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Autore: Lukeee    02/10/2015    1 recensioni
Se un fiore può crescere e sbocciare tra i sassi, può un amore sopravvivere a intrighi e guerre?
Dal testo:
“Sei pronta a seguirmi? Sarà una via oscura e…e molto difficile. Sei pronta a mettere in gioco tutta te stessa?”
Per un istante che durò millenni si fermò.
“Noi…noi danzeremo coi draghi”
Non sapeva se prenderla come un’affermazione o una domanda. Ma era sicura della scelta che aveva preso. E decise che era la seconda opzione.
Trovò la forza di parlare, mentre il cuore accelerava.
La notte era oramai scesa e le stelle assistevano a quello che forse sarebbe stato ricordato come il principio di una nuova era.
Lei gli sorrise sinceramente. E poi, lentamente, le sue labbra articolarono poche ma inequivocabili parole.
“Yes Trystane. We will dance with dragons”
- Myrcella Baratheon - Trystane Martell - Aegon VI Targaryen - Arianne Martell - Jon Snow - Cersei Lannister - Jaime Lannister - Tommen Baratheon - Howland Reed - Daenerys Targaryen - Mark Ramius (New) - Stone Temple/Jon Connington - Daario Naharis/Euron Greyjoy - Tyrion Lannister
Storia che rende giustizia a una delle tante inutili vittime del finale di stagione.
Ora e sempre, long live the lioness
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Myrcella Baratheon, Nuovo personaggio, Trystane Martell, Un po' tutti
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap 16


Long live the lioness






“And I know it’s hard when you’re falling down

And it’s a long way up when you hit the ground

Get up now, get up, get up now.”

 

 

On The Top Of The World, Imagine Dragons

 

 


 

 

La barca scivolò leggera sull’acqua, spinta dal movimento quasi magicamente sincronizzato dei vogatori. Ogni volta che i lunghi remi si immergevano, lasciandosi dietro sottilissime scie di schiuma, l’imbarcazione subiva un leggero strattone in avanti.
E ad ogni istante si allontanava ancora di più dal molo, diventando via via un puntino sempre più piccolo, sempre più lontano, sempre più indistinto contro l’orizzonte e l’immensità del mare colore del vino.
Chiuse gli occhi, prendendo un lungo, lunghissimo respiro.

Era successo. Era davvero successo. Tutto era accaduto troppo velocemente e troppo lentamente insieme, mentre una strana, un’orribile sensazione l’aveva pervasa, un orrendo misto di frustrazione e soprattutto…impotenza.
Abbassò il capo, mentre lo sguardo si annebbiava e perdendosi tra i pensieri si estraniava da ciò che la circondava.
Prima non aveva mai nemmeno osato immaginare come si sarebbe sentita quando ciò che era appena accaduto fosse successo. La sola idea la faceva stare male.
In qualche modo però…si aspettava tristezza, malinconia, sconforto.
E invece…
Con in bocca un sapore amaro e metallico non sentiva altro che il vuoto.
Vuoto assoluto, totale, senza limiti né confini.
Le sembrava di cadere, cadere, cadere…una caduta che pareva non avere mai fine.

Percepiva ciò che la circondava come…come se tutto non avesse la giusta consistenza, fosse troppo sfuocato, troppo flebile, che…che tutto fosse solo un incubo.
Ma sapeva che era tutto vero. Era davvero successo. E…

E basta. Era successo. E ora lei…doveva in qualche modo andare avanti, voltare pagina.
Le speranze che aveva covato nel profondo, le illusioni della notte precedente…erano follemente affascinanti, confortanti, rassicuranti. Quelle false illusioni erano riuscite a restituire a entrambi un po’ di felicità e serenità, almeno per poche ore.

La realtà era un’altra però…
Lo sapeva, lo aveva sempre saputo, che lui…che lui non sarebbe mai più tornato.
Certo, le promesse che le aveva fatto…
Tommen le avrebbe mantenute. Era certa che lui ce l’avrebbe davvero messa tutta. Ma anche se fosse riuscito a sconfiggere il misterioso morbo…

Loro non avrebbero mai permesso che tornasse. Che tornasse al suo posto, che tornasse nella sua città, che tornasse da lei.
Eppure ora erano lì, a pochi metri di distanza, impegnati a piangere la partenza del re. Margaret poi…sembrava davvero distrutta.
Ma Myrcella si rifiutava di credere che lo fosse davvero, stava solamente fingendo, fingendo molto bene, ma fingendo…
Si era impossessata di lui, interessata solo a quella sedia di spade, niente di più. L’aveva piegato, usato per ottenere ciò che voleva. E ora che non gli serviva più, se n’era sbarazzata, come se fosse un vecchio tappeto. Per lei Tommen non contava assolutamente nulla.
Si morse il labbro.

Quello che covava nei loro confronti…
I movimenti di tutti interruppero i suoi pensieri. La colossale delegazione venuta a salutare il re si apprestava a rientrare nella Fortezza Rossa.
Tutti le passarono di fianco, e nessuno si astenette dal lanciarle un’occhiata.
Radunò ogni forza che trovò dentro di sé per imporsi di non versare nemmeno una lacrima, non davanti a tutti quegli…estranei.

No, non avrebbe pianto. Lei era il sangue del leone.
In quel vuoto senza fine cominciava ad avvertire i primi segni di quello che l’avrebbe tormentata nelle ore seguenti. Ma represse tutto in un angolo del suo animo.
Quasi sette anni prima aveva detto a Tommen, su quello stesso molo, di continuare a vivere, di farsi coraggio, di aspettare con fiducia il suo ritorno.
Di essere forte.
E in quel momento doveva esserlo lei.

Il ritorno alla Fortezza Rossa fu lungo, breve, caotico, silenzioso. Anche se fosse piovuto oro liquido, non se ne sarebbe accorta.
Era persa, completamente persa dentro di sé, troppo persa per poter percepire la realtà che la circondava.
Scese dalla portantina sentendosi leggera, come se camminasse a un metro da terra. Ma in quel momento, al contrario di molte altre volte, non era affatto una bella sensazione.
Nel cortile del castello regnava il caos assoluto.
Decine e decine di cavalli, carri, carrozze, e centinaia di cavalieri, scudieri, servitori, dame, soldati affollavano lo spazio all’ombra delle mura rosse.
All’improvviso tra tutta quella confusione si aprì un varco.
E quello che vide…

No, no, no. Stava sognando. Stava solo sognando. Ma nemmeno gli incubi peggiori erano come quello che stava vivendo. E quindi…
Non ebbe il tempo di finire il pensiero.

Trystane le venne incontro, con dipinta sul volto un’espressione…era quello di cui aveva bisogno.
Ancora incredula, sentì le mani di lui sfiorarle la pelle.

No, non era un sogno.
Si abbandonò completamente tra le braccia di lui.
Forse il suo principe aveva detto qualcosa, ma lei non era nella condizione di ascoltarlo, di prestare attenzione, di poter replicare, di poter fare qualsiasi cosa. Non in quel momento.
In quel momento…

Non chiedeva altro  che lui Non aveva bisogno d’altro che lui. Non voleva altro che lui.

 

 

 

-        -        -        -        -        -        -

 
 

 
Meereen


 

"Il consiglio si scioglie” urlò l’araldo.
Tutti si alzarono in piedi.
“Lunga vita ai draghi” tuonò ancora l’uomo.
Lunga vita ai draghi” ripeté lui insieme agli altri, con tono stanco e distaccato.
Socchiuse gli occhi, avviandosi verso la scalinata esterna.

Aveva un disperato bisogno di staccarsi dal mondo, di svuotarsi la testa da tutte quelle preoccupazioni, di stare da solo.
Sentì una voce chiamarlo da dietro. Si fermò, voltando il capo verso chi l’aveva chiamato.
Incrociò lo sguardo di Ser Barristan. Di sicuro voleva parlare di qualcosa di importante.
Ma in quel momento non aveva la forza mentale per affrontare una simile conversazione.
Con un cenno del capo fece capire a Selmy di non potere. Non ora.
Tornò sulla sua strada, percorrendo a passi veloci la distanza che lo separava dalla porta.
Uscì, facendosi investire dal calore del tardo pomeriggio.
Sovrappensiero scese la lunghissima scalinata, raggiungendo le scuderie.
Con gesti meccanici sellò il cavallo, montò e partì al galoppo, lasciandosi in pochi minuti la polverosa e chiassosa città alle spalle.
Cavalcò per mezzo miglio, o forse più di un paio, oppure…per decine e decine. Non avrebbe saputo dirlo.
Lanciando il cavallo a folle velocità riuscì finalmente a staccarsi dalla realtà, da quella situazione così precaria e fonte infinita di preoccupazioni.
Solo quando sia lui sia l’animale furono senza fiato pose fine alla corsa sulla cima di un colle.
Smontò, andandosi a sedere su un masso.
Lasciò che il suo sguardo si perdesse nell’orizzonte.
Si portò una mano al volto, stringendosi le tempie nel palmo.

Due mesi. Due dannatissimi mesi.
Ogni giorno diventava sempre più difficile, più insicuro, più imbarazzante, più disarmante.
Aegon era volato via in groppa a Rhaegal e non aveva più fatto ritorno.
Si fidava ciecamente del giovane drago, ogni parte di lui si rifiutava di credere che fosse scappato, sapeva, era certo, che sarebbe tornato.
Aveva anche impedito che lo andassero a cercare, aveva imposto che tutto continuasse a funzionare normalmente. Il principe poteva fare ciò che riteneva più giusto e il loro dovere era quello di servirlo.

Ma ogni giorno di assenza non faceva che aumentare gli sguardi vuoti, scettici, carichi di disapprovazione che tutti gli rivolgevano e…ultimamente cominciavano a riempirsi di rancore. Dapprima tutto si era trascinato in un clima speranzoso, in un’attesa impaziente del ritorno del principe. Poco a poco però quella speranza si era incrinata, lasciando posto a vuoto silenzio, finta normalità, fastidiose formalità.
Tutti avevano perso la fiducia, ma nessuno aveva avuto il coraggio o la follia di proporre un’alternativa. Non ancora almeno. Ma quanto tempo ancora prima che… E allora lui cosa avrebbe fatto? Del resto reagire, intraprendere una nuova via non era così…
No, non doveva neppure pensarci. Non avrebbe mai e poi mai tradito Aegon, mai.
Sentiva tantissimo la mancanza del principe come suo primo cavaliere. Ma soprattutto…
Sentiva la sua mancanza di lui come sé stesso, come Marko Ramius, come…come amico, come…fratello.

Perché in fondo in fondo, quello erano stati.
Quando si erano conosciuti erano poco più che ragazzini e…

Era stata intesa perfetta fin dal primo istante.
Ciò che erano l’uno per l’altro...lui era per Aegon il fratello che non aveva mai avuto, e lo stesso valeva per lui.
Avevano condiviso tutto. Bei periodi, brutti momenti, esperienze di ogni tipo, pazzie che ancora stentava a credere di aver potuto fare…
Non c’erano limiti quando erano insieme, nessuno poteva fermarli, dissuaderli da ciò che avevano in mente.
Il serio, responsabile e malinconico principe si trasformava, si lasciava andare.

Questi pensieri lo fecero sorridere. Dèi, erano stati anni magnifici.
Erano cresciuti, erano diventati più responsabili. Non si lasciavano più andare in pazzie tanto spesso. Dividere sbronze, avventure, fughe pazze…donne. Gli mancavano quei tempi.
Ma soprattutto gli mancava Aegon.

Sospirò amaramente.
Il sole stava oramai tramontando.
Si alzò, pronto a rimettersi in sella e tornare in città.
Stava armeggiando con i finimenti quando…

Tutto all’improvviso si oscurò.
In primo momento quasi non ci fece caso. Poi però…il sole stava sì tramontando, ma non così in fretta. Da dove veniva quel buio quasi totale?
Stava per voltarsi quando…
Un sibilo penetrante lacerò l’aria.
Rimase paralizzato per un’interminabile istante, mentre un gelido brivido lo attraversava dalla testa ai piedi.
Con il cuore e il respiro troncati dall’emozione, si voltò, mentre tutto era incredibilmente lento.
Ciò che rimaneva de sole lo accecò per pochi attimi e poi…
Una gigantesca sagoma scura si stagliava contro il cielo rossastro.
E ad ogni istante si faceva più grande, più imponente, più vicino.
Il respiro gli si mozzò nuovamente.
Un drago aveva sempre quell’effetto. Ma quel drago…

Era verde, questo era vero, ma… Non era l’animale che aveva lasciato Meereen due mesi prima. Era…cinque, dieci, venti volte grande.
Rheagal era diventato veramente enorme.
Le ali verdi e bronzee si dispiegarono completamente nell’aria, accompagnando l’animale a terra in una lenta ed elegante planata.

Marko era paralizzato a fissare il drago, ma…
Quando il cavaliere smontò, una scossa lo attraversò da capo a piedi.
Ancora non del tutto certo di essere sveglio, mosse qualche passo verso di lui. Passi sempre più veloci, che in pochi istanti divennero corsa.
Lui sorrideva come al solito, quell’inconfondibile pennellata malinconica sul suo viso dai lineamenti così regali e unici.
Furono finalmente a un metro l’uno dall’altro, rimanendo per un attimo immobili.
Si fissarono negli occhi.
Quasi scoppiarono a ridere insieme.
Marko lo abbracciò, tempestandogli di pacche la schiena.
“Sono tornato” gli sussurrò Aegon, con voce stranamente felice e rilassata.
Lui si staccò dal principe, sorridendo.
Gli tirò un’altra scherzosa manata sulla spalla.
“Non farlo mai più…” gli disse, cercando di sembrare imperioso e serio.
Il giovane drago lo fissò, a metà tra l’accigliato e il dispiaciuto.
“Una fuga così…lasciando tutti a chiedersi dove diamine sei finito…e scappare chissà dove a fare…”
Scosse la testa. Stava provando a sembrare arrabbiato, ma non ci riusciva.
È nel nostro stile…dovevamo farlo insieme…”
Aegon sorrise, un sorriso in cui tornò a prevalere la malinconia. I suoi occhi si persero per un istante tra i pensieri.
Marko lo guardò con più attenzione.

E dèi, non era solo Rhaegal a essere cambiato. Il principe era…non riusciva quasi a definirlo. Il suo aspetto era cambiato e allo stesso tempo era lo stesso. Aveva un qualcosa di…trasmetteva ancora più regalità, soggezione, potere, aveva quasi un’aura…magica?
Forse era solo un’impressione, ma i suoi capelli erano ancora più argentati, i suoi lineamenti ancora più regali e tanto perfetti ed insoliti da sembrare sovraumani, i suoi occhi di un viola ossidiana ancora più profondo e intenso.
Una domanda gli sorse spontanea.
“Dove sei stato?” gli chiese, con curiosità vera.
Aegon sospirò, abbassando per un attimo lo sguardo a terra.
I suoi occhi risplendevano ancora di più, in maniera quasi soprannaturale, come se dietro, dentro di essi stesse divampando un incendio.
Soppesò tante parole. Ma decise che ne bastavano davvero poche.
Fissò il suo cavaliere più fedele, il suo consigliere più affidabile, il suo migliore amico, il fratello maggiore che non aveva mai avuto.
Le sue labbra articolarono lentamente poche e sincere parole.
“A casa…”
 


 

-        -        -        -        -        -        -

 

 

Approdo del Re

 

 

L’aria della notte che entrava dalle finestre era gelida, tagliente come un coltello e sembrava nutrire, accentuare, fomentare lo sconforto che si portava dentro.
Ma lui era così caldo. Le sue braccia, il suo petto, le sue mani.
Quel calore riusciva a compensare, a sconfiggere, a farle dimenticare il gelo che sentiva fuori, ma soprattutto…dentro.

Era come se la sua pelle bronzea di lui avesse assorbito, raccolto, catturato i raggi del sole di Dorne e li stesse liberando nuovamente ora.
Si stinse ancora di più al suo principe, desiderando ogni raggio che lui le poteva dare. Fino al più recondito angolo del suo animo non voleva altro che lui, non desiderava altro, non aveva bisogno d’altro.
Trystane avvertì questo movimento. La cinse a sé con le braccia, ancora più forte. Non l’avrebbe mai e poi mai lasciata andare. Avrebbe tanto voluto poter fare di più in quel momento così difficile per lei…eppure qualsiasi espressione, qualsiasi frase gli venisse in mente pareva così sciocca, banale, inadeguata. Era maledettamente frustrante.

Era il principe di Dorne, eppure non poteva fare nulla di più per aiutarla. Ma a Myrcella la sola sua presenza pareva bastare.
Andò a perdersi col volto tra i capelli dorati della sua giovane sposa. In sua assenza era tornata a portarli come tanti anni prima. Un folto ammasso di riccioli dorati. Gli ricordavano tantissimo la bambina che era scesa spaesata e confusa dalla nave a Dorne, tanti anni prima. Le davano un aspetto diverso. Ma in fondo tutti quei ricci non gli dispiacevano affatto.
La baciò delicatamente sulla fronte.
Lei alzò leggermente la testa, incrociando lo sguardo con quello di lui.
Gli occhi verdi erano lievemente venati di rosso e gonfi di pianto, ma anche straordinariamente sinceri.
Sul volto si distinguevano chiaramente le sottili righe delle lacrime che come minuscole perle le erano corse giù per le guance.
Un sorriso le si allargava sul viso, un’incredibile e inaspettato sorriso.
Malinconico, tirato, ancora sconvolto, un po’ folle, ma era sincero, ed era un sorriso.
Trystane lo ricambiò, accarezzandole la schiena con il palmo della mano. Provò a dire qualcosa, ma le parole gli morivano in gola…e poi…
Myrcella si avvicinò, andando a cercare le sue labbra.
Chiuse gli occhi, sfiorandolo.
Lui le prese il capo tra le mani, tenendola stretta a sé.
Le labbra di lei avevano quell’inconfondibile sapore salato delle lacrime. Era strano, ma era…inebriante.
La principessa si staccò, senza fiato.
Con le palpebre socchiuse sentì le labbra di lui sfiorarle il collo.
Si adagiò lentamente sopra di lui, sdraiandosi e appoggiando la testa sul petto del principe.
Passarono pochi attimi, qualche minuto, o forse ore. Non avrebbe saputo dirlo. Ma in fondo, non le importava.
Sentiva dentro di sé i resti, le conseguenze, gli strascichi di quella furiosa battaglia che si era combattuta nel suo animo.
Ma ora finalmente percepiva un po’ di calma, di pace, di serenità. Forse era solo quiete prima di un’altra tempesta, o forse…
La voce di Trystane la riportò alla realtà.
Myrcella…” disse “vorrei tanto poter dire di poterti capire…”
Le strinse forte una mano tra le sue.
Ma anche quando Quentyn…è stato diverso”
Scosse la testa. No, non era quello che voleva dire.
“Non posso sapere come ti senti ora ma…”
Sospirò.
“Ma so quanto faccia male cadere, cadere da così in alto…e che rialzarsi non è facile”
Per un istante interminabile si fermò, cercando, soppesando le parole.
Ma non c’è altro modo…rimetterti in piedi, risalire, riprenderti…”
Si morse il labbro, cercando di dire ciò che davvero voleva dirle.
Non dovrai mai, mai, mai dimenticarlo. Ma devi, dobbiamo, voltare pagina. Alzati ora, più forte di prima.”
Le strinse ancora e ancora più forte le mani.
Ti prometto che…non dimenticherò nemmeno io. Pagheranno per quello che gli hanno fatto…”
La principessa rispose alla sua stretta.
Non lo dimenticherò mai…” sussurrò lei, con gli occhi persi nel vuoto.

 “Potremmo…” iniziò a dire lui, a metà tra il serio e il divertito.
Lei riuscì a riemergere dai pensieri, chiedendosi cosa stesse dicendo.
Trystane sorrise all’idea. Andò ad intrecciare le mani le sue sul grembo di lei. Scandì lentamente ogni parola con tono quasi solenne.

“Prince Tommen Nymerios Martell…doesn’t sounds bad…”
Myrcella sorrise, sospirando. Quell’idea…l’aveva presa in contropiede. Ma…ma le piaceva.
It sounds very good…” gli rispose con un filo di voce.
Quell’idea…non la spaventava più come prima. Qualcosa dentro di lei era cambiato. Un paio di mesi prima il suo ciclo di luna era in ritardo. E per qualche giorno aveva vissuto nel terrore di…

Eppure qualcosa di nuovo aveva cominciato a farsi strada tra i suoi pensieri… Quell’idea…
Anche quando il sangue alla fine era arrivato, quella nuova consapevolezza, quella nuova sensazione, quel nuovo…quel nuovo… desiderio…non l’avevano più abbandonata.
Certo, era ancora troppo presto. Non voleva assolutamente mettere a rischio sé stessa, né tantomeno…

Non erano pronti, e presto, dannatamente presto, si sarebbe scatenato il caos.
Ed Approdo del Re ne sarebbe stato l’epicentro.
Dovevano andarsene, al più presto possibile. E poi semmai pensare a un...
Sospirò.
Tornare nella sua città era stato bello. Rivedere, riavvicinarsi, rispolverare la sua vecchia vita in fondo le era piaciuto.
Erano oramai dieci mesi che era lì. E Dorne le mancava…da impazzire.
Sollevò la testa, si alzò sulle mani, girandosi per tornare a guardarlo in faccia. Si appoggiò con i gomiti sul petto di lui, fissandolo negli occhi.
Trystane le sorrise. Lei abbassò un istante lo sguardo.
“Quando…quando torneremo a casa?” chiese al marito.
Lui sollevò una mano, scostandole i ricci che erano caduti a coprirle il volto.
“Presto. Molto presto…”
La sua espressione si fece più seria, ma anche comprensiva.
You know Dorne. But Dorne has to know you…”
Sorrise, quasi in segno d’incoraggiamento.
Has to know us…”
Myrcella lo fissò compiaciuta. Aveva ragione. Non avrebbero mai e poi mai potuto governare delle genti che non li conoscevano, non li stimavano, che non si fidavano di loro.
Solleticò il petto di lui con la punta del dito
And they will know us…”

 

 







Note dell'autore:

 

Perdonate il ritardo, ma come avete potuto vedere questo capitolo è più lungo del solito e questo, insieme a un po’ di blocco e indecisione, ha allungato i tempi.
Siamo a un nodo abbastanza importante e…e spero davvero di essere riuscito a scriverlo come l’avevo in mente, di essere stato chiaro e di non aver scritto qualcosa di troppo sbilanciato.
Ho deciso di dare una leggera accelerata alla storia generale, nei prossimi due-tre capitoli progrediremo ancora parecchio…ma non vi voglio anticipare nulla.
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo, come avete trovato il POV di Marko. Era da un po’ che volevo scrivere dal suo punto di vista, sia per avere la libertà di un personaggio nuovo, sia per delineare meglio il suo rapporto con Aegon.
Spero di esserci riuscito.
Che dire, alla prossima.
E, ovviamente, long live the lioness.

 

Luke

   
 
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