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Autore: Darth Ploly    06/10/2015    3 recensioni
Una Ponyville corrotta e marcia. Uno spietato killer a piede libero. Una puledra che cerca di portare giustizia nella sua città.
Tra indagini, sentimenti e una buona dose di citazioni, le cupe avventure di una detective che muove i suoi passi in una Ponyville più pericolosa e oscura di Gotham City.
Ho deciso di affidare il ruolo da protagonista a uno dei background pony di Friendship is Magic, ma compariranno comunque le Mane 6, altri pony che tutti conoscete e anche alcuni personaggi inediti.
Questa è la mia prima storia, spero sappia prendervi per mano e trascinarvi in un mondo folle e magnifico.
Genere: Introspettivo, Mistero, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Derpy, Le sei protagoniste, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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La sera è ormai calata da un pezzo su Ponyville, il sole è quasi completamente tramontato e lo spettro della luna è già visibile. So bene che a breve dovrei incontrare Dash al Jolly Roger ma adesso, mentre tra le pareti di questa casa risuonano solo le note del mio violoncello, mi chiedo se non potrei rimanere qui per tutta la notte, per tutta la vita, a suonare la mia musica preferita. Solo io e il mio violoncello, senza alcun assassino, senza alcuna Ponyville, senza tutti quei demoni che mi perseguitano notte dopo notte.
“Ma questa città ha bisogno di te” mi sussurra un voce nella testa “Ponyville ha bisogno della sua melodia”. Melodia. Così mi chiamano criminali, giornalisti, civili. Bah! Tutti dementi che non avrebbero neanche il diritto di chiamarmi così. Che ne sanno loro delle origini di questo nome, del significato che ha per me? Che ne sanno loro di me? Solo i miei amici più stretti evitano questo nomignolo, e Dash è riuscita persino a far sì che non lo usino neanche i suoi agenti. Per gli altri continuo a essere la “Melodia della Giustizia”. Certo, la voce non ha torto, ma in fondo perché dovrei aiutare Ponyville? Ho provato ad aiutarla per tutta la vita e che ho ricevuto in cambio? Un vicolo, un agguato e … due occhi viola. Due occhi viola che ogni notte guidano la schiera dei miei demoni.
Il mio inquieto flusso di pensieri viene interrotto da una serie di note stonate: ho perso totalmente la concentrazione. Resto in silenzio e a capo chino per un po’, con uno zoccolo appoggiato al violoncello e l’altro a mantenere l’archetto, quando improvviso sento un leggero starnuto provenire da fuori casa. Mi alzo e mi dirigo cautamente verso la porta. Ciò che vedo quando la apro mi lascia senza parole: Derpy sta dormendo placidamente sul pavimento davanti all’ingresso. Sorpresa, osservo per qualche minuto questo strano ma dolce spettacolo, non sapendo bene cosa fare. Mi chino e inizio a smuoverla leggermente: “Ehm … Derpy? Hey, su, svegliati. Che cosa ci fai qua?”. La ragazzina apre gli occhi e si guarda intorno intontita biascicando qualcosa, proprio come farebbe un cucciolo. Mentre si rende conto di quello che sta succedendo, vedo il suo manto ottenere la stessa tonalità rossiccia del nostro primo incontro. Non riesco a trattenere un sorrisetto. Mentre la vedo agitarsi per darmi una spiegazione.
“Oh, per Celestia! Io … le chiedo scusa, non intendevo disturbarla! Io … ecco …”
“Hey hey, calmati ragazzina!” sembra quasi che possa andare in iperventilazione da un momento all’altro “facciamo così: io e te adesso entriamo in casa e mi spieghi tutto mentre bevi qualcosa. Ti va bene un the?” Derpy annuisce. Entriamo in casa e lei inizia subito a guardarsi intorno con curiosità e interesse. In particolare sembra colpita dalla mia libreria, sui cui scaffali è possibile trovare, rigorosamente ordinati per genere, romanzi gialli, dell’orrore o di avventura e numerose raccolte di poesie. La sezione più ricca è però quella dedicata alla mitologia: possiedo raccolte di miti e leggende provenienti da ogni parte del mondo, dalle fredde terre degli yak del Nord alle variegate terre del Sud, attraversate da deserti e impenetrabili foreste e abitate da creature pericolose e inospitali; dalle vaste praterie occidentali percorse dai bisonti fino a superare i confini orientali di Equestria e attraversare il territorio degli amici grifoni per giungere alle mistiche terre dell’estremo Oriente, governate dai saggi panda ma dove risiedono anche alcuni gruppi di pony. Emigrati in tempi remoti, sono stati fondatori di villaggi e piccole città di agricoltori, ma sono conosciuti specialmente come grandi guerrieri e maestri di stili di lotta che uniscono in modo originale e letale la forza fisica a una speciale magia che può essere appresa anche da pegasi e pony di terra. Un’ultima sezione raccoglie invece i documenti relativi a tutti i casi su cui ho indagato. Articoli di giornale, fotografie di scene del crimine, appunti personali e disegni sostituiscono egregiamente i documenti ufficiali conservati negli archivi della polizia: quando sei una detective privata devi saperti arrangiare.
La spingo a curiosare tra i miei libri mentre le preparo il the, ma mi accorgo presto che i suoi pensieri ruotano intorno al mio violoncello: lo studia con attenzione, affascinata, ma nello steso tempo cerca di accertarsi del fatto che io non me ne accorga. Bel tentativo, ragazzina!
Dopo un po’ le porgo la tazza con zucchero e limone a parte e la invito a sedersi per spiegarmi tutto: “Scusami se non ti faccio compagnia con il the, ma devo andare a bere un bicchiere con un’amica dopo. Dimmi un po’ invece: è successo qualcosa? Nuovi problemi con la dolce Rottermare?”
“No no, le assicuro che non c’è nessun problema! Da quando lei mi ha aiutata quella volta non si è più fatta viva” sembra si stia tranquillizzando.
“Bene, mi fa piacere. Solo una richiesta prima che tu vada avanti: il “lei” usalo solo per quella vecchia acida, va bene?” le sorrido affabilmente “Mi chiamo Octavia. Octavia Melody”. Derpy sembra rallegrarsi per questo mio gesto e continua a spiegare: “Stavo innaffiando una pianta che ho sul pianerottolo quando ho sentito una musica provenire da sopra. Incuriosita sono salita e, quando ho sentito che eri tu, ho deciso di restare. Non volevo disturbare, davvero, ma … non ho avuto la forza di andarmene” nel pronunciare l’ultima frase, il tono della voce si abbassa, i suoi occhi iniziano a vagare lungo il pavimento e il suo zoccolo continua a far ruotare il cucchiaino nella tazzina. Conosco il suo sguardo: è lo stesso che avevo io durante la discussione con Applejack. Decido di darle il tempo che le serve. Qualche minuto dopo rialza gli e mi domanda: “Come mai il violoncello?”. Non riesco a capire se sia un tentativo per cambiare discorso.
“Perché è uno strumento atipico, non comune, eppure credo sia lo strumento capace di rappresentare meglio me e Ponyville. Non penso di riuscire a spiegarti il motivo, è semplicemente una sensazione che provo fin da quando ero piccola”. Sicuramente non può capire, a volte peso di non capire neanche io. La puledrina finisce di bere l’ultimo sorso di the e poggia la tazzina sul tavolino che ci separa, dopodiché inizia a guardarmi negli occhi. Ha uno sguardo nuovo, intenso e attento, uno sguardo che non le avevo ancora visto fare. Improvvisamente mi sento indifesa, ma non è una brutta sensazione: è come se qualcosa dentro di me stia cercando di contattare Derpy, di parlarle. La sensazione dura un attimo che sembra un secolo e termina appena lei distoglie i suoi occhi dai miei. Wow, Octavia! Che diamine è successo? Cerco di trovare una spiegazione a quanto è accaduto, quando Derpy ricomincia a parlare: “La tua musica è fantastica, Octavia. Mentre ero lì fuori riuscivo a pensare solo a questo. Le note che suonavi sono riuscite davvero a farmi dimenticare ogni cosa, le cose brutte ma anche quelle belle, facendomi sentire leggera, pura”. Il mio interesse verso questa strana pegaso aumenta di minuto in minuto.  
“Avrò passato almeno qualche ora a suonare. Vuoi dirmi che sei rimasta seduta qui fuori per tutto questo tempo?”. Si limita ad annuire silenziosamente. Ripercorro mentalmente l’intera discussione: se prima avevo il dubbio che mi nascondesse qualcosa, ora ne sono certa.
“Dovevi davvero voler cancellare tutto, vero? Insomma, non conosco ragazzine che sarebbero disposte a star da sole per tutto questo tempo soltanto per sentire qualcuno che suona dietro una porta”
“Non c’è molta differenza tra lo stare da sola fuori o dentro casa. Almeno fuori posso sentire della musica” Derpy è tornata a fissare il violoncello, non sembra essersi neanche accorta di quel che ha appena detto. Mi rendo conto di aver trovato la causa delle sue preoccupazioni: “Dove sono i tuoi genitori, Derpy?”
Passa qualche secondo prima che la pegaso capisca la mia domanda e in quel momento torna a prestare di nuovo a me la sua attenzione. Sospira tristemente e inizia a raccontare: “Ho perso mio padre quando ero piccola. Mia madre non ha mai voluto dirmi come, ma penso di aver letto che avesse dei rapporti con qualche criminale in città. Vivevamo a Cloudsdale allora, e siamo rimasti lì fino a un anno fa, quando mia madre ha conosciuto un nobile pegaso di Canterlot. Si sono frequentati e poi, quando è stata invitata ad andare a vivere a Canterlot con lui, non ci ha pensato due volte a scaricarmi. Non poteva mica portarmi tra la nobiltà, quindi mi ha trovato questo appartamento ed è partita con quel pegaso. Il tempo di organizzare il trasloco e mi sono ritrovata a vivere qui” non c’è dolore nelle sue parole, soltanto rassegnazione. Forse nel periodo del trasloco ha dato fondo a tutta la sofferenza che aveva … o forse ha semplicemente imparato a celarla davanti agli altri pony. Mentre la ascolto non riesco a togliermi dalla mente l’immagine della madre che ride, danza e spettegola a corte con quelle altre infami e stupide puledre, insieme alla nostra principessa, mentendo a se stessa e a chi le sta intorno riguardo la sua vita passata, riguardo la sua stessa figlia.
“Non hai nessun altro parente a Cloudsdale?”
“Chi ha potuto è andato a vivere lontano, molti dai grifoni. Gli altri non potrebbero permettersi di occuparsi anche di me oltre alla loro famiglia. E poi stare qui non è male, mi piace Ponyville”. È una puledrina forte, lo devo ammettere. Sbadata e pasticciona come ne ho viste ben poche, ma anche incredibilmente forte. Come me ha i suoi demoni, e come me fa di tutto per non soccombere davanti ai loro attacchi, con l’unica differenza che lei è ancora una ragazzina.
Oh, dannata me!
“Ascolta, Derpy: adesso devo incontrare quella mia amica di cui ho parlato prima. Dopo aver finito potresti passare qui la notte. Ho una stanza per gli ospiti che non usa da tanto: potresti dormire lì se ti fa piacere”. Derpy mi guarda come se non credesse alle sue orecchie, e infine sorride rispondendo: “Sì, ne sarei felice”
“Perfetto! Ti avviserò io quando sarò tornata”. La riaccompagno alla porta e ci salutiamo. Mentre la guardo allontanarsi, ripenso a quanto mi ha raccontato, ma soprattutto ripenso allo strano sguardo che aveva prima. È stato quasi come se stesse cercando di capire quel che pensavo, quel che provavo, e quel che è ancora più incredibile è che io sarei stata pronta a raccontarle qualunque cosa se solo me l’avesse chiesto. Non perché sarei stata obbligata, semplicemente perché avrei voluto.
Scuoto la testa e ritorno in me. Basta pensare a queste cose: Dash mi aspetta al Jolly Roger. 
   
 
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