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Autore: blackmiranda    29/09/2015    3 recensioni
*INCOMPIUTA* Sette anni dopo la battaglia contro Deep Blue, una nuova minaccia si profila all'orizzonte. C'è solo un problema: le Mew Mew hanno definitivamente perso la loro mutazione e non possono più trasformarsi. Di conseguenza, Ryou è costretto a creare una nuova squadra di combattenti.
Riusciranno le nuove ragazze a sopportare il peso della loro missione e ad uscire a testa alta dal confronto con Ichigo, Minto, Retasu, Purin e Zakuro? E chi c'è dietro a questi nuovi attacchi alla Terra?
I nostri eroi saranno costretti ad affrontare un passato dimenticato e un futuro incerto, riscoprendo, passo dopo passo, l'amicizia e l'affetto che li legavano un tempo.
(Anche se dall'introduzione può non sembrare, in questa storia sono presenti tutti i personaggi dell'anime, più qualche "new entry". Mi impegno a dare a tutti loro il giusto spazio, magari sotto una luce diversa).
Era incredibile come nessuno di loro tre fosse riuscito ad essere immune al fascino di quelle umane ibridate. Cosa avevano mai di così speciale, da farli cadere ai loro piedi in quel modo vergognoso? Che diamine di sortilegio avevano gettato su di loro?(Cap.28)
Genere: Azione, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Prima di lasciarvi al capitolo, ci tenevo a dire due cose:

  • Da qui inizia la parte “drammatica” della storia. Non voletemi male!

  • Questo capitolo, che ci ho messo un bel po' a scrivere e che è uno dei miei preferiti fin'ora, lo voglio dedicare a Tifa27, che mi lascia sempre delle recensioni chilometriche e ragionatissime e mi sprona ad andare avanti. Un grazie di cuore! :)

 

 

 

 

26. The awful truth

 


 

Vedeva sé stessa com'era anni prima, con i capelli corti, più bassa e più magra di com'era adesso.

Vedeva sé stessa da Mew Mew: quel vestitino rosa così lezioso, la coda nera che spuntava da sotto la gonna, le orecchie a punta che facevano capolino tra i capelli sciolti.

Vedeva sé stessa avanzare nel buio, un passo alla volta, il suono del campanellino che le picchiettava insistentemente i timpani.

E poi vedeva lui. E non poteva muoversi, né urlare alla sé stessa più giovane di spostarsi da lì, di correre via.

Lui non era Masaya, lui era la morte in persona, per lei e per tutto il mondo. Avrebbe voluto gridarlo ai quattro venti, avvertire MewIchigo di non fare un altro passo, ma la voce non le usciva.

La sé stessa più giovane continuava ad avvicinarsi, e lei non poteva fare niente per impedirlo, e il panico la avvolse, minacciando di soffocarla, proprio come le dita diafane di Deep Blue attorno al collo di MewIchigo.

La spada, scintillante e affilatissima, quella che per mesi l'aveva protetta, era adesso l'arma che l'avrebbe uccisa. Senza appello, senza pietà.

Conosceva bene quella sensazione: la cristallina realizzazione di stare per morire.

La spada si mosse, fulminea, e lei avvertì un dolore lancinante all'altezza dell'addome. Le gambe le diventarono insensibili, mentre continuava inesorabilmente a soffocare.

Di fronte a lei, senza vita, c'era Kisshu, il corpo spezzato dal colpo di Deep Blue.

E lei continuava a soffocare.

 

Ichigo fu svegliata dal rumore delle sue stesse urla, con Masaya che la stringeva tra le braccia mentre lei scalciava e si dimenava con tutte le sue forze.

“Ichigo!” la chiamò, con voce bassa ma imperiosa. Lei si immobilizzò all'istante, spalancando gli occhi. Nella penombra distinse il familiare profilo della scrivania di Masaya, della pianta in vaso, della porta dal lato opposto della stanza.

“Va tutto bene.” le disse lui accarezzandole piano i capelli. “Era solo un sogno.”

Ichigo prese una serie di respiri profondi. Si accorse di aver sudato freddo, e un brivido la scosse.

“Devo...devo andare un attimo in bagno.” mormorò con voce roca, sgusciando via dall'abbraccio di lui. Masaya si alzò sui gomiti ma non disse nulla, limitandosi a seguire i suoi movimenti con lo sguardo.

Ichigo barcollò verso la porta, la aprì cercando di non fare rumore – i genitori del suo ragazzo dormivano in fondo al corridoio - e si diresse verso il bagno.

Accese la luce e tutto le sembrò acquisire un'apparenza diversa, minacciosa. Gli oggetti intorno a lei sembravano troppo definiti, rigidi, come se – si ritrovò a pensare confusamente – volessero imprimersi forzosamente sulla realtà.

Scosse la testa, cercando di schiarirsi la mente, ancora intontita dal sonno e dall'incubo. A volte, pensò mentre si sciacquava la faccia con l'acqua fredda, gli incubi sono delle gabbie da cui non riesci a uscire, non importa quante volte ci provi.

Si guardò allo specchio. I capelli erano un disastro, la pelle le sembrava cerea e – se ne accorse solo allora – i crampi che avvertiva alla pancia erano un probabile segno del ciclo. Nel sogno doveva averli interpretati come la spada di Deep Blue nelle sue viscere.

Tornò in camera cercando di non pensare a niente, giocherellando con il ciondolo d'oro a forma di gatto che Minto le aveva regalato quella sera. Chissà quanto le sarà costato, era stato il suo primo pensiero quando la ragazza aveva consegnato a tutte loro una scatolina in velluto grigio perla.

Per ricordare i vecchi tempi, aveva detto Minto con un sorriso.

E chi se li dimentica, i vecchi tempi.

 

***

 

Quando Minto si svegliò, in tarda mattinata, venne informata del fatto che Zakuro era già scesa a fare colazione. Dopo una veloce toeletta, si infilò la vestaglia e scese le scale, diretta in sala da pranzo. Sfiorando sovrappensiero il ciondolo a forma di uccellino che portava al collo, realizzò che non ricordava esattamente quando aveva smesso di curarsi di scendere a fare colazione già vestita e truccata e aveva imparato ad essere più spontanea. Probabilmente a Parigi, pensò mentre si abbassava ad accarezzare Mickey, che era corso su per le scale a salutarla, scodinzolante.

Di sicuro non sarebbe mai riuscita a farsi vedere in pigiama da Zakuro sette anni prima.

Sapeva che la cosa era reciproca: Zakuro passava la maggior parte del suo tempo in mezzo a gente il cui mondo girava intorno all'aspetto fisico e non poteva permettersi di essere vista se non come la diva che tutti ammiravano e invidiavano. Eppure eccola lì, in pigiama e vestaglia come lei, seduta al tavolo della colazione con il giornale in mano: poteva sembrare una cosa da niente, ma Minto sapeva che una cosa semplice come fare colazione insieme in pigiama in realtà nascondeva una serie di pensieri e sensazioni non espressi, e sapeva anche di essere una delle pochissime persone con cui Zakuro si concedeva di abbassare la guardia in quel modo. Una persona cara, un'amica, una sorella: una sensazione di familiarità che era mancata ad entrambe per molto, troppo tempo.

“Buongiorno, Zakuro-oneesama.” la salutò sorridente. Mickey la seguì, la lingua di fuori, puntando gli occhietti neri su Zakuro.

“Buongiorno.” rispose la donna, ripiegando il giornale: lo sguardo di Minto volò al suo collo, dove faceva bella mostra di sé il ciondolo del lupo dorato con gli occhi in ametista. Il suo sorriso si intensificò. “È stata una bella festa ieri sera, non credi?” chiese sedendosi.

Zakuro sorbì un sorso di caffé. “Sono d'accordo.”

Minto prese un cornetto e lo tagliò a metà con un coltello. “Sta' giù, Mickey.” ammonì il cagnolino, che per quanto beneducato fosse cercava sempre di ricevere qualche bocconcino prelibato. “Ho visto i fiori in ingresso...qualche ammiratore ha scoperto dove vivi?”

Zakuro sorrise, enigmatica. “Non sono per me.”

Minto si arrestò, il pezzo di brioche a mezz'aria. “Cosa vuoi dire? E per chi sarebbero?”

La modella inclinò leggermente la testa verso sinistra. “Perché non vai a vedere?” Sembrava estremamente divertita, si accorse Minto con una punta di fastidio: la faceva innervosire non essere a conoscenza di cosa le succedeva intorno.

Ostentando indifferenza, si alzò graziosamente dalla sedia e, seguita a ruota dal cagnolino, si diresse all'ingresso della villa. I fiori erano ammassati a mazzi sul mobile in legno all'entrata e ce n'erano di tutti i tipi: rose, gigli, tulipani, orchidee, narcisi, iris, margherite...Minto si sentì la testa leggera. Non era certo la prima volta che riceveva dei fiori – suo fratello le portava sempre un mazzetto di gelsomini ai suoi spettacoli, e a Parigi quando si era esibita aveva ricevuto mazzi enormi di rose rosse – ma mai le ne avevano dedicato una tale quantità tutta insieme. Se da un lato la trovava una cosa di pessimo gusto, dall'altro non poteva fare a meno di sentirsi vagamente lusingata.

Prese il biglietto tra le mani, certa che si trattasse di un errore, ma eccole lì, le parole scritte a mano, con una calligrafia pulita e ordinata: “Per Aizawa Minto-san, da Watanabe Daisuke”. Corrugò la fronte: non aveva idea di chi fosse quel Watanabe. Forse un amico di suo fratello, o un collega di suo padre?

“Signorina, non sapevamo dove metterli...” le fece una cameriera alle sue spalle.

Minto si girò a guardarla, il bigliettino ancora in mano. “Immagino in vasi pieni d'acqua.” rispose distrattamente, oltrepassandola e tornando da Zakuro, che non si era mossa dalla sedia.

Le due si guardarono in silenzio per qualche istante. “Non so chi sia questo tizio, ma gli manca completamente il senso poetico.” commentò Minto d'un tratto, posando il biglietto sul tavolo.

Zakuro sorrise, complice.

 

***

 

Retasu chiuse il librone di anatomia su cui era rimasta china tutto il giorno, sottolineandolo fino a scaricare l'evidenziatore.

L'esame si avvicinava sempre di più, ma per quanto si sforzasse non riusciva a preoccuparsene...e la cosa, paradossalmente, la preoccupava: tipico labirinto logico in cui le capitava spesso di cadere, durante i lunghi pomeriggi solitari passati a riflettere in silenzio.

Si sfregò gli occhi, sospirando. La verità era che aveva troppi pensieri per la testa, in quelle settimane. La sua vita monotona le sembrava ancora più noiosa da quando era tornata ad interessarsi al Progetto. Come poteva trovare minimamente interessante l'università quando aveva ogni giorno a che fare con creature sovrannaturali che minacciavano di conquistare la Terra?

Il suo pensiero volò istintivamente a Pai e il cuore le si strinse. Perché avvertiva tutta quella malinconia pensando a lui?

A quanto sembrava, si era fatta delle illusioni recondite su loro due, che dovevano essere rimaste intrappolate nel suo inconscio durante tutto quel tempo.

Che cosa poteva pretendere da lui, in fondo? Praticamente non si conoscevano neanche. Non si può mica stabilire una relazione solo sui non detti e sugli sguardi rubati, si disse, cercando di appellarsi al proprio buonsenso.

Eppure, quando la sera prima aveva preso il coraggio a quattro mani e aveva chiesto a Taruto di Pai, si era sentita sprofondare alla sua risposta.

“Certo che è sposato.” le aveva detto Taruto candidamente. “Lui e Kyrie hanno avuto un bambino circa tre anni fa.” Le aveva lanciato uno sguardo stranito. “Perché ti interessa?”

Già, perché le interessava? Perché le erano tremate le ginocchia alla notizia che Pai fosse sposato?

Forse perché si illudeva che lui l'avesse aspettata, per tutti quegli anni? Che lui pensasse a lei nello stesso modo in cui Kisshu pensava ancora a Ichigo?

Ridicolo. Lei non era nessuno per Pai, nemmeno più una spia luminosa sul suo radar. Non era mai stata importante, per lui, e si era inventata tutto per...cosa? Egoismo? Arroganza?

Pai era sempre stato un mistero, per lei; un mistero che aveva avuto la presunzione di credere di aver risolto, quando in realtà non aveva mai capito niente di lui.

Sospirò, posando una mano sul ciondolo a forma di neofocena che Minto le aveva regalato la sera prima. In tutti quegli anni, Retasu non era mai riuscita a trovare un ciondolo che riproducesse così bene l'animale il cui DNA era fuso col suo: nei negozi al massimo trovava piccole riproduzioni di delfini o di pesci. Minto, invece, si era fatta fare apposta un ciondolo con le fattezze della neofocena, come se non bastassero già l'oro e i piccoli smeraldi incastonati a renderlo un regalo in sé preziosissimo.

Stringere il ciondolo tra le mani le infuse un nuovo senso di chiarezza mentale. La sera prima le erano state date tre cose: una notizia che l'aveva sconvolta, un regalo da parte di una cara amica e la chiave a tutte le loro domande, ovvero il diario di lavoro di Kei e Ryou. Zakuro gliel'aveva consegnato poco prima che si salutassero, a serata conclusa.

Ricacciando indietro la malinconia per Pai, la ragazza estrasse il diario cifrato dal cassetto della scrivania. La copertina era consunta ai bordi, di un semplice nero un po' sbiadito dagli anni. Lo aprì delicatamente, come se potesse sgretolarsi al primo tocco, e iniziò a leggerlo sotto la luce della lampada alogena.

Questo è il risultato delle ricerche su cui mio padre ha lavorato per buona parte della propria vita, esordivano le prime righe, e Retasu sorrise debolmente: era la voce di Ryou, quella che stava leggendo. Le sue parole, i suoi pensieri.

Il μ-Project.

Seguivano una serie di formule matematiche, che solo in parte riuscì a comprendere, ed un dettagliato resoconto di quali dei loro geni fossero stati modificati dal DNA animale.

Ovviamente, Retasu era a conoscenza di essere una delle pochissime persone sul Pianeta ad avere geni compatibili con quelli degli animali in via di estinzione.

Nelle specie animali in via d'estinzione l'istinto di sopravvivenza è tale da fornire loro una particolare forza contro l'annientamento. Questa forza è la chiave del potere mew. Iniettando il DNA delle specie in via d'estinzione negli animali infettati dal parassita alieno, questo viene distrutto. Le armi mew agiscono precisamente in questo modo, traendo la loro forza dal DNA mew: perciò, esse sono utilizzabili solo da individui il cui DNA sia stato modificato.

Retasu sgranò gli occhi. Non aveva idea che le loro armi funzionassero in quel modo! Lei si limitava a evocare le sue nacchere e attaccare, senza farsi troppe domande. Chissà se le altre lo sapevano, si chiese distrattamente, afferrando un angolo della pagina tra pollice e indice.

Il diario proseguì nelle sue spiegazioni, sempre più specifiche a mano a mano che Retasu voltava pagina. Le spille dorate attivavano la mutazione, che altrimenti restava latente e non si manifestava, per tutte tranne che per Ichigo: la sua mutazione era la più instabile di tutte e, in conseguenza di ciò, talvolta si manifestava anche quando non doveva. Le spille venivano attivate dal contatto con il loro DNA - ecco perché dovevano baciarle per potersi trasformare – e inviavano un segnale costante al computer principale, in modo che la loro posizione fosse sempre rintracciabile.

Impressionante, pensò Retasu ammirata.

In individui non compatibili con i geni degli animali a codice rosso la mutazione comportava un doppio aspetto fisico, quello umano e quello animale, senza che ci fosse lo sviluppo di alcun potere. La mutazione era rischiosa, perché restare per troppo tempo in forma animale avrebbe significato non poter più tornare umani.

Questo è ciò che è successo a Ryou, pensò la ragazza corrugando la fronte. E quello che succederà anche a noi, se dovessimo cercare di trasformarci di nuovo, rifletté ricordando quello che lo scienziato aveva detto loro non molto tempo prima.

Ma all'epoca non lo sapevano, osservò girando pagina. Sennò qui ci sarebbe stato scritto.

Il capitolo sulla Mew Aqua mostrava quanto poco Ryou e Keiichiro fossero riusciti a capire di quell'energia misteriosa alla quale i loro corpi reagivano se spinti da forti emozioni. La Mew Aqua è un prodotto dell'antica civiltà aliena. Essa non è una fonte di energia, ma un semplice contenitore. Da dove venga questa energia e per quale proposito originale sia stata creata ci è a tutt'oggi ignoto.

L'artefatto recuperato durante gli scavi archeologici in Anatolia è stato da noi chiamato Mew Aqua Rod. Superando le nostre più grandi aspettative, MewIchigo è stata in grado di utilizzarlo per raccogliere e successivamente sprigionare l'energia contenuta nei frammenti di Mew Aqua trovati nel suolo di Tokyo. In fondo al paragrafo c'era un asterisco con un appunto a fianco: vedi risveglio di Deep Blue.

Il capitolo successivo parlava degli alieni e di quello che Ryou e Kei erano riusciti a imparare sulla loro cultura e sulle loro origini grazie a Masha, che si era infiltrato nel loro computer principale quando era finito per sbaglio nella loro dimensione. La loro specie, indigena del pianeta Terra, era molto più antica rispetto ad Homo sapiens: avevano abbandonato la Terra circa tre milioni di anni prima, mentre i primi esseri umani moderni erano venuti al mondo da appena 200.000 anni. Chissà cosa devono aver pensato, una volta tornati qui, si chiese Retasu distogliendo un attimo lo sguardo dalla pagina. Come dobbiamo sembrare primitivi ai loro occhi...!

Seguiva un paragrafo di speculazioni che attirarono il suo interesse in modo particolare: dai dati che Masha aveva raccolto durante il breve ma intenso combattimento tra MewMinto e MewZakuro, quando sembrava che quest'ultima avesse tradito la causa, una cosa era inequivocabile: le armi mew erano in grado di ferire le Mew Mew. Da questo punto di vista, le Mew Mew sono simili agli alieni, tanto che le armi non riconoscono la differenza. Se a questo si somma il fatto che MewIchigo è in grado di utilizzare artefatti alieni e che tutte e cinque reagiscono alla Mew Aqua, si ottiene un interessante quanto evidente paradosso: le ragazze sono più simili agli alieni che agli esseri umani che tanto si sforzano di proteggere.

Retasu fece una breve pausa, incrociando le dita sotto il mento. Non l'aveva mai pensata a quel modo, ma il ragionamento non faceva una piega. Forse era per quello che aveva sempre avvertito una strana affinità con Pai...

Sospirò. La sua mente alle volte era la sua peggiore nemica.

Interessante ipotesi genetica: è possibile che in realtà la specie aliena e quella umana siano in qualche modo imparentate? Solo lo studio del DNA alieno potrebbe sciogliere questo quesito.

Il resoconto delle battaglie proseguiva in ordine cronologico. La parte su Deep Blue, Ao no Kishi e Aoyama era lunga, ma almeno di quella Retasu era discretamente ben informata.

Con la fine della loro missione, il diario presentava uno iato simboleggiato da una pagina lasciata in bianco. Retasu considerò di fare una pausa, magari bere una camomilla o una tisana, ma la curiosità era troppo forte e non riuscì a staccarsi dalla scrivania.

Fissò la pagina bianca per qualche istante. Eccolo lì, lo spartiacque tra la loro generazione e quella nuova. Condensate in quella pagina vuota erano mille emozioni, mille cose non dette, le promesse di restare in contatto, gli auguri di buon proseguimento e buona fortuna: sette anni della sua vita, della loro vita, e le sembrava che fossero volati via in un soffio.

Sfiorò di nuovo il ciondolo, voltando pagina.

Decadimento cellulare: sto invecchiando precocemente. Ci ho messo qualche anno ad accorgermene: all'inizio non era per nulla evidente, ma adesso i segni sono inequivocabili. Mi chiedo se la causa sia il DNA incompatibile. In fondo, la speranza di vita di un gatto oscilla tra gli undici e i vent'anni.

La ragazza sbatté le palpebre più volte, rileggendo le parole che si trovava di fronte. Doveva per forza aver letto male.

Rilesse un'altra volta, e poi un'altra ancora. Era come se il cervello le si fosse inceppato.

Non capiva quello che stava leggendo. Perché c'erano scritte quelle cose? Chi le aveva scritte? Perché le aveva scritte? Non potevano essere vere...

In fondo, la speranza di vita di un gatto oscilla tra gli undici e i vent'anni.

Era uno scherzo. Doveva essere uno scherzo.

Voltò pagina. Il μ-Project sta per essere nuovamente attivato, recitavano le righe successive. Scorse velocemente i paragrafi successivi: nessun'altra menzione di precoce decadimento cellulare. Era come se quelle righe fossero state scritte per caso, come se non fossero altro che un appunto preso distrattamente.

Tornò indietro e rilesse per l'ennesima volta. La gola le si strinse mentre una subdola sensazione di panico le gelava le vene.

Ryou.

Fu l'unica cosa che le riuscì di pensare. Si alzò in piedi lentamente, allontanandosi dal diario come se fosse un serpente velenoso in procinto di morderla.

Ryou, dimmi che è uno scherzo.

Dimmi che non è vero.

Uscì di corsa dalla camera, scese a capofitto le scale e indossò le prime scarpe che trovò in ingresso.

“Retasu, stai uscendo?” La voce di sua madre dalla cucina le arrivò ovattata. Non rispose. Afferrò il cappotto e uscì di casa prima ancora di averlo indossato.

E si mise a correre.

L'aria della sera le graffiava i polmoni, la frangetta continuava a finirle negli occhi e le lacrime le offuscavano la vista.

Correva. Se avesse riflettuto con più calma avrebbe preso la bicicletta, o avrebbe chiesto a suo padre di prestarle l'auto, ma non riusciva a pensare. Era come se non le arrivasse più ossigeno al cervello.

Correva per le strade illuminate dalla fredda luce dei lampioni, il cappotto male abbottonato che le frustava le gambe.

Le faceva male la milza. I singhiozzi si mescolarono al fiatone e ai gemiti, ma non si fermò.

Doveva sapere, andare da lui, ora.

Ryou, ti prego, dimmi che non è vero.

Dimmi che non stai morendo.

Ti prego.

Io ti amo.

Ryou.

Ti prego.

Accecata dai fari delle auto e dalle proprie lacrime, Retasu correva a perdifiato in direzione del Café. Aveva percorso quella strada centinaia di volte, ma mai con una tale urgenza ed una tale disperazione nel cuore.

I suoi muscoli, no, tutto il suo corpo urlava per la fatica e il dolore, ma la ragazza lo ignorò. Un'auto le suonò il clacson – probabilmente aveva attraversato senza guardare – e lei la ignorò. Non esisteva più niente, il mondo non aveva più senso, era tutto sbagliato, tutto storto.

“Ryou...ti prego...Ryou...ti prego...” gemette, come se si trattasse di un mantra.

Non poteva essere vero, non era giusto...non aveva alcun senso...

Ad un tratto, una figura le si parò di fronte, sul marciapiedi deserto. Non riuscì a vederla chiaramente, non le importava. Deviò per aggirarla, ma quando le passò accanto la figura esclamò: “Ehi, non è carino ignorare la gente!”. Detto ciò, le finì goffamente addosso, facendola rimbalzare indietro. Retasu inciampò sui propri piedi e cadde a terra.

“Ho bisogno di una cosa, da te.” le fece la donna in tono risoluto, le mani sui fianchi.

Retasu sbatté le palpebre freneticamente, nel tentativo di metterla a fuoco, ed ebbe un'altra prova che il mondo era impazzito...o forse era impazzita lei.

Di fronte a lei c'era Ichigo, in minigonna e top senza maniche, ballerine argentate e giubbotto leopardato. La osservava con un'espressione che le diede i brividi, gli occhi castani fissi su di lei e un sorriso che non le aveva mai visto in volto in tutta la sua vita.

“I-Ichigo?” singhiozzò, le lacrime che non volevano saperne di smettere.

La ragazza annuì, senza cambiare espressione. “Sì, sono io.” disse tendendole una mano. “Che succede, perché piangi?” chiese addolcendo il tono della voce.

Retasu si asciugò gli occhi con il dorso della mano. “Cosa...ci fai qui?” chiese tirando su col naso.

“Passeggiavo.” rispose Ichigo, facendo un passo avanti, sempre con la mano tesa nella sua direzione.

Retasu le porse la sua, e Ichigo strinse, facendola rialzare in piedi. “Come ti sei vestita?” balbettò Retasu timidamente, e in quel momento qualcosa le punse il braccio. Sobbalzò, cercando di ritrarre la mano, che era ancora stretta a quella di Ichigo, e si accorse con orrore che la mano della sua amica si era come sciolta, deformata, e le era strisciata lungo l'avambraccio, conficcandosi nella sua carne.

Retasu si sentì mancare e lanciò un urlo, in preda al terrore. “Cosa...cosa sei?!” gridò orripilata, ma l'essere non fece in tempo a rispondere, perché una bianca scarica di elettricità lo colpì con violenza alla schiena.

Dietro di esso, in perfetto equilibrio su un lampione, si stagliava la figura di Pai, il ventaglio rosso ancora fumante per il fulmine che aveva appena scagliato.

 

 

 

 

 

 

 

 

Eeee quindi, sì.

Non voletemi male.

Ci vediamo al prossimo aggiornamento. Non vorrei rallentare gli aggiornamenti più di tanto ma ho una storia da scrivere per il contest di Merion Selene. ;)

Ci tenevo a precisare che la cosa dell'invecchiamento cellulare precoce non è un'idea mia, ma un head-canon che gira molto sui forum anglofoni.

Ancora, non uccidetemi... ^^''' (Retasu nel frattempo mi chiede perché le voglio così male- Pai sposato e Ryou morente, e fortuna che vado a dire in giro che è la mia Mew Mew preferita! xD)

   
 
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