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Autore: sonsimo    15/02/2009    6 recensioni
È una bambina, una bambina innamorata. Tutto è luce e profumo, per lei. Tutto è amore, rose, feste, balli, abiti sontuosi e sguardi profondi scambiati di nascosto con il Conte a cui si stringe. Non esistono conseguenze, né scandali, né dolore né morte, nel suo piccolo mondo felice.
Storia partecipante al contest "Amour" indetto su Writers Arena e alla challenge Temporal-mente di Criticoni.
Genere: Romantico, Triste, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Axel von Fersen, Marie Antoinette
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tardi

Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di Riyoko Ikeda  che ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in Lady Oscar, appartengono solo a me.
Credits: La citazione sotto al titolo è tratta dalla canzone “Believe” di Cher.
Note dell'Autore:
Vorrei precisare che questo racconto non si pone come obiettivo di essere preciso dal punto di vista storico: è ispirato all’anime Lady Oscar e a quanto tale anime narra.
Non è niente di particolarmente originale o speciale e lo so bene, è soltanto un’idea fulminea che mi ha colpito la sera prima di un esame (e ha portato fortuna per l’esame in questione XD) e dato che calza a pennello con il tema del contest ho voluto iscriverla, ma non mi aspetto chissà quali risultati XD. Tra l’altro uso raramente i tempi al presente e non li apprezzo nemmeno tantissimo, ma questa storia è venuta fuori così e ho voluto lasciarla nella sua forma più “spontanea”.
Inizialmente Maria Antonietta e Fersen si trovano all’aperto e mi rendo conto di quanto questo possa apparire assurdo, ma nell’anime si vede davvero una scena “intima” (come si evince nonostante la censura >_<) tra i due all’aperto, appunto (come tra Oscar e Andrè quasi alla fine dell’anime ç_ç).
La scena finale è proprio quella del loro ultimo saluto, rivisitata in chiave introspettiva naturalmente.
La storia è inoltre scritta in base a uno dei miei prompt per la Challenge Temporal-mente del sito Criticoni, che fa da sottotitolo.
P.S: Ho sempre detestato amichevolmente quella canzone di Cher e adesso, grazie a questo prompt, la sento ronzare di nuovo nella mia testa dopo anni!

Introduzione:

È una bambina, una bambina innamorata. Tutto è luce e profumo, per lei. Tutto è amore, rose, feste, balli, abiti sontuosi e sguardi profondi scambiati di nascosto con il Conte a cui si stringe. Non esistono conseguenze, né scandali, né dolore né morte, nel suo piccolo mondo felice.

 

Tardi

 

"And I can't do that, there's no turning back."

(Believe – Cher)

 

“Piove.”

Lei non risponde. Non si volta nemmeno a guardarlo. La sua schiena nuda emana un sottile chiarore alla pallida luce della luna. E’ un temporale estivo e lei rabbrividisce al tocco delle gocce di pioggia. Lui non crede sia abbastanza, eppure allunga un braccio e afferra la propria veste, per poi adagiargliela sulle spalle.

E allora che lei si volta a guardarlo. Lui le scosta una ciocca di capelli dal viso e sente mozzarsi il proprio respiro nel trovarsi davanti quel volto dai lineamenti dolci e perfetti. È bella, troppo bella. Ingiustamente bella. Una donna nella sua posizione, contro la quale si urlerebbe allo scandalo per molto, molto meno di quello che stanno facendo, non dovrebbe esserlo. È scorretto.

E soprattutto, non dovrebbe appartenere a nessun altro uomo.

Il Conte Hans Axel di Fersen si schiarisce la voce:

“Sarà meglio andare. Comincia a fare freddo.”

Spera davvero che lei lo ascolti, che si rimetta in piedi e si rivesta. Sarebbe tutto molto più semplice. Ma come al solito, lei fa la cosa sbagliata. La più piacevole, certo, ma quella sbagliata. Il sorriso sul suo viso d’angelo si fa più intenso e Maria Antonietta, la regina di Francia, si stringe maggiormente al proprio amante. Incurante della pioggia, incurante degli impegni di corte che la attendono, che trascura ogni giorno di più. Dimentica dei propri doveri, del proprio marito, della corona e soprattutto della sua vita da ricca prigioniera. Poggia il capo sul suo petto, respira a pieni polmoni l’odore di lui, e i suoi occhi sono il limpido specchio della gioia di vivere.

È una bambina, una bambina innamorata. Tutto è luce e profumo, per lei. Tutto è amore, rose, feste, balli, abiti sontuosi e sguardi profondi scambiati di nascosto con il Conte a cui si stringe. Non esistono conseguenze, né scandali, né dolore né morte, nel suo piccolo mondo felice.

Ma la verità, amara per quanto possa essere, è che è proprio quel mondo a non esistere. E lei non se ne accorge.

Per lui è diverso. Lui sa. Lui sente il peso di quanto accade, lui avverte il rischio, lui prova paura. Trema alla sola idea che vengano scoperti. Per se stesso, in minima parte. Per lei, soprattutto. Ma non si tratta di eroismo, come potrebbe sembrare a un esterno osservatore della scandalosa coppia di Versailles, clandestina e sulla bocca di tutti tranne che del diretto interessato. No, è egoismo.  Nella sua forma più pura e primitiva. Perché solo l’idea che qualcuno possa... toccarla, torcerle un capello, spegnere quel sorriso e quella risata fresca fa fremere di sdegno il suo - nobile? - cuore. Lui non riuscirebbe a tollerarlo, il dolore sarebbe troppo forte. Insostenibile.

Quindi non è per lei che teme, ma per se stesso, a conti fatti. Perché non vorrebbe mai sperimentare quelle sensazioni terribili che la sua mente non riesce nemmeno a immaginare.

Il terrore che lui prova dovrebbe essere sufficiente. Dovrebbe far sì che riesca a staccarsi da lei, a lasciarla andare. Sarebbe per il bene di entrambi, dopotutto.

Dannazione, se solo lei non rendesse tutto tremendamente difficile.

Anche se volesse, non potrebbe farlo. Non riuscirebbe a staccarsi. Non quando sente il respiro caldo di lei sul proprio petto, i piccoli baci che deposita sulla sua pelle che sente incandescente nonostante la pioggia.

Non quando le solleva il mento e si ritrova a fissare quel viso, ancora una volta stupito della sua bellezza, della sua capacità di sorridere e non rendersi conto del grave pericolo che corrono.

E quando poggia le proprie labbra su quelle di lei, avverte con maggiore chiarezza la propria incapacità di tornare indietro. Non può farlo, oramai la condanna è firmata e certa.

No, non c’è modo di tornare indietro.

Le gocce di pioggia scendono più velocemente e Fersen sente, tra le proprie dita, i capelli di lei già bagnati. Ma continua a baciarla. E si sente sprofondare sempre più in quel baratro da cui non potrà fare ritorno.

Insieme, si sono persi.

 

...

 

Sorride, oggi, la Regina di Francia. La sua espressione è radiosa, gli occhi brillano e le dita che si intrecciano nervosamente testimoniano la sua impazienza.

Sorride felice, perché stasera lui ha promesso di rivederla. E lei, che ha tra le sue inesperte mani le sorti di un intero paese, riesce a pensare soltanto a questo. Non presta la minima attenzione alle parole dei nobili a cui sta concedendo udienza. Si tratta di un’udienza semplicemente fisica, non mentale. Il suo corpo è lì con loro, ma non un singolo pensiero è speso nei loro confronti.

Di tanto in tanto cerca di fare un piccolo sforzo su se stessa, di concentrarsi su quello che le viene detto, ma è tutto inutile. Quei discorsi sono così vuoti, così noiosi. No, non hanno niente a che spartire col suo dorato sogno di una notte d’amore. Quelle dei nobili di Francia sono parole inutili alle sue orecchie, che vorrebbero solo sentire i sospiri d’amore del suo splendido cavaliere, le parole dolci che lui sussurra nella loro intimità.

Maria Antonietta rievoca la sensazione delle mani di lui che scorrono lungo il suo corpo e non arrossisce. Ma non fraintendetela, e non giudicatela male. Non pensate di lei che sia una donna senza pudore, talmente corrotta dal peso del proprio adulterio da non provare più vergogna.

Sbagliereste.

Guardatela attentamente, non fermatevi a quanto mostra l’effimera superficie, e capirete. Lei è innocenza. È candore.

Avverte come puri i propri sentimenti, quindi non se ne vergogna.

È innocenza, appunto, al suo stadio primordiale. Può l’innocenza vergognarsi di se stessa?

Si guarda attorno rassegnata. Ancora una moltitudine di inutili chiacchiere la separano dal momento in cui finalmente potrà stringersi a lui. E l’aspettativa dolce e snervante le permette di tollerare quello che rimane della giornata, finché non potrà tuffarsi tra le braccia del suo uomo.

Perché è così, il Conte Hans Axel di Fersen è il suo uomo. Ma lei, Maria Antonietta, Regina di Francia, non è la sua donna.

 

...

 

Un’altra serata d’amore, un’altra nottata insonne. Fersen non riesce mai a dormire dopo aver fatto ritorno da uno dei suoi incontri clandestini. Se chiudesse gli occhi, sa che vedrebbe lei. E non vuole che ciò accada, sarebbe davvero pretendere troppo. Un premio che non merita.

Più passa il tempo, più sente i propri errori pesare come macigni sulle sue spalle. Ogni giorno di più copre di vergogna la donna di cui è innamorato, può forse esistere peccato più grave di questo?

Non riesce a trovare il modo per farla finita. Ha già provato altre volte ad andarsene, ma poi è ritornato. Ormai sa che lasciarsela alle spalle per sempre è impossibile.

Così, l’unica cosa che gli rimane da fare è espiare come può le proprie colpe. E non chiudere gli occhi, impedendo a se stesso di godere dei propri ricordi, è solamente uno dei modi che la sua mente ha escogitato. Soltanto uno dei suoi inutili tentativi di soffocare il senso di colpa che lo attanaglia. È lacerante, ma non lo tiene intrappolato quanto il desiderio di lei. Non può competere con quello. Nonostante tutto, riesce a sopportarlo, perché di certo è il male minore. Non poter più rivedere lei sarebbe il vero dolore, tutto il resto è solo un lieve fastidio al confronto. Tollerabile.

Almeno per il momento.

Potrebbe arrivare il giorno in cui sarà pronto, il giorno in cui saranno entrambi pronti. Chissà che il tempo non porti loro consiglio. Adesso, possono solo arrendersi.

 

...

 

È stato un processo lento e faticoso per certi aspetti, ma adesso lei è cresciuta. Ha dei bambini a cui dedicare se stessa e il suo primogenito è gravemente malato. La salute del piccolo è cagionevole e morirà. E il sentore di tale, futuro dolore, l’ha già invecchiata. Ha perso quella spensieratezza che era la sua caratteristica fondamentale, la sua risata riecheggia con minor frequenza tra le mura della reggia. I suoi occhi si sono fatti più affilati, più pensierosi. Il viso ha perso il suo candore.

Guardatela adesso, quando incontra Fersen. Guardate come le sue guance si tingono di rosso.

Ora Maria Antonietta prova pudore. Ma non è pentita e non si sente in colpa. Né nei confronti dei figli né tantomeno del marito. È ancora innamorata di Fersen e non può fare a meno di tenerlo accanto a sé. Se potesse gli starebbe ancora più vicina, ma adesso sa che non può, comincia a comprendere i meccanismi della corte.

Adesso che è troppo tardi.

E ha sentore del pericolo.

Purtroppo i suoi timori si concentrano solo su ciò che avviene alla reggia. Di quello che accade fuori Maria Antonietta non sa nulla. È ancora sprovveduta, da quel punto di vista. Se potesse percepire l’odio che il popolo di Francia prova nei suoi confronti non rimarrebbe indifferente e riuscirebbe, forse, a pensare a qualcos’altro oltre che a se stessa, ai propri figli e al suo amante.

...

 

Fersen, cocchiere improvvisato, fa correre i cavalli rischiando di sfinirli. Il vento sferza il suo viso e gli fa bruciare gli occhi, ma lui continua a guardare dritto davanti a sé. Il suo obiettivo è troppo importante, deve condurla lontano. In salvo.

Lei e la sua famiglia, sì. L’amante sta cercando di salvare la donna che ama insieme a suo marito. Apparentemente sembra assurdo, ma che cos’altro avrebbe potuto fare? Gli animi sono caldi e il popolo non ci avrebbe messo molto a decidere di farsi giustizia nei confronti dei sovrani. Non può rischiare che le facciano del male.

Si ferma, scende dalla carrozza per parlare con loro. E arriva la doccia fredda, il re gli comunica che può andare, che non hanno più bisogno di lui.

Non ha nemmeno la possibilità di un ultimo saluto. Lei rimane immobile, seduta accanto a Luigi XVI a bordo della carrozza. Solo lo sguardo che gli lancia, in qualche modo, la tradisce.

Uno sguardo, ed è tutto finito.

Devi voltarti e andartene. Lasciarla lì. Lasciartela alle spalle. Sapevi che il vostro destino era questo, lo sapevi fin dall’inizio.

Fersen obbedisce. Va via, correndo con il suo cavallo, non si volta più a guardarla. Non si volta a guardare gli occhi di lei traditi dalle lacrime, quegli stessi occhi che lo implorerebbero di rimanere.

Anche i suoi occhi si riempiono di lacrime, mentre un solo pensiero si fa strada nella sua mente dominando tutti gli altri.

La stai lasciando alle tue spalle, è vero. Ma solo fisicamente. Come hai già fatto altre volte.

La verità è che non te ne andrai mai davvero.

Non c’è mai stata via di scampo, non da lei.

Era tardi per tornare indietro già dalla prima volta che l’hai vista.

FINE

  
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