso tempo si sentiva troppo debole per farlo. Suo padre e i suoi amici avevano cercato di sollevargli il morale, ripetendogli più volte che tutto quello non era colpa sua e che avrebbero trovato una soluzione per liberarlo, ma lui si sentiva un morso allo stomaco e un nodo alla gola sempre, in ogni istante.
Mentre suo padre guidava, lui guardava fuori dal finestrino. Le luci scorrevano, il paesaggio cambiava. Era come se lui non avesse potere di nulla, nemmeno della sua stessa vita. Si sentiva così quando il Trickster s'impossessava di lui e lo relegava in un angolo buio e freddo della sua stessa mente.
L'auto si fermò davanti al grande edificio scuro e buio. Stiles e il padre si scambiarono uno sguardo. Sembrava che il padre volesse dire qualcosa, ma restò in silenzio e scese dalla macchina subito dopo il figlio.
Il grande cancello pesante che proteggeva quel luogo fece rabbrividire Stiles. Tutto faceva rabbrividire Stiles in quel periodo.
Una moto arrivò in quel momento. Il pilota parcheggiò davanti al marciapiede e scese dal mezzo. Scott si tolse il casco e nei suoi occhi era visibile la tristezza.
Si avvicinò all'amico. «Perché non me l'avete detto?» chiese con fare accusatorio.
«Perché volevamo evitare una cosa del genere.» rispose lo sceriffo, sospirando.
«Solo per 72 ore.» ribatté Stiles.
«Scott, ho visto una risonanza con gli stessi sintomi di mia moglie, sono terrorizzato. Domani parto per Los Angeles per parlare con uno specialista.» spiegò lo sceriffo, come se si sentisse in dovere di dare spiegazioni.
«Allora perché lo lascia qui?» chiese Scott.
«Non è lui. È stata una mia decisione.» rispose Stiles, con un sospiro quasi liberatorio.
«Non devi farlo, Stiles. Deaton ha qualche idea, gli Argent stanno facendo ricerche...» cercò di convincerlo l'Alfa.
«E io aspetterò qui dentro, così non potrò fare del male a nessuno!» esclamò Stiles, risoluto. «E se non troverete nulla, devi promettere che farai in modo che io non esca più da qui!» aggiunse, avvicinandosi all'amico e supplicandolo.
Lo sceriffo fece segno a Stiles che era ora di entrare.
Scott bloccò l'amico. «Dov'è Blaze? Che ne pensa di tutto questo?» domandò, come se fosse l'unica cosa che potesse fargli cambiare idea.
Stiles esitò. «Non sa nulla. E tu non devi dirle nulla. Devi promettermelo.» disse infine.
L'Alfa sospirò. «Te lo prometto.» acconsentì.
Poi i due entrarono nell'edificio e lasciarono Scott da solo lì fuori con un enorme senso di vuoto nello stomaco.
 
Quel luogo era incredibilmente freddo e silenzioso. Stiles si guardò intorno e gli venne quasi l'istinto di correre fuori. Dovette usare tutto il suo autocontrollo per non farlo.
Un'infermiera li accompagnò in uno studio, dove prese ad indicare tutte le regole del posto. Stiles sentiva, ma non ascoltava. La sua testa era da tutt'altra parte, o da mille parti diverse. Pensava al Trickster che lo manipolava e usava per divertirsi e rafforzarsi. Pensava a Blaze, con cui aveva un rapporto così stretto e profondo che quasi la sentiva piangere da lontano, nel silenzio della notte, quando nessuno la poteva sentire. Aveva pensato che fosse meglio non dirle nulla di quella sua avventura al manicomio, ma si sentiva in colpa per averla lasciata da sola, di nuovo. Le mancava, le mancava moltissimo. Avrebbe voluto abbracciarla e trovare in lei la pace e la tranquillità di cui aveva bisogno. Gli occhi le pizzicarono, ma i suoi pensieri furono interrotti dalle parole del padre, così le lacrime non fecero in tempo a scendere.
«Ho l'impressione che stiamo dimenticando qualcosa.» disse lo sceriffo, angosciato. «Il cuscino. Abbiamo dimenticato il tuo cuscino. Non dormi mai senza quello.» fece, agitato.
«Papà, non fa niente. Lo puoi portare domani.» lo rassicurò Stiles.
Ma lo sceriffo non era per niente tranquillo. Non per il cuscino in sé, ma per quella situazione così ingiusta, così dolorosa.
«Okay, Stiles, ce ne andiamo. È stato un errore venire qui. Prendi le tue cose.» scattò all'improvviso, alzandosi dalla sedia.
«Papà, papà, è tutto okay.» disse semplicemente il figlio, per poi abbracciare il padre.
Un abbraccio angosciato, pesante come un macigno.
 
Scott sapeva che Blaze avrebbe captato qualcosa, era inevitabile. Ma non avrebbe mai immaginato che l'avrebbe trovata fuori da casa sua al ritorno dal manicomio.
«Dov'è Stiles?» chiese subito lei, alzandosi dal gradino in cui si era seduta nell'attesa.
«Da nessuna parte, Blaze.» rispose Scott, superandola e entrando in casa. «Vai a casa, dormi e stai tranquilla.» aggiunse, facendo per chiudere la porta.
Non avrebbe potuto mentirle oltre, sentiva che stava già per scoppiare. Ma aveva promesso. Una delle tante, stupide promesse che faceva a Stiles, ma erano pur sempre promesse e non avrebbe deluso il suo migliore amico.
«Scott, non osare chiudermi la porta in faccia.» ringhiò lei, mettendo un piede a bloccare la porta.
Scott sbuffò, lasciando libero il passaggio. Blaze entrò in casa e stette in attesa con le braccia conserte. «Resterò qui finché non mi dirai dov'è.» disse, risoluta.
Scott la odiava, odiava Stiles e odiava quella situazione. E si odiava anche.
Si voltò verso di lei e sospirò. «Te lo dirò, se solo prometti di non andare da lui. Gli ho promesso che non ti avrei detto nulla.» affermò.
«Va bene.» acconsentì lei.
«È all'Echo House. Ha deciso di passare lì 72 ore per non mettere in pericolo nessuno.» spiegò, con la tristezza percepibile nella voce.
«Dimmi che stai scherzando.» fece Blaze, sconvolta. «È da solo? In un manicomio?» chiese, sentendosi investire dall'ansia.
Fece per correre fuori, ma Scott fu veloce a bloccarla. «Non andrai.» l'ammonì, tenendola per il braccio. «Blaze, non possiamo aiutarlo. Non se lui cercherà di ucciderci. Forse è meglio così, per ora.» concluse, allentando la presa.
«Per me invece è un errore. È sbagliato.» disse la fenice, con la voce incrinata. «Lui non lo merita.» aggiunse.
Ma si rassegnò a dare retta a Scott. Perché, nonostante le mancasse Stiles, nonostante quella situazione fosse crudele per tutti, sapeva che era la soluzione migliore per garantire a Stiles la salvezza.
«Posso dormire qui?» chiese, asciugandosi una lacrima con il dorso della mano.
Scott annuì, le mise un braccio intorno alle spalle e l'accompagnò nella stanza della madre che quella notte era a lavoro.
 
Il padre di Stiles aveva ragione: senza il suo cuscino, il ragazzo non era riuscito a chiudere occhio. Forse non ce l'avrebbe fatta lo stesso, ma quel cuscino gli dava un senso di sicurezza che non sapeva spiegare.
La notte gli vorticarono nella mente mille pensieri. Cercò d'ignorarli, tutti troppo pressanti e pesanti da mandar giù, ma fu inevitabile soffermarcisi ogni tanto.
Quando arrivò il mattino e il suo compagno di “stanza” si svegliò, Stiles tirò un sospiro di sollievo. Oliver era abbastanza rumoroso e chiacchierone da zittire i suoi fastidiosi pensieri.
Uscirono dalla loro cella per l'ora d'aria. Quel posto era soffocante, constatò Stiles. Sembrava che lui fosse fuori posto, in quel momento, ma non appena gli vennero in mente le immagini di tutto ciò che aveva fatto – “di tutto ciò che il Trickser aveva fatto!” avrebbero precisato i suoi amici – si sentì nel posto perfetto.
«Stiles.» fece qualcuno alle sue spalle.
Il ragazzo si voltò e vide Blaze, il volto così luminoso e felice da risultare come una nota stonata in tutto quel grande manicomio. Indossava la tuta grigio pallido, tanto larga da farla sembrare ancora più piccola di quanto già non fosse. I capelli erano legati in due code spettinate che la facevano apparire come una bambina capricciosa che non aveva voluto aspettare che la mamma terminasse l'acconciatura. Stiles non poté che sentire un sollievo, così inusuale che quasi lo spaventò.
La fenice gli corse incontro e gli gettò le braccia al collo e Stiles si sentì come quando lei era accorsa a scuola dopo il suo attacco di panico. In quel periodo, i problemi erano molto meno opprimenti. Sembravano passati anni da quel momento.
La strinse a sé, senza curarsi di niente intorno.
«Cosa ci fai qui?» chiese, come accorgendosi in quel momento che qualcosa non andava.
«Non potevo lasciarti qui da solo. Lo so che avevi detto a Scott di non dirmi nulla, ma sai quanto sono insistente e quando me l'ha detto io non ho potuto mantenere la promessa di non venire da te.» spiegò, con una parlantina tanto veloce che era difficile seguirla. «Mi dispiace, davvero, ma io...» tentò di continuare.
Ma Stiles non aveva bisogno di sentire altro. Premette le sue labbra su quelle della ragazza e la baciò con dolcezza e amore. Un amore così innocente e nuovo da investire entrambi come un'onda. Blaze restò per un attimo sorpresa, poi rispose al bacio con lo stesso trasporto. Era come se non fossero nati per altro, se non appartenersi sempre, nel bene e nel male.
Quando si staccarono, Stiles le diede un bacio sulla fronte. «Grazie per essere qui.» le disse, stringendola in un altro abbraccio.
 
Scott e Allison erano andati da Deaton dopo la scuola per discutere sul da farsi. Erano ancora tanti i quesiti a cui rispondere. Non avevano idea di come poter far uscire quel demone dalla testa di Stiles e tanto meno sapevano come ucciderlo. Brancolavano nel buio più totale.
«Purtroppo, il lichene che ho somministrato a Stiles non è una cura. Il suo effetto svanirà tra qualche giorno. A quel punto, il Trickster avrà di nuovo la forza di manifestarsi e non sappiamo quali siano i suoi piani.» puntualizzò subito Deaton, mettendo le cose in chiaro. «Quindi dobbiamo muoverci su due piani: un gruppo dovrà cercare il modo per esorcizzare il Trickster, l'altro gruppo dovrà concentrarsi su come ucciderlo. Dobbiamo scoprire il più possibile.» aggiunse, aprendo un cassetto e tirando fuori dei pesanti tomi.
«Papà e Isaac stanno controllando in tutti gli appunti della famiglia per vedere se trovano qualcosa.« informò Allison.
Scott annuì. «Anche Derek ha detto che avrebbe cercato qualcosa nella cripta degli Hale.» disse. «E Lydia, Aiden ed Ethan stanno venendo qui per aiutarci a leggere questi libri.» aggiunse, indicando la pila di dieci libri che Deaton aveva piano piano sistemato nel bancone.
«Dov'è Blaze?» domandò Allison.
Scott sospirò. «Quando mi sono svegliato stamattina non c'era. Immagino sia andata da Stiles, in qualche modo. Avrei dovuto controllarla.» si rimproverò.
Allison mise una mano sulla sua e lo guardò negli occhi. «Non è colpa tua.» cercò d'incoraggiarlo.
«Mi sentirò meglio solo quando tutta questa storia sarà finita.» precisò l'Alfa, stringendo la mano della ragazza.
 
Chris e Isaac stavano sfogliando pagine e pagine di vecchi diari di appunti della famiglia Argent, ma sembrava non esserci nessuna traccia del Trickster.
Isaac sbuffò, dopo aver finito l'ennesimo diario, e si abbandono con fare stanco nella poltrona del salone.
Chris lo guardò. «Vuoi qualcosa da mangiare?» domandò, alzandosi dalla sedia su cui era rimasto seduto per ore.
Si avviò verso la cucina e aprì la credenza.
«Signor Argent, venga.» lo chiamò a quel punto Isaac.
Chris tornò in salone e guardò ciò che il ragazzo gli stava indicando: in una pagina di un diario c'era disegnato uno dei demoni invocati dal Trickster.
«“Demoni della notte. Natura: Malvagia.
Tali demoni nascono dalla mente del demone superiore chiamato Trickster.
Per ucciderle bisogna uccidere il loro stesso creatore.
La loro spada è letale per il Trickster stesso.”» concluse, voltandosi verso Isaac.
«Fantastico. Ora dobbiamo solo sottrarre una spada a uno di questi esseri.» fece il Beta, passandosi una mano sul volto stremato.
«Dimentichi che dobbiamo ancora capire come separare Stiles e il Trickster. Altrimenti dovremmo uccidere anche Stiles.» precisò Chris, anche lui stanco.
 
L'attacco di panico era arrivato all'improvviso, senza che Stiles nemmeno se ne rendesse conto. Aveva faticato a respirare e poi era svenuto. Blaze l'aveva sorretto in tempo e cercava di calmarlo.
Erano in una stanza vuota del manicomio e Blaze teneva Stiles stretto tra le braccia. Lui però si agitava, urlava e respirava a fatica. Era come la notte in cui la fenice l'aveva soccorso nel bosco.
«Stiles, sei al sicuro. Ci sono io. Stiles, ascolta la mia voce.» provò ancora Blaze.
Il ragazzo sembrò rilassarsi. Gli occhi tornarono a mettere a fuoco il volto della ragazza.
«Mi dispiace.» fece Stiles, passandosi una mano sul viso.
Blaze gli sorrise. «È tutto okay.» lo tranquillizzò, stringendogli una mano.
Restarono in silenzio per un po'. Stiles riprese il controllo del suo corpo e Blaze sentì che stava un po' meglio.
«Cos'hai lì?» domandò la fenice, indicando il collo di Stiles. «Sembrano...graffi. Oh, no.» aggiunse, scoprendo e analizzando i segni rossi.
«Cosa significa quell'“Oh no”? Un “Oh no” non è mai positivo.» fece Stiles toccandosi il collo.
«Posso controllare la tua schiena?» chiese Blaze.
Stiles annuì e si voltò. Blaze gli sollevò la maglietta: i segni erano sparsi anche lì, diramati come aggrovigliate ramificazioni.
«È il tempo che ci resta prima che il Trickster torni a prendere il controllo.» confessò a quel punto la ragazza, chinado la testa.
«Oh.» fece Stiles, sentendo l'ansia investirlo.
«Andrà tutto bene. Troveremo una soluzione.» cercò di rassicurarlo lei.
Ma le cose non erano così semplici, e lo sapevano entrambi. Se il Trickster avesse preso il sopravvento, avrebbe potuto fare qualunque cosa e loro non avevano nulla per fronteggiarlo. Erano disarmati e tutti avrebbero potuto rimetterci la vita, specialmente Blaze che era la preda principale del demone.
«Ascoltami, devi andartene da qui. Se si risveglia e tu sei qui sarà la fine. Devi andartene subito.» la spronò Stiles, mettendole le mani sulle spalle e guardandola supplichevole.
«Non ti lascio, Stiles, scordatelo.» fece lei, irremovibile.
«Potresti morire. E sarebbe colpa mia. Sai come mi sentirei se ti uccidessi? Ti prego, Blaze, va' via.» disse ancora il ragazzo.
Ma Blaze scosse la testa. «No.» ribatté e poi lo baciò.
Per rassicurarlo, per farlo stare bene, per fargli sentire quanto teneva a lui. Lo baciò perché era giusto farlo e perché provava per lui sentimenti sempre più forti. Il bacio si prolungò un po', finché nessuno dei due ebbe più fiato.
«Sei pazza.» disse Stiles, tenendo il viso di lei tra le mani come se fosse prezioso.
Blaze era preziosa per lui. Lo supportava, lo aiutava, lo faceva sentire bene anche se tutto andava a rotoli. Era come se fosse arrivata per stargli accanto e lui non avrebbe mai potuto chiedere di meglio.
«Sì, forse.» sussurrò lei, regalandogli un gran sorriso. «Ma sto con te.» aggiunse, accarezzandogli una guancia.
Non ci fu bisogno di altre parole. Semplicemente, seppero che era il momento giusto. Il loro momento. Si spogliarono piano, con timore, ma anche con curiosità. Si baciarono, accarezzarono, coccolarono. Fecero l'amore e fu così naturale, così dolce e così perfetto che entrambi sembrarono rinascere.
 
C'era un odore acre nell'aria che punse il naso di Stiles non appena si svegliò. Si guardò intorno, spaesato, solo per poi accorgersi di essere nel suo letto.
«Tutto bene?» chiese Blaze, accanto a lui.
Stiles annuì appena, sentendo la consapevolezza che no, non andava tutto bene.
«È un sogno.» sussurrò, lasciando che le parole si perdessero nell'aria.
Blaze gli mise una mano sulla spalla. «Non è un sogno, tesoro.» disse, con dolcezza.
E quella dolcezza, le sue parole, il suo viso, tutto era distorto, come se fosse annacquato e ovattato.
Stiles scosse la testa e si alzò dal letto.
«Stiles.» disse qualcuno, ma non Blaze.
Una voce nella testa di Stiles pronunciò quel nomignolo con un tono troppo familiare, troppo uguale al suo.
Stiles aprì gli occhi nella stanza del manicomio in cui era con Blaze. Il Trickster era davanti a lui e lo guardava come se fosse uno spettacolo deludente.
«Pensavo non ti saresti più ripreso.» lo pungolò con fare annoiato.
«Blaze» biascicò Stiles guardandosi intorno.
La ragazza era in un angolo, incosciente. Stiles fece per trascinarsi verso di lei, ma il Trickster lo bloccò mettendogli un piede sulla schiena. «Ah-ha, Stiles, non ti ho voluto qui perché tu potessi disturbare mentre le prendo i poteri. Volevo solo che guardassi come, piano piano, la vita sparisce dai suoi occhi. Sarà così divertente!» fece il demone, ghignante.
«Non la toccare. Non la toccare.» disse Stiles, alzando il tono della voce e scandendo le parole.
Il cuore gli batteva all'impazzata. Sarebbe voluto morire e portare via con sé quel mostro. Avrebbe solo voluto che le persone che amava fossero finalmente al sicuro.
Le lacrime lo investirono, fastidiose, umilianti. Ma lui non ci badò.
«Allora, vediamo cos'hai da regalarmi, piccola fenice.» esclamò il Trickster.
Si avvicinò a Blaze, s'inchinò e le prese la testa fra le mani fino a farla arrivare ad un palmo dal suo viso. Stiles provò a muoversi, ma il respiro gli si smorzò quando un demone della notte gli conficcò la spada nella spalla. Urlò con tutto il fiato che aveva in corpo.
Come se si fosse svegliata grazie a quell'urlo, Blaze aprì gli occhi infuocati. Il suo corpo fu investito da un fremito e poi prese fuoco, con così tanta violenza che il Trickster restò inghiottito dalle fiamme.
«Stiles.» sussurrò la fenice con le lacrime agli occhi, cercando di avvicinarsi a lui.
Ma il ragazzo scosse il capo, piangendo. «Scappa.» le disse solo.
E lei obbedì. Uscì da lì il più velocemente possibile. Mentre lei tornava a casa per cercare un modo per salvare Stiles, lui diventata qualcun altro. I suoi occhi diventavano neri, scuri come la pece. Scuri e crudeli come il male.



SPAZIO ALIS: Erano secoli che non entravo su EFP °O° Mi sono accorta che mi manca questo mondo, così l'altro giorno sono andata a spulciare in cerca di qualcosa da leggere e oggi mi è proprio venuta voglia di postare - perché odio lasciare le cose a metà.
E quindi eccomi qui con l'ottavo capitolo di questa fic. L'ho scritto talmente tanto tempo fa che a rileggerlo mi sorprendo: quanto amo Stiles e Blaze? Me n'ero dimenticata <3 E quanto amo il Trickster? È così maligno e crudele **
Spero che il capitolo vi piaccia, soprattutto il momento magico di Stiles e Blaze *vomita arcobaleni* <3
Non prometto nulla, ma crcherò di postare con più frequenza e di portare a termine la long *croce sul cuore*
Un bacio sulla fronte a tutti coloro che recensiranno/preferiranno/seguiranno/odieranno (?) il capitolo e la long :3
Alis
   
 
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