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Autore: Abby_da_Edoras    10/10/2015    6 recensioni
STORIA IN REVISIONE: PER FAVORE NON LEGGERE
Bucky è finalmente guarito dalla sua infezione al braccio e il desiderio di Steve sta per realizzarsi: porterà il suo compagno allo Smithsonian di Washington e spiegherà a tutti che il Sergente Barnes è ancora vivo e combatte al suo fianco. In quest'impresa lo aiutano gli amici Tony Stark e Bruce Banner, ma... anche Banner avrà i suoi problemi nella gestione del giovane e impulsivo Pietro Maximoff...
Grazie a tutti quelli che spenderanno un po' del loro tempo per leggere le mie fantasie. :)
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Steve Rogers
Note: Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Till the end of the line'
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Unconditionally

Unconditionally (prima parte)

 

Unconditional, unconditionally 
I will love you unconditionally 
There is no fear now 
Let go and just be free 
I will love you unconditionally.

(“Unconditionally” – Katy Perry)

 

 

Erano trascorse due settimane e Bucky era perfettamente guarito grazie alle cure prescrittegli dal dottor Banner. Era giunto il momento che Steve attendeva da tanto tempo: lui e Bucky sarebbero finalmente andati allo Smithsonian di Washington, Steve avrebbe parlato con il direttore del museo e avrebbe fatto modificare i pannelli che riguardavano il sergente Barnes. Finalmente tutti avrebbero potuto sapere che James Buchanan Barnes era vivo e che, dopo la dolorosa esperienza come Soldato d’Inverno, era pronto a combattere al fianco degli Avengers.

Quella mattina Steve si era alzato molto presto e aveva preparato un’abbondante colazione per festeggiare il giorno che aveva sognato per anni. Mentre attendeva che Bucky finisse di fare la doccia e vestirsi, chiamò Stark per informarlo dei suoi progetti.

La reazione di Stark, però, non fu quella che Rogers si aspettava.

“Tu e Barnes pensate di andare a Washington da soli? Ti sei bevuto il cervello, Capitano? Ti sembra una cosa intelligente da fare dopo quello che abbiamo saputo?” esclamò.

“A che cosa ti riferisci?”

“Al fatto che Von Strucker è vivo, è tuttora a capo dell’Hydra e sta con ogni probabilità cercando Barnes per ogni dove. Hai già dimenticato l’attentato al Dulles? E tu vuoi offrirgli il tuo Bucky su un piatto d’argento!” spiegò Stark.

“Lo so che è un rischio, ma io voglio che tutti sappiano che Bucky è vivo e che adesso lotta dalla parte giusta…”

“Non farmi piangere di mattina presto” ribatté ironicamente l’uomo. “Senti, facciamo così: io vi accompagnerò al Quartier Generale degli Avengers e prenderemo in prestito un quinjet, verrò a Washington con voi e vi terrò d’occhio. Chissà, magari verrà con noi anche Banner, così tu potrai assicurarti che Barnes si sia perfettamente ristabilito.”        

“E’ un’idea magnifica, grazie, Tony!” esclamò felice Steve. “Tra quanto intendi partire? Un’ora? D’accordo, per me va benissimo. Ti ringrazio ancora tanto, non sai cosa significhi per me poter… Tony? Tony? Dev’essere caduta la linea…”

Ovviamente era stato Tony Stark a chiudere la comunicazione, prima di sentire ancora altre appassionate dichiarazioni sul ritorno di Bucky e sull’importanza mondiale di questo avvenimento! Rogers era un bravo ragazzo, ma, da quando aveva ritrovato Barnes, si comportava spesso come un adolescente al primo amore…

“Che cosa sarebbe magnifico?” domandò Bucky in tono poco convinto. Era giunto in cucina mentre Steve parlava con Stark e aveva sentito le ultime parole entusiastiche dell’amico.

“Oggi andremo allo Smithsonian!” annunciò con un gran sorriso il Capitano. “Stark ci accompagnerà al Quartier Generale degli Avengers per prendere un quinjet e poi verrà con noi… Buck, non vedo l’ora!”

“Sei proprio fissato con l’idea dello Smithsonian, eh?”

“Non è solo un’idea, Buck” rispose con dolcezza Steve, avvicinandosi al giovane e baciandolo leggermente. “Tra poche ore sarà realtà e tutti sapranno finalmente la verità su di te. Ho tanto sognato questo giorno! Beh, adesso facciamo colazione, tra un’ora Stark passerà a prenderci. Ho preparato i pancake, visto? Bisogna festeggiare.”

Steve passò un braccio attorno alla vita di Bucky e lo condusse al tavolo della colazione, felice di ogni piccolo momento che poteva condividere con il suo compagno.

Un’ora dopo, Stark li accompagnò in macchina al Quartier Generale degli Avengers. In un altro momento Steve avrebbe mostrato a Bucky tutto l’edificio, ansioso di potersi recare lì insieme a lui per addestrarsi e combattere nuovamente al suo fianco, come negli anni Quaranta… Quel giorno, però, la prospettiva dello Smithsonian occupava tutta la sua mente e così i tre si recarono subito sulla pista di decollo dove un quinjet era già pronto per la partenza. Era stato Bruce Banner, avvertito per telefono da Stark, a far preparare il velivolo e aveva deciso che sarebbe andato anche lui a Washington con loro.

Steve e Bucky salirono subito sul quinjet. Stark e Banner, invece, rimasti un po’ indietro, furono inaspettatamente raggiunti da Pietro Maximoff.

“Dove stai andando, Doc?” domandò il ragazzo. Aveva tutta l’aria di essersi risentito per non essere stato avvertito di quella novità.

“Io e Stark accompagneremo Rogers e Barnes a Washington” rispose il dottore, sorpreso. “Dovremmo essere di ritorno in serata.”

“Perché non mi hai detto niente? Anch’io voglio venire con voi!” dichiarò Pietro.

“Non te l’ho detto perché non è una missione e non pensavo che potesse interessarti” replicò Banner, senza capire bene perché dovesse giustificarsi con Maximoff. “In realtà è una cosa che riguarda Rogers e Barnes, noi li accompagniamo e basta.”

“Non hai capito. Io voglio venire con te, non m’importa cosa andiamo a fare” precisò il ragazzo. “Quando inizierai a metterti in testa che io voglio che stiamo insieme?”

Bruce trasalì e divenne tutto rosso, ma cercò di dominarsi in qualche modo.

“Non dovresti parlare così e lo sai” obiettò. “Tu sei solo confuso, ti sei affezionato a me perché mi vedi come una figura adulta di riferimento, so che hai perso i tuoi genitori e…”

“Ho perso i miei genitori quando avevo dieci anni e non sto cercando una figura paterna!” protestò Pietro, innervosito. “Io mi sto innamorando di te, lo vuoi capire?”

“Ti senti solo e ti sei legato a me perché ti ho salvato la vita, finora hai avuto soltanto l’affetto di tua sorella e adesso…”

“Non provare a psicanalizzarmi!” Io so benissimo cosa voglio” lo interruppe Maximoff.

“Sono un medico, non uno psichiatra” tentò di sdrammatizzare Banner. Ma la battuta non ebbe l’effetto sperato: il ragazzo era veramente furioso e non si lasciò ammansire in alcun modo.

“Smettila di trattarmi come se fossi un ragazzino! Ho ventidue anni, è vero, ma questo non ti dà il diritto di fare il grand’uomo con me. Le esperienze tremende che ho vissuto mi hanno fatto crescere anche troppo in fretta” replicò Pietro con rabbia.

“Non volevo dire questo…”

Il ragazzo non lo ascoltava nemmeno. Gli si piantò davanti e riprese a parlargli a brutto muso.

“Credi di essere l’unico al mondo ad aver sofferto? Pensi di avere l’esclusiva del dolore? Io ho visto morire i miei genitori, ho vissuto per anni per strada con mia sorella, proteggendoci l’un l’altra, poi siamo finiti nelle mani dell’Hydra… e tu pensi che sia solo un ragazzino che non sa quel che vuole? Sei tu che non sai niente, dottor Bruce Banner! E allora sai che ti dico? Vattene all’inferno!”

Con queste ultime parole cariche di rabbia e amarezza, Pietro voltò le spalle all’attonito dottore e se ne andò in un battibaleno.

Banner restò a guardare nel vuoto, sentendo crescere dentro di sé un terribile senso di dolore e solitudine. Gli sembrava che qualcuno gli stesse lacerando l’anima.

“Bruce, dovevi proprio rovinare tutto anche stavolta?” gli chiese Tony, avvicinandosi. “Il ragazzo si è sentito respinto e la cosa l’ha fatto infuriare. Ma perché tu cerchi sempre di allontanare chi ti vuole bene?”

Il dottore scosse il capo, poi guardò l’amico con gli occhi scuri colmi di una disperazione senza fine.

“E’ meglio così…” mormorò, con lo strazio nella voce.

“Meglio così, dici? Meglio così per chi?” obiettò Stark, per metà dispiaciuto per lui e per metà seccato dal suo comportamento autolesionista. “Per te, forse? Non ti avevo mai visto sereno come sei stato da quando hai conosciuto Maximoff, quel ragazzo ti ha illuminato la vita e tu hai voluto allontanarlo… Oppure meglio per lui? Ma che ne sai, tu, di che cosa sia meglio per Maximoff? Ha ragione lui, sai? Sa quello che vuole molto meglio di te, però tu sei riuscito a rovinare quello che stava nascendo tra voi. Sarai contento!”

Stark salì sul quinjet con uno sbuffo spazientito, pensando che, una volta tornato, avrebbe dovuto parlare lui con Pietro per cercare di rimettere a posto le cose. Bruce era proprio esasperante, certe volte…

Lentamente, Banner seguì l’amico. Rivolse un ultimo sguardo affranto verso il Quartier Generale degli Avengers, cercando di dominare la sensazione di vuoto e gelo che lo colmava e di convincersi che aveva fatto la cosa giusta, che era veramente meglio così per Pietro.

E’ vero che mi hai illuminato la vita con la tua vivacità e la tua allegria, finché è durato, pensò, ma hai tutta la vita davanti, Pietro, ti ho salvato una volta e adesso non posso incatenarti a una persona come me, a un mostro che non ha nulla da offrirti…

Quando il portellone del quinjet si chiuse, Bruce Banner guardava ancora malinconicamente verso il punto in cui Pietro era sparito.

Fine prima parte

   
 
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