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Autore: PikkolaGrandefan    14/02/2009    2 recensioni
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Rinoa81, assistente amministratrice.

Angela è una diciasettenne che abita nel Quartiere dei Boschi, nel quale è cresciuta assieme ad un gruppo di amici. Tuttavia la sua vita verrà sconvolta dall'arrivo di uno sconosciuto, che la porterà nel suo mondo fatto di musica e sincerità. Tra canzoni, professoresse particolari, boschi e amori la vita nel quartiere più tranquillo del mondo non sarà più la stessa...
Aprì il cancelletto di casa e feci per entrare quando la vista di un ragazzo mi colpì.
Non l’avevo mai visto. Era molto alto, aveva delle belle spalle e un fisico forte e atletico. Due occhi scuri e i capelli arruffati.
Mi chiesi dove abitasse ma non ci pensai più di tanto. Dovevo chiamare Caterina.
Quelle parole cattive, disumane l’avevano colpita nel profondo. Deborah, che lo amava da cinque anni, nel bene o nel male, soffriva per lui, che non la degnava di uno sguardo.
Ero andata poche volte fuori da Sobo per fare compere o cose simili. Tutto il necessario lo trovavamo qui, nel Quartiere dei Boschi.
E mi guardò, con quei suoi occhi fusi, che mi laceravano l'anima ed entravano dentro di me.
"R-Roberto" tremai io.
"Si?" Sorrise.
"Mi stai facendo impazzire...".
Risi e guardai la professoressa più mitica del mondo.
"Comunque" disse lei con la sua voce penetrante e molto acuta, "Roberto ha detto che non stai più nella pelle per cantare al concerto. E' vero? Lui era così entusiasta!".
"Le ha detto questo?".
"Sisi". Rabbrividì.
"Lei è Roberto parlate molto di me, vedo...".
Genere: Romantico, Commedia, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Angy mi spieghi che cos’hai?” chiese Deborah scocciata. Mi guardai attorno infastidita. Era una freddissima mattina di Novembre, avevo tutto il corpo gelato e Deborah e Alberta parlavano di argomenti stupidi.
“Niente. E’ tardi, dobbiamo muoverci…” mentì inconsciamente.
”Ma se la campanella suona tra mezz’ora?!” esclamò Alberta.
Non risposi e mi limitai a fissare di rado il cielo. Era quasi buio, il sole tralasciava solo qualche debole raggio rosa.
Mi strinsi nelle spalle. Avevo fatto proprio bene ad indossare gli stivali neri. A differenza di Deborah, che indossava un paio di ballerine rosse, io ero stata previdente. Il tempo variava molto nei pressi di Sobo.
“Ehi, guardate chi c’è?!” esclamò Alberta indicando la strada. Mi voltai e vidi una ragazza più alta di me, dal fisico tuttavia immaturo che però continuava a mettere in mostra, stretta in due pantaloni viola che avrebbero accecato chiunque. A mio modesto parere erano orrendi. Portava un top scollato, ma si capiva da un chilometro che stava morendo di freddo.
Carla. La reginetta della scuola. Non si capiva come o perché, ma quella ragazza era sempre perseguitata dai ragazzi. Insomma… non era bella. Aveva un viso dai tratti marcati, quasi maschili, e i capelli castano scuro, anonimi.
Quella ragazza era la migliore amica di Alberta. Lo so, è assurdo.
Alberta le corse in contro mentre io guardavo schifata il ragazzo che stava accanto a quell’oca. Era insieme a Roberto. Se non me ne fossi andata avrei vomitato.
Continuai a camminare imperterrita, mentre mia sorella chiacchierava con Carla nel marciapiede accanto, senza rivolgermi un solo sguardo.
“Angela!” esclamò Debby, “Non raggiungiamo Carla?”.
”Non ne ho la benché minima intenzione” ribadì fredda. Superai Debby per poi avviarmi in una via che non riconobbi subito, sparendo dalla loro vista.
Sentivo Deborah correre per cercarmi ma io non volevo stare in loro compagnia. Camminai per una viuzza, poi svoltai per ritrovarmi in una piazzetta anonima, davanti a dove abitava Beatrice.

Roberto e Carla.
“Impossibile” borbottai. Roberto non poteva interessare a Carla, figuriamoci.
Lei stava con i ragazzi più cool di tutta la scuola, non con un nuovo arrivato. Per stare con un ragazzo che le piaceva si era addirittura iscritta a pianoforte…
Mi accomodai sul sedile di un’altalena dondolandomi un poco di tanto in tanto. Il silenzio, rotto soltanto dal rumore del metallo delle catene dell’altalena , mi aiutava a pensare.
Sentivo una tale rabbia dentro di me che non ricordo come feci a controllarmi. Avrei voluto urlargli che era un idiota se perdeva tempo con Carla.
Insomma, proprio con lei doveva uscire?

Non è detto che escano assieme, saranno nella stessa classe e si saranno incontrati. Perché a Roberto dovrebbe piacere una così?

“Perché Roberto fa di tutto per farmi innervosire!” sbottai io a voce alta. Beh, non era una bugia. Era lunatico e molto eccentrico come ragazzo. Ed io non lo sopportavo. Tuttavia, vederlo con quella ragazza, mi aveva fatto arrabbiare lo stesso. E non capivo il perché.

POV di Alberta

“Ciao Alby ci vediamo a pranzo!” cinguettò Carla allontanandosi verso la sua classe. Sospirai entrando in classe ma, guardando il mio banco, infondo, ebbe un’improvvisa voglia di tornare indietro e supplicare Carla di non andarsene.
Alzai lo sguardo verso il mio compagno di banco. Alto, moro, di origine tedesca. Con occhi nocciola. Vincent era la mia tortura.
Mi avviai verso di lui senza fiatare e mi sedetti accanto a Vincent che occupava sempre tre quarti del banco con le sue cianfrusaglie varie, tutt’altro che utili.

Premettiamo una cosa. Vincent era uno dei boss della scuola. Uno di quelli che arrivava a scuola con un macchinone, grande figlio di papà; che sembrava un bravo ragazzo ma che non lo è affatto. Appena il padre svoltava l’angolo, lui si accendeva la sigaretta e si univa ai quegli scapestrati dei suoi amici, che arrivavano tutti dalle zone più malfamate di Sobo. Non tutti provenivamo dal Quartiere dei Boschi purtroppo.
Era straordinariamente bello. Ma anche infinitamente dannato e cattivo. In classe mi prendeva in giro senza però calcolare gli altri. L’unica anima che calcolava ero io. Però, che fortuna.

“Ehi Alberta, ma ti sei lavata stamattina?” chiese con scherno.
“Io so cosa vuol dire saponetta a differenza tua Vincent” dissi io.
“Sai oggi sei più brutta del solito” disse, non smettendo di guardarmi.
“Se sono così brutta, perché allora continui a fissarmi?” chiesi io, non rivolgendogli una sola occhiata.
“Questo non lo so, ma mi diverto a prenderti in giro”.
“Molto gratificante da parte tua Vincent” ribadì io. La professoressa era entrata in classe. Lo sentì avvicinarsi mentre un profumo indescrivibilmente buono mi entrò nelle narici.
”Non sai quanto” disse piano lui. Rabbrividì e spalancai gli occhi. Mi girai per fissarlo. Aveva ripreso la sua solita posizione, dondolandosi con la sedia e fissando il soffitto sicuramente in attesa della campanella. Sospirai e appoggiai i gomiti sul banco infastidita facendo finta di ascoltare la lezione e, per la prima volta dopo mesi di “convivenza forzata”, sforzandomi di non guardare quello strano vicino.

Ripresa POV di Angela Uscì dal bagno quando il cellulare vibrò.
”Pronto?”.
“Angela sono mamma! Ascolta oggi non andare a chitarra, torna a casa che devo…ehm, dirti una cosa!”.
“Ok. Ciao mamma ora vado”.
“Aspetta Angela, com’è andata la giornata tesoro?”.
“Bene, come al solito” mentì io, “ Ora ti devo lasciare Ciao!”.
Non aspettai la risposta e riattaccai. Presi la mia borsa e mi diressi verso l’aula di chitarra. Sentivo la voce di Alice che parlava con Roberto e il mio cuore iniziò a martellare pesantemente. Feci un respiro profondo prima di aprire quella porta maledettamente rumorosa.
“Scusi professoressa, ma oggi non posso proprio fare lezione!” esclamai.
“E ‘Non Potto Reposare’?” chiese Alice.
”Gliela faccio sentire un’altra volta”. Quante bugie, io quella canzone non l’avevo mai provata!
“Ok. Allora ciao Angela. Ti chiamo stasera appena finisco così ti dico un po’ di cose…” disse lei.
Io annuì.
”Aspetta, se vuoi ti accompagno tanto ho quasi finito!” disse Roberto con enfasi. Io mi girai e lo freddai con uno sguardo.
”Conosco la strada di casa, grazie” dissi fredda.
E uscì sbattendo la porta. Mentre mi allontanavo dalla classe, non sentivo più la voce di Alice, erano rimasti in silenzio evidentemente turbati dal mio strano comportamento.
Quando uscì dal cancello della Scuola rabbrividì per il freddo micidiale. Mi strinsi nelle spalle e percorsi tutto il viale che portava a casa mia. Guardando il cielo mi resi conto che le giornate si erano accorciate di brutto e la notte stava scendendo silenziosa.
Pensai alla giornata passata. A Carla, a Roberto. Quel nuovo arrivato stava già entrando nella vita di tutti gli abitanti del Quartiere. Ed io non potevo sopportarlo. Era perseguitato da ragazze. Prima Caterina e Eleonora che dicevano che era bello, poi Viviana e, infine ma la peggiore di tutte, Carla.
Che cosa schifosamente nauseante.
Aprì il cancello di casa, per poi aprire il portone e trovare il salone color panna illuminato.
”Mamma? Papà?!” dissi.
Ma quando una figura sorridente a me ovviamente conosciuta mi sorrise dal divano alzandosi, non riuscì a contenermi dalla gioia.
”LUCA!” esclamai saltando al collo del mio migliore amico.
”Ciao Angy!” disse lui, con la sua voce calda e sensuale. Io sorrisi, respirando il suo infinito profumo fresco.
Mi staccai dall’abbraccio che sembrò durare troppo, e lo guardai negli occhi. Molto alto, muscoloso, con due occhi color ghiaccio freddi e i capelli biondo cenere. Era sempre lui.
”Sei tornato! Quanto ti fermi?” chiesi mentre ci sedevamo nel divano. Eravamo soli in casa, i miei genitori mi avevano fatto una sorpresa ed ora si erano tolti dai piedi permettendoci un po’ di privacy.
“Sono tornato per restare” disse lui risoluto, “ Ho passato la seconda superiore in America ma tra poco torneranno anche i miei genitori”.
“Come stanno tutti? Tiziano, Paola?”.
“Benissimo. E’ bello là sai? Ma purtroppo la banca dove lavorava mio padre ha avuto un brutto periodo e quindi ha dovuto chiudere. E tornerà a lavorare a Sobo”.
“Che bello!” dissi. Lui mi fece segno di sedermi in braccio. Lo guardai con aria interrogativa mentre, come se fossi una piuma, mi metteva sulle sue gambe.
”Luca!” esclamai.
“Dai, lo facevamo sempre non ricordi?” chiese lui.
“Si, ma insomma, peso troppo!” dissi io.
“Ma che dici, se sei magrissima. E poi non vedi che muscoli?” disse lui toccandosi le braccia sorridendo.
Io lo guardai. Beh. Effettivamente si vedeva che aveva fatto palestra.
”Sei tornato per far svenire la popolazione femminile di Sobo?” ridacchiai io.
Lui mi strinse di più.
“Solo quelle che mi interessano” sospirò poggiando la testa nell’incavo del mio collo.
Okay. La situazione stava degenerando. Eravamo troppo vicini. Troppo troppo.
”Mi sei mancata” disse avvicinando il mio viso al suo. Io non riuscivo a respirare.
”Luc..”.
In quel momento tutta la truppa formata dalle mie sorelle e i miei genitori entrarono con furia dentro casa. Io feci un salto da Luca rimettendomi in sesto.
”Vi abbiamo disturbato?” chiese mia madre guardandoci con aria interrogativa.
“Io e Angela stavamo parlan..” fece Luca ma io lo interruppi.
”Assolutamente no!” dissi io risoluta, “Anzi, ora vado a farmi una bella doccia non vorrete che puzzi proprio oggi che è tornato Luca!”.
”Si, così se ne torna subito a New York!” esclamò mio padre ridendo.
Io sorrisi, salendo le scale e chiudendo la porta del bagno a doppia mandata. Avevo proprio bisogno di una doccia. Fredda però.
Mentre il getto d’acqua scendeva gelido e la mia pelle ghiacciata si anestetizzava, io pensavo a quello che era appena successo.
Se i miei genitori avessero tardato ad arrivare, cosa sarebbe successo? Io e Luca ci saremmo davvero..baciati, o lo avrei respinto?
Tutta la mia vita l’avevo sempre immaginata con lui accanto, ma non come fidanzato o marito. Come un fratello. Io e lui non potevamo stare assieme, era fuori discussione.
E magari non mi voleva proprio baciare, magari anche lui era rimasto turbato. Forse…era solo l’emozione del nostro primo vero incontro.

“A scuola come te la passavi Luca?”.
Eravamo seduti a tavola mentre mia madre serviva Luca. Aveva cucinato appositamente per lui le lasagne, sapendo benissimo quanto le adorasse.
Luca sorrideva composto e garbato come al solito. Alberta era seduta pensierosa accanto a me, avrebbe evidentemente voluto essere altrove. Costanza era invece seduta accanto a me che ascoltava silenziosa, povera piccola Co.
Mio padre guardava interessato Luca, che aveva sempre così tanto stimato.
Solo io ero nervosa. Sentivo dell’elettricità nell’aria che mi infastidiva tantissimo e sorridevo distratta alle non poche attenzioni che Luca mi dava, lanciandomi sguardi di tanto in tanto. Era seduto accanto a me, come al solito, ma sembrava perfettamente a suo agio.
“Benissimo. Certo, ammetto che all’inizio è stato difficile. Soprattutto per la lingua. Non sono mai stato molto bravo in inglese. Non come Angela, ovviamente…”.
Io cercai di rispondere a quel complimento con un arricciamento delle labbra, che voleva essere un sorriso, ma la mia bocca era immobile.
“Si, c’è da dire che Angela è stata sempre molto portata per le lingue ma comunque caro anche tu sei stato molto bravo!”disse mia madre.
“Ti ringrazio Francesca” disse Luca. Sembrava un damerino, odiavo quando lo faceva.
“E ti sei fatto delle amicizie?” chiese Costanza, che guardava ammirata Luca.
“Certo. Mi hanno accolto molto bene. Sono stati tutti molto carini con me e i professori si sono offerti di darmi lezioni private per aiutarmi con la lingua”.
“Oh che cari! E tu?”. Lanciai uno sguardo pieno di disgusto nei confronti di mia madre che lo trattava come se avesse cinque anni. A sua difesa, Luca però la considerava come una seconda madre.
“Io non ho accettato. Non mi sembrava giusto e poi ero convinta di farcela con le mie stesse forze”.
“Che autonomia!” esclamò mio padre. Sbuffai.
“Ti trovo molto cresciuto” disse mia madre.
“Si, tutto molto bello, ora però Luca te ne dovresti andare è già tardi!” esclamai io guardando l’ora.
”Angy! Che maleducata che sei!” esclamò mia madre.
“Perché?” chiesi io falsamente ingenua.
“Perché Luca dormirà qui con noi nella camera degli ospiti, sciocchina!” esclamò civettuola mia madre.
Sbarrai gli occhi esasperata e fissai prima mia madre e poi mio padre, che annuì convinto.
“Ma, insomma, e per la scuola?” chiesi io con voce un’ottava più in alto del normale.
“Abbiamo già avvisato il preside, tesoro non preoccuparti. Da domani frequenterà di nuovo qui al Quartiere!”.
”Ma se non vuoi che dorma qui, Angy, non c’è problema! Dormo altrove!” questa volta fu Luca a parlare.
“Si, e dove?” chiesi io sarcastica. Ormai era più che ovvio che fosse una battaglia persa.
“Allora Buonanotte” dissi io esaurita.
“Ma non abbiamo ancora finito di cenare!” esclamò mia madre contrariata.
“Lo so mamma, ma non sto bene, ho bisogno di una bella dormita!” mentì io salendo le scale.
Ma un pensiero interruppe la salita, mi voltai e chiesi disinvolta:
“Quando hai detto che tornano i tuoi, Luca?”.
“Tra due settimane!” esclamò lui contento.
“Oh, che bellezza!” dissi io sarcastica. Così arrivai in camera mia e presi il mio cellulare.
Avevo una chiamata persa. Mi ero dimenticata di sentire Alice.

Ciao! Scusate per il grave ritardo ma non ho avuto tempo, troppo studio! Spero che il capitolo vi piaccia! Volevo ringraziare prima di tutto, le persone che hanno recensito. Volevo dire che la fic è segnalata come songfic, poiché ci saranno nel seguito. Inoltre sto incominciando a pensare di alzare il raiting per evitare problemi con lo staff di efp, dato che ci saranno scene, poche, a raiting ROSSO. Fatemi sapere se vi crea problemi. Baci, Ely
  
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