Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: coldmackerel    05/10/2015    5 recensioni
Levi/Eren | Hospital AU
Una commedia sull'essere morti.
Levi, finalmente, torna a lavorare come infermiere dopo essersi ripreso da un incidente d'auto che l'aveva quasi ucciso. Non c'è niente di meglio a darti il 'bentornato' quanto il realizzare di aver perso la testa e riuscire a vedere gli spiriti dei pazienti comatosi del reparto sei. Così, si trova, controvoglia, ad aiutarli a imparare a vivere da morti. Eren, l'ultimo paziente dell'ala sei, ha sei mesi per imparare ad essere morto. Buona fortuna, ragazzo.
Genere: Commedia, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eren Jaeger, Rivaille, Un po' tutti
Note: AU, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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The 6th ward
CAPITOLO 24: Una nuova realtà

0 mesi, 28 giorni

Levi si svegliò nel bel mezzo della notte, con una nausea intensa e, in generale, sentendosi veramente male. Ma la cosa non sarebbe stata proprio anormale per lui, se solo non avesse considerato il fatto che non aveva bevuto neanche una goccia di alcool la sera prima. Era sempre stato incline a stare male, ma solo a causa del suo eccessivo consumo di liquore. Comunque, Eren non si svegliò quando lui si trovò a fare una corsa folle verso il bagno, per liberare il suo corpo di qualsiasi cosa avesse mangiato nelle ultime dodici ore circa. La sua gamba era ancora più addormentata di prima e anche la sua vista era peggiorata.

Levi non era stupido. Tirandosi dietro silenziosamente la gamba che non sentiva più, arrancò fino al soggiorno dove compose il numero di Erwin.

“Che succede?” chiese Erwin intontito, dall’altro capo della linea. I dottori non chiedevano mai come ti sentissi, né salutavano. Uno sfortunato effetto collaterale del loro redditizio lavoro era quello che praticamente quasi tutte le chiamate che ricevevano portavano cattive notizie, e ancor di più se erano le tre e mezza del mattino.

“Sono Levi. Credo che ci sia qualcosa che non va con il mio cervello,” tagliò corto. “E non perché mi è saltata qualche rotella ultimamente.” aggiunse.

Levi poteva sentire il suono di Erwin che si metteva a sedere in mezzo al letto, mentre soffocava uno sbadiglio. “Sintomi?” chiese il dottore. Perlomeno non gli aveva fatto duemila domande.

“L’orecchio e il naso mi sanguinano da un mese a questa parte, vista peggiorata, e stasera sembra che abbia anche perso sensibilità nella gamba destra.”

Erwin fece una pausa. “Traumi cranici recenti?”

“A parte l’incidente di cinque mesi fa?”

Il biondo fece un mugugno per invitarlo a continuare.

“Ho avuto una mezza rissa con dei tipi ad un bar un paio di mesi fa. Mi hanno rotto un bicchiere in testa.”

Un’altra pausa. “Nausea?”

“Credevo di no all’inizio.” Qual è il modo migliore per ammettere ad un tuo collega che sei un alcolizzato e che non hai idea di quali e quanti attacchi di nausea erano stati solo un errore di valutazione fatto da ubriaco? “Pensavo che fosse dovuto all’aver bevuto troppo,” decise di ammettere. “Ma stasera non ho bevuto e non è una cosa leggera.”

“Levi, corri in ospedale,” disse Erwin con calma, oltre il rumore che stava facendo vestendosi, nonostante fosse ancora a telefono. “Non dovresti giocare con certa merda. So che sei più intelligente di così.”

Levi fece una smorfia. “A quanto pare no.”

“Sarò lì tra una ventina di minuti.” tagliò corto Erwin, terminando la telefonata.

Mettendosi la sua giacca, Levi si sentì come quello fosse il suo atto finale, mentre usciva dall’appartamento. Quante persone erano uscite di casa senza aspettarsi che sarebbe stata l’ultima volta che lo facevano? Quante persone avevano pensato di stare andando a fare una semplice visita ed erano state ricoverate dopo il loro arrivo, solo per morire in quegli stupidi letti bianchi d’ospedale, settimane o persino solo qualche giorno dopo? Gli venne improvvisamente in mente l’immagine di un decisamente più vivo Eren che lasciava la sua casa per l’ultima volta, incosciente che sarebbe stato messo al tappeto da uno stupido incidente solo più tardi quella stessa giornata. Avrebbe veramente voluto che le cose che succedevano in quell’universo fossero almeno un po’ meno casuali.

Faceva un freddo cane fuori, e Levi si chiese se non fosse il caso di prendere la macchina. Ma, in quella situazione, mettersi dietro al voltante sarebbe stata una decisione probabilmente stupida. Pertanto, si alzò la sciarpa fino al naso e uscì, dirigendosi verso l’ospedale con andatura zoppa ma veloce. Fece persino dei buoni progressi, arrivando in pronto soccorso in tempi da record, ma, ovviamente, quella piccola vittoria fu totalmente eclissata dal fatto che svenne nell’atrio, subito dopo aver chiesto del dottor Smith. In realtà non si ricordava tutto questo, o l’ordine preciso in cui era accaduto tutto, ma gli era stato raccontato più avanti.

La prima cosa di cui si ricordava, infatti, era uno strano stato di risveglio, che era alla stregua di quello che immaginava si provasse quando iniziavi a sognare, sempre che fosse possibile per una persona definire quel preciso momento.

Ma come sapeva di stare sognando?

Quello sì che era strano.

Inoltre, perché diamine stava sognando di essere in una stanza d’ospedale? Certo Levi non era la persona più creativa sulla faccia della terra, ma questo era sorprendente stupido persino per lui.

Comunque, Erwin entrò nella stanza, seguito da Hanji. Ah. Be’, diciamo che ora il sogno si stava facendo un po’ più interessante. Le loro voci lo raggiungevano come se avessero avuto bisogno di attraversare mille miglia di nebbia fitta prima di sfiorare le sue orecchie.

“E’ lui il tuo imbecille?” chiese Erwin stancamente.

Tutto ciò sembrava stranamente familiare. Hanji annuì leggermente. “Non è la prima volta che mi viene fatta questa domanda quest’anno. Qual è la storia, dottore?” chiese Hanji con cautela.

Lo sguardò di Levi andava dall’uno all’altro, con vaga confusione. La nebbia si stava diradando leggermente, e lui si sentiva come se quel sogno stesse diventando reale di fronte ai suoi occhi.

“Frattura del cranio.” tagliò corto Erwin, picchiettando la penna contro la cartella clinica che aveva in mano.

Stringendo le labbra, Hanji lanciò un’occhiata di fuoco in direzione di Levi. “Ed è durato così tanto con una frattura al cranio?”

“Non è neanche finita qui,” disse Erwin, scuotendo la testa incredulo. “Immagino che quella se la sia procurata durante l’incidente d’auto, ma, a quanto pare, ha avuto una perdita di sangue estremamente lenta dal cervello, e per parecchio tempo. E’ raro che sia abbastanza lenta da non mostrare molti sintomi o causare svenimenti, ma può succedere. E’ difficile trovarle quando sono così piccole, e può essere che lui sia riuscito ad andare avanti a lungo senza problemi.”

“Perlomeno fino a quando ha deciso di prendersi a pugni con un paio di balordi al bar.” terminò Hanji.

“Sì. Si è rifiutato di andare in ospedale quando ne aveva veramente bisogno.”

“Lo fa sempre.” disse Hanji con amarezza.

Il ticchettio della penna di Erwin era aumentato con agitazione. “Ha subito una frattura veramente molto lieve, ma poi si è procurato un’altra ferita che ha mostrato sintomi con lentezza, e comunque facili da ignorare. Ma il trauma ha aggravato la perdita di sangue al cervello, e la pressione ha portato a sintomi più riconoscibili, accelerando la comparsa di complicazioni che si sarebbero potute presentare dopo anni, o persino anche decenni.”

“Che imbecille,” ribadì Hanji. “Tornerà a posto?”

“Sto bene,” intervenne Levi. “Mettetemi due bende e mandatemi a casa, okay?”

Erwin fece un’espressione accigliata. “Credo di sì. La mia unica preoccupazione è che il leggero coma a cui abbiamo deciso di sottoporlo diventerà più profondo, se non alleviamo la pressione al cervello e lo riportiamo a un punto in cui possa guarire.”

“Ma starà bene.” Hanji si stava stropicciando l’orlo della divisa nervosamente.

“Coma?” balbettò Levi.

“Onestamente? Sono preoccupato dai danni permanenti al cervello.” disse Erwin celermente, come se la notizia potesse essere meno sconvolgente se detta il più velocemente possibile.

Hanji smise di tirarsi il camicie. “Danni permanenti?”

“Si dovrebbe svegliare, ma il sangue ha fatto pressione in varie parti del cervello. E’ difficile dire cosa è stato danneggiato. Ed è probabile che qualcosa rimanga così.” disse Erwin in tono di scusa, anche se non era veramente colpa sua.

Passandosi una mano lentamente sul volto, Hanji non disse più nulla.

“Lascialo riposare,” propose Erwin. “Lo risveglieremo dal coma non appena il suo cranio sarà in via di guarigione.”

Levi stava fissando allibito l’uno e l’altro a turno. Questo non era un sogno – questo era un fottuto incubo. E, come se si fosse improvvisamente schiantato nella realtà, abbassò lo sguardo sul suo corpo. Maglietta bianca, pantaloni bianchi, cintura nera.

Porca fottuta miseria.

Merda.

Cazzo.

I due se ne andarono dopo un paio di minuti, nonostante Hanji rimase un attimo indietro per borbottare una serie di insulti al corpo inconscio di Levi, mentre la versione conscia dell’uomo guardava il tutto da una sedia dall’altro lato della stanza. Non si era mai veramente riconosciuto nella frase ‘trovarsi nella merda fino al collo’ fino a quel momento. Una serie continua di insulti si stava ripetendo nella sua mente, come una sorta di messaggio promozionale, mentre fissava il suo corpo.

“Adoro quando lascio accadere stronzate perfettamente evitabili,” borbottò a nessuno in particolare. “Perlomeno il bianco mi dona.” aggiunse alla stanza vuota.

Come lato positivo, almeno, pensò Levi, Erwin aveva suggerito che era molto probabile che si sarebbe ripreso e risvegliato. Ora si trovava in coma farmacologico e anche se era stato un completo deficiente, considerando la situazione in cui si trovava, era riuscito ad accorgersene prima che le sue ferite mortali fossero effettivamente riuscite ad ucciderlo. Sarebbe potuta andare molto peggio.

Come dei flash di vecchi ricordi gli spuntavano in testa senza nessun particolare ordine o senso. Era come se qualcuno avesse tentato di scrivere un algoritmo della tua vita facendotela passare davanti agli occhi giusto un secondo prima della tua morte, ma aveva finito per sbagliare tutto. Così quegli stessi ricordi erano diventati una pila ingarbugliata di cose che apparivano nella sua mente a intervalli irregolari. Un secondo stava firmando un suo graffito in un sottopassaggio, e quello dopo gli stavano consegnando un voto mediamente deludente ad uno dei primi test che aveva fatto alla scuola di infermieri. Era questo quello che si erano trovati a passare i mocciosi per tutto questo tempo? Erano veramente continuamente travolti da strani flashback delle loro vite? Tutto ciò faceva a dir poco infuriare Levi.

Sebbene la cosa più irritante di tutte, rimaneva la forte attrazione che sentiva tra sé stesso e il suo corpo. Essere a qualsiasi distanza dal suo essere fisico gli provocava un forte disagio, che diventava sempre più difficile da ignorare man mano che vi si allontanava. Come diavolo avevano fatto i mocciosi a riuscirci? Aveva sempre pensato che fosse una passeggiata.

Sospirando, con addosso il peso di tutte le cose che gli erano successe negli ultimi mesi, Levi si lasciò cadere su una sedia vicino al suo corpo, perché era praticamente l’unico modo per sentirsi un po’ meglio. “Be’, avevo comunque bisogno di una vacanza,” borbottò. “Anche se avrei potuto evitare il trauma cranico, e optare per le ferie pagate.”

Sentiva uno strano senso di solitudine. O, per dirla meglio, si sentiva incredibilmente piccolo. Era come se il mondo esistesse in una certa realtà, mentre lui si trovava in un’altra, e l’unica cosa accertata di quest’altro spazio-tempo era la sua completa isolazione.

Fermi tutti.

Questo non era del tutto vero, perché c’era almeno un’altra persona che si trovava nella sua stessa realtà, in quel momento. Anche se non era neanche lontanamente abbastanza. Si sentiva sopraffatto dalla necessità di ridere istericamente all’idea che aveva sempre creduto che l’ultima cosa di cui si sarebbe trovato a sentire la mancanza era la costante presenza di persone. Stava impazzendo. Come diavolo avevano fatto quei mocciosi a sopravvivere a tutto ciò?

Questo era molto peggio della morte. Levi cercò di pensarla come se questo fosse l’ultimo stato di esistenza che avrebbe mai provato prima di morire, come lo era stato per i mocciosi, e si sentì di nuovo salire la nausea. Era come vedere una bestia feroce inseguirti all’orizzonte, ma essere troppo paralizzati dalla paura per fuggire: puoi solo aspettare che la bestia ti raggiunga, sentendoti sempre più terrorizzato mentre pensi a tutte le caratteristiche orribili del mostro che si avvicina.

Levi rabbrividì. Non lo stupiva più il fatto che Eren gli dormiva praticamente addosso. Faceva così freddo.





Così passò la mattinata e Levi non fece altro che sentirsi sempre più in colpa. Non era ancora stato in grado di vincere l’ansia di lasciarsi dietro il suo corpo, ed era certo che Eren era decisamente confuso e possibilmente disperato, a questo punto. Perché non aveva lasciato un fottuto biglietto? Perché non aveva portato con sé il ragazzo? Stupido, stupido, stupido.

Doveva uscire dalla stanza. Doveva andare a cercare Eren.

Un brivido di ansia gli percorse la spina dorsale.

Stupido.

Dov’era Eren?

Stupido.

Perché non poteva semplicemente uscire da quella fottuta stanza?

Stupido.

Perché faceva così fottutamente freddo?

Stupido.

Perché non era andato da un dottore prima?

Stupido.

“Vaffanculo Levi,” disse a sé stesso, alzando le braccia con frustrazione. Poi si trascinò forzatamente verso la porta e si costrinse ad uscire prima che il suo cervello iniziasse a far partire altri pensieri incoerenti. Era come quando ti tiravano via un dente, ma il dolore era nel petto. Tuttavia, iniziò ad attenuarsi dopo un paio di minuti, fino a diventare un leggero fastidio. Si chiese se anche quello sarebbe scomparso ad un certo punto, o se ad Eren il petto faceva male continuamente, ogni volta che era lontano dall’ospedale. Sperava di no.

Lentamente, ignorando il fastidio, Levi si allontanò faticosamente dalla sua stanza, con testarda determinazione. Se aveva almeno un po’ di fortuna, Eren era tornato al reparto sei. Solo che ormai era prima serata, quindi era difficile dire cosa poteva aver fatto il ragazzo non sapendo che fine avesse fatto lui. Non è che avesse molto da fare per ammazzare il tempo.

Ma alla fine, con grande sollievo, Levi lo incontrò prima di quanto si sarebbe aspettato, in uno dei corridoi tra l’ingresso e i reparti situati nell’edificio adiacente. Eren sembrava abbastanza spaesato, ma soprattutto annoiato. “Ehi, moccioso!” lo chiamò.

Eren si irrigidì un secondo prima di girarsi e riconoscere Levi. “Dove sei stato?”

Levi odiava dare spiegazioni. Cosa avrebbe dovuto dirgli?

Ma Eren gli risparmiò la fatica. I suoi occhi si spalancarono non appena si rese conto del fatto che Levi era vestito esattamente come lui. La sua fottuta mascella era praticamente finita a terra. “Oh merda.” sussurrò.

“Oh merda, esatto.”

“Oh merda.” ripeté Eren, stavolta a voce alta.

“Puoi dirlo forte, oh merda.”

“Merda.”

Levi scosse la testa con frustrazione. “Sì, credo che abbiamo chiarito la cosa. Merda. Un mare di merda. Me ne rendo conto da solo, credimi. Ma sto bene.”

Strabuzzando gli occhi, Eren non sembrava in grado di distogliere lo sguardo dalla maglietta di Levi. “Bene come sto bene io?” riuscì a dire con sarcasmo.

“Coma farmacologico,” ripose Levi. “Dovrei svegliarmi in un paio di settimane quando il mio cervello la smetterà di fare lo stronzo.”

“Dovresti?” Eren stava ancora muovendo le pupille, ben più rapidamente di quanto si sarebbe detto normale.

Levi annuì. Si sentiva in colpa, in un certo senso. Perlomeno lui si sarebbe svegliato.

“Come ti senti?”

“Uno schifo,” ammise Levi. “Questa situazione è terribile.”

Eren gli sorrise simpateticamente. “Già. Fa freddo, vero?”

Annuendo, Levi si passò distrattamente una mano tra i capelli. “Sì.”

“Erwin ha notato un’altra onda di attività celebrale sui miei grafici,” ammise infine Eren, spostando subito lo sguardo verso il pavimento. “Ha detto che è improbabile che sia stato un altro errore del computer.”

Stavolta fu il turno di Levi di strabuzzare gli occhi. “Ah, davvero?” Stupido. Perché non aveva detto qualcosa di positivo per una volta!?

“Credo.” rispose cautamente Eren. Stava evidentemente cercando di non essere troppo eccitato dalla notizia. La speranza può essere pericolosa.

“Stai attento, ragazzo,” disse Levi con serietà. “Non ti fare grandi aspettative. Non voglio vederti soffrire se si scopre che questa faccenda è stata solo un falso allarme.”

Eren annuì brevemente. “Lo so. E’ una scemenza, dimenticalo.”

“Ehi,” disse Levi, facendo finalmente alzare lo sguardo di Eren dalle sue scarpe. “Io spero veramente che sia un campanello di allarme positivo per te, ragazzo. Davvero. Ma lascia a me le speranze, va bene?”

“Va bene.” concordò caldamente Eren.

Levi decise che era meglio evitare di fare qualsiasi discorso sui possibili handicap in cui sarebbe potuto incappare dopo un possibile risveglio. Eren aveva già abbastanza cose di cui preoccuparsi al momento, e a Levi non piaceva far preoccupare ulteriormente persone su cose di cui lui stesso non era propriamente informato. Per quel che ne sapeva, sarebbe stato normale dopo essersi ripreso.





0 mesi, 23 giorni

Le cose erano diventate molto incerte per entrambi, e quella era l’unica fottuta cosa certa. Era come se entrambi stessero aspettando che l’universo decidesse cosa voleva farsene delle loro vite. Comunque ebbero tempo per lavorare un po’ sul far uscire Levi dall’ospedale. Eren gli aveva promesso che una volta che fosse riuscito ad uscire per un paio di minuti, il resto era molto più semplice. E Levi non aveva dubbi, ma non era molto sicuro di farcela. Eren aveva fatto del suo meglio per avere pazienza con lui, ma alla fine decise di optare per la stessa tattica che Levi aveva usato con lui quando era dovuto uscire fuori per la prima volta.

Senza avvisare, il più giovane spinse Levi con forza fuori la porta, affrettandosi a scusarsi istantaneamente. Levi non voleva far altro che ributtarsi all’interno, ma Eren stava bloccando il passaggio con il suo corpo, balbettando scuse e promesse nonostante lo sguardo furioso sul volto di Levi.

“Togliti!” sibilò Levi.

Eren trasalì, chiudendo gli occhi e scuotendo violentemente la testa.

Levi fece un grugnito e si prese la testa tra le mani, cercando di far sbollire l’ansia e il disagio che avevano travolto ogni fibra del suo corpo. Da parte sua, Eren non si mosse – anche se sembrava essere tentato di farlo. Dopo un paio di minuti, Levi sentì acquietarsi lentamente quel vortice di emozioni negative. Piano piano, la tensione sembrò lasciare il suo corpo.

“Ugh.” disse intelligentemente.

Eren rise nervosamente. “Sì, lo so.”

“Che schifo, davvero.”

Con un ultimo sguardo sospettoso, Eren si mosse dalla sua posizione atta a bloccare il passaggio per rientrare in ospedale. “Sarà sempre meglio.” offrì comprensivamente.

“Hm.” mormorò Levi, sedendosi sul prato per riprendere le forze. Il semplice atto di uscire dalla porta lo aveva reso più esausto del peggior straordinario mai fatto in tutti i suoi anni di lavoro in ospedale. Eren rimase in piedi in silenzio al suo fianco, mani in tasca, torreggiando sopra di lui.

Gli faceva male il cervello. Tutto ciò era decisamente troppo. Così piegò leggermente la testa al lato, per poggiarsi sul fianco di Eren.

Troppo.

Eren gli carezzò piano la testa, in un gesto distratto che fu stranamente confortante.

Rimasero così per un lasso di tempo impreciso. Perché il tempo era un concetto strano nella realtà in cui si trovavano, constatò Levi. A volte un minuto si estendeva per anni, ma qualche volta il tempo di chiudere gli occhi e un’intera giornata era passata.

Perlomeno, per la prima volta in quasi una settimana, fu finalmente capace di trascinarsi a casa, fermandosi spesso per cercare di fermare e riprendere il controllo sulla sua ansia. Però, Eren aveva ragione: la parte più difficile era stata uscire dal maledetto ospedale. Ogni volta che aveva avuto bisogno di fermarsi, Eren aveva aspettato pazientemente un paio di passi più avanti. Levi aveva apprezzato come il ragazzo non gli avesse detto nessuna parola di incoraggiamento o esperienza. Era semplicemente lì.

Quando finalmente raggiunsero il suo appartamento, Levi si sentiva vecchissimo. Anche se era stato lontano da quel palazzo familiare per meno di una settimana, si sentiva come se non l’avesse visto per anni.

Sospirò. Perché tutto ciò doveva essere così stancante?

“Ti sentirai meglio,” disse naturalmente Eren, continuando a salire le scale davanti a lui. “Sei troppo testardo per non riuscirci.”

“Forse.” ammise Levi, mentre un vago sorrisetto gli stirava i lineamenti.

Avvicinandosi all’appartamento, Eren chiese divertito: “Non è proprio semplice, eh?”

“Una passeggiata.” rispose Levi.

Eren alzò gli occhi al cielo, ma non disse niente mentre faceva largo a Levi per farlo entrare a casa sua.




Salve a tutti! Qui Seth, la traduttrice. Da questo capitolo le note si spostano a fine capitolo perché ci avviciniamo alla fine e non voglio scocciarvi con le mie scemenze fino a quando non avete finito di leggere. Ahah! tra l'altro finalmente arriva il capitolo dove si scopre Levi la causa dei sintomi di Levi e anche le sue conseguenze! Non vedo letteralmente l'ora di leggere i vostri commenti perché per me questo capitolo fu un vero shock visto che questa era l'ultima cosa che mi aspettavo. D'altra parte ci sono anche buone notize per Eren. Chissà. Vabbè, detto ciò ringrazio sentitamente tutti i lettori, e in particolar modo chi ha inserito la storia tra le preferite/seguite/da ricordare e, ancor di più, chi commenta! Spero di avere un po' di tempo domani per continuare nei miei tentativi miseri di recuperare con le risposte. Ci sentiamo nel prossimo capitolo!
SULLA TRADUZIONE: partendo dal fatto che io non sono un'esperta di medicina, ma che non lo è neanche l'autrice (che avvisa che ci potrebbero essere delle incongruenze con la realtà medica, nonostante si sia informata nel miglior modo possibile), vi avviso che posso solo sperare di non aver scritto scemenze in questo ambito, ma se l'ho fatto fatemi sapere che correggo! Poi ci sono le scemenze dovute ad errori di distrazione, ma quello è un altro discorso xD


   
 
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