Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Mai Valentine    02/10/2015    2 recensioni
Se Merida principessa ed erede di DunBronch si inoltrasse nella fitta foresta e seguendo il suo istinto trovasse un anello di ghiaccio? E se Elsa regina di Arendelle sognasse la coraggiosa e ribelle Merida e un regno devastato dalla guerra? Un viaggio oltre il tempo, un legame oltre ogni confine, una regina e una principessa così diverse unite da uno strano scherzo del destino.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Anna, Elsa, Kristoff, Nuovo personaggio, Olaf
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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Sulle aspre  ripide catene montuose dell'Himalaya soffiava un forte vento gelido. I lupi ululavano alla luna piena richiamandosi tra loro cercando cibo. In una grotta impossibile da notare da occhio umano tanto il suo ingresso era stretto e angusto, una giovane donna mescolava in un nero calderone una sostanza giallastra. Ad un tratto un esplosione la colpì in pieno viso e un gufo reale arruffò il piumaggio bubolando contro la strega. La donna si alzò da terra, sporca in viso di cenere e fuliggine, corse a vedere il suo operato. Finalmente ci era riuscita! Aveva creato i cinque anelli del potere. Chiunque li avrebbe indossati sarebbe stato il Berserk, il protettore delle vere maghe   che possedevano naturalmente il potere del fuoco, dei fulmini, del vento, dell'ombra e del ghiaccio. Li aveva forgiati per mantenere la pace e l'equilibrio nel mondo e finalmente poteva vantarsi di essere la più grande strega mai esistita. Restava un solo problema uscire dalla sua grotta e mettersi alla ricerca dei Guerrieri e fare in modo che si incontrassero con le loro padrone. Un arduo compito l'attendeva e decisa a compiere il grande gesto raccolse in fretta tutte le sue cose e  si apprestò a viaggiare per il mondo. Prima di varcare la soglia della sua caverna si rivolse al gufo.
         «Himalaya proteggi questa grotta da malintenzionati visitatori e fa che mai trovino gli anelli» e con un incantesimo protesse l'entrata della sua dimora; ella sicurezza aveva preferito portare con sé un anello alla volta.
         Dopo quindici anni di continui spostamenti e ritorni quattro anelli erano stati consegnati ai prescelti, eppure un pensiero cupo le attanagliava la mente e l'animo, il suo ultimo figlio non era degno di nessuno, troppo instabile, troppo violento, perfino l'ombra era stata domata. Tutti  tranne il ghiaccio. Ormai si era rassegnata a non poter  realizzare il suo sogno e decise di chiudere l'ultimo anello in una scatolina intarsiata con cerchi colorati e fiori che avrebbe portato con sé nell'ultimo viaggio, lasciò per sempre la sua dimora, passandola a una strega più giovane e forse più degna di lei.
         Percorse tutte le strade che aveva già tracciato tanto tempo prima, vedendo come i bambini o ragazzi a cui aveva consegnato gli anelli fossero diventati uomini o vecchi e come essi tramandavano ai loro figli o nipoti gli anelli addestrandoli per proteggere le maghe. Era orgogliosa di sé, ma non pienamente soddisfatta. Dopo un lungo vagare giunse sulle coste della Scozia. Un giorno mentre camminava aggrappata al suo bastone di legno di quercia la scatolina nella quale era chiuso l'anello vibrò. Incuriosita lo estrasse. Il monile emanava una luce così forte e accecante da sorprenderla. Si lasciò guidare dall'anello e fu allora che vide un giovane guerriero dai folti capelli rossi, ricci e ribelli, alto e dalle spalle larghe allenarsi con vigore con la sua spada. Il raggio di luce ghiacciata si posò sul cuore del ragazzo. La vecchia si inginocchiò colma di gioia e felicità. Il guerriero sentendo dei rumori sospetti scostò le folte fronde dei cespugli e vide una vecchia donna piangere.
         «É ferita?» domandò il ragazzo.
         «Oh, no. Piango di gioia, finalmente ho trovato l'ultimo custode dell'anello e sei tu».
         «Cosa?» aggrottò la fronte il giovane e per poco non rise in faccia alla vecchia, ma l'anello intriso di magia rotolò dalle mani della vecchia per legarsi all'anulare del guerriero. Il ragazzo spaventato cadde in terra.
         «Vedo che non perde tempo, è giunto il momento di allenarti». Al guerriero non restò altro da fare che seguire la strega.
 
***
 
         Erano trascorsi tre anni dal loro incontro, ma il ragazzo, ormai diventato uomo, non aveva ancora incontrato la sua maga, la padrona del ghiaccio. Aveva cercato in lungo e in largo, senza successo. Seduto sul pizzo di un promontorio scrutava il mare. La vecchia prese posto accanto al ragazzo e da una sacca estrasse un pezzo di focaccia con carne affumicata
         «Perché non si è ancora manifestata? Forse non sono degno» disse con un borbottio accettando il cibo.
         «Caro ragazzo, forse davvero destinato a qualcosa di grandioso. Tutti e cinque gli anelli separati hanno grandi poteri, ma insieme possono permettere alle persone di viaggiare nel tempo prendendo corpo e forma. Con uno è possibile solo superare la barriera degli anni e dei secoli, ma non potrai interferire in nessun modo con gli eventi, se non hai il cuore e l'anima pura. Invece,  con tutti e cinque potrai sia sei malvagio, sia se sei buono».
         Il guerriero e futuro re del suo regno si voltò verso la strega corrugando la fronte.
         «Qualcuno dei cinque ha mai viaggiato nel tempo?»
         «No che io sappia e chissà forse la tua maga del ghiaccio si trova al di là del tuo tempo. Ora và a dormire, domani andremo alla sua ricerca».
         Il Berserk vide la strega alzarsi e voltargli le spalle, quelle parole lo avevano rincuorato e con il sorriso sulle labbra divorò il resto della cena.
 
 
DunBroch
 
 
La porta di ferro e acciaio della prigione venne aperta. Lasciando filtrare un timido raggio di sole. I prigionieri furono costretti a chiudere gli occhi, la luce li infastidiva dopo aver passato una notte al buio. Elinor si alzò in piedi, con difficoltà; le catene le divorarono la tenera carne. Delle guardie poggiarono delle ciotole di terra cotta ai piedi dei prigionieri. DingWall la raccolse e la lanciò contro gli uomini in rosso.
         «Io non mangerò la vostra schifezza!» gridò rosso in volto per la rabbia. Il brodo di pollo venne rovesciato sui volti delle guardie, pezzi di carne scivolarono sugli abiti puliti. Il guerriero sguainò la spada puntandola contro la gola del Lord.
         «Fermo — ordinò Ramsay — questi uomini sono Lord e devono essere trattati con rispetto, anche se sono in catene. Noi non siamo come Shane e i suoi uomini».
         «Sissignore» rinfoderò la spada.
         L'erede dei Sutherland prese una nuova ciotola e la porse con gentilezza al Capo Clan DingWall.
         «Mi dispiace che siate qui a mangiare costretti in catene, ma prima sposerò Merida, prima verrete liberati e farete giuramento a me».
         «Tu non avrai mai mia figlia! Brutto...» imprecò Fergus, ma la bocca gli venne chiuse dal Lord dei Macintosh prima che potesse dire qualcosa di sconveniente e peggiorare ulteriormente la situazione. Ramsay entrò nella cella, tutti i Lord lo guardarono con aria di sfida. Tutti loro avrebbero voluto piantargli un bel pugnale nel cuore. Cautamente si abbassò e liberò la regina. Elinor scivolò in avanti e il principe Sutherland l'afferrò portandola via dalla cella.
         «Dove la stai portando?» domandò Fergus liberatosi dalla presa di Macintosh; gli aveva lasciato un vistoso segno di denti sulla mano.
         «Per mostrare a tutti voi le mie buone intenzioni ho liberato la vostra regina, la porterò nelle sue stanze e le darò abiti puliti e consoni al suo grado. Dalla nostra chiacchierata dipenderà anche il vostro futuro». Voltando le spalle ai prigionieri e diede ordine a due servette, appena arrivate, di portare Elinor nella sua stanza. La regina di DunBroch guardò con sospetto l'uomo, non si fidava di lui, ma lo preferiva a Shane.
         Venne condotta nella stanza di Merida, ogni cosa era stata lasciata al suo posto. L'arazzo che avevano cucito insieme riempiva la parete di pietra della camera; sentì lacrime calde scivolare ai lati degli occhi. Si avvicinò cauta al letto, poteva sentire con il tocco della mano il tiepido calore di sua figlia e il suo profumo. Una ciocca rossa troneggiava solitaria sul cuscino. Ricacciò indietro le lacrime, avrebbe voluto piangere, non poteva farlo; doveva essere forte per tutti loro. Le due servette, donne dei Sutherland, le indicarono il bacile di legno colmo d'acqua calda e rose profumate.
         «Il Lord ci ha raccomandato di servirvi con rispetto». Elinor titubante annuì spogliandosi dell'abito squarciato in più punti. Un segno rosso risaltava sulla carne chiara, non vi aveva fatto caso fino a quel momento. "Me la sarò procurata combattendo. Visto Fergus anche io potrò vantare di una cicatrice" ridacchiò a quel pensiero.
         Si immerse nell'acqua e lasciò che il suo corpo venisse  pulito dalle cameriere. Passò all'incirca mezz'ora e uscì dalla tinozza. Le due ragazze le porsero un elegante abito di satin lucido color avorio che scendeva fino alle caviglie, alla vita era legata una cintura d'oro con grandi dischi d'argento. I suoi lunghi capelli vennero raccolti in un'unica e vaporosa treccia. Si guardò allo specchio, emozionata.
         «Siete bellissima maestà» la voce di Ramsay la fece voltare di scatto e lo specchio le scivolò andando in frantumi; raccogliendo i cocci si graffiò il palmo della mano, strozzò un verso di dolore. Il Lord estrasse dalla sacca della giacca un fazzoletto e lo avvolse intorno alla mano della donna. Elinor chinò il capo in segno di ringraziamento.
         «Il rosso del mio fazzoletto coprirà il sangue — le porse il braccio —. Faremo colazione nella mia stanza». La regina chiuse gli occhi e accettò l'invito del giovane uomo. Doveva diventare amica del suo nemico per capirne le intenzioni.
         Entrarono in quella che un tempo era stata la stanza da letto di re Fergus, Elinor abbassò lo sguardo, non riconosceva nulla di quella camera nella quale aveva passato diverse notti, per dovere e per piacere*. Ramsay notò il mutamento d'espressione sul volto della donna e con gentilezza le scostò la sedia. Il tavolo era stato posto al centro della stanza, sul quale troneggiavano vari tipi di pietanze, carne sopratutto. Il Lord versò il vino nelle due coppe.
         «Alla nostra amicizia» alzò il bicchiere. Elinor lo imitò serrando le labbra.        «Perché mi hai portato qui? Perché mi hai liberato che cosa speri di ottenere da me?» domandò a bruciapelo. Ramsay sorrise.
         «Nulla in realtà, il mio è solo un atto di pura galanteria e cortesia nei confronti dei miei futuri parenti. Quando sposerò Merida voi vivrete in piena dignità».
         «Fino ad allora saremo vostri prigionieri?»
         «No, non è questa la mia intenzione, al massimo quella di Shane. Vedete, Lady Elinor — portò alle labbra un chicco d'uva — io voglio davvero liberarvi da queste catene. Io e mia sorella abbiamo poco in comune, certo io non ho visto cinque anni fa morire mia madre davanti ai miei occhi e non sono stato legato a un palo e torturato. E quando è riuscita a  liberarsi — sospirò —, vi risparmierò i dettagli cruenti di ciò che ha fatto». Elinor fece un calcolo veloce. "Cinque anni fa è stato quando io sono stata trasformata in orso". «Shane era una bambina cinque anni fa, come può essere una donna?» guardò con sorpresa l'uomo. Ramsay si limitò a un sorriso.
         «Comunque mia sovrana io tengo davvero a voi e...»
         «Se ci tieni libera mio marito e tutti i Lord rinchiusi, poi parleremo di alleanze».
         «Purtroppo non posso. Voi siete la mia garanzia e sarete trattata con tutti gli  onori, potrete anche uscite dal Castello, ovviamente protetta dalle mia guardie, ma sentitevi libera di fare ciò che volete».
         «Questa è casa mia, io sono libera di fare ciò che voglio» ribatté serrando le labbra.
         «Se fosse stata più giovane avrei sposato voi, dico davvero nonostante l'età siete una bella donna» e lo schiaffò arrivo veloce e rapido, aspettato. Elinor si alzò dalla sedia furente. Un ragazzo delle guardie la seguì conducendola nella sua stanza. Ramsay rise, aveva scoperto ciò che voleva sapere. "Neanche lei sa dov'è Merida".
 
***
 
Le porte della sala principale vennero aperte. Shane oltrepassò il cancello di legno, venne spogliata da una delle sue guardie dal mantello mentre Maudie accorreva per servirle la colazione su un vassoio, la cuoca tremava. La regina dell'ombra colpì il piatto d'argento che scivolò in terra tintinnando sulle dure mattonelle di pietra.
         «La caccia è andata bene sorellina?» domandò Ramsay scendendo le scale, avvertito dalle guardie  e dal rumore. «Ti sei nutrita di bambini?» la beffeggiò il Lord.  Shane gli  lanciò contro  il pugnale che andò a conficcarsi a pochi centimetri sopra la testa del giovane uomo. «Perché l'hai liberata? Doveva restare in carcere, come avevo ordinato».
         «Non ho nessuna intenzione di trattare queste persone come bestie da macello e io sono il Lord, tutti devono prendere ordini da me. Elinor è sotto la mia protezione e se mai le dovesse accadere qualcosa ne sarai tu la responsabile». Gli occhi di Shane erano due pozze scure, bruciavano come carboni ardenti, emanando scintille di guerra. Furente gli voltò le spalle uscendo nuovamente dal Castello. "L'ombra non può essere sconfitta".
 
Arendelle
 
Albeggiava e i primi raggi solari sfiorarono il volto dei giovani viaggiatori. Sven procedeva al galoppo sulla densa neve. Olaf scrutava l'orizzonte seduto sulla testa della renna. Kristoff teneva le redini con abilità e  Sven obbediva ai suoi ordini, fidandosi del padrone. Anna avvolta in uno spesso mantello cingeva la vita del ragazzo, mentre guardava con aria di rimprovero la regina.
         «Perché siamo partiti con il buio? Potevamo andare dai Troll molto più tardi» sbadigliò sonoramente accoccolandosi sulla spalla dell'Ice Master.
         «Ci sono cose che devono essere fatte di nascosto e non sotto al naso di tutti. Un po' come le strategie militari, neanche il tuo più fidato generale deve conoscere i tuoi piani. A volte bisogna fare delle scelte difficili che comprendono un sacrificio, questo significa regnare» rispose con viso impassibile.
         «E questa cosa da chi l'hai imparata?».
         «Da nostro padre».
         Anna abbassò il capo. Il re non le aveva mai svelato i suoi piccoli trucchi, tantomeno come condurre un esercito o progettare piani di guerra. Certo Arendelle era un regno pacifico, eppure dovevano sempre essere pronti a difendersi; gli invasori potevano essere ovunque e chiunque. La principessa guardò la sovrana che si torturava nervosamente le mani sfregandole tra di loro facendo arrossare la pelle pallida. Il re doveva aver passato molto tempo con Elsa per insegnarle ogni minimo segreto su come diventare una buona sovrana, mentre con lei si era limitata ad abbracci e sorrisi, a lunghe passeggiate a cavallo e a racconti di fiabe. Con chi aveva condiviso i segreti su come governare bene era Elsa. Non provò rammarico per questo, provò dispiacere per sua sorella che aveva da sempre portato un peso da sola. "La corona sulla testa è  un pesante macigno da sopportare. Vorrei che lo condividesse con me, per aiutarla" stava per rendere palesi i suoi sentimenti quando Kristoff urlò entusiasta scendendo dalla slitta.
         «Eccoci arrivati!» allargò le braccia sorridendo. Anna seguì il ragazzo correndo con lui, Elsa rimase indietro spaventata e timorosa. Quel posto così pacifico le riportava alla mente brutti ricordi. Sentì delle mani calde stringere le sue fredde e trascinarla al centro della radura. A un tratto le pietre si mossero e i simpatici esperti in amore si prepararono a cantare una canzone su quanto i piedi di Kristoff erano grandi e maleodoranti ma quando videro la regina tutti tacquero rimanendo in sospeso una strofa: «hai il piede così grosso che il mio testone gli fa un baffo... La Regina!» urlarono entusiasti.
         «Sua maestà Elsa da quanto tempo» disse uno avvicinandosi.
         «Come è bella» intervenne un secondo.
         «Il suo potere splende» affermò un terzo fino a quando Elsa non si trovò circondata dalle strane e pacifiche creature di pietra.
         «Un caldo abbraccio di Troll!» urlò Olaf lanciandosi tra le braccia della sovrana. Elsa cadde in terra sul morbido manto d'erba circondata da tante creature affettuose. Si lasciò scappare un sorriso.
         «É ancora più bella quando ride» disse un troll.
         «GranPapà» avvertì Kristoff e tutte le creature di pietra si spostarono lasciando la possibilità ad Elsa di rialzarsi e permettere al loro capo di incontrare la regina. Elsa alla vista del GranPapà si irrigidì, strinse le braccia al petto cercando di proteggersi. Anna le poggiò una mano sulla spalla sussurrandole: «va tutto bene».
         «Regina di Arendelle vi aspettavo, sapevo che i vostri sogni vi stavano turbando e anche la presenza di visitatori stranieri».
         «Si e uno strano anello di ghiaccio» continuò facendosi coraggio.
         «Oh, allora è giunto il vostro Berserk... Fate attenzione all'anulare della mano sinistra»
         Elsa lo guardò confusa.
         «Dovete sapere che i vostri poteri sono protetti dal possessore dell'anello e solo colui che ha o detiene il monile può diventare il vostro guerriero. Come è accaduto tanto tempo prima alla vostra bisnonna». Anna ed Elsa si lanciarono occhiate di stupore.
         «Bisnonna?» domandò Kristoff spalancando la bocca.
         «Risale a molto tempo fa questa storia, ma partiamo dall'inizio. Voi non siete l'unica ad essere nata con i poteri, sebbene quando voi eravate piccolina pensai a un maleficio; ci sono state altre donne nel corso del tempo ad avere tali capacità. I cinque elementi divisi in cinque persone diverse: fuoco, fulmini, vento, ombra e ghiaccio e solo le donne li possiedono» prese una breve pausa affinché fosse chiaro a tutti ciò che stava raccontando, poi continuò: «una strega moltissimi anni fa decise di creare  cinque anelli e donarli a coloro che sarebbero stati degni di proteggere, in caso di pericolo, le maghe. Dopo averli forgiati si mise in viaggio e quattro su cinque anelli vennero consegnati, rimaneva solo uno».
         «Il ghiaccio» lo interruppe Anna. Kristoff le tappò la bocca curioso di sapere il resto della storia.
         «La strega rassegnata a non trovare mai padrone decise di abbandonare la sua grotta per tornare a percorrere le strade della gioventù e dopo un lunghissimo tempo giunse in Scozia».
         «E lì vi trovò il Guerriero?» chiese Anna mordendo la mano del ragazzo.
         «Si,  fu il primo dei cinque a compiere il viaggio nel tempo incontrando e aiutando la sua Lady, la vostra bisnonna».
         «Colei che aveva il mio stesso potere...Perché non avete detto nulla a mio padre quella volta?» ed Elsa sentì la rabbia e la frustrazione aumentare in lei. Se avessero trovato il Berserk la sua vita e quella di Anna sarebbe stata migliore, avrebbe potuto aiutarla con i suoi poteri. La principessa percepì la rabbia della regina e le strinse il braccio rassicurandola.
         «Il Guerriero, in questo caso il viaggiatore del tempo può presentarsi una sola volta in caso di estremo pericolo per la sua maga o per chiedere  e ricevere aiuto, siete uniti dallo stesso destino».
         «E la nostra bisnonna cosa c'entra in tutto questo?» incalzò Elsa. GranPapà tentennò poi con un semplice schioccare delle dita fece apparire innanzi agli occhi della regina un libro dalla copertina di stoffa blu rovinata in alcuni punti. Elsa lo prese titubante.  
         «Qui è raccontata tutta la storia. L'ho custodito fino a questo giorno, se volete sapere la verità basterà sfogliare queste pagine. La regina annuì e con il cuore che le martellava nel petto voltò le spalle ai troll salendo in slitta.
         «Elsa aspetta!» gridò Anna.
         «É normale che sia scossa. Ho già sbagliato una volta, non arrabbiatevi con lei per questo». La principessa ringraziò il troll e di fretta, con Kristoff, raggiunsero la slitta. Elsa non parò per tutto il viaggio di ritorno.
 
***
         Le porte principale del castello venne aperta e la servitù con un profondo inchino accolse le loro maestà. In fretta spogliarono la principessa dalla sua mantella umida, mentre Elsa scostò con un po' troppa fretta la cameriera che voleva solo aiutarla.
         «No!» Urlò la regina e  i presenti si voltarono a guardarla. Ghiaccio si  era formato su tutte le pareti della sala. Kai accorse in fretta dalla regina.
         «Maestà si sente bene?» Aveva compreso che qualcosa turbava l'animo della sua buona e fragile sovrana.
         «Lo vorrei» bisbigliò.
         «Accompagnatela nelle sue stanze e...» prima che potesse concludere la frase un urlo squarciò il silenzio. Le grida provenivano dalle stanze superiori. "Merida" pensò Elsa e senza più badare alla pericolosità del suo potere sotto lo sguardo confuso di tutti salì le scale. Anna, Kristoff la seguirono con il fiato corto. La regina spalancò la porta della stanza della straniera e ciò che vide la lasciò sorpresa. Merida  con un lenzuolo avvolto intorno alle spalle fino sotto ai piedi, brandiva un vassoio d'acciaio difendendosi contro un innocuo Olaf. Il pupazzo di neve dimenava la parte inferiore del corpo nella speranza di riuscire a recuperare la testa, dopo essere stata lanciato vicino alla porta.
         «Ciao Elsa, ciao Anna! Mi recuperereste la mia testa? Le mie chiappe vanno dove vogliono» rise. Tre bambini tutti nudi entrarono nella stanza, avevano inseguito fino a quel momento il pupazzo per poi perderlo di vista e quando lo trovarono gli si lanciarono contro. Anna fece in tempo a recuperare la testa.
         «Olaf perché sei finito qui?»
         «Vi stavo cercando ovunque e ho pensato che tu ed Elsa stesse ancora domerndo e sono entrato nella sua stanza, ma a quanto pare non è più sua».
         «No, Olaf hai sbagliato stanza» rispose Anna.
         «Oh!» ribatté il pupazzo sorpreso.
         «Quel coso parla! Hamish, Harris, Hubert allontanatevi subito da quell'essere!» disse sconvolta la principessa di DunBroch.
         «E dovresti vedere quando Elsa è raffreddata cosa accade» ridacchiò Kristoff. La sovrana gli puntò una gomitata nel fianco, il ragazzo si piegò per il dolore. Con uno schioccare delle dita legò con una corda sottile di ghiaccio i tre bambini, mentre Gerda li afferrò uno a uno per lavarli; i principi salutarono Olaf chiudendo e aprendo le paffute mani. E prima che Merida potesse dire altro la costrinse a sedersi sul letto premendo le mani sulle spalle. L'arciera era sempre più confusa e sconvolta.
         «Magia, tutto questo è magia! Oh, no... la vecchia strega, mia madre... Orso. Il Drago di ghiaccio» strinse la testa tra gli avambracci, la sentiva scoppiare.   «Correte a chiamare il dottore» gridò la regina allontanandosi. Merida la fermò per un braccio costringendola a restare.
         «No, no niente guaritori, per piacere». Elsa abbassò lo sguardo sulla mano e vide l'anello. "Fai attenzione all'anello" le aveva suggerito GranPapà e di fretta si allontanò dalla principessa.
         «Uscite» ordinò Elsa. Anna e Kristoff seppure confusi obbedirono all'ordine. Merida  la guardò stringendo le palpebre, più la fissava e più si ricordava di quei sogni cupi e belli che avevano tormentato alcune sue notti. Cosa fare? Dirle la verità? Sforzarsi di ricorda ancora un po'? O tacere? Sapeva solo che quella donna seduta di fronte a lei avrebbe cavalcato un drago di ghiaccio.
         «Vorrei sapere cosa ricordi, da dove sei venuta e chi sei...» Elsa spezzò il flusso dei suoi pensieri con quelle lecite domande. Si torturò le labbra con i denti, rispose.
         «Ricordo molto poco, ho visioni di quello che è accaduto tra passato e presente e più mi sforzo di rimembrare più la testa scoppia. Vengo dalla Scozia o così credo, dovrei chiamarmi Merida ma non ne sono completamente sicura». Era una mezza verità, alcune cose già le ricordava, come i suoi fratelli che erano entrati poco prima nella stanza, ma per il resto vi era ancora una nebbia a offuscarle la memoria.
         «Capisco, allora Merida io sono Elsa regina di Arendelle, un piccolo regno che affaccia sul fiordo e fin quando non ricorderai sarai mia ospite» le sorrise. La straniera trovò quel sorriso rassicurante, non era un nemico.
         «Posso uscire da qui? Vorrei andare a trovare i miei fratelli». Elsa si alzò e scostò dalla fronte della misteriosa giovane  il groviglio di capelli ricci e mossi, era calda ma non scottava. Merida trovò piacevole quel contatto, fresco e rigenerante e provò dispiacere quando l'altra scostò le dita. Un lieve rossore si dipinse sulle sue guancie lentigginose, sperò che Elsa non lo notasse.
         «Non hai febbre, però se ti farai visitare dal dottore sarai libera di andare a trovarli».
         La principessa rifletté qualche istante poi annuì. «Ma a delle condizioni: che resti con me durante la visita e che sarai tu a farmi fare la visita guidata del castello; il re Fergus, mio padre, è solito mostrare ai propri ospiti il castello con tutte le sue stanza e le sue terre». Merida sgranò gli occhi, un altro dettaglio e un altro ricordo che si andava ad unire ai precedenti, il colpo alla testa era stato forte, ma forse non così tanto.
         «Quindi sei una principessa» pensò più tra sé che rivolgendosi alla ragazza seduta sul letto.
         «Si, lo sono o credo di esserlo» scrollò le spalle.
         «Va bene, accetto le tue richieste, principessa di un posto sconosciuto in Scozia». Un sorriso di vittoria si dipinse sul volto della giovane principessa che trattenne un gridolino di esultanza. "Mia sorella andrebbe davvero d'accordo con Merida".
 
***
 
         Il dottore visitò la ragazza, era in perfetta salute. Con calma fasciò il corpo della giovane donna con fascia pulite, dopo averla disinfettata. Merida non era molto a suo agio, odiava essere toccata da mani estranee, sopratutto quelle di strani guaritori dai baffi arricciati, lunghi e bianchi. Di tanto in tanto posava lo sguardo sulla regina, era rassicurante.
         «Abbiamo finito» disse il dottore posando tutto nella sua borsa nera.
         «Quindi sto bene?» domandò l'arciera saltando sul letto.
         «Perfettamente, non ha più bisogno di stare chiusa in stanza, può andare dove desidera» rispose il medico. Merida fece i salti di gioia e non notò che Elsa accompagnò il dottore alla porta.
         «Gode davvero di ottima saluta, tuttavia c'è un problema...» parlò con voce molto bassa per non farsi udire.
         «Riguarda la memoria, è consapevole di averla perduta, ma quando la riacquisterà del tutto?» disse con un bisbigliò voltandosi piano verso la giovane che si stava rivestendo.
         «Maestà purtroppo è questa la nota dolente, non possiamo saperlo, in nessun modo. Però potreste provare a parlare con lei, oppure mostrarle luoghi che possono ricordarle il passato nella speranza di un ritorno dei ricordi totale e non parziale» Marcus si aggiustò la tuba sul capo, arricciando i baffi.  Elsa sospirò.
         «Va bene, farò il possibile».
         «Per qualsiasi cosa l'avvertirò. Vi ringrazio, per il vostro lavoro sarete ricompensato lautamente». Merida li stava ascoltando ed Elsa con estrema bravura riuscì a mantenere la sua compostezza. Il dottore comprese.
         «É sempre un onore lavorare per lei, vostra altezza. Buona giornata Merida e cerchi di non cacciarsi nei guai».
         «Ci proverò» fece spallucce e il dottore con un sorriso chiuse la porta. La principessa si avvicinò alla regina avanzando piano.
         «Allora, giro del Castello?» domandò sorridente.
         «Perché no?» ma mentre Elsa stava aprendo la porta per uscire un affannato Kai non appena la vide fece un profondo inchino, aveva il fiato corto ed era rosso in volto per la gran corsa.
         «Maestà ci sono i consigliere delle Isole del Sud e richiedono urgentemente la vostra presenza». Elsa si morse il labbro lanciando uno sguardo dispiaciuto a Merida.
         «Devo andare» bisbigliò.
         «Ho capito, sei una regina e hai i tuoi doveri... Anche mia madre dice sempre: "Merida prima il dovere, poi il piacere!"» rispose imitando la voce di Elinor, alla sovrana di Arendelle scappò un risolino.
         «Cercherò di fare in fretta e mostrarti così il castello» rimasero in silenzio. Merida annuì ed Elsa, in fretta, seguì il maggiordomo. La principessa di DunBroch annoiata e dispiaciuta si gettò sul letto, sprofondando sul materasso con un pesante borbottio. «Che noia!»
 
***
        
         Una figura entrò nella stanza della straniera. La camera era buia, le tende coprivano le grandi vetrate delle finestre. Merida aveva gli occhi chiusi, sembrava che dormisse. la visitatrice allungò una mano, ma prima che potesse toccarla la principessa la fermò stringendo il polso. Si guardarono negli occhi.
         «Sei la ragazza che mi ha trovato...» cercò di ricordare.
         «Sono Anna principessa di Arendelle, sorella minore della regina, non che essere una sorella minore sia brutto, anzi sei libera da impegni e cose noiose tipo: sorridere sempre, essere elegante, gentile, cortese, disponibile».
         «Non puoi ruttare o scaccolarti liberamente» aggiunse Kritoff varcando la soglia.
         «Io non rutto» rispose risentita.
         «Già, come no».
         Anna lanciò contro il povero Ice Master il suo stivale che lo colpì dritto in pieno viso lasciandogli un vistoso segno. Merida si alzò sul letto sporgendo il capo verso sinistra per vedere se il ragazzo stesse bene. Kristoff si toccò il naso sanguinava.
         «Bene, tornando a noi Elsa mi ha mandato per guidarti dai tuoi fratellini, sai stanno facendo impazzire Gerda, povera donna. Non che io ed Elsa eravamo tranquille da piccole!». Merida provò ad immaginarsi l'imperturbabile regina combinare qualche guaio correndo su e giù per le scale del Castello, oppure rubare tutti i dolci dalla cucina... No, Elsa non poteva essere stata una peste da piccola.
         «Va bene, immagino che sua altezza sia ancora impegnata».
         «E lo sarà fino a sera. Vedi un pericoloso criminale farabutto, un uomo da niente dal cuore di ghiaccio, tre anni fa ha messo in pericolo la vita mia e quella di mia sorella e pensare che volevo sposarlo dopo un giorno che l'avevo conosciuto!»
         «Sei pazza? Dopo appena un giorno?» domandò sconvolta l'arciera.
         «Quello che le dissi anche io» si intromise l'Ice Master pulendosi il naso. Anna gli pestò il piede, il ragazzo soffocò un gemito.
         «Lo vuoi morto?»
         «Morto? No, no, è solo il mio fidanzato che ho conosciuto quando, appunto, stavo andando a salvare Elsa e...»
         «Saresti la figlia ideale per mia madre, io sono allergica ai fidanzamenti e al matrimonio!» e un nuovo ricordo si aggiunse agli altri precedenti. La testa sembrò scoppiarle. Si accasciò inginocchiandosi in terra.
         «Stai bene?» domandò Anna. Merida cercò di soffocare un gemito mordendosi le labbra. Kristoff la raggiunse e prendendola in braccio la posò sul letto.
         «Forse è meglio andare a chiamare il dottore» disse Anna uscendo dalla stanza.
         «Tanto non potrebbe fare molto, non c'è cura» rispose girandosi su un fianco.
         «E allora?»
         «Credo sia meglio lasciarla riposare ancora un po'. Andiamo Anna dopo avvertiremo Elsa».  I due giovani chiusero la porta e sentirono Merida sussurrare un grazie.
         Anna e Kristoff scesero le scale che portavano al pian terreno, videro passare innanzi ai loro occhi Olaf inseguito dai tre bambini a loro volta  rincorsi dalle cameriere. Il castello aveva ripreso vita.
         «Forse sarà meglio uscire a prendere una boccata d'aria» le propose Kristoff porgendole il braccio. Anna accettò.
         Una volta fuori dalle mura i loro piedi affondarono nella neve alta, i raggi solari battevano tiepidi sui loro visi. Camminarono restando in silenzio, erano entrambi preoccupati per quegli strani avvenimenti e Kristoff pensava e ripensava alla proposta che voleva fare ad Anna. Posò dolcemente lo sguardo sulla ragazza e vide che sorrideva, forse stava pensando a qualcosa di buffo. si erano allontanati un po' dal castello e intorno a loro non vi era nulla, solo loro e la neve. L'Ice Master vide che in terra sbocciava un fiore solitario, giallo e luminoso. Inginocchiandosi lo colse. Raggiunse la principessa con una corsa e l'abbracciò tenendola stretta a se.
         «Sei bellissima, ma lo saresti ancora di più con questo tra i capelli». Legò in una ciocca il bel fiore e gli occhi azzurri della ragazza si illuminarono ancora di più.
         «Grazie Kristoff... ma dove l'hai preso».
         «Proprio qui... Che strano vi è un altro e un altro ancora, stanno sbocciando a centinaia ed è inverno!» si batté la mano sulla fronte sorpreso. Anna alzò la gonna e con una sfrenata corsa iniziò a seguire la pista di fiori, Kristoff non ebbe altra scelta che rincorrere la ragazza, sebbene non fosse molto contento.
         «Anna fermati! Doveva vai? Potrebbe essere pericoloso» gridò.
         «Per questo ci sei tu con me, per difendermi» urlò. L'Ice Master sospirò e rassegnato raggiunse  con un balzo la principessa. A un tratto si trovarono poco distanti dall'entrata della foresta. Il silenzio era assordante. Proseguirono ancora  un po' inoltrandosi nella fitta boscaglia con il cuore che batteva in gola. Kristoff si toccò il fianco tenendo saldo il manico della padella guardandosi intorno vigile. Ad un tratto udirono una canzoncina, cantata da una voce sottile e melodiosa. Cauti si avvicinarono e videro una figura avvolta da un grigio mantello che gettava fiori da un cestino di vimini.
         «Forse si è persa» bisbigliò Anna.
         «Si e lancia fiori per trovare la strada di casa, Hansel e Gretel» broborttò il ragazzo.
         «Stai zitto».
         «Non mi sono persa» disse la strana figura. La principessa si aggrappò al braccio del giovane che sguainò la padella.
         «Ah e chi è e cosa vuole?»
         «Nulla, solo vedere quanto è bello l'amore che può sbocciare come un fior» canticchiò voltandosi verso i due ragazzi che presi alla sprovvista fecero un salto indietro.
         «Ho capito di essere vecchia, ma non così brutta» sbuffò.
         «Ehem, ci scusi. Io sono Anna e lui è Kristoff e...».
         «So benissimo chi siete. Io sono la streg — si morse la labbra secche — la vecchia dell'Himalaya e ho un compito speciale per voi».
         «E sarebbe?» chiese l'Ice Master chiudendo le braccia al petto.
         «Una sciocchezza da nulla, dovrete semplicemente aiutarmi a far in modo che il guerriero e la maga si uniscono in un solo potere». Anna e Kristoff la guardarono sgranando gli occhi, come se avesse detto qualcosa di comprensibile per le loro orecchie.
         «Cosa?» ripeterono.
         «Quello che ho già detto, ve lo ripeto se non fosse abbastanza chiaro: che il guerriero e la maga si uniscono in un solo potere o le tenebre scenderanno sul tempo divorando ogni cosa». La strega allargò le braccia verso l'alto e il cielo si scurì divenendo buio, il vento tirò più forte e ogni calore era scomparso dal mondo. Spaventati fecero lenti passi indietro per poi correre verso il castello lasciando sola la vecchia che balbettò: «ma dove state andando!»  e quando alzò gli occhi al cielo capì.
 
***
 
         La pioggia batteva sui vetri, goccioline d'acqua che andavano a unirsi a quelle precedenti. Elsa guardò malinconica oltre la finestra, l'intero giorno l'aveva passato a discutere con le autorità delle Isole del Sud sul caso del principe Hans che finalmente aveva trovato moglie, una giovane principessa di qualche regno lontano, in Oriente e finalmente aveva messo fine alle sue manie di grandezza. Aveva trascorso l'intero pomeriggio a ricevere cameriere, sarte venute da ogni angolo del mondo per mostrarle i loro lavori, artigiani, fabbri, musicisti,  garzoni su come doveva essere organizzata la festa e a quel punto era intervenuta la gentilissima Gerda e infine si era ritrovata con una pila di carte da firmare, conti da analizzare e a dover parlare con il ministro del tesoro, un uomo tarchiato, dal ventre prominente e austero. Era stato l'incontro peggiore della giornata. Guardò gli ultimi plichi di carte da controllare, sbuffò. Sentiva il suo potere crescere dentro di se, scorrere nelle vene, aveva bisogno di essere liberato, quei giorni erano stati molto stancanti. Aveva anche rinunciato alla cena e il vassoio che le era stato portato era completamente intatto. Non aveva più molta fame, però aveva voglia di creare qualcosa di bello, di far scaturire l'energia dalle sue mani e con un sorriso, si alzò dalla sedia e seguendo un immaginaria melodia iniziò a danzare, intorno a lei il ghiaccio prendeva vita. Non pensava a cosa stesse creando, si stava lasciando guidare solo dal suo istinto e quando si fermò, accaldata, scarica di ogni energia e felice rimase sorpresa dalla sua creazione: un magnifico drago dalle squame trasparanti, dalle ali che coprivano l'intera sala e la coda talmente era lunga da essere attorcigliata su se stessa. Provò la stessa sensazione di soddisfacimento e stupore di quando aveva creato il castello, non poteva credere alla sua vista; sembrava vero, forse lo era. Facendosi coraggio allungò una mano e in quel momento sbatte le palpebre, due occhi color zaffiro la scrutavano. Elsa indietreggio. La sua creatura era viva, proprio come Olaf. Bussarono alla porta e la regina distolse lo sguardo dal drago.
         «SI?»
         «Il principe Ramsay chiede di vederla, maestà».
         Elsa attese prima di rispondere, la paura di essere scoperta, la paura di incontrare il Laird avvolsero il suo animo e il drago aprì la bocca emanando un verso di dolore, frantumandosi in mille pezzi. La sovrana trattenne un grido soffocato guardando la sua opera andare in frantumi, sgretolarsi inesorabilmente. Sentì le lacrime pizzicarle gli occhi.
         «Maestà ho sentito un rumore, tutto bene? Devo chiamare le guardie?»
         «No, no! Ora arrivo. Dite al principe che sono pronta».  
 
***
 
         Il cielo era coperto da uno strato di nuvole, la pioggia aveva smesso di bagnare la terra. Il vento soffiava forte, costringendo il Lord ad alzare fino al mento il bavero del cappotto che scendeva lungo oltre il ginocchio. Elsa era e restava impassibile al freddo, indossava un abito color blu notte, di seta; il corpetto era fatto di intricato ricami a forma di fiocchi di neve che le fasciava il busto, la gonna scendeva morbida lungo i fianchi, mettendo in risalto la spaccatura laterale destra lasciando intravedere la coscia bianca. Il vestito ricavato dal suo stesso potere. I capelli erano tenuti nella solita treccia, tra essi vi erano delle schegge di ghiaccio, il resto di ciò che rimaneva del suo drago. Ramsay l'osservava ammaliato. Passeggiavano lungo i giardini reali, il parco era completamente innevato creando un aspetto magico e surreale.
         «É davvero magnifico, immagino che abbiate passato interi giorni quando eravate piccola in questo angolo di paradiso». Elsa lo fulminò con lo sguardo, non era colpa sua, non tutti sapevano che aveva vissuto molto tempo chiusa in una stanza, tra quattro mura.
         «Lo guardavo dalla finestra, ammiravo tutto dalle grandi vetrate della mia camera. Io non uscivo mai» ribatté distante.
         «Mi dispiace, non lo sapevo».
         «Nessuno lo sa».
         Ramsay annuì. Continuarono a camminare lasciando vistose impronte nella neve alta. Elsa era silenziosa ed enigmatica, non lasciava traperlare sentimenti di alcun tipo e tutto ciò il Lord lo trovava davvero interessante.
         «A vostra sorella Anna immagino fosse permesso uscire dalla sua stanza» continuò.
         «Lei non è nata con...» si trattenne mordendosi la lingua.
         «I poteri? No, Elsa, non fartene una colpa. È un dono non una maledizione, significa che sei speciale».
         «Per lei, mio Lord, io sono vostra altezza o vostra grazia, come preferisce. Invece credo che proprio coloro che non hanno nessun dono sono quelli più forti».
         «Vostra magnificenza, dovrebbe andare bene ma preferisco chiamarti Elsa è più bello e musicale. Vi riferite a vostra sorella Anna, Elsa?» la provocò il principe. La regina si fermò puntando i piedi in terra, guardandolo con occhi di sfida. Gli occhi di Ramsay si illuminarono, maliziosamente. Elsa si trovava schiena a un albero, non avrebbe avuto possibilità di fuga e con passi decisi avanzò verso di lei.
         «Le ho già detto che nessuno può rivolgersi a me chiamandmi per nome, non siamo in confidenza. Certo è mio ospite e pretendente, ma non mio marito».
         «E se lo diventassi potrei chiamarti Elsa?» Avanzò ancora costringendo la sovrana a indietreggiare, toccò con la mano la corteccia dell'albero. Era stata stupida, era caduta nella trappola dell'uomo, ingoiò un boccone che scese a fatica lungo la gola. Ramsasy la guardava come un predatore guarda la sua preda, famelico. Gli occhi verdi scintillavano nel buio della notte. Una mano le accarezzò il viso, erano terribilmente calde rispetto alla sua pelle fredda e marmorea.
         «Elsa il tuo nome riempie i miei polmoni d'aria fresca ogni volta che lo pronuncio. Elsa non poteva essere un nome più adatto e nobile per una misteriosa regina. Elsa dalla prima volta che ti ho visto ho desiderato sfiorare queste tenere e tremolanti labbra, rosse come rose in un campo di margherite. Elsa permettimi questa impudenza». Avvicinò il volto a quello della regina, li dividevano centimetri. La sovrana non riusciva a far uscire il suo potere per paura di poter fare del male, per paura di essere vista e perché era ipnotizzata da quell'uomo dallo sguardo impenetrabile e oscuro. Le loro labbra si sfiorarono, Ramsay con una mano strinse il fianco della donna avvicinandola di più al suo corpo distruggendo ogni muro e ogni distanza. Un sibilo nell'aria e un rumore. Elsa lo allontanò da lei con una spinta decisa. Una freccia era atterrata a pochi centimetri dagli stivali del Lord. Ramsay alzò lo sguardo confuso, non vi era nessuno in vista, o almeno non si faceva vedere. Con il cuore che le martellava nel petto Elsa alzò la gonna del vestito fuggì dal principe. Il Lord provò a rincorrerla, ma un'ombra scura gli passò accanto. E Ramsay capì dover seguire l'ombra.
        

Angolo Autrice:
         Salve a tutti non mi sono dimenticata di questa storia solo che ho dovuto studiare per il mio penultimo esame della specialistica che ho passato a pieno voto (esulta come una pazza)e per questo ho dovuto rimandare la stesura del testo e la pubblicazione. Come avevo detto ho cercato di spiegare la nascita degli anelli e sopratutto come Elsa è nata con questi poteri (è una mia spiegazione e spero che la Disney con il sequel ci illuminerà). Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, che continuerete a seguirmi e di non starvi annoiando troppo. A presto, Mai Valentine. 
   
 
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