SHAKEMATE
Mercoledì. Jessie ha telefonato di nuovo, alle quattro. Anche Tom, ma
per ben altri motivi.
-Junie, te la immagini la festa di sabato? Credi che ci saranno i fuochi
d’artificio? Girano delle voci, ma non ne sono sicura- mi ha detto Jessie,
esaltata. Quando fa così, mi sento una specie di buona sorella maggiore.
-Jess>> ho risposto, paziente -Ne abbiamo parlato ieri, l’altro ieri
e anche il giorno prima.-
-Sì, ma.. Allora, hai già in mente che cosa ti metterai? Lo sai che i
Black Rose suoneranno dal vivo? Ah, te l’ho già detto! Wow, non sto più nella
pelle, rivedrò Richard! Come canta bene! Sai, quella Georgia, del terzo anno,
mi ha detto che hanno scritto una nuova canzone!-
-Lo sapevo, me l’hai detto- sbuffai, ma era come parlare con il muro.
-…Forse dovrei mettere quel vestito azzurro, credi? Oppure quello
rosa, sì, quello lungo…-
-Va beh, Jess!- esclamai interrompendo la sua parlantina a raffica
prima che fosse troppo tardi, -Mettiti quello che ti pare, passiamo a prenderti
alle sette. Non tardare-
-Aspetta! Devo parlarti di Richard! E’ dolcissimo, è simpaticissimo, è
una persona magnifica. E’ tenero come un bambino, è il ragazzo più… più… più che conosca! E poi…-
Abbassai la cornetta soltanto alle sette, fingendo un’interferenza. Il
tempo di raggiungere la soglia della stanza, e il telefono squillò di nuovo.
-Pronto?- Cercai di non mostrarmi troppo infastidita.
-Junie!- esclamò una voce -Ti ho chiamato per mezz’ora!-
-Ah, ciao, Tom. Stavo parlando con Jessie della festa di venerdì-
dissi.
-Ultimamente non fate altro…- fece Tom. Poi si rianimò: -Sai una cosa?
Ho riparato la playstation da solo! Fico, non trovi? Ho trovato il colpevole:
era il punto d’appoggio dell’apertura, se si staccava il cavo infatti…-
E giù a parlare della sua “fantastica” riparazione. Tom, il mio
migliore amico, è sempre stato appassionato di cose… bé,
tecniche. Roba tipo cavi, computer, alimentatori e circuiti lo mandano in
estasi. Riparare qualcosa, poi, è il suo ideale di paradiso. E così, parlando
di queste cose, arrivò rapidamente l’ora di cena.
Stavo abbassando di nuovo la cornetta, quando la porta si aprì e
Michael fece capolino.
-Sorellona, è ora di cena- esclamò.
-Sì, vengo subito- dissi, mentre sistemavo alcuni libri di scuola.
Avete indovinato, Michael Taylor è il mio unico fratellino. Ha solo nove anni,
ma è una peste, proprio come tutti i bambini: chiasso, confusione e
disordine.
Michael ed io abbiamo gli stessi capelli biondi e l’identico colore
degli occhi.
Notai che Michael non se ne andava.
-Cosa vuoi?- chiesi.
-Mi porti a quella festa, June?- chiese lui. Non si risponde con una
domanda, ad un’altra domanda!
-Michael, te l’ho già detto: non se ne parla- dissi, sbuffando.
-Ma io voglio venire!- protestò Michael.
-No! Hai la minima idea di come mi prenderebbero in giro se dovessi
badarti per tutta la sera?- esclamai, inorridita al solo pensiero. Poi mi venne
in mente un’altra buona idea per difendere la mia dignità. -E la festa finisce
molto tardi: sai che non puoi resistere più delle dieci. Come se non bastasse,
mamma e papà non vogliono-
-Però se li convinci tu, può darsi che…-
-Michael, no!- dissi, perentoria. Perché certe cose i bambini non le capiscono?
Non so che cosa frulli in testa al cervellino di Michael. Ma stavolta avevo i
miei dalla mia parte: non correvo nessun rischio.
Così andammo a cena insieme. Mamma e papà erano già a tavola,
mangiavano con gli occhi fissi sulla televisione, concentrati sul telegiornale.
Quando la sedia di Michael venne spostata, provocando involontariamente rumore
contro il pavimento, papà fece: -Ssst- e strizzò le
palpebre, tendendo le orecchie, come se il giornalista che parlava nella tv
stesse annunciando la rinascita di Dio. I capelli biondi li abbiamo ripresi da
lui, gli occhi da mia madre. Non è un dettaglio molto rilevante, ma visto che
mi è venuto in mente, l’ho scritto. Non mi va invece di scrivere la cena, è un
particolare che si può saltare. Andiamo un po’ più avanti, verso le dieci di
sera, orario in cui di solito vado a dormire, ma solo se il giorno dopo c’è
scuola.
Ero da poco spaparanzata a letto, sotto le coperte –adoro dormire-
quando il cellulare ha segnalato l’arrivo di un messaggio. L’ho preso e ho
letto:
Da: JeSSiE
Data: 29/10, 22:25
Ogg: georgia mi ha detto che Richard oggi ha fatto le prove
con il suo gruppo! Uau!
Buonanotte, Jessie!
SHAKEMATE 2!
Odio la scuola, la odio. Quella stupida di Miley mi ha infastidito
anche oggi. Io e Jessie stavamo entrando in classe, quando lei e le sue amiche
idiote sono passate e mi hanno detto: -Ciao ciao, Matricola Taylor-
E si sono messe a ridere. Il
bello è che in quel momento c’era anche un gruppo di ragazzi-schianto del
quarto anno, molto carino, che ha sentito tutto: mi hanno guardato con un
sorrisetto e poi sono andati via. Miley è una ragazza del terzo, con i capelli
neri, gli occhi verdi e le labbra giganti. Ha un fisico che fa svenire tutti i
ragazzi ed è la tipa più popolare della scuola, anche se per me può anche
andare a farsi friggere. Mi chiama Matricola perché mi considera come una del primo
anno. Ce l’ha con me per qualche assurdo motivo, che non mi interessa sapere.
Con Jessie, che ha sorriso, però non se la prendono. Tom Orwell invece fa il
quarto, io e lui ci conosciamo dall’asilo e siamo vicini di casa.
Nella vecchia Kimberley High, da due settimane non si parla d’altro
che della festa di Halloween, per celebrare –un po’ in ritardo- il nuovo anno
scolastico. Sai che bello! Non vedevo l’ora di tornare a scuola! Come no!
Ma questa volta la Preside ha annunciato di voler fare le cose in
grande: ci saranno fuochi d’artificio e altre cose. Non per distruggere la
felicità della Preside, ma chissà perché, qualcosa mi dice che non dovrei
andare a quella festa. Certo, non ho mai avuto nulla in contrario alle feste,
però ho un brutto presentimento, cosa insolita da parte mia. E poi, ora che ci
penso, verrà anche Miley. Ancora peggio.