Long live the lioness
“And I know it’s hard when you’re falling down
And it’s a long way up when you hit the ground
Get up now, get up, get up now.”
On The Top Of The World, Imagine Dragons
La barca scivolò leggera
sull’acqua, spinta dal movimento quasi magicamente sincronizzato dei vogatori.
Ogni volta che i lunghi remi si immergevano, lasciandosi dietro sottilissime
scie di schiuma, l’imbarcazione subiva un leggero strattone in avanti.
E ad ogni istante si allontanava ancora
di più dal molo, diventando via via un puntino sempre più piccolo, sempre più
lontano, sempre più indistinto contro l’orizzonte e l’immensità del mare colore
del vino.
Chiuse gli occhi, prendendo un
lungo, lunghissimo respiro.
Era
successo. Era davvero successo. Tutto era accaduto troppo velocemente e troppo
lentamente insieme, mentre una strana, un’orribile sensazione l’aveva pervasa,
un orrendo misto di frustrazione e soprattutto…impotenza.
Abbassò il capo, mentre lo
sguardo si annebbiava e perdendosi tra i pensieri si estraniava da ciò che la
circondava.
Prima
non aveva mai nemmeno osato immaginare come si sarebbe sentita quando ciò che
era appena accaduto fosse successo. La sola idea la faceva stare male.
In
qualche modo però…si aspettava tristezza, malinconia, sconforto.
E
invece…
Con
in bocca un sapore amaro e metallico non sentiva altro che il vuoto.
Vuoto
assoluto, totale, senza limiti né confini.
Le
sembrava di cadere, cadere, cadere…una caduta che pareva non avere mai fine.
Percepiva ciò che la circondava
come…come se tutto non avesse la giusta consistenza, fosse troppo sfuocato,
troppo flebile, che…che tutto fosse solo
un incubo.
Ma sapeva che era tutto vero. Era
davvero successo. E…
E
basta. Era successo. E ora lei…doveva in qualche modo andare avanti, voltare
pagina.
Le
speranze che aveva covato nel profondo, le illusioni della notte
precedente…erano follemente affascinanti, confortanti, rassicuranti. Quelle
false illusioni erano riuscite a restituire a entrambi un po’ di felicità e
serenità, almeno per poche ore.
La realtà era un’altra però…
Lo
sapeva, lo aveva sempre saputo, che lui…che lui non sarebbe mai più tornato.
Certo, le promesse che le aveva
fatto…
Tommen le avrebbe mantenute. Era
certa che lui ce l’avrebbe davvero messa tutta. Ma anche se fosse riuscito a
sconfiggere il misterioso morbo…
Loro
non avrebbero mai permesso che tornasse. Che tornasse al suo posto, che
tornasse nella sua città, che tornasse da lei.
Eppure ora erano lì, a pochi
metri di distanza, impegnati a piangere la partenza del re. Margaret poi…sembrava davvero distrutta.
Ma Myrcella si rifiutava di
credere che lo fosse davvero, stava solamente fingendo, fingendo molto bene, ma
fingendo…
Si era impossessata di lui,
interessata solo a quella sedia di spade, niente di più. L’aveva piegato, usato
per ottenere ciò che voleva. E ora che non gli serviva più, se n’era
sbarazzata, come se fosse un vecchio tappeto. Per lei Tommen non contava assolutamente nulla.
Si morse il labbro.
Quello
che covava nei loro confronti…
I movimenti di tutti interruppero
i suoi pensieri. La colossale delegazione venuta a salutare il re si apprestava
a rientrare nella Fortezza Rossa.
Tutti le passarono di fianco, e
nessuno si astenette dal lanciarle un’occhiata.
Radunò ogni forza che trovò
dentro di sé per imporsi di non versare nemmeno una lacrima, non davanti a
tutti quegli…estranei.
No,
non avrebbe pianto. Lei era il sangue del leone.
In quel vuoto senza fine cominciava ad
avvertire i primi segni di quello che l’avrebbe tormentata nelle ore seguenti.
Ma represse tutto in un angolo del suo animo.
Quasi sette anni prima aveva detto a
Tommen, su quello stesso molo, di continuare a vivere, di farsi coraggio, di
aspettare con fiducia il suo ritorno.
Di essere forte.
E in quel momento doveva esserlo lei.
Il
ritorno alla Fortezza Rossa fu lungo, breve, caotico, silenzioso. Anche se
fosse piovuto oro liquido, non se ne sarebbe accorta.
Era
persa, completamente persa dentro di sé, troppo persa per poter percepire la
realtà che la circondava.
Scese
dalla portantina sentendosi leggera, come se camminasse a un metro da terra. Ma
in quel momento, al contrario di molte altre volte, non era affatto una bella
sensazione.
Nel
cortile del castello regnava il caos assoluto.
Decine
e decine di cavalli, carri, carrozze, e centinaia di cavalieri, scudieri,
servitori, dame, soldati affollavano lo spazio all’ombra delle mura rosse.
All’improvviso
tra tutta quella confusione si aprì un varco.
E
quello che vide…
No, no, no. Stava sognando. Stava solo
sognando. Ma nemmeno gli incubi peggiori erano come quello che stava vivendo. E
quindi…
Non ebbe il tempo di finire il pensiero.
Trystane
le venne incontro, con dipinta sul volto un’espressione…era quello di cui aveva bisogno.
Ancora
incredula, sentì le mani di lui sfiorarle la pelle.
No, non era un sogno.
Si
abbandonò completamente tra le braccia di lui.
Forse
il suo principe aveva detto qualcosa, ma lei non era nella condizione di
ascoltarlo, di prestare attenzione, di poter replicare, di poter fare qualsiasi
cosa. Non in quel momento.
In quel
momento…
Non chiedeva altro
- - - - - - -
Meereen
"Il consiglio si scioglie”
urlò l’araldo.
Tutti si alzarono in piedi.
“Lunga vita ai draghi” tuonò
ancora l’uomo.
“Lunga vita ai draghi” ripeté lui insieme agli altri, con tono
stanco e distaccato.
Socchiuse gli occhi, avviandosi
verso la scalinata esterna.
Aveva
un disperato bisogno di staccarsi dal mondo, di svuotarsi la testa da tutte
quelle preoccupazioni, di stare da solo.
Sentì una voce chiamarlo da
dietro. Si fermò, voltando il capo verso chi l’aveva chiamato.
Incrociò lo sguardo di Ser Barristan.
Di sicuro voleva parlare di qualcosa di importante.
Ma in quel momento non aveva la
forza mentale per affrontare una simile conversazione.
Con un cenno del capo fece capire
a Selmy di non potere. Non ora.
Tornò sulla sua strada,
percorrendo a passi veloci la distanza che lo separava dalla porta.
Uscì, facendosi investire dal
calore del tardo pomeriggio.
Sovrappensiero scese la
lunghissima scalinata, raggiungendo le scuderie.
Con gesti meccanici sellò il
cavallo, montò e partì al galoppo, lasciandosi in pochi minuti la polverosa e
chiassosa città alle spalle.
Cavalcò per mezzo miglio, o forse
più di un paio, oppure…per decine e decine. Non avrebbe saputo dirlo.
Lanciando il cavallo a folle
velocità riuscì finalmente a staccarsi dalla realtà, da quella situazione così
precaria e fonte infinita di preoccupazioni.
Solo quando sia lui sia l’animale
furono senza fiato pose fine alla corsa sulla cima di un colle.
Smontò, andandosi a sedere su un
masso.
Lasciò che il suo sguardo si
perdesse nell’orizzonte.
Si portò una mano al volto,
stringendosi le tempie nel palmo.
Due
mesi. Due dannatissimi mesi.
Ogni
giorno diventava sempre più difficile, più insicuro, più imbarazzante, più
disarmante.
Aegon
era volato via in groppa a Rhaegal e non aveva più fatto ritorno.
Si
fidava ciecamente del giovane drago, ogni parte di lui si rifiutava di credere
che fosse scappato, sapeva, era certo, che sarebbe tornato.
Aveva
anche impedito che lo andassero a cercare, aveva imposto che tutto continuasse
a funzionare normalmente. Il principe poteva fare ciò che riteneva più giusto e
il loro dovere era quello di servirlo.
Ma ogni giorno di assenza non
faceva che aumentare gli sguardi vuoti, scettici, carichi di disapprovazione che
tutti gli rivolgevano e…ultimamente cominciavano
a riempirsi di rancore. Dapprima tutto si era trascinato in un clima
speranzoso, in un’attesa impaziente del ritorno del principe. Poco a poco però
quella speranza si era incrinata, lasciando posto a vuoto silenzio, finta
normalità, fastidiose formalità.
Tutti avevano perso la fiducia, ma
nessuno aveva avuto il coraggio o la follia di proporre un’alternativa. Non ancora almeno. Ma quanto tempo ancora
prima che… E allora lui cosa avrebbe fatto? Del resto reagire, intraprendere
una nuova via non era così…
No, non doveva neppure pensarci. Non
avrebbe mai e poi mai tradito Aegon, mai.
Sentiva tantissimo la mancanza
del principe come suo primo cavaliere. Ma soprattutto…
Sentiva la sua mancanza di lui come
sé stesso, come Marko Ramius, come…come amico,
come…fratello.
Perché
in fondo in fondo, quello erano stati.
Quando si erano conosciuti erano
poco più che ragazzini e…
Era
stata intesa perfetta fin dal primo istante.
Ciò
che erano l’uno per l’altro...lui era per Aegon il fratello che non aveva mai
avuto, e lo stesso valeva per lui.
Avevano
condiviso tutto. Bei periodi, brutti momenti, esperienze di ogni tipo, pazzie
che ancora stentava a credere di aver potuto fare…
Non
c’erano limiti quando erano insieme, nessuno poteva fermarli, dissuaderli da ciò
che avevano in mente.
Il
serio, responsabile e malinconico principe si trasformava, si lasciava andare.
Questi pensieri lo fecero
sorridere. Dèi, erano stati anni
magnifici.
Erano
cresciuti, erano diventati più responsabili. Non si lasciavano più andare in
pazzie tanto spesso. Dividere sbronze, avventure, fughe pazze…donne. Gli
mancavano quei tempi.
Ma
soprattutto gli mancava Aegon.
Sospirò amaramente.
Il sole stava oramai tramontando.
Si alzò, pronto a rimettersi in
sella e tornare in città.
Stava armeggiando con i finimenti
quando…
Tutto
all’improvviso si oscurò.
In primo momento quasi non ci
fece caso. Poi però…il sole stava sì tramontando, ma non così in fretta. Da dove veniva quel buio quasi totale?
Stava per voltarsi quando…
Un sibilo penetrante lacerò
l’aria.
Rimase paralizzato per
un’interminabile istante, mentre un gelido brivido lo attraversava dalla testa
ai piedi.
Con il cuore e il respiro
troncati dall’emozione, si voltò, mentre tutto era incredibilmente lento.
Ciò che rimaneva de sole lo
accecò per pochi attimi e poi…
Una gigantesca sagoma scura si
stagliava contro il cielo rossastro.
E ad ogni istante si faceva più
grande, più imponente, più vicino.
Il respiro gli si mozzò
nuovamente.
Un drago aveva sempre
quell’effetto. Ma quel drago…
Era
verde, questo era vero, ma… Non era l’animale che aveva lasciato Meereen due mesi
prima. Era…cinque, dieci, venti volte grande.
Rheagal
era diventato veramente enorme.
Le
ali verdi e bronzee si dispiegarono completamente nell’aria, accompagnando
l’animale a terra in una lenta ed elegante planata.
Marko era paralizzato a fissare
il drago, ma…
Quando il cavaliere smontò, una
scossa lo attraversò da capo a piedi.
Ancora non del tutto certo di
essere sveglio, mosse qualche passo verso di lui. Passi sempre più veloci, che
in pochi istanti divennero corsa.
Lui sorrideva come al solito,
quell’inconfondibile pennellata malinconica sul suo viso dai lineamenti così
regali e unici.
Furono finalmente a un metro
l’uno dall’altro, rimanendo per un attimo immobili.
Si fissarono negli occhi.
Quasi scoppiarono a ridere
insieme.
Marko lo abbracciò,
tempestandogli di pacche la schiena.
“Sono tornato” gli sussurrò Aegon,
con voce stranamente felice e rilassata.
Lui si staccò dal principe,
sorridendo.
Gli tirò un’altra scherzosa
manata sulla spalla.
“Non farlo mai più…” gli disse,
cercando di sembrare imperioso e serio.
Il giovane drago lo fissò, a metà
tra l’accigliato e il dispiaciuto.
“Una fuga così…lasciando tutti a
chiedersi dove diamine sei finito…e scappare chissà dove a fare…”
Scosse la testa. Stava provando a
sembrare arrabbiato, ma non ci riusciva.
“È nel nostro stile…dovevamo farlo insieme…”
Aegon sorrise, un sorriso in cui
tornò a prevalere la malinconia. I suoi occhi si persero per un istante tra i
pensieri.
Marko lo guardò con più
attenzione.
E
dèi, non era solo Rhaegal a essere cambiato. Il principe era…non
riusciva quasi
a definirlo. Il suo aspetto era cambiato e allo stesso tempo era lo
stesso. Aveva un qualcosa di…trasmetteva ancora più regalità,
soggezione, potere, aveva
quasi un’aura…magica?
Forse
era solo un’impressione, ma i suoi capelli erano ancora più argentati, i suoi
lineamenti ancora più regali e tanto perfetti ed insoliti da sembrare
sovraumani, i suoi occhi di un viola ossidiana ancora più profondo e intenso.
Una domanda gli sorse spontanea.
“Dove sei stato?” gli chiese, con
curiosità vera.
Aegon sospirò, abbassando per un
attimo lo sguardo a terra.
I suoi occhi risplendevano ancora
di più, in maniera quasi soprannaturale, come se dietro, dentro di essi stesse
divampando un incendio.
Soppesò tante parole. Ma decise
che ne bastavano davvero poche.
Fissò il suo cavaliere più fedele,
il suo consigliere più affidabile, il suo migliore amico, il fratello maggiore che non aveva mai avuto.
Le sue labbra articolarono
lentamente poche e sincere parole.
“A casa…”
- - - - - - -
Approdo del Re
L’aria della notte che entrava
dalle finestre era gelida, tagliente come un coltello e sembrava nutrire,
accentuare, fomentare lo sconforto che si portava dentro.
Ma
lui era così caldo. Le sue braccia, il suo petto, le sue mani.
Quel
calore riusciva a compensare, a sconfiggere, a farle dimenticare il gelo che
sentiva fuori, ma soprattutto…dentro.
Era come se la sua pelle bronzea
di lui avesse assorbito, raccolto, catturato i raggi del sole di Dorne e li
stesse liberando nuovamente ora.
Si stinse ancora di più al suo
principe, desiderando ogni raggio che lui le poteva dare. Fino al più recondito
angolo del suo animo non voleva altro che lui, non desiderava altro, non aveva
bisogno d’altro.
Trystane avvertì questo movimento.
La cinse a sé con le braccia, ancora più forte. Non l’avrebbe mai e poi mai lasciata andare. Avrebbe tanto voluto poter
fare di più in quel momento così difficile per lei…eppure qualsiasi
espressione, qualsiasi frase gli venisse in mente pareva così sciocca, banale,
inadeguata. Era maledettamente frustrante.
Era
il principe di Dorne, eppure non poteva fare nulla di più per aiutarla. Ma a
Myrcella la sola sua presenza pareva bastare.
Andò a perdersi col volto tra i
capelli dorati della sua giovane sposa. In sua assenza era tornata a portarli
come tanti anni prima. Un folto ammasso di riccioli dorati. Gli ricordavano
tantissimo la bambina che era scesa spaesata e confusa dalla nave a Dorne,
tanti anni prima. Le davano un aspetto diverso. Ma in fondo tutti quei ricci non gli dispiacevano affatto.
La baciò delicatamente sulla
fronte.
Lei alzò leggermente la testa,
incrociando lo sguardo con quello di lui.
Gli occhi verdi erano lievemente
venati di rosso e gonfi di pianto, ma anche straordinariamente sinceri.
Sul volto si distinguevano
chiaramente le sottili righe delle lacrime che come minuscole perle le erano
corse giù per le guance.
Un sorriso le si allargava sul
viso, un’incredibile e inaspettato sorriso.
Malinconico, tirato, ancora
sconvolto, un po’ folle, ma era sincero, ed
era un sorriso.
Trystane lo ricambiò,
accarezzandole la schiena con il palmo della mano. Provò a dire qualcosa, ma le
parole gli morivano in gola…e poi…
Myrcella si avvicinò, andando a
cercare le sue labbra.
Chiuse gli occhi, sfiorandolo.
Lui le prese il capo tra le mani,
tenendola stretta a sé.
Le labbra di lei avevano
quell’inconfondibile sapore salato delle lacrime. Era strano, ma era…inebriante.
La principessa si staccò, senza
fiato.
Con le palpebre socchiuse sentì
le labbra di lui sfiorarle il collo.
Si adagiò lentamente sopra di lui,
sdraiandosi e appoggiando la testa sul petto del principe.
Passarono pochi attimi, qualche
minuto, o forse ore. Non avrebbe saputo dirlo. Ma in fondo, non le importava.
Sentiva dentro di sé i resti, le
conseguenze, gli strascichi di quella furiosa battaglia che si era combattuta
nel suo animo.
Ma ora finalmente percepiva un
po’ di calma, di pace, di serenità. Forse era solo quiete prima di un’altra
tempesta, o forse…
La voce di Trystane la riportò
alla realtà.
“Myrcella…” disse “vorrei
tanto poter dire di poterti capire…”
Le strinse forte una mano tra le
sue.
“Ma anche quando Quentyn…è stato diverso”
Scosse la testa. No, non era quello che voleva dire.
“Non posso sapere come ti senti
ora ma…”
Sospirò.
“Ma so quanto faccia male cadere,
cadere da così in alto…e che rialzarsi non è facile”
Per un istante interminabile si fermò,
cercando, soppesando le parole.
“Ma non c’è altro modo…rimetterti in piedi, risalire, riprenderti…”
Si morse il labbro, cercando di
dire ciò che davvero voleva dirle.
“Non dovrai mai, mai, mai dimenticarlo. Ma devi, dobbiamo, voltare
pagina. Alzati ora, più forte di prima.”
Le strinse ancora e ancora più
forte le mani.
“Ti prometto che…non dimenticherò nemmeno io. Pagheranno per quello che
gli hanno fatto…”
La principessa rispose alla sua
stretta.
“Non lo dimenticherò mai…” sussurrò lei, con gli occhi persi nel
vuoto.
“Potremmo…” iniziò
a dire lui, a metà tra il serio e il divertito.
Lei riuscì a riemergere dai
pensieri, chiedendosi cosa stesse dicendo.
Trystane sorrise all’idea. Andò
ad intrecciare le mani le sue sul grembo di lei. Scandì lentamente ogni parola
con tono quasi solenne.
“Prince
Tommen Nymerios Martell…doesn’t sounds bad…”
Myrcella sorrise, sospirando. Quell’idea…l’aveva presa in contropiede.
Ma…ma le piaceva.
“It sounds very good…” gli rispose con un filo di voce.
Quell’idea…non la spaventava più
come prima. Qualcosa dentro di lei era cambiato. Un paio di mesi prima il suo
ciclo di luna era in ritardo. E per qualche giorno aveva vissuto nel terrore
di…
Eppure
qualcosa di nuovo aveva cominciato a farsi strada tra i suoi pensieri…
Quell’idea…
Anche quando il sangue alla fine
era arrivato, quella nuova consapevolezza,
quella nuova sensazione, quel nuovo…quel
nuovo… desiderio…non l’avevano più abbandonata.
Certo, era ancora troppo presto. Non voleva assolutamente mettere a rischio
sé stessa, né tantomeno…
Non
erano pronti, e presto, dannatamente presto, si sarebbe scatenato il caos.
Ed Approdo del Re ne sarebbe
stato l’epicentro.
Dovevano
andarsene, al più presto possibile. E poi semmai pensare a un...
Sospirò.
Tornare
nella sua città era stato bello. Rivedere, riavvicinarsi, rispolverare la sua
vecchia vita in fondo le era piaciuto.
Erano oramai dieci mesi che era
lì. E Dorne le mancava…da impazzire.
Sollevò la testa, si alzò sulle
mani, girandosi per tornare a guardarlo in faccia. Si appoggiò con i gomiti sul
petto di lui, fissandolo negli occhi.
Trystane le sorrise. Lei abbassò
un istante lo sguardo.
“Quando…quando torneremo a casa?” chiese al marito.
Lui sollevò una mano, scostandole
i ricci che erano caduti a coprirle il volto.
“Presto. Molto presto…”
La sua espressione si fece più
seria, ma anche comprensiva.
“You know Dorne. But Dorne has to know you…”
Sorrise, quasi in segno d’incoraggiamento.
“Has to know us…”
Myrcella lo fissò compiaciuta. Aveva ragione. Non avrebbero mai e poi mai potuto
governare delle genti che non li conoscevano, non li stimavano, che non si
fidavano di loro.
Solleticò il petto di lui con la
punta del dito
“And they will know us…”
Note dell'autore:
Perdonate il ritardo, ma come avete
potuto vedere questo capitolo è più lungo del solito e questo, insieme a un po’
di blocco e indecisione, ha allungato i tempi.
Siamo a un nodo abbastanza
importante e…e spero davvero di essere riuscito a scriverlo come l’avevo in
mente, di essere stato chiaro e di non aver scritto qualcosa di troppo
sbilanciato.
Ho deciso di dare una leggera
accelerata alla storia generale, nei prossimi due-tre capitoli progrediremo
ancora parecchio…ma non vi voglio anticipare nulla.
Fatemi sapere cosa ne pensate
di questo capitolo, come avete trovato il POV di Marko. Era da un po’ che
volevo scrivere dal suo punto di vista, sia per avere la libertà di un
personaggio nuovo, sia per delineare meglio il suo rapporto con Aegon.
Spero di esserci riuscito.
Che dire, alla prossima.
E, ovviamente,
long live the lioness.
Luke