A volte bisogna partire
Non ci
poteva credere! Doveva
essere uno
scherzo di sicuro, quello che credevano un accanito ladro di rotoli e
altri
oggetti importanti, di un enorme valore, non era altro che un inutile
demone di
bassa lega.
Shippo
applicò tutte le lezioni sul potenziamento del fiuto, Kuria
ne fu felice.
Poteva finire molto male quella faccenda, ma per fortuna il giovane
volpino
aveva combattuto contro un demone essenzialmente innocuo.
“Alla
fine è andato tutto nel migliore dei modi!”
pensava strofinandosi la fronte con
il dorso della mano.
Le
tracce di Naraku a seguito alla sconfitta dei Sette si erano rarefatte.
Quell'essere viscido quanto avrebbe atteso prima di attaccare? Sia
Kuria sia
Inuyasha davano segni evidenti di fastidio per tale contrattempo, per
loro i
codardi erano intollerabili, la donna demone in particolare tendeva a
istinti
violenti verso i vili di cuore.
«Non ci
sono più villaggi, per questa sera dovremo
accamparci.» annunciò Miroku nel
corso della loro marcia nel folto del bosco.
«Allora
propongo un bagno rilassante. Ovviamente sto parlando di me, Sango e
Kagome,
voi due no. Monaco non spiare, non penso tu voglia incorrere nelle ire di... ehm dei
miei elementi.»
Inuyasha
girò di scatto la testa, era una sua vaga impressione o
Kuria stava per dire:
nelle ire di Sesshomaru. Spalancò gli occhi e smise di
respirare. Sapeva che un
legame più forte di quello dell'odio univa sua sorella
adottiva verso suo
fratello biologico, ma pensava fosse l'ebbrezza della sfida e quindi
mancanza
di un compagno da battere. Non immaginava si trattasse d'amore!
Inarcò un
sopracciglio, davvero non se lo aspettava? Forse a essere sinceri se
l’aspettava eccome!
Quando
ancora era un cucciolo sua sorella gli narrava molte storie, su suo
padre
principalmente, sul palazzo dove era stata costretta ad abitare, su
Sesshomaru.
Lo metteva in guardia da lui, lo descriveva in modo minuzioso e
preciso,
calcava il racconto aggiungendo che era sprezzante con lei, incline ad
alzare
le mani per picchiare se si sentiva oltraggiato e che si odiavano. Poi,
però,
quando lei pensava si fosse addormentato o non la vedesse, sospirava e
diventava triste.
Quindi
calata la sera, mentre i ragazzi si occupavano del pasto, loro tre
s'incamminarono
con calma in direzione di una fonte d'acqua in cui lavarsi e togliere
lo sporco
del viaggio.
«Kagome
il Giappone è uno regno chiuso di questi tempi, quindi
com'è l'era moderna?» Cominciò
Kuria curiosa.
«Devi
sapere che adesso noi siamo alla fine dell'era Sengoku, ma fra quasi
duecento
anni gli americani, l'America è stata colonizzata dagli
Inglesi lo sai, no? Ci
costringeranno all'apertura. L'imperatore Meij cercò, anzi
sarebbero meglio
dire ‘cercherà’, quindi di farci
diventare una nazione potente al pari con le
altre. Se così non fosse gli altri paesi ci schiacceranno
con le loro
tecnologie moderne.»
«Per un
secondo ho pensato che tu stessi parlando dei pellerossa, mi sembrava
improbabile che fossero diventati così forti, anche se tutto
è possibile nel
futuro.»
Tuttavia
prima che potessero giungere al fiume un uomo anziano e spaventato a
morte corse
nella loro direzione.
«Vi
prego non uccidetemi!» disse inginocchiandosi a terra, con il
viso fra le mani.
Le tre si fissarono stupite.
«Bene
Kagome, sei tu la sacerdotessa.» Sango annui fissando la
più piccola del
gruppo.
«Non ne
ho proprio l'aspetto.» Balbettò la giovane donna,
leggermente in preda al
panico per la situazione improvvisa.
«Ma lo
sei!» continuò Kuria.
«Kuria
tu hai un aspetto umano, di solito ci sai fare...»
«Va
bene, va bene.»
Finì
che fu la donna demone a tentare di comprendere il problema. Mai fatta
prima
un’azione simile, rassicurare un umano! Esclusa Izayoi e le
sue nuove amiche
non amava molto quella razza.
«Un
villaggio di donne demone? - chiese stupito Inuyasha. - Non ho sentito
odori
strani e tu Kuria non mi hai avvertito!»
«Ti
avrei avvertito se l'avessi captato ma questo non è
successo. Pensi sia il caso
di controllare?»
«Propongo
di andare a vedere, vi ha detto se fossero carine?» Miroku
non si astenne dalle
solite battute ormai più volte collaudate e Sango lo
fulminò con lo sguardo.
«Feh!
Secondo me è una perdita di tempo! A meno che non ci
intralcino non ne voglio
sapere di questa storia. Aspetta Kuria mi hai dato libera
scelta?» Notò
stupito.
«Non
gongolare troppo, riconosco solo che sei cresciuto, fine.» Fu
molto dura nel
suo breve discorso, come se all'improvviso di fosse sentita degradata a
un
rango inferiore. Già di norma sentirsi dominata da qualcuno,
inclusa sua madre,
le dava un senso di nervosismo, se poi si trattava di Inuyasha, il suo
piccolo
dolce cucciolo, la situazione peggiorava.
“Se
fosse stato un demone completo forse la sua forza supererebbe quella di
Sesshomaru e non esclusivamente dal punto fisico.”
Nel
loro cammino alla ricerca delle famigerate Oni scortica umani
incontrarono un
giovane, cercava un villaggio di sole donne perché aveva
perso la sua amata.
“Un
villaggio di sole donne, niente male!” pensò
sarcastica Kuria. Tra femmine,
escluse Izayoi, Kagome e Sango, s’era sempre trovata a
disagio. Lei non
sembrava realmente una ragazza, dentro di sé batteva il
cuore di un guerriero e
ciò la distanziava dalle altre. Loro ridacchiavano e lei
rimaneva seria, loro
si truccavano e lei indossava un’armatura pesante, loro si
mettevano forcine
nei capelli e allacciavano ai polsi i ventagli, lei li raccoglieva in
una coda
scomposta e saldava per bene le spade al fianco. Due mondi totalmente
opposti,
un po’ la colpa stava dalla parte di Kuria, che da bambina si
era intestardita
per diventare forte e diversa dalla stragrande maggioranza delle sue
sorelle.
Le sue ambizioni vennero caldeggiate da tutta la popolazione e, senza
ripensamenti, la sua vita parve tracciata a priori e fu Inu no Taisho a
spezzare il fragile equilibrio.
Doveva
ammettere, però, che sua madre sulla sua istruzione fu molto
irremovibile.
Poteva diventare una guerriera, ma questo non la esonerava dal
conoscere le
loro danze, la musica e le arti in generale.
“Chissà
se Sesshomaru sapendo che sono scomparsa proverebbe a
cercarmi… ma cosa vado
pensando? Sarebbe una vera maledizione, io non lo voglio.”
Evitò di scuotere la
testa per levarsi quel pensiero dalla mente sarebbe solo risultata
matta, il
colmo!
Così
dalla tristezza i sentimenti evolsero, passando per la rassegnazione
verso
l’autoconvinzione. Sforzi vani, visto che il cuore non si
arrendeva a certe
imposizioni del cervello, Kuria avrebbe fatto prima a rassegnarsi: il
suo
organo vitale batteva per un personaggio becero, maschilista e spesso
senza
scrupoli.
Fatti
sempre più incredibili si susseguirono a quelle scoperte,
trovarono il
fantomatico villaggio e lì si fermarono, con grande
disappunto sia di Sango,
sia di Kuria e, ovviamente, di Inuyasha. Il monaco manico non
riuscì proprio a
trattenersi e dimostrò, per l’ennesima volta,
quanto poco fosse distaccato dai
beni materiali, scatenando l’ira della cacciatrice di Demoni.
Da quel momento
in poi la situazione fu tutta in discesa, la suddetta ragazza che
spariva, le
donne del villaggio in preda a un mostro e infine Sango stessa
comandata dal
demone salamandra!
Quella
compagnia non trovava mai un attimo di pace, ciò poteva
dimostrarsi stressante
e allo stesso tempo stimolante.
Kuria
non riuscì a fare nulla di speciale, in quanto bloccata da
quelle femmine
umane. Non intendeva ucciderle, non era colpa loro se
l’ingenuità le aveva
condotte in una brutta situazione.
“Perdere
in guerra mariti, fratelli, padri e anche i figli, dev’essere
terribile vedere
il proprio mondo crollare senza il minimo avviso. Improvvisamente sei
sola e
nessuno ti protegge, sono lieta, alla fine, di aver scelto una strada
diversa
rispetto a quella del mio sesso. È vero forse sto frignando
perché non potrò
mai essere qualcosa di più che un’ottima guerriera
per Sesshomaru, ma me la so
cavare da sola, vivo senza appoggi, sono una donna indipendente e ne
vado
fiera.”
Per
fortuna in combattimento Miroku si rese utile, dando loro il modo per
disincantare quelle ragazze dal tranello del demone. Il peggio ebbe
inizio con
il ritorno di Sango dall’acqua, intossicata dallo stesso uovo
maledetto.
L’odore di sangue del monaco si sentiva a grande distanza,
brutto segno. La
sterminatrice gli aveva squarciato metà guancia e un
braccio, nel caso in cui
il conflitto non si fosse risolto in fretta Miroku sarebbe sicuramente
morto!
“Se non
gli rimangono i segni a deturpargli il volto sarà veramente
fortunato!” pensò
fra se e se Kuria.
Per
grazia degli spiriti il suddetto uomo era di ottima costituzione e
rivaleggiava
quasi alla pari con la sterminatrice di demoni, quindi la situazione si
evolvette nel giusto verso. Sango ne uscì incolume e Miroku
se la sarebbe
cavata con le miracolose medicine di Kagome.
Il
giorno seguente abbandonarono il villaggio, avendo compiuto il loro
dovere e
alla prima tappa giunse la tanto sospirata dichiarazione
d’amore da parte del
monaco.
«Che
razza di dichiarazione d’amore è: ‘vuoi
dare alla luce gli eredi della mia
stirpe’? Voi uomini giapponesi non riuscite proprio a dire
parole d’amore, non
è difficile.» commentò caustica Kuria,
Kagome sospirò, c’era più o meno lo
stesso problema anche nella sua di epoca.
«Perché
i vostri ci riescono?» Domandò la giapponese, con
l’aria di un’anima in pena.
«Mio
cugino di quarto grado mi ha baciato, dopo avermi fatto una lunghissima
dichiarazione.» Ammise senza vergogna Kuria, infondo non
erano mica un regno
molto grosso e nelle famiglie reali era quasi tradizione che ci si
fidanzasse
con il proprio sangue.
«Stai
scherzando spero!» ribatté Kagome, leggermente
schifata.
«Beh –
passò una mano fra i capelli sopra la nuca. – non
è realmente mio cugino. È il
cugino di quarto grado delle mie sorelle maggiori, ma sta di fatto che
fu
abbastanza sicuro di sé da superare la paura dei miei scatti
irosi e baciarmi.
Ora, non dico che debbano essere tutti in preda agli ormoni, anzi
Miroku gli dà
anche troppo ascolto, ma una dichiarazione talmente ambigua non
l’avevo mai
sentita. Avrebbe potuto dirle… che vivere senza di lei gli
era impossibile o
che potrebbe perdersi nei suoi occhi.»
«Ah!
Queste sdolcinerie non te le avrà dette mio
fratello?» chiese sarcastico
Inuyasha. Kuria lo guardò talmente male che il poveretto fu
costretto a
nascondersi dietro un albero.
«Cerca
di capire bene: io e tuo fratello – faccia schifata
– siamo stati ‘insieme’ per
volere di tuo padre, capito? Lui non si è nemmeno dovuto
applicare per
conquistarmi, vuoi che venisse a farmi le dichiarazioni
d’amore?» Per un po’
calò il silenzio, agghiacciante e inquieto. Inuyasha si
sentì in colpa, Kuria
soffriva già abbastanza.
«Era
troppo occupato a dichiararselo da solo mentre si pettinava i
capelli.»
Sdrammatizzò scoppiando a ridere come una matta, adorava
prendere in giro
Sesshomaru. All’inizio lo trovava ridicolo ed effeminato,
forte certo, ma per
nascita. Lei si doveva impegnare ogni singolo giorno per diventare
più potente
nel periodo in cui si erano conosciuti. Anche se attualmente si stava
indebolendo di giorno in giorno, perdendo la sua formazione e il
cipiglio
battagliero che l’aveva contraddistinta nei suoi primi anni
di servizio.
La sera
calò e ricoprì il cielo di un manto di stelle
argentee, pareva una brillante
trapunta di diamanti e ogni tanto Kuria notava lo sguardo affascinato
della
giovane sacerdotessa. Quando rimasero da sole i commenti riguardanti la
neo
coppia poterono riprendere, questa volta con l’interessata al
centro della
discussione.
«Ci
proverà ancora con altre donne in sintesi?»
Domandò Kagome quando furono
appartate, scocciata dalla situazione.
«Ci
proverà, ma adesso sono giustificata e posso lanciargli
contro Hirakostu.»
Rispose la sterminatrice con aria determinata, serrando forte un pugno
per
aria.
«Oppure
puoi ripagarlo con la stessa moneta.» Kuria si
osservò con interesse le unghie
allucinogene.
«Ovvero?»
domandarono in coro Kagome e Sango.
«Fai la
carina con gli uomini giovani, qualche piccolo samurai o figlio di capo
villaggio, ma anche contadini che si dimostrano gentili nei tuoi
confronti. È
la tecnica della gelosia, occhio per occhio, dente per dente o Regola
dell'indifferenza, chiamala come vuoi, tanto la sostanza non
cambia.»
«Non so
Kuria, mi paiono azioni troppo avventate.»
«Donne!»
commentò scuotendo il capo la guerriera.
«Ehi,
guarda che lo sei anche tu.» esclamò Kagome
ridendo.
«Sono
una guerriera occidentale, il che è molto diverso. Ho votato
la mia vita al
combattimento e non alle beghe amorose. Se non fosse stato per Inu no
Taisho
non mi sarei mai mossa dai miie monti, ci stavo bene
là.»
Ammetterlo
non sembrò difficile visto da fuori, ma l’animo di
Kuria rappresentava un
sofferto dualismo, tra nostalgia della propria patria e voglia di
restare con
gli amici.
«Piuttosto,
hai deciso se partirai?» Sango tentò subito di
spostare l’attenzione, soffriva
dello stesso problema, solo che non aveva una villaggio ad attenderla.
«Fra
qualche giorno, finisco di spiegare degli attacchi base a Shippo. Il
suo fiuto
è nettamente migliorato e le sue intuizioni si dimostrano
veloci, è proprio una
volpe! Dovrei quindi partire tra poco.»
«Non
andrai via in sordina, vero? Inuyasha ci rimarrebbe molto male e
anch’io.» confessò
Kagome, preoccupata che l’amica un giorno sparisse senza
lasciare tracce.
«Ovviamente
vi saluterò il giorno della mia partenza, non ho intenzione
di farvi prendere
una sincope!»
Sperava
davvero che se la cavassero mentre lei faceva
quell’allenamento di vitale
importanza. Stare in un gruppo, in cui le decisioni venivano prese
democraticamente, le toglieva quella condizione mentale di
combattimento
animalesco, tutta quella speculazione non l'era congeniale. Si rendeva
conto
che non poteva continuare a combattere in maniera brutale per il resto
della
sua esistenza, sapeva di avere un grande potenziale, bisognava solo
raffinarlo.
“A quel
punto forse riuscirò a tenere testa pure a un demone come
Sesshomaru!” I suoi
occhi si socchiusero creando una linea sottile, era stufa di sentirsi
maltrattata. Il suo cuore accelerò i battiti, come se si
preparasse alla
battaglia.
Nel
loro pellegrinare continuo ed incessante, alla ricerca di quei
maledetti
frammenti, oltrepassarono un convento di suore.
«Qualche
traccia del cristianesimo è arrivata in Giappone!»
esclamò Kuria passando
davanti al luogo sacro. Nonostante Kagome desiderasse fermarsi Inuyasha
tirò
dritto senza darle il minimo ascolto, una perdita di tempo secondo lui.
Pochi
secondi dopo il convento, se si poteva definire in quel modo una
capanna di
paglia, era in fiamme e un’aura simile a quella di Naraku
pervadeva lo spazio
in lungo e in largo.
“Cos’è
questa storia? Perché dovrebbe trattarsi di
Naraku?” si chiese la giovane
fissando le fiamme.
Vide
gli altri precipitarsi verso il luogo dell’incidente con
Inuyasha riluttante
alle loro spalle, Kuria non li seguì, non subito.
«Che
fai sorellina, non vieni?» chiese il mezzo demone. Aveva uno
strano sguardo
assorto la sua sorellastra.
«No,
Inuyasha. Presto vi raggiungerò, promesso.»
“Sarà,
ma di solito quando fa certe affermazioni scompare nel nulla per
settimane.
Credo non abbia ben chiaro il concetto di ‘torno
subito’.” Pensò l’altro,
preoccupato.
Appena
suo fratello sparì dall’orizzonte Kuria si
posò una mano sul cuore.
«Ho
avvertito una profonda disperazione, talmente simile alla mia duecento
anni fa.
Quale sensazione spiacevole. – osservò il cielo,
l’aura maligna era sparita. –
forse ci metterò un po’ a tornare,
Inuyasha.» parole sussurrate al vento.
Lasciandosi trasportare dal suo istinto demoniaco camminò in
direzione opposta
a quella presa dai compagni.
«Dov’è
Kuria?» domandò Sango.
«Feh!
Ha detto che ci raggiungerà presto.»
«Non
sarai mica preoccupato, eh Inuyasha?» chiese scherzoso Miroku.
«Per
chi mi hai preso bonzo deviato e poi Kuria è un ottima
combattente, sa badare a
se stessa.»
“Sì, è
preoccupato.” Pensò Kagome guardando i suoi
atteggiamenti fintamente non
curanti. Ogni volta che la sorella spariva diventava intrattabile e le
dispiaceva molto, non solo perché soffriva di nostalgia e
viveva nella costante
paura che le accadesse qualcosa, ma anche perché, con tutti
i problemi che
affrontavano nel loro viaggio, Kuria era sicuramente una costante
rassicurante
nel gruppo. Una stella da seguire.
L’interessata
invece avvertiva un pizzico al cuore, non di quelli pericolosi, di
riflesso si
portò una mano sul ventre, resasi conto del gesto smise
subito. Qualcosa di
misterioso si avvicinava alla sua piccola Rin e non poteva permettere
che un
nuovo pericolo la sfiorasse, ne andava della vita di entrambe.
“Speriamo
che non le capiti niente mentre sarò via, ma infondo
Sesshomaru sa quindi… e
poi vuole troppo bene a quella bambina per lasciarla
incustodita.”
Volava
al di sopra delle nubi a una velocità moderata, in
realtà il suo scopo
principale era pensare al dolore avvertito in precedenza. Un misto di
preoccupazione, tristezza e amarezza, qualsiasi essere vivente poteva
provare
questo insieme, lei stessa ne saggiava più volte il sapore,
ma la stranezza era
solo in quell’onda d’urto.
“Un
umano non ha tutta questa forza, che cosa sarà successo?
Prima dell’esplosione
la gente si stava radunando per una povera monaca, una giovane donna
ancora nel
pieno della sua bellezza morta a causa di una malattia…
oppure è meglio dire a
causa di un incendio?” Inarcò di nuovo un
sopracciglio virando la traiettoria
in su. Un pensiero le sorse spontaneo.
«Non
c’erano le basi per un incendio! Insomma si tratta di
qualcosa che può avvenire
ovunque ma, escluso il caso in cui qualcuno non abbia voluto
appiccarlo, questo
non poteva crearsi. Non ne ho sentito l’odore e i volti della
gente apparivano
troppo disperati per dilettarsi in stupide scene razziste o
piromane.» Parlare
con il vuoto nel bel mezzo del cielo per Kuria non era da spostati di
mente.
Più volte le capitava di ideare piani mentre volava e non
potendone discutere
con nessuno sentire i propri ragionamenti a voce alta
l’aiutava a comprendere
gli errori che potevano derivarne.
«Inoltre,
in coincidenza, è subito subentrato un odore non dissimile a
quello di Naraku.
– lasciò correre diversi secondi. –
Certo, simile ma non uguale e il nostro
nemico da cosa è fatto? Insomma a meno che non fosse una sua
emanazione, e non
è da escludere, solo un agglomerato di demoni
può… Oh diavolo! Si è appena
creato un altro spirito maligno, solo un umano con tali sentimenti si
lascerebbe mangiare senza opporre resistenza. Devo controllare come sta
Rin,
ora quella stretta assume un valore del tutto diverso!»
In una
frazione di secondo scese in picchiata, se avesse seguito
l’odore di Sesshomaru
avrebbe trovato anche Rin, in quel momento non stava male quindi non
avvertiva
un fortissimo contatto con il corpo della bambina. Contraddizioni del
dono
probabilmente.
Giunse
in un luogo brullo, scuro, simile a una conca di terra,
c’erano ben cinque
odori diversi.
“Infatti
uno è di quell’essere! Sesshomaru lo
avrà seguito? Le impronte non vanno tutte
nella stessa direzione. – osservò meglio i calchi
del terreno. – sembrano molto
femminili quelle opposte a Sesshomaru e di piedi adulti. –
sbuffò incrociando
le braccia al petto. – Ma qui gli uomini non sono molto
mascolini.” Scosse
anche il capo e infine tornò seria.
«Ho
deciso!» quindi s’incamminò, o meglio
volò, in direzione di Rin, doveva
assolutamente fare in fretta perché Yoso pulsava al suo
fianco ed era la prima
volta da quando il grande generale l’aveva fatta giungere a
lei.
Volò
più velocemente di quanto in realtà le sue forze
le consentissero e subito
captò l’odore di Rin, l’avrebbe
riconosciuto fra mille, una fragranza di fiori
e quando fu distante solo qualche metro ne udì perfino il
canto.
«Rin!»
esclamò, si arrestò bruscamente davanti alla
bimba, rimanendo pur sempre in
volo.
«Signorina
Kuria! Che bello, giochiamo insieme?»
«Magari
più tardi tesoro, dimmi dov’è
Sesshomaru? Qui non lo vedo.» Si guardò attorno
ansiosa, ma di lui nessuna traccia, Jacken sospirava e Ah Un non faceva
nulla
di particolarmente rilevante.
«È
andato per di là.» Le indicò con il
braccio la via.
«Grazie
Rin, stai attenta e non ti allontanare da Jacken!»
riprendendo nella sua corsa
sollevò un gran polverone, stimolando le lamentele del
rospetto.
“Yoso
perché stai vibrando? Più vado avanti
più mi pare che tu impazzisca.”
Comprese
tutto solo quando Sesshomaru fu lontano da lei di una decina di metri.
Vide una
donna, il suo ex futuro sposo, suo fratello e Kagome.
“Infatti
era come pensavo, una donna!” il suo udito di demone le
permetteva di sentire
ogni parola. Quella piccola sgual… doveva calmarsi,
quell’agglomerato di
spettri possedeva Tessaiga e con il suo uccellaccio stava tentando di
aiutare
Sesshomaru nell’intento di uccidere Inuyasha.
Sbatté
al massimo le sue ali e riuscì miracolosamente a mettersi
davanti alla stupida
ladra, mollandole un pugno in pieno volto, il demone uccello, su cui
ella
volava, fu disintegrato dal veleno di Sesshomaru.
«Non mi
sono mai piaciuti i codardi! Molla Tessaiga!»
ringhiò mentre quella si
rialzava.
«Questa
appartiene al Nobile Sesshomaru!»
Sentì
distintamente il sangue andarle alla testa e la bocca incurvarsi per
ringhiare
al meglio.
«Vuol
dire che te la strapperò dalle mani con la forza!»
«Provaci
se ci riesci, non sei nemmeno un unico demone.» la
schernì ridacchiando
malefica, Kuria non batté ciglio, anzi forse sorrise pure
lei.
«Cencio
parla male di straccio!» commentò malignamente, ma
non fu compresa.
«Tz
piantatela! – la voce gelida di Sesshomaru non fece
sobbalzare tanto
l’occidentale quanto l’altra demone. –
volevi esaudire il mio più grande
desiderio e pensavi fosse questo? Se avessi intenzione di sconfiggere
Inuyasha
non avrei il bisogno di una come te.» Dette quelle parole
sparì nella sua bolla
di luce e, mentre la ragazzina si disperava come una adolescente al
primo
rifiuto, Kuria decise di riportare l’attenzione su se stessa.
«Per
tua informazione stupido agglomerato di demoni IO sono molto meglio di
tanti
altri! – la colpì con un calcio al ventre e
afferrò Tessaiga ma,
sfortunatamente, il fodero la respinse e fu costretta ad allontanarsi a
mani
vuote. – Inuyasha, ora!»
Il suo
adorato fratellino tentò invano di colpirla, ma
quell’arpia aveva un oggetto
magico con sé e pareva lo volesse pietrificare attraverso
una collana
spirituale.
“Se non
faccio qualcosa in fretta verrà pietrificato, ma pur
sacrificandomi, farmi
cristallizzare al posto suo non servirebbe!” Kagome distrusse
con tempismo
l’oggetto incriminato, con riconoscenza da parte della demone.
«Ottimo
lavoro Kagome!»
La
ladra di spade con un insano amore per il Principe dei Demoni
sparì e anche
Kuria, senza dire niente, scomparve per quella che si prospettava una
battuta
di caccia. Gli avvenimenti la stavano davvero turbando molto,
pretendeva un
chiarimento!
“Sesshomaru
la conoscevi e lei ti ama, non vorrei provare ciò che sto
provando! Giuro che
se scopro che mi hai rotto le scatole per anni essendo innamorato di
un’altra
ti ammazzo nella maniera più dolorosa possibile.”
Strinse i pugni e s’infiltrò
cautamente nella foresta, in un piccolo spiazzo c’erano le
due figure che
cercava.
Le
davano entrambi le spalle e la giovane narrava di come si fossero
conosciuti,
lei umana, figlia di Samurai, lui demone, bello, bisognoso di cure
perché
ferito dallo schifoso – a Kuria quasi implose una vena in
quell’istante –
fratello mezzo demone. Non poté osservare il viso della
nemica in amore, se poteva
definirla in tale modo, fin quando non si sedette alle radici di un
grande
albero, protagonista silenzioso di tutti gli avvenimenti.
“Brutta
stupida il braccio Inuyasha ha fatto più che bene a
segarglielo! Lo deturpa in
bellezza e magari lo rende anche più debole ma se
l’è cercata! E poi, guarda
caso, ci sono sempre degli alberi importanti come sfondi di queste
storie.”
Tuttavia
s’intenerì ascoltando quella storia, capiva i suoi
sentimenti e non la
biasimava se il cuore la portava ad amarlo, lei faceva la stessa
identica
azione ogni singola volta che lo vedeva.
“Non
sono docile come lei, ma infondo so quanto possa essere subdolo,
rompiscatole,
cattivo, maschilista e… forse è meglio che mi
fermi qui. Eh ragazza mia credo
che l’avresti picchiato pure tu o forse ti saresti messa a
frignare, una delle
due opzioni.”
Alla
fine del racconto ebbe la risposta che tanto stava cercando, la suora
in fin di
vita era l’agglomerato di demoni.
“Si è
fatta mangiare l’anima per realizzare il più
grande desiderio di Sesshomaru
pensando fosse Tessaiga. Mi duole ammetterlo ma se quel ghiacciolo
ambulante
volesse la zanna di suo padre non ci metterebbe molto a
prenderla… usarla
sarebbe un altro paio di maniche, la barriera non lo consentirebbe.
Questa
ragazza non sa che la spada è un sigillo per il potere
demoniaco di Inuyasha,
probabilmente schizzata com’è non le
interessa.”
Non
sapeva dirsi se gelosa o infuriata, forse l’arrabbiatura era
da mettere in
conto da qualsiasi parte si guardasse la faccenda. Prima di tutto
l’ira verso
Sesshomaru che si comportava da stupido facendo il bambino offeso ogni
volta
che si parlava dell’argomento
‘eredità’, poi con se stessa
perché aveva mancato
nel suo ruolo di protettrice.
Inavvertito
e incontrollato Inuyasha apparve dal cielo, strillando come un matto,
Kuria si
schiaffò una mano sulla fronte.
“Con le
teste calde poco c’è da fare. A volte dimentico
che è solo un adolescente e
deve ancora imparare molto.”
Sesshomaru
si parò innanzi alla donna, impedendo qualsiasi attacco da
parte del
fratellastro, colpendolo con Tokjin, ciò spinse Kuria allo
scoperto. Provava
un’ira fredda, quasi controllata, pronta a riversarsi sul bel
demone come un
fiume in piena. Asseriva stupidamente che la faccenda non lo riguardava.
« Non
lo riguarda! Dimmi ti sei dato al saké negli ultimi tempi,
nobile Sesshomaru? –
la penultima parola fu piena di sarcasmo. - Credi che solo
perché lei ti piace
allora tutto le sia concesso?» Si bloccò al suono
delle sue stesse parole,
trattenendo un ringhio frustrato. Lui non doveva comprendere quanto
fosse realmente
gelosa di quella donna! Dall’altra parte anche Sesshomaru fu
molto stupito
dall’ultima affermazione. Non lo diede a vedere esternamente
ma la fissò per
diversi secondi. Sentiva l’odore della rabbia traspirare
dalla sua pelle.
“Sei
arrabbiata perché il tuo adorato Inuyasha è stato
derubato?” Desiderò di
poterle leggere dentro, abbandonare tutti lì e portarsela
via, costringerla a
parlare.
Cogliendo
impreparati entrambi, il mezzo demone colpì Sara con una sua
vecchia tecnica.
Dal braccio ferito di questa scaturirono demoni di basso livello,
intrappolarono Inuyasha e tentarono di colpire Kuria. La demone non si
fece
cogliere di sorpresa, facendoli a pezzi con la sola forza delle unghie
demoniache.
«Maledetto
Inuyasha, ti meriti di morire come un animale!»
L’urlo d’indignazione che si
levò dalla bocca di Kuria fu assordante, più
simile a uno strillo d’aquila,
pauroso.
«Ora
hai davvero passato il segno! – con un balzo prese il volo,
le sue ali
sollevarono un gran polverone e nella confusione scese in picchiata,
colpendola
al collo con il suo veleno. – abbiamo capito cosa siete e la
pagherete.» Sussurrò
in preda al rancore. Giocare con l’amore, non esisteva azione
più abominevole!
L’odore disgustoso che proveniva dalla ragazza non era un
misto di umano e
demoniaco, ma solo quest’ultimo.
Perché
non aveva compreso prima la reale pericolosità della
situazione?
I
demoni che avevano divorato il corpo della giovane ragazza la
respinsero,
Sesshomaru si parò davanti a lei e Inuyasha. Kuria lo
osservò stupita mentre
intimava alla non donna di andarsene.
«Può
andarsene dove gli pare? Ma dico non ti sei… »
Il suo
interlocutore non la degnò di uno sguardo quando
attaccò il comune nemico,
rivelando la vera natura di quell’essere.
«
Quindi ci avete scoperto sin da subito Sesshomaru e compagna!
» disse una voce
bassa e cavernosa, anche il corpo mutò, assumendo una forma
più demoniaca
rispetto all’inizio. La guerriera arrossì senza
volerlo.
Sara
emerse a fatica dal luogo in cui l’avevano confinata i suoi
aguzzini, pregò il
Principe dei Demoni di ucciderla, perché non voleva vivere
con loro e implorava
perdono per la sua stupidità. Kuria si commosse. Riconosceva
quel sentimento e,
anche se reagiva in maniera differente, restava una donna. Una unica
lacrima
scese dai suoi occhi, simbolo di sofferenza mai sfogata.
Osservò
basita Sesshomaru impugnare Tessaiga, scagliando un fendente mortale
degno del
grande generale cane, ma l’odore di bruciato si spanse
intorno a loro. La
barriera della spada non lo accettava, tuttavia egli non sembrava
turbato e
Inuyasha liberò tutti dagli ultimi demoni rimasti in
circolazione con un’unica
mossa.
Kuria
sprofondava in un mondo solo suo, guardando il mucchietto di anima di
Sara con
occhi spiritati e colmi di malinconia. L’unico gesto che
Sesshomaru si concesse
fu quello di ascoltare in silenzio le ultime parole della giovane
principessa e
poi poggiare il flauto dentro il cumolo di cenere. Partì
senza voltarsi
indietro, l’odore salato delle lacrime di Kuria e la morte di
quella giovane lo
turbavano.
«Sorellina
perché piangi?»
«Kuria stai
male?» Shippo le saltò su una spalla.
Si
voltò verso di loro stupita.
«Sto
piangendo? - chiese toccandosi una guancia e sentendo i polpastrelli
bagnarsi.
– N-non lo sapevo. Scusatemi, mi ricompongo
subito.»
Kagome
la osservò silenziosamente, domandandosi quali ricordi
quell’avventura le
avesse riportato alla mente.
«Povera
infelice, la sua storia è così triste. Mi fa
tanta pena.» commentò Sango,
comprendendo quali dolori stessero affliggendo l’amica,
mentre guardava le
ceneri di Sara.
«Vi
sbagliate, c’è stato un lieto fine per lei. Il suo
viso era sereno nel momento
del trapasso.» spiegò Miroku.
Il
resto Kuria lo sentì con un solo orecchio, colse solo le
ultime frasi del
discorso.
«Bene.
Ora che ho nuovamente Tessaiga possiamo andarcene, non perdiamo altro
tempo.»
s’incamminò verso la loro meta, ma la sorella
maggiore parve non volerli
seguire.
«Kuria
si può sapere perché fai quel muso
lungo?»
«Inuyasha?
A cuccia!»
«Non ti
arrabbiare Kagome. – esordì lentamente la demone
aquila. – Il poco tatto è nei
suoi geni, non ci faccio neanche caso.»
«Dannata,
staresti dicendo che io non ti capisco o in qualche modo non ti
rispetto? »
esclamò Inuyasha furioso.
«Ho mai
detto ciò?» Kuria lo fissò pacatamente.
«No,
ma…»
«Basta,
Inuyasha. Taci! Smettila di fare l’orgoglioso o ti ritroverai
come tuo
fratello. Ora andiamo, stare qui, in effetti, non giova proprio per
niente.»
Il
povero mezzodemone la osservava confuso, alcuni scatti d’ira
di Kuria e Kagome
erano proprio simili!
Quella
sera, con tutti davanti al fuoco, Kuria decise che era giunto il
momento di
fare il suo annuncio importante.
«Devo
partire.»
Calò il
silenzio, interrotto solo da Inuyasha.
«Perché?»
Non era mai stato egoista, ma tale notizia l’aveva colpito
alla sprovvista.
«Non
riesco più a proteggervi come vorrei, le mie tecniche sono
arretrate, ho
bisogno che qualcuno mi spieghi come usare al meglio Yoso, oppure
diverrà una
spada inutile. Non ci tengo a sentirmi rinfacciare come non sappia
utilizzare
un’arma che possiedo da quasi più di duecento
anni. Ti ricordi, vero?»
«Lo sai
che quel bastardo lo fa di proposito per farti sentire inferiore ed
è passato
un centennio! Ti ho visto usare Hariken contro i sette.»
«Ma non
sono riuscita a proteggere Rin!» replicò
alzandosi, cominciava a infuriarsi.
«Rin?
La bambina che Sesshomaru protegge?» chiese Kagome.
«N-non
capisco!» Inuyasha fissava la sorellastra con molta
confusione in testa. Perché
doveva salvare Rin?
«Oh,
Inuyasha. Ci ho messo dei mesi a comprendere, come potresti tu in
qualche
minuto?» Gli sorrise dolcemente, quasi fosse tornato da poco
bambino.
«Volete…
che vi lasciamo soli?» domandò Miroku,
comprendendo la tensione creatasi con
quell’argomento nell’aria.
Kuria
sospirò e si risedette sul terreno, buttando indietro la
testa.
«No,
voglio spiegare questa situazione un’unica volta. Il giorno
in cui colsi il tuo
odore e mi feci spiegare da Myoga chi fosse Naraku incontrai una
bambina, si
era persa e pareva disperata. La tenni con me, promettendole che il
mattino
seguente l’avrei riportata dal suo tutore. Quella notte tra
noi venne a crearsi
un legame, le sto involontariamente passando la mia eredità
demoniaca, è come
dire che sono… incinta. – Tutti la guardarono in
modo allibito. – Quando
abbiamo affrontato i Sette Rin venne rapita e io stetti male, se non
fosse
stato per Sesshomaru sarei morta di dolore e con me la bambina. Finita
quella
disavventura un pazzo ci cercò per
‘informarci’ che si portava via Hikari,
voleva farne la sua sposa a seguito di un combattimento andato a mal
fine. Il
crollo del monte, una fuga a rotta di collo con in braccio Rin e sulle
spalle
mia sorella. Sesshomaru a combattere, io a controllare il focolare. Sai
quali
sono le mie reazioni a tutto ciò, vero Inuyasha?»
domandò fissando il
fratellino.
«Sì, sorellina.
Una crisi d’identità. Vuoi partire per tornare
più forte?»
«Ovviamente.
Mia madre mi ha consigliato di rivolgermi a una donna che vive nelle
terre di
nessuno.»
«Le
terre di nessuno?» chiese Kagome perplessa.
«Sì, in
molti la chiamano così, è detta anche terra di
Ezo. Non ho idea di come si
chiami nella tua epoca Divina Kagome.» Intervenne Miroku.
“Sarà
pure un maniaco, ma ha studiato per bene.” pensò
Kuria lanciando un occhiata
alla giovane sacerdotessa che pareva aver capito.
«Hokkaido!
È talmente lontano Kuria, non faresti prima a chiedere aiuto
al vecchio
Totosai?» domandò la ragazza del futuro.
«No, se
dice che le serve una maggiore istruzione è più
sicuro che vada da una demone
guerriera esperta. Anche se Totosai ha fabbricato Yoso rimane sempre e
solo un
fabbro.» Si intromise Inuyasha.
«Però
proprio perché l'ha creata lui quella spada dovrebbe
conoscerla al meglio.» Contrattaccò
Kagome.
«In
realtà la situazione è più complicata.
Ogni spada nasce in un modo, ma sta a me
comprendere come farla evolvere. Sono affine all'aria, in quanto
aquila, e alla
terra, in quanto cane. Yoso è la spada degli elementi, ma
non riesco ad usare
tutte le tecniche di cui essa dispone. Anche Caliburn nasconde del
potenziale,
non è solo un simbolo che si trasmette di padre in figlio,
solo che, anche
intuendo come usarla, ho bisogno di un aiuto più consistente
e formativo.»
Quella
sera l’aria si riempì di lievi saluti e di
preghiere mute. Improvvisamente il
mondo perse qualche colore per il gruppo, mentre Kuria seguiva il suo
destino e
cercava un modo per tornare più forte.
Il Sole
illuminò con i suoi primi raggi le terre fredde di nessuno
quando finalmente la
guerriera le raggiunse dopo un lungo viaggio durato dei giorni. A
chilometri
distanza gli stessi raggi illuminavano una valle in piena fioritura e
una
bambina, inginocchiata sul manto erboso, pareva pregare assorta.
«Rin! Dobbiamo andare.» Gracchiò Jacken, pronto a strattonarla se la giovane si fosse soffermata nonostante il suo richiamo. Fortunatamente non ce ne fu bisogno, Rin lo raggiunse con aria seria, mentre Sesshomaru avvertiva un cambiamento curioso nella bambina, forse espressione inconsapevole delle emozioni della sua futura sposa? Una vocina malefica gli ricordò che tra lui e la donna in questione non esisteva più alcun contratto, lo sguardo si posò istintivamente sul cucciolo umano e, sotto lo sguardo terrorizzato del kappa, un leggero e lieve sorriso si aprì sul suo viso.
Lui e Kuria erano legati strettamente, più quanto l'interessata osasse immaginare.
Angolo ritardataria (Originale):
Sono
terribile, me ne rendo conto! Perdonatemi è stato un anno
duro, il pc su cui lavoravo prima si è rotto e ho dovuto
cambiare. Passando da XP a 7 e tra un po' passerò al 10 XD
Comunque! Il capitolo mi pare lungo, spero soddisfi almeno un pochino
l'attesa ><
Si, Sesshomaru sta sorridendo non è un miraggio, da ora la faccenda cambia! Tuttavia non pensate male, Rin è al sicuro ^^
Spero tanto vi sia piaciuto e non siate troppo arrabbiate/i con me ^^ Per qualsiasi domanda o curiosità vi risponderò :*
Martyvax
Angolo autrice revisione 2023:
Questa lunghissima revisione ha termine qui, perché da adesso si torna a scrivere i capitoli. Sono sicura che ci sia ancora qualcosa da sistemare, ma lo rivedrò tra qualche tempo. Il nuovo capitolo è già concluso e vorrei iniziare la stesura del prossimo. Partirò per le vacanze tra due settimane, chissà che non riesca a pubblicare due o tre volte in questo lasso di tempo.:*