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Autore: Avenal Alec    02/10/2015    5 recensioni
La storia comincia alcune settimane dopo il termine della puntata 2x16 ed è incentrata sui personaggi di Bellamy e Clarke.
Bellamy e Clarke non sono più sottoposti alla tensione della sopravvivenza a tutti i costi. Dovranno affrontare non solo i fantasmi del loro passato ma la consapevolezza che la Terra è realmente la loro nuova casa e dovranno scegliere come vivere in questo nuovo mondo. . A complicare il tutto, la "quiete" in cui vivono li porterà a fare i conti con il tipo di legame che li lega :)
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellamy Blake, Clarke Griffin, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'The 100 - Welcome to the new world'
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Ciao a tutti, un piccolo AVVISO, per cause di forza maggiore la prossima settimana non riuscirò ad aggiornare...Sorry...la storia, se tutto va bene, tornerà martedì 13 Ottobre...non mi abbandonate vero?...ringrazio di cuore tutti coloro che hanno messo la mia storia tra le seguite, preferite e ricordate. Un enorme grazie anche a tutti coloro che trovano un attimo per lasciare un loro commento, un loro pensiero per questa storia. Con la speranza che vi stia piacendo un Bacio, grazie e buona lettura :) . 

CAPITOLO 17

Ore 23:30

Bellamy sentiva la musica del The 100 rimbombare nella sua mente. Riuscire a creare un pensiero logico era un’impresa. Sperava che quella serata fosse diversa e invece si sentiva trascinato all’interno di un girone infernale, non era il dolore , anche se attenuato che gli dava fastidio,  né l’intontimento per gli antidolorifici che aveva preso ma una viscerale sensazione di inquietudine venata da tristezza. Sentiva che aveva perso qualcosa e che non lo avrebbe potuto avere più indietro. 
Clarke sembrava aver ormai, senza motivo reale, rotto i ponti con lui. Come si era comportata quando si era fatto male lo aveva ferito ma, ancora di più, averla vista poi in palestra lottare con Karel. Dopo essere stato curato era passato di fronte alla stanza perché era la via più veloce per tornare al suo alloggio. Si era soffermato sulla porta attratto dai rumori e dalle luci ancora accese. Quando li aveva visti qualcosa si era rotto, tutto quello che pensava di sapere, che aveva sperato di conoscere di Clarke era andato in frantumi. Era stato con lei sempre, aveva sperato che quel legame che lui percepiva fosse reciproco e, in un paio di occasioni ne era stato certo. Era rimasto un istante a guardarli, tanto bastava per capire che dietro a quel combattimento c’era molto di più e Clarke aveva preferito il sostegno di Karel, come quello di Lexa un tempo, piuttosto che il suo. Se ne era andato per non vederli. La sua prima reazione dopo quell’incontro era stata di rimanere nel suo alloggio, non aveva voglia di incontrarla alla festa poi, arrabbiato con se stesso, si era cambiato ed era andato al  The 100. 
Come Clarke era andata per la sua strada così avrebbe fatto lui.  
Ora era lì con il solo desiderio di andarsene e, questa volta, nemmeno la presenza di Laudria sarebbe stata d’aiuto.
Aveva bisogno di aria, forse, guardare l’immensità del mondo fuori lo avrebbe ritemprato come sempre era riuscito a fare. 
Prese la strada per una delle uscite laterali. 
Amava la vista dei boschi da quel lato della nave.


Clarke sentì il gettò d’acqua tiepida come mai le era capitato prima, da tempo ormai le scorte erano razionate e lavarsi non era tra le loro priorità. L’istante in cui lo scroscio d’acqua aveva colpito il suo corpo, un nodo che aveva sempre sentito si era sciolto. La giornata, il combattimento con Karel avevano aperto uno varco, dopo mesi poteva sentire il suo corpo fremere, non più il rigido automa che era andato avanti, sempre avanti in qualunque situazione. Non riusciva a riconoscere la sensazione che provava, sentiva calde lacrime liberatorie mischiarsi all’acqua della doccia, non era dolore o tormento. Nasceva da un luogo a cui non aveva mai permesso di aggrapparsi. 
Si sentiva viva per la prima volta dopo quel primo salto sulla superficie terrestre, quando il mondo che la circondava aveva assalito ogni fibra del suo essere. 
Per la prima volta sentiva veramente l’acqua sul suo corpo e per la prima volta aveva fatto qualcosa per se stessa e non perché era stata obbligata dalla situazione. 
Uscì dalla doccia ritemprata come mai le era accaduto prima. 
Voleva uscire dalla sua stanza e godersi la presenza degli altri. I suoi occhi vedevano il mondo con uno sguardo diverso.
Uscì e camminò senza meta fra i corridoio e le stanze comuni della nave. Conscia della vita che la circondava, delle piccole cose che prima non vedeva, troppo occupata ad andare avanti, resistere, lottare e preoccuparsi. Arrivò al The 100 e vide, come se fosse la prima volta, i volti sorridenti di chi la circondava senza vedere le ombre di chi non c’era più.
Sentì il cuore colmo di gioia per tutte le persone che erano lì in quel luogo, in quell’accampamento raffazzonato dal nulla che doveva dare speranza ad ognuno di loro. Quel combattimento con Karel e quella doccia come un insospettato incantesimo, avevano lavato via tutto il dolore che sentiva e che non era mai riuscita ad esprimere trincerato com’era dietro al muro della necessità e delle responsabilità.
Si guardò intorno salutando tutti e scambiando battute fino a quando non vide in uno dei tavoli i due ragazzi del clan delle barche. Si avvicinò a loro, sorrise ad entrambi. Karel fece un semplice cenno di saluto alzando la tazza che teneva in mano, Laudria le sorrise come se avesse capito. Quando fu abbastanza vicino sentì di dover parlare con loro. 
“Grazie” con un certo imbarazzo. Sapevano bene che Clarke non era mai stata particolarmente socievole con loro.
Laudria annuì passandole una delle tazze “Bevi con noi!” disse quindi.
Clarke accettò felice e si accomodò.
“Buono!” e ne era veramente convinta, Jason e Monty avevano superato se stessi,  quel distillato non aveva più il sapore di un lubrificante per motori ma ricordava il profumo dei boschi quando erano atterrati. 
Laudria sorrise “Sono stati bravi”
“Ma tu li hai aiutati” rispose Clarke con un mezzo sorriso
“Ho dato loro qualche erba, pino, mentuccia e qualche bacca, ma loro hanno trovato il modo perfetto per mescolarle”.
“Brindiamo allora alla loro bravura “ replicò Clarke alzando la tazza.
Karel e Laudria annuirono alzando i loro bicchieri poi, come se si fossero sempre conosciuti, cominciarono a chiacchierare. 
Karel parlava poco, notò Clarke ma si rese conto di quanto fosse piacevole parlare con la guaritrice e capì come mai tutti si trovassero bene con lei. 
Ad un certo punto si avvicinò a loro Octavia, Clarke l’accolse con un sorriso ma lei sembrava interessata ad altro.
“Avete visto Bellamy?” chiese “Mi hanno detto che è uscito un po’ di tempo fa, sono passata nel suo alloggio ma non ha risposto”
Clarke sentì subito un nodo alla gola poi sentì Laudria rispondere
“Probabilmente starà dormento, per quello non ti ha risposto: la tisana, gli antidolorifici e anche un po’ di distillato che ha bevuto potrebbero averlo steso per bene e dormire in questo momento è ciò che gli serve.”
Octavia annuì rinfrancata, augurò loro buon proseguimento prima di raggiungere Lincoln e un altro gruppo di ragazzi.
Clarke aveva sentito l’intera conversazione ma la sua mente aveva viaggiato ben più lontano, ricordando Bellamy, catturata dal suo mezzo sorriso beffardo e nuovamente aveva sentito il peso al cuore. Era diversa ora, si sentiva diversa ma sapeva che nulla era cambiato. Il suo proposito di dimenticare Bellamy rimaneva. Avrebbe tentato di vivere godendosi la vita ma non avrebbe permesso che le sue emozioni prendessero il sopravvento. Non si sarebbe permessa di provare qualcosa di profondo per qualcuno, aveva già sofferto abbastanza. Quel legame doveva essere reciso prima che qualcosa cominciasse.
Respirò profondamente, le sue mani ora giocavano con la tazza, una parte della gioia che aveva provato in quel momento era svanita ma non si lasciò trascinare decisa a divertirsi. Alzò gli occhi verso i due ragazzi del clan delle barche.
I due ragazzi parlavano fra di loro ma gli occhi grigi di Karel erano fissi su di lei.
Riuscì a sentire Laudria mormorare  a Karel nella loro lingua “Lasile, le Dee al ha decidut in un atre maniere”*. Lo vide annuire con un certo rammarico prima di bere un sorso di distillato e cominciare a guardarsi in giro come se lei e la guaritrice non esistessero più e fosse più interessato a quello che succedeva attorno.
Clarke guardò Laudria perplessa.
“Stavo dicendo a Karel che fra poco me ne sarei andata” disse Laudria. “la musica sta cominciando a farmi venire mal di testa”
“ti capisco” rispose Clarke rinfrancata “anch’io pensavo di prendere un po’ d’aria” 
In realtà la sua serata era terminata quando Octavia aveva nominato Bellamy e ora non riusciva a toglierselo dalla testa. 
“Si, credo che uscire ti farà bene, vai all’uscita del refettorio, la vista da quella posizione di rinfrancherà di sicuro” rispose Laudria scrutandola con attenzione.
Clarke sorrise perplessa del consiglio poi li saluto e uscì. L’uscita principale del campo era la più vicina ma stranamente i suoi passi la portarono all’uscita che le aveva proposto Laudria. La guaritrice sembrava vedere cose che gli altri non vedevano e se le aveva consigliato quel posto forse c’era un motivo.


Fuori si lasciò  investire dall’aria fredda della sera.
La volta era stellata e la luna illuminava con la sua pallida luce la coltre bianca a terra e il bosco. Si sentiva l’ovattato silenzio delle notti d’inverno. Stava respirando a pieni polmoni quando sentì una presenza dietro di lei. 
Si volse di scatto.
Poco discosto dalla porta dalla quale era uscita riconobbe Bellamy appoggiato alla parete.
“Ehi! Ciao, pensavo di essere l’unica a volere un po’ di tranquillità.” Riuscì solo a dire.
 “E invece ecco qui un seccatore” rispose lui con un mezzo sorriso
“Non sei un seccatore Bellamy” disse d’impulso Clarke guardandolo.
“dici davvero?” chiese il ragazzo “ a me non sembra!” continuò. 
Clarke sentì una punta di risentimento nella sua voce.
La ragazze volse lo sguardo verso l’orizzonte, un attimo sospeso “non è così Bellamy solo che è tutto così difficile” la sua voce era un mormorio basso che esprimeva una fragilità che non le apparteneva
“e allora perché mi eviti?” chiese con tono accusatorio. 
“è difficile Bellamy” ripetè ostinata la ragazza
“sai Clarke cosa ho imparato” disse quindi Bellamy.
La giovane si girò verso di lui, era ancora appoggiato alla parete della navetta, le mani dietro la schiena, lo sguardo rivolto alle stelle nel cielo.
“Le cose sono difficili solo quando non sono chiare” 
Clarke stava per ribattere quando Bellamy volse il capo verso di lei “Perché le cose fra di noi non sono chiare?” chiese 
La giovane non rispose, sentì una stretta al petto. Non aveva il coraggio di dirgli cosa la turbava, forse una parte di lei sapeva che, se avesse parlato, tutto sarebbe realmente cambiato e non avrebbe potuto tornare più indietro.
Si diede della stupida, era quello che voleva in realtà, andare avanti e pensare alle cose importanti.
Rimase in silenzio.
“Sai” disse Bellamy “Speravo che tu mi rispondessi. Qualunque risposta mi sarebbe andata bene. Ma ora credo di non sapere più chi ho di fronte.”
“Bellamy..” lo pregò Clarke.
Bellamy si spostò e le passò accanto “È tardi, è ora che rientri” mormorò andandosene
Clarke fece alcuni passi verso di lui e gli prese il braccio. Non poteva lasciarlo andare, non ce la faceva.
“Bellamy non posso” disse in un sussurrò.
Il ragazzo si fermò ma non fece cenno di voltarsi.
Clarke lasciò la presa.
“Se vogliamo sopravvivere, se vogliamo vivere in questo mondo” cominciò esitante “ non posso continuare ad appoggiarmi a te come ho sempre fatto. Tu sei la mia debolezza” terminò con un sospiro.
Bellamy volse lo sguardo verso di lei, c’era confusione nei suoi occhi. Una domanda che richiedeva una risposta.
Clarke prese un respiro “Potrei sacrificare tutto per la tua vita”
“Non lo faresti!” rispose Bellamy sicuro.
“L’ho già fatto” disse Clarke abbassando gli occhi, non riusciva a sostenere il suo sguardo.
“Non ti credo!”
“Ho scelto la tua vita a quella di altre 250 persone compresa mia madre, tua sorella, Kane e molti altri”
Bellamy sospirò “Clarke non è vero, credevi di fare la cosa giusta per tutti noi, ne abbiamo già parlato”
“Non capisci” rispose con vemenza la giovane “Ho scelto di rischiare le loro vite perché non potevo rischiare la tua”
“Perché era necessario che io non venissi scoperto” ribattè il ragazzo.
“No” rispose Clarke guardandolo negli occhi, una lacrima scintillava alla luce della luna “Perché non potevo vivere senza di te” 
Bellamy si avvicinò a lei, i loro sguardi incatenati, le loro anime messe a nudo per la prima volta.
Allungò una mano verso quella lacrima solitaria, l’asciugò poi si chinò verso di lei e la baciò.
Fu un bacio leggero, un contatto lieve fra le loro labbra.
Durò un istante poi Bellamy si allontanò da lei e si volse per andarsene “Buona notte Brave Princess” 
Clarke era stordita.
Fra le mille domande e le mille emozioni che si rincorrevano riuscì solo a chiedere in un sussurro “Perché”
Bellamy si fermò, si girò un’istante
“Per darti una scelta” disse prima di rientrare nella nave.
Clarke rimase immobile la sua mente era un caotico miscuglio di pensieri a cui non riusciva dare ordine.





*TRADUZIONE: “Lasile, le Dee al ha decidut in un atre maniere”=Lasciala, la Dea ha deciso in modo diverso
  
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