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Autore: A lexie s    10/10/2015    5 recensioni
[CaptainSwan Au]
Dal primo capitolo: Gli sguardi di tutti puntati su di lei, sorrisi dipinti sui volti dei presenti ed occhi pieni di commozione. Non sapeva che espressione avesse, la sua sicurezza non tradiva alcun tipo di agitazione nonostante agitata lo fosse parecchio.
Un paio di occhi azzurri si distinsero in quella massa di persone che la fissavano. Due occhi azzurri come il mare, un mare caldo, un mare d’estate quando il sole riscalda la pelle e le onde s’infrangono piano sulla battigia.
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Never gonna be alone

Capitolo 8

Ripiegò il biglietto e lo lasciò sul comodino. Il suo stomaco protestò nuovamente come la sera prima e solo allora ricordò di non aver mangiato nulla per molte ore, spazzolò via il dolcetto con voracità meravigliandosi di quanto fosse buono nonostante fosse trascorsa un’intera notte.
Si alzò e si guardò intorno nella piccola stanza da letto. Tutto era molto ordinato ed era tipico di Killian che lo fosse, voleva sapere se vi fosse qualche traccia di loro in quella stanza ma non le andava di aprire i cassetti per appurarsene perché sarebbe stato come invadere la sua privacy.
Quella stanza le era ovviamente familiare ma era la situazione ad essere diversa, in genere la lasciava velocemente raccogliendo i vestiti sul pavimento e ripetendo frasi che suonavano come un “non succederà più” o “una cosa da una sola volta”, invece adesso quasi agognava la presenza dell’uomo nonostante fosse visibilmente preoccupata dato che la sera prima era stata così stupida da addormentarsi.
Quando ormai stava perdendo ogni speranza di vedere una traccia di lei, ecco che all’estremità sinistra del piccolo mobile in legno di castagno vi trovò un piccola cornice con una loro foto. Si avvicinò per prenderla tra le mani e la osservò tracciando con il dito il contorno dei loro visi felici e rilassati, lei era in primo piano e dietro lui la circondava con le braccia.
Rimase lì per qualche minuto a contemplarla, qualcosa si era formato al centro del suo stomaco quando l’aveva vista. Qualcosa che sapeva nuovamente di speranza.
Sistemò il letto accuratamente, lisciando tutte le pieghe e pulendo il comodino dai resti del cupcake, poi decise che era l’ora di cambiarsi, andò in bagno per lavarsi e sciacquò anche i vestiti che avevano necessariamente bisogno di una rinfrescata, si recò nell’altra stanza in cerca della sua valigia per mettere qualcosa di pulito, adesso che aveva rilassato un po’ i muscoli con l’acqua calda si sentiva decisamente meglio, si guardò intorno ma della valigia non vi era traccia,  girò in tondo un paio di volte ma sembrava davvero svanita nel nulla.
Ricordi della sera prima si propagarono nella sua mente, lei che scendeva dal taxi e pagava frettolosamente e poi la corsa su per le scale, ed in tutto questo della sua valigia non vi era traccia assolutamente.
“Ripensa all’ultima volta che l’hai vista” cercò di calmarsi mentalmente mentre rifletteva sul suo ultimo ricordo in cui questa fosse presente ma davvero non riusciva a ricordarsi se fosse all’aeroporto o se l’avesse lasciata sul taxi.
“Che stupida!” Esclamò ad alta voce lasciandosi cadere la testa tra le mani. Non aveva nulla da mettere, i suoi vestiti erano completamente zuppi, erano già le undici passate e non poteva andare a cercare la valigia in quello stato, praticamente nuda.
“Mantieni la calma, era solo il tuo essenziale ed ora non hai completamente nulla, ma niente di che, tranquilla” si prese in giro da sola, accorgendosi di stare farneticando come un pazza.
L’unica cosa per non rimanere in quello stato era indossare qualche indumento di Killian, avrebbe aperto i suoi cassetti ma si trattava davvero un’emergenza, non era come se stesse invadendo il suo spazio frugando tra le sue cose.
Dopo pochi minuti uscì dalla stanza da letto con un paio di boxer dell’uomo ed una maglia che le copriva le cosce fin quasi alle ginocchia.
Avrebbe sicuramente avuto il tempo di cambiarsi, in fin dei conti lui aveva detto per pranzo quindi sarebbe tornato verso le 13:30, ed i suoi vestiti per quell’ora sarebbero stati asciutti quindi adesso non aveva nulla da fare se non preparare qualcosa da mangiare.
Non era mai stata una gran cuoca, anzi tra i due era Killian quello che riusciva meglio a dire il vero, però non poteva non fargli trovare nulla una volta che quest’ultimo stava tornando dopo una mattinata di lavoro. Poi dopo pranzo avrebbe cercato di risolvere la questione della valigia, magari chiamando il centro dei taxi per vedere se avessero qualche sorta di ufficio in cui tener gli oggetti smarriti o recandosi nuovamente all’aeroporto.
Uscì vari ingredienti dalla dispensa, “non sai realmente cucinare se non sai fare degli ottimi spaghetti al sugo” si disse ad alta voce. Era una ricetta semplice e poteva tranquillamente cavarsela, sistemò gli ingredienti e mise a cuocere il sugo a fuoco lento. La pasta invece l’avrebbe cucinata più tardi in modo che non diventasse scotta.
Guardò il suo telefono per vedere se vi fossero messaggi e trovò quello di Ruby che le chiedeva come fosse andata. Le chiamò, raccontandole di quanto fosse stata sciocca ad addormentarsi e della situazione in cui si ritrovava al momento, la fece ridere di cuore e dopo una buona mezz’ora decise che era giunto il momento di mettere giù per tornare ad occuparsi del pranzo.
Tornò a guardare l’orologio che segnava mezzogiorno passato, ed adesso che il momento di vederlo si avvicinava sentiva lo stomaco torcersi dall’agitazione. Non aveva nemmeno più voglia di cibo e probabilmente non avrebbe mangiato, mancava così poco per rivedere i suoi occhi ed i suoi vestiti non erano ancora asciutti perché avendoli lavati a mano non era riuscita a strizzarli per bene, però sicuramente sarebbe passata ancora un’oretta prima del suo arrivo quindi avrebbe risolto a costo di indossarli ancora umidi.
Era ancora voltata verso il ripiano della cucina a tagliuzzare una lattuga per farvi anche un’insalata quando un rumore alle sue spalle catturò la sua attenzione, la porta si aprì prima di quanto avesse previsto e lo sguardo del ragazzo si posò sulla sua schiena e lei si sentì completamente paralizzata. Il coltello le scivolò di mano finendo dritto all’interno del lavandino mentre si voltava timorosa per incontrare gli occhi completamente sgranati di Killian.
Quest’ultimo deglutì rumorosamente, il pomo d’adamo fece su e giù in modo visibile. Uno strano imbarazzo si diffuse nell’aria, nessuno dei due sembrava in grado di proferire parola quando Emma si avvicinò a lui piano.
“Ciao” riuscì a bisbigliare dopo un po’ di secondi a fissarsi come inebetiti.
“Ciao” ribadì lui avvicinandosi a sua volta, ancora l’espressione sconvolta che stava cercando di mascherare per superare quella situazione. La verità però era che trovarla lì, così eccitante nella sua cucina immersa a preparargli il pranzo era qualcosa che gli piaceva più di quanto fosse lecito.
“Non che mi dispiaccia” il suo sopracciglio si alzò nella classica espressione ammiccante, “ma di grazia, perché non sei vestita?” Chiese, adesso leggermente curioso dato che non erano proprio in una situazione  rilassata che permettesse un simile approccio.
“Oh Killian, mi dispiace” mise fine alla distanza – ormai minima – che li separava e gli gettò inaspettatamente le braccia al collo. Killian non era sicuramente preparato a quel gesto, si ritrovò ad essere nuovamente immobile ma poi inevitabilmente si sciolse tra le sue braccia ed affondò il naso nel suo collo ispirando a pieni polmoni il suo profumo caldo.
“Io temo di aver smarrito la mia valigia mentre venivo qui ieri sera, ero così agitata all’idea di vederti” confessò imbarazzata mentre si nascondeva tra le pieghe della sua camicia azzurra.
“Agitata?” La sua voce uscì calda e rassicurante, la sua mano si mosse per accarezzarle i capelli mentre lei annuì continuando a nascondere il viso.
“Non sapevo come avresti reagito ed ho fatto un casino, prima mi addormento e poi mi faccio ritrovare mezza nuda perché non so dove sia finita la mia valigia. Ho lavato i miei vestiti e pensavo che tornassi tra un’ora, non era mia intenzione.” Le parole fluivano ancora più agitate e ad una velocità impressionante tanto che il ragazzo faticò per afferrarle tutte, lei alzò il viso per guardarlo e lui notò subito le piccole lacrime che si stavano formando intorno ai suoi occhi ma che lei faceva di tutto per non lasciare andare.
Portò le mani sul suo viso, raccogliendole con i pollici, “tranquilla, va tutto bene.”
Un odore di bruciato giunse alle loro narici ed Emma scattò verso i fornelli ma il sugo era ormai andato, “ottimo, ti ho lasciato anche senza cibo” la frustrazione era palpabile, anche Killian si avvicinò alle sue spalle per verificare la situazione ed effettivamente per il povero sugo non vi era più nulla da fare.
“La mangeremo in bianco, non fa nulla. Ci penso io. ” Strinse dolcemente la sua mano e poi la invitò a sedersi sullo sgabello della penisola perché averla lì era una distrazione troppo grande ed avrebbe finito per guardare lei anziché la cottura della pasta ed allora sarebbero davvero rimasti a stomaco vuoto.
Dopo un po’ di minuti la pasta era già nei piatti e loro erano seduti l’uno di fronte all’altra nella penisola, Killian le porse il piatto mettendole un po’ di formaggio per renderla almeno più saporita, sapendo quanto lei lo adorasse e fece lo stesso con il suo piatto.
Il pranzo si svolse quasi completamente in silenzio per buona parte del tempo, poi la prima a spezzarlo fu Emma, fece un respiro profondo e prese coraggio: “Non l’avevo pensato così, tu avresti dovuto trovarmi sveglia ed io avrei dovuto dirti quanto ti amo e quanto sia sinceramente dispiaciuta per averti fatto star male. Quanto sono disposta ad aspettare per te, a rincorrerti, a dimostrarti tutto quello che posso perché lo so che se me ne darai l’occasione potrei renderti felice, Killian Jones.”
L’uomo quasi si strozzò con l’ultimo boccone, non si aspettava di sentire quelle parole in quel momento ma cosa aveva sempre pensato su Emma e le tempistiche?  Lei non sapeva proprio azzeccare l’attimo giusto e questo la rendeva buffa ed impacciata ma anche così tenera che lui aveva imparato ad amare anche questa caratteristica.
“Non so bene cosa dire” dichiarò spaesato, ricevere quella dichiarazione gli aveva riempito il cuore e lo aveva sconvolto contemporaneamente. Ed era completamente senza parole.
“Solo che mi darai tempo per dimostrartelo, dimmi che non sono così stupida da aver mandato all’aria tutto definitivamente” la sua testa si fece improvvisamente pesante incapace quasi di sostenere il peso delle parole che sarebbero arrivate di lì a poco, l’appoggiò piano sulla mano mentre continuava a fissarlo in apnea.
Ed il mondo sembrava completamente fermo ed i secondi sembravano aver smesso di scorrere.
“Sei stata incredibilmente stupida” asserì lui, alzando lentamente ed avviandosi verso di lei. Le girò le gambe e si mise in mezzo per averla più vicina, “così stupida da spezzarmi il cuore, volevo starti vicino, volevo te, ti ho sempre voluta e ti ho sempre amata. Invece mi hai lasciato fuori da tutto e non è una cosa che posso riuscire a superare facilmente, ma so che hai sofferto anche tu, so che probabilmente ed incoscientemente lo hai fatto per proteggermi. Certo che ti darò tempo, ci daremo tempo e procederemo con calma.” Appoggiò la fronte sulla sua e poi raccolse con le labbra una sua lacrima, Emma agognava il sapore delle sue labbra che non sentiva da troppo tempo, troppi giorni.
Le cercò con voracità e si congiunse a lui, stringendo le mani dietro al suo collo e baciandolo piano e profondamente, passò alla sua barbetta per giungere alla giugulare e sorrise contro quella per quanto pulsasse rapidamente.
Lui non l’allontanò, non ne aveva la forza e faceva quasi male quanto la volesse, l’avrebbe presa anche in quel momento contro quel ripiano rimuovendole i suoi boxer e quella maglia troppo lunga ma non poteva farlo. Aveva bisogno di tempo, di fare le cose con calma, di non perdersi subito ed incondizionatamente in lei.
“I tuoi vestiti dovrebbero essere asciutti” mugugnò, cercando la forza per staccarsi da lei. Lei annuì riportando le labbra sulle sue e stringendosi a lui ancora di più, “forse è meglio che li indossi perché non riuscirò a trattenermi per molto” un ringhiò basso e gutturale scaturì dal profondo della sua gola e la sua mano si posò a coppa sul sedere di lei.
“Si” ansimò lei, staccandosi solo per incontrare i suoi famelici occhi azzurri adesso resi più scuri dalla lussuria.
Killian lasciò cadere la mano e fece un passo indietro riprendendo a respirare lentamente per cercare di controllarsi, “con calma” l’ammonì nuovamente e lei abbassò gli occhi ma sorrise divertita. Sapeva che probabilmente le cose non si sarebbero risolte subito però era bello sapere che prima o poi con un po’ di pazienza e di tenacia sarebbe riuscita a rimetterle a posto. Adesso non poteva pretendere nulla da lui, doveva semplicemente assecondare la sua volontà e aspettare che fosse definitivamente pronto a ricostruire ciò che insieme erano sempre stati.
Emma raccolse i vestiti e corse in camera a cambiarsi mentre Killian si occupò di sparecchiare e mettere a posto la cucina, quando lei uscì lo trovò ancora a lavare i piatti.
“Tu lavi ed io asciugo” propose mettendosi al suo fianco e prendendo una pezza dal cassetto, qualche ora prima aveva scoperto dove si trovassero ed aveva scovato anche il posto in cui teneva le posate.
“Killian..” lo richiamò, questo era assorto nell’insaponare la padella incrostata di sugo bruciato “mhh” si fermò un attimo per guardarla. “Grazie.”
Finirono dopo qualche minuto, mettendo tutto completamente in ordine e pronti ad occuparsi del secondo problema all’ordine del giorno: trovare quella dannatissima valigia.
Killian afferrò il telefono per chiamare il lavoro e dire che non sarebbe andato quel pomeriggio, aveva fatto così tanti extra in quei giorni che avrebbe potuto permettersi un po’ di riposo, sarebbero riusciti a sopravvivere continuando le ricerche senza di lui, e poi aveva decisamente voglia di rimanere lì dov’era o andare alla ricerca della valigia perduta.
“Non vai a lavoro?”
“No, ho fatto tanti straordinari negli ultimi giorni, pensiamo a recuperare la tua valigia.” Il motivo di quegli straordinari era chiaro ad Emma dato che anche lei cercava di impiegare il più possibile il tempo quando non le andava di pensare.
“Posso cavarmela” disse convinta, mentre gli passava affianco per prendere il cellulare ed il portafogli stipati sul mobile, almeno quelli aveva avuto la fortuna di tenerli in tasca così che non andassero perduti.
“Lo so, ma voglio aiutare.” Le sorrise, rassicurante sul fatto che non fosse un peso per lui ma solo un piacere ed un dovere verso l’umanità evitare che girasse in giro nuda provocandogli scompensi.
Quel sorriso lo aveva visto talmente poche volte negli ultimi giorni che avrebbe dovuto faticare per riabituarsi così da non rischiare un attacco di cuore ogni volta.
“Andiamo” prese le chiavi dell’auto e le aprì la porta per lasciarla passare.
 
 
L’ufficio oggetti smarriti era un piccola stanza grigia piena di oggetti tra i più disparati. Emma sperava di trovarla così da non doversi recare in aeroporto, il dubbio era se l’avesse mai ritrovata piuttosto.
C’era da sorprendersi di quanta gente smarrisse oggetti quotidianamente, molti di questi venivano portati lì e catalogati in un archivio ed altri invece probabilmente non avrebbero mai rivisto il loro legittimo proprietario.
Emma e Killian aspettarono che due ragazzi reclamassero ciò per cui si erano recati lì, mentre loro guardavano tutto con molta curiosità soffermandosi su oggetti dall’aria piuttosto strana per passare in rassegna quelli, invece, di uso comune.
Sembrava quasi il banco dei pegni o un negozio di antiquariato.
Non riuscivano a scorgere la valigia in mezzo a tutte quelle cianfrusaglie ed Emma stava perdendo la speranza ancor prima di chiedere all’uomo che si trovava al bancone.
“La troveremo” tutto ciò che ottenne fu un’occhiata scettica da parte della bionda, “o ricompreremo tutti i vestiti” si affrettò ad aggiungere facendo spallucce.
“Divertente” bofonchiò l’altra, incrociando le braccia al petto ma segretamente grata.
“Come posso aiutarvi?” Si ridestò volgendo lo sguardo verso l’origine di quella domanda e si accorse che finalmente era arrivato il loro turno. L’ora della verità.
Si avvicinarono verso il bancone, un uomo sulla cinquantina li accolse con un sorriso inquietante. I lunghi capelli brizzolati ed il vestito fin troppo elegante per quel luogo lo resero piuttosto ambiguo però sembrava cordiale quindi magari era solo strambo ma bravo nel suo lavoro.
“Allora, mia cara, cosa ti porta in questo luogo?” Le sue mani si mossero in modo bizzarro ed il suo viso si fece un po’ inquietante. Emma lanciò uno sguardo torvo a Killian ma anche quello era stranito quanto lei.
“Ieri ho smarrito la mia valigia e, beh, speravo di trovarla qui.”
“Ieri, ieri, ieri” continuava a tamburellare il dito indice sul labbro per pensare prima di giungere ad una conclusione, “no, mi dispiace. Nessuna valigia.”
Mannaggia, Emma immaginava che non potesse essere così semplice ma un po’ ci aveva sperato.
“Su, cara, togli quell’espressione corrucciata dal tuo visino. Stavo scherzando, voi giovani di oggi non avete senso dell’umorismo.” Rise talmente forte da risuonare nella stanza mentre Killian mimava uno “sta fuori” con le labbra.
“Può darmela allora?” Cioè che aspettava, se la sua valigia era lì come diceva voleva riaverla indietro subito mentre l’uomo continuava a temporeggiare.
“Ogni cosa a suo tempo. Carta d’identità e compili questo modulo per dichiarare di essere passata a ritirarla.” Le porse un foglio ed una penna mentre digitava il numero della carta d’identità in un vecchio computer.
La ragazza compilò velocemente tutte le voci, mentre Killian vicino a lei la guardava in perfetto silenzio.
“Adesso, possiamo avere questa benedetta valigia?” Sbottò ad un certo punto, dopo che Emma ebbe consegnato il modulo.
“Certo, eccola qui.” La tirò fuori da sotto il bancone e la bionda sospirò di sollievo. Sembrava lei e sembrava integra. Killian la prese dal manico e la scese giù per permetterle di aprirla e di verificare che vi fosse tutto e fortunatamente sembrava così.
“Grazie, e buon lavoro.” Dichiararono entrambi, uscendo velocemente fuori da quel luogo.
 
“Hey, Killian.” C’era qualcosa che voleva fare con lui dalla sera prima, ma non ne aveva avuto l’occasione a causa della sua prematura caduta tra le braccia di morfeo.
Le mani di lui si muovevano sicure, una sul volante e l’altra sul cambio.  Sembrava talmente assorto nella guida da non sentirla, poi si riscosse quando percepì le sue dita fredde sfiorarlo delicatamente.
“Si?” Il suo volto la squadrò in cerca della probabile domanda che gli aveva rivolto ma non riuscendo a capire rimase in attesa.
“Ti va di andare a mangiare i Brownies da Ella? Ieri volevo mangiare quel dolce con te ma per colpa mia non abbiamo potuto” si rabbuiò un attimo, la sua risposta sembrava all’apparenza così semplice. Era solo un dolce in una Bakery per tutti gli altri, perché mai quel pensiero avrebbe necessitato di ponderazione infondo o lo si voleva o meno. Per loro però quel luogo rappresentava tanti momenti, ed in cuor suo Emma sperava ardentemente che lui volesse viverne altri proprio lì.
“Hai bisogno di dolcezza, Swan?” Indagò con un sorriso sghembo, facendo vagare lo sguardo tra lei e la strada.
“O magari oggi preferisco il gusto forte e passionale del cioccolato fondente.” Era brava anche lei a giocare a quel gioco e lui lo sapeva bene.
“Cioccolato fondente sia” l’auto sfrecciò più veloce sulla strada, fino a quando non giunsero in prossimità della Bakery in cui Emma era già stata la sera precedente.
Quando entrarono Ella li accolse in modo davvero caloroso.
“Ecco la mia coppia preferita” allargò le braccia e sorrise calorosamente. “Fatemi indovinare ieri Cupcakes, quindi oggi Brownies?”
Anche quella era un’abitudine, dopo la prima grande abbuffata di dolci, avevano imparato a controllarsi e ad alternarli nel corso dei giorni. Quindi se oggi toccava ai Brownies, probabilmente la prossima cosa sarebbe stata la cheesecake, sicuramente Rocky Road.
“E’ spaventoso come ricordi bene i nostri gusti alimentari” Killian finse una faccia spaventata ed Emma rise sommessamente al suo fianco prima di avviarsi verso il loro solito tavolo.
Qualche minuto dopo stavano consumando il loro dolce in tutta tranquillità, “non voglio approfittare della tua ospitalità ancora quindi prenderò una stanza in qualche motel” asserì apparentemente tranquilla, portando alle labbra un altro prezzo di Brownies.
“E dopo?”
“Che vuoi dire?” Masticò e mandò giù, il rumore della porta li distrasse e per qualche attimo volsero lo sguardo verso la giovane coppia appena entrata. Erano solo le 16:00 del pomeriggio ma il locale cominciava ad affollarsi, era accogliente ed ottimo per parlare quindi non era proprio una sorpresa trovarlo così rigoglioso nonostante prima fosse più tranquillo.
“Voglio dire, dopo tornerai a Storybrooke?” Non lo aveva ancora chiesto fino a quel momento, però era un tarlo che l’aveva tormentato nel corso della giornata. Strano come le cose cambiassero in poche ore perché adesso che lei era lì non voleva che andasse nuovamente via, e mandare avanti un rapporto a distanza era faticoso quando le cose andavano già bene figurarsi quando bisognava ricostruirle.
“Vuoi che me ne vada?” La voce salì di un’ottava ed anche la sua postura divenne subito più tesa.
“No, certo che no.” Le accarezzò la mano, intrecciando le loro dita sopra il tavolo ed entrambi guardarono quel groviglio di mani.
“Ti ho già detto che voglio stare con te quindi no, non partirò.” Era difficile pronunciarlo ad alta voce per lei che non amava sciogliersi in sentimentalismi, ma come qualsiasi essere umano anche Killian aveva bisogno di aver conferma attraverso le parole di ciò che probabilmente già sapeva senza.
“E che progetti hai?” S’interessò lui, sinceramente curioso.
“Ehm, oltre a riprendermi ciò che è mio, dici? – L’imbarazzo di poco prima sostituito da tutta la grinta che dimostrava in quel momento, anche la sua stretta era più forte ed il verde dei suoi occhi più intenso – Beh, mi sono stati consigliati diversi corsi per entrare nelle forze dell’ordine quindi direi che troverò un lavoretto e riprenderò a studiare” concluse.
“Ah, quindi sono tuo?” Possibile che avesse sentito solo quella parte del discorso?
La malizia che si percepì nella sua voce non doveva essere frutto dell’immaginazione di Emma.
“Chi ti avrebbe consigliato questi corsi?” Ecco, domanda sbagliata.
“Mmh, Graham, lo sceriffo di Storybrooke.”
“Sceriffo, eh?”
“Si, un tipo brutto e grassoccio sulla quarantina.” Rise di cuore nel vedere la sua espressione sollevata.
“Davvero?” Sapeva quanto lo stesse prendendo in giro in quel momento, ma questo non gli impedì di rivolgerle comunque quella domanda.
“No, in realtà. Un bel tipo, slanciato e carino.”
La mascella di Killian si irrigidì, “ma io ho occhi solo per questo ragazzo carino di fronte a me” lo prese nuovamente in giro ma i suoi occhi rimasero seri mentre confessava quell’ulteriore, nonché chiara, verità.
“Solo carino?”
“Sexy.”
“Meglio” si dichiarò soddisfatto. Si alzò rapidamente e si avviò alla cassa per pagare, “mi dai due pezzi di Rocky Road da portar via?” Si rivolse gentilmente ad Ella e questa sorrise perché se lo aspettava, era consapevole che volesse la Cheesecake senza aver bisogno di chiedere se si riferisse a quella o al gelato.
“Rocky Road?” Domandò Emma, vedendo il pacchetto tra le sue mani e lui annuì.
Chiaro, no?
Salutarono allegramente Ella e poi si diressero verso la macchina.
“Non voglio che vai in uno squallido motel, so che andarci piano non contempla il vivere assieme ma puoi stare da me fino a quando non trovi una sistemazione.”
“Non voglio forzarti a fare cose che non vuoi o ad affrettare le cose” cercò di rassicurarlo mentre camminava al suo fianco nell’assolato pomeriggio tipico di Phoenix. Era bello poter camminare insieme nonostante non lo sfiorasse, lo avrebbe fatto lui quando avrebbe voluto condividere una passeggiata mano nella mano, dovette ammettere di essere stata più che fortunata ed al momento non poteva pretendere altro o chiedere di meglio.
“Rimani” si fermò di colpo voltandosi verso di lei, “rimani” ripeté più lentamente e con più consapevolezza.
“Tuttavia, meriti una punizione quindi dormirai sul divano” scoppiò a ridere della sua espressione sconvolta e riprese a camminare velocemente.
“Che cavaliere” gli urlò dietro mentre si affrettava a raggiungerlo.
“Hey, è un divano letto e starai comodissima. – Allargò le braccia ridendo come a voler mostrare l’evidenza, poi ritornò improvvisamente serio e tornò a fissarla con un’intensità bruciante. – Sono pur sempre un uomo, Emma. Un uomo che ti ama, quanto pensi potrò resistere avendoti accanto ogni notte?”
Lei sorrise genuinamente ma non disse nulla, la sua mente continuava a ripetere sei parole: sono un uomo che ti ama.
Non toccarono più l’argomento e poco dopo arrivarono al parcheggio dove stava la macchina. Salirono rapidamente, l’uomo mise a moto, “andiamo a casa” pronunciò ad alta voce volgendosi verso di lei.
Quelle parole suonavano così bene.

Note:
Ciao a tutti. :)
Spero che il nuovo capitolo vi piaccia e che sia anche un po' più leggero rispetto ai precedenti dato che c'è stata già parecchia sofferenza. In realtà, sono così presa dall'angst che ci aspetta nella stagione che non mi sembrava il caso di raddoppiare il carico anche nella storia. Domani finalmente è Domenica così da poterci godere la 5x03 (che mi preoccupa parecchio), quindi ne approfitto per augurare a tutti buon fine settimana e buona puntata. 
Un abbraccio. :3
 
 
 
 
  
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