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Autore: The Three Mewsketeers    05/10/2015    4 recensioni
Una raccolta scritta da tre pazzoidi che amano scrivere, amano TMM e amano delirare. Tutto qui. Ogni capitolo un prompt diverso, cosa accadrà? A voi la sentenza...
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Buongiorno fanciulli e fanciulle! Qui è Hypnotic Poison che vi parla dalla gelida Philadelphia! Siamo in ritardo di due giorni – ovviamente – ma ci siamo riunite per celebrare il compleanno della nostra colombella preferita :3

 

pereppepeeee *trombette di compleanno*

 

Lo sappiamo che spariamo sempre per lunghi periodi, però poi queste cose importanti ce le ricordiamo :3 Noi speriamo che vi piacciano, e vi lasciamo alla lettura :D

Ps: ricordatevi che certe cose descritte in queste storie non si fanno, eh, mi raccomando. Ahahah

Bacioni a tutti!!

 

 

 

Special: Happy Birthday, Minto-chan!

 

 

 

 

Il primo compleanno della seconda genita di casa Aizawa fu un grande evento, non certo come quello dell’erede Aizawa, Seiji Aizawa.
Era una bambina graziosa, ma non pareva brillante come il fratello maggiore che era circondato da adulti mentre recitava a memoria la poesia imparata all’asilo.  
Eppure la vecchia balia la teneva in braccio mentre la madre parlava di quanto fosse stata discreta, la bambina, durante il parto, visto la velocità con la quale era venuta fuori.
Eppure la balia guardava quella bimba dallo sguardo intelligente che giocherellava con un costoso sonaglio, facendolo trillare e ridendo ogni volta che suonava e pensò che fosse molto più brillante di Seiji, anche se voleva un mondo di bene a quel demonietto che ora stava diritto e si faceva scrutare da tante persone importanti.
Minto, invece, quando le si avvicinarono per mirare meglio il nuovo gioiello di casa, assunse un’aria contrita, arricciando il nasino alla francese e parve proprio che guardasse male gli uomini e le donne che parlavano a lei con versetti e moine.
La bimba non li degnò di attenzione, attaccandosi invece al kimono della balia e spingendo perché andassero via dalla calca. La balia sorrise e con un inchino e qualche scusa si allontanò con la bimba in braccia.
La mise seduta su un tavolo vuoto e isolato e le disse, con voce ferma ma dolce –Signorina Minto, è il caso vi comportiate bene. Per questa volta passi, ma deve dar retta ai suoi ospiti, per quanto noiosi possano essere.
La piccola Minto dai riccioli scuri piegò la testa di lato; parve offesa dal tono ma poi sembrò capire e rimase buona tutta la sera, non sdegnando più nessuno e facendo la brava padroncina di casa.
La balia la sera la mise a letto mentre i signori Aizawa salutavano gli ultimi ospiti. Minto sbadigliò sonoramente e portò i pugnetti al viso, crollando subito dopo. La balia sorrise e la coprì bene. Seiji entrò di soppiatto dietro di lei.
-Baba-chan?- chiamò a bassa voce la donna, che si voltò verso di lui
-Sì, Seiji-chan?
Il bambino di quattro anni cercò di allungare il collo verso la culla –Quando posso giocare con la nee-chan?
La balia sorrise, spingendolo gentilmente fuori dalla stanza –Domani….
-No! Aspetta! - il bimbo si divincolò dalla presa –Regalo! - disse, mettendo le mani in tasca e uscendone un piccolo fiorellino tutto pestato, sicuramente preso dal giardino di casa.
La balia lo lasciò fare e il bambino poggiò il fiorellino dentro la culla –‘notte, nee-chan! E buon compleanno!
 
**
 
Minto fece una giravolta, nel suo tutù tutto bianco e il fratello batté le mani, ridendo –Sei brava, nee-chan!
Lei sorrise compiaciuta, mentre la sua aria da piccola principessa si affinava sempre di più, nonostante avesse cinque anni.
-Questa sera alla festa ci saranno tanti bimbi! - disse lei contenta –Verranno le mie amiche! Farò vedere il mio balletto! Nii-chan, starai accanto a me?
Il bimbo si incupì –Io… ho lezione fino a tardi.
La bimba strinse i pugnetti e assunse un’aria triste –Oh, va bene.
Seiji le prese una manina paffutella –Verrò per il taglio della torta! - le promise.
 
La signora Aizawa, donna altolocata, non capiva perché Minto facesse tante storie. Era un amore di bimba, ma testarda e caparbia –Avanti, Minto. Soffia sulla candelina. - le disse, al limite della pazienza.
Lei incrociò le braccia al petto –No! Seiji nii-chan…
La donna si massaggiò la tempia: avrebbe avuto di che raccontare al suo analista –Minto, Seiji…
La porta del salone si aprì di scatto e Seiji apparve sulla soglia, cercando di darsi un contegno ma col fiato grosso. In mano aveva un mazzo di fiorellini bianchi.
Minto sorrise felice e soffiò sulla candelina. Seiji le porse il mazzolino di fiori –Scusa il ritardo, Minto.
Lei prese il mazzolino e lo strinse al petto –Grazie!
 
**
 
Minto lo sentiva il baccano che stavano facendo Purin e Ichigo da fuori il locale.
Storse il naso.
“Cosa diamine staranno facendo?”.
Il portone d’entrata si aprì e Zakuro la squadrò in silenzio –Non puoi entrare. – le disse, imperscrutabile.
-…e perché mai? - sbottò la quattordicenne.
Zakuro alzò un sopracciglio e a Minto parve sorridere un attimo.
-Zakuro-san! Tienila fuori! - sentì bisbigliare Minto dalla vocina acuta di Purin.
-Sssssh! O ci sentirà! - questa doveva essere Retasu.
Minto capì e le si strinse la gola.
-Loro…?
Zakuro si appoggiò al portone, sorridendo apertamente, questa volta.
La brunetta poté accedere al salone cinque minuti dopo: era stato addobbato con palloncini bianchi e indaco e su un tavolo c’era una torta con sopra una ballerina di zucchero.
-Ragazze!
Prima di potersi commuovere, decise di tenere l’aria sostenuta e fece per criticare qualcosa, come ad esempio i capellini di carta che Ichigo stava distribuendo, quando Purin attirò la sua attenzione.
-Minto-chan! Guarda! Il nostro regalo!
Da una porta laterale sbucò un imbarazzato Seiji, intendo a massaggiarsi la nuca –Nee-chan…- la chiamò dolcemente. Non si vedevano da mesi.
Ichigo ridacchiò –Lo abbiamo chiamato tantissime volte, ma alla fine abbiamo eluso la sorveglianza e quei gorilla attorno a lui!
Lui le porse un mazzo di fiori bianchi –Posso stare solo un’ora.
Lei strinse il mazzolino un attimo, poi sorrise con le lacrime agli occhi –Va benissimo così…
 
**
 
Minto fissò divertita Seiji che squadrava malamente Kisshu. L’alieno le aveva portato un paio di rose e Seiji il famoso mazzo di fiori bianchi, regalo di ogni anno.
I fiori di entrambi le solleticarono il naso, guardandola duramente.
Quale mazzo avrebbe preso per prima?
Ridendo ma rimanendo composta li prese entrambi e mi sistemò nello stesso vaso –Così è più bello…- si giustificò verso i due, palesemente scontenti.
 
**
 
-Maman?
-Corinne, tesoro…
La bimba dai codini blu e il vestitino rosa si avvicinò alla donna.
Minto impallidì quando vide la figlia imbrattata di fango, in mezzo al suo salotto pieno di ospiti per il suo compleanno.
-Corinne, cosa…?
La piccola, per nulla preoccupata, le porse un piatto del suo servizio buono con sopra una palla di fango e una candelina sopra –L’ho fatta con papa et oncle(*)!- disse contenta.
Minto guardò dietro la bimba, con i due uomini che ridevano ma facevano finta di nulla.
-Maman! Soffia! Ed esprimi un desiderio!
Minto chiuse gli occhi e rise, mentre gli invitati la scrutavano quasi tutti dubbiosi, eccezione fatta per Ichigo e le altre.
-Va bene. Desidero che tu vada con papa e oncle a cambiarti il vestito, prima di rovinare il tappeto! - e soffiò ridacchiando.
La bimba la guardò scioccata –Maman! Non si dice! Così non si avvererà mai!
 
Note
(*) il traduttore mi dice che è “zio” in francese X°D

 

 

 

§§§§§§§§§§§§§§§

 

 

Fin da piccola aveva sempre saputo cosa significasse essere figlia degli Aizawa, appartenere ad una famiglia altolocata.  I vantaggi, certo, ma anche i bisbigli, le malelingue, i commenti cattivi.
Ci aveva fatto il callo sin dal giorno in cui aveva capito di essere in competizione con suo fratello.
Perché era lui, l'erede degli Aizawa, non lei. Lei doveva solo essere una signorina di buona famiglia ed eccellere in un'attività raffinata: che fosse intelligente, che a lei e a Seiji non fregasse assolutamente nulla di tutto ciò, di successioni, di ruoli e quant'altro, non importava.
Del resto a lei non importava nulla di cosa dicessero gli altri, per lei contava solo l'opinione che aveva di se stessa (e le sue amiche di lei, ma si trattava di un altro discorso).
Alla lunga però tanto parlare la infastidiva; non un fastidio di stizza (quello era la norma), ma un fastidio maligno e avvilente che si insinuava sottopelle come un raffreddore. Quando si parlava di danza, poi, era ancora peggio.
La danza era praticamente la sua vita. Impegnava ogni cellula, ogni energia, tutta la sua volontà per eccellere e sapeva di non dover dimostrare a nessuno la propria abilità. Eppure, dopo una selezione importante come quella da cui era rientrata, le maldicenze che avevano accompagnato la sua uscita dagli spogliatoi le ronzavano ancora nelle orecchie.
Non è per nulla adatta al ruolo. È stato il suo nome a farla arrivare qui.
Sicuramente qualcuno della famiglia ha dato una spintarella.
Il coreografo non ha fatto tanti capricci con lei come con noi, chissà come mai…!
Stupidaggini. Bugie. Invidia. Che tentava in tutti i modi di annidarsi nel suo cervello.
« Mi serve una pausa. »
Passò velocemente in camera lanciando la borsa d'allenamento e si nascose nella sala privata di danza; era una stanzetta che suo padre aveva fatto fare anni prima, con il parquet, una parete a specchio e la sbarra, ottima per ripassare qualche passo all'ultimo minuto. Anche se lei ora aveva altri progetti.
Prese l'MP3 dalla tasca della felpa, che abbandonò per terra, mise le cuffie e selezionò l'ultimo brano in memoria.
Lei amava ballare, amava il ritmo, ogni ritmo anche se il suo amore e il suo obbiettivo rimaneva la danza classica; la faceva stare bene, la faceva sentire viva, felice, in grado di abbattere le montagne.

I never miss a beat
I’m lighting up my feet
And that’s what they don’t see
I’m dancing on my own
I make the moves as I go
And that’s what they don’t know

Iniziò ad improvvisare un mix tra danza classica e passetti appena accennati di qualcosa che ricordava l'hip hop al ritmo che veniva dalle cuffie e canticchiando pezzetti del brano ridacchiando.

But I keep cruising
Can’t stop, won’t stop moving
It’s like I got this music
In my mind, saying it’s gonna be alright

Lei era sempre andata avanti per la sua strada e avrebbe continuato a farlo, sorridendo fiera di se stessa.
« Cause the players gonna play, play, play ♪
And the haters gonna hate, hate, hate!
Baby I’m just gonna shake, shak-  »
« Che hai da dimenarti tanto colombella? »
Minto non sentì la domanda né vide Kisshu fluttuarle alle spalle come stravaccato su un divano finché non si fu girata e per lo stupore ebbe messo un piede in fallo, cadendo dritta con il sedere per terra. Lui rise maligno e lei lo guardò torva, rossa come un gambero:
« Da quanto tempo sei lì che mi spii, cretino?! »
« Guarda che ho bussato. – si giustificò – Però non mi hai sentito. »
Minto non gli credette imperversando a squadrarlo arrabbiata. Spense l'MP3 e mise via le cuffie pensando imbarazzata a come doveva essere risultata scema, ad agitarsi così da sola e in silenzio con ancora addosso il completo da allenamento. Specie agli occhi di quel cretino fluttuante della cui presenza non voleva – non riusciva – a liberarsi.
« È davvero incredibile come quando non ti arrabbi tu abbia una bella voce. »
Lei grugnì un grazie sforzandosi di non essere contenta per il complimento e riprendendo la felpa.
« Non era male nemmeno quel culetto che continuavi a scuot- »
La mora si pentì amaramente di non avere nulla di più pesante della felpa per tirargli una scudisciata.

 

§§§§§§§§§§§§§§§

 

Minto sospirò, sistemandosi meglio il salvapunte. Non era la prima volta che passava il compleanno lontano da casa per colpa di uno spettacolo, ma era decisamente la prima volta che era così abbattuta.
Sapeva che Seiji sarebbe arrivato solamente tra due giorni, per colpa di quell’imprevisto con chissà quale azienda di chissà quale parte del mondo, e sarebbe stato un po’ difficile raggiungere la sorellina così su due piedi. Le sue amiche erano prese dall’università, giustamente, non era colpa loro che lei adesso non si trovasse in Giappone perché la compagnia aveva deciso di intraprendere una tournée internazionale, non poteva certo chiedere loro di spostarsi sempre. Le aveva sentite su Skype molto velocemente, per quanto permettesse il fuso orario, e l’avevano risollevata nel ricordarle che mancavano soltanto dieci giorni al suo ritorno a casa, e avrebbero festeggiato tutti insieme in quel momento.
Avrebbe almeno voluto, però, che qualcun altro utilizzasse certe sue capacità speciali per poterla raggiungere almeno per qualche ora, ma ovviamente erano successi casini anche sul loro pianeta, e Pai aveva costretto i suoi fratelli ad un intenso “ritiro” nel laboratorio di Shirogane per sistemare la questione.
Se non altro, avevano avuto tutti la gentile idea di spedirle diversi mazzi di fiori, che le avevano profumato dolcemente il camerino a lei assegnato per quei tre giorni, e avevano scatenato la gelosia delle sue amiche e colleghe – che, le avevano promesso, l’avrebbero portata fuori a cena non appena fosse finito anche lo spettacolo di quella sera.
“Minto-chan, tra un quarto d’ora sul palco!” Akira si sporse appena dallo spiraglio della porta con un sorriso gentile, a cui la mora rispose annuendo.
“D’accordo, adesso arrivo.”
Si legò i lacci di raso con attenzione, e fece un altro respiro profondo mentre si controllava allo specchio. Il trucco e i capelli erano a posto, doveva solamente cancellarsi quell’espressione triste dal viso e tutto sarebbe andato per il meglio.
Il cellulare le trillò in quel momento, e lei lo aprì curiosa non appena notò che c’era anche un allegato.
«Buon compleanno, passerotto, e in bocca al lupo per lo spettacolo! Quando torni ci sarà tutto questo ad aspettarti! ;) »
Minto arrossì nell’aprire la fotografia, e il cellulare le scivolò di mano dritto nel barattolo di cipria.

 

   
 
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