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Autore: Lazy_cupcake    11/10/2015    1 recensioni
Era pronto. Ma non troppo.
Le mani picchiettavano nervosamente sui jeans attillati, troppo caldi per quella stagione che stava ormai terminando e la fronte sudava incontrollabilmente nonostante l'aria condizionata accarezzasse la sua pelle abbronzata.
“Quindi vuole che le tinga i capelli di nero?”
Il ragazzo stava davanti allo specchio a guardare il suo riflesso.
Sì, sapeva che ben presto quel dolore sarebbe sparito.
Quindi annuì.
Genere: Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Axel, Roxas, Un po' tutti
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
Capitoli:
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Giovedì

 

 

“Roxas-kun è in classe adesso?!” Si sentì dall'altra parte del corridoio, seguito poi da passi pesanti e veloci che mano a mano si alzavano di volume.

“Ehi Naminè-chan. Com'è?”

Il ragazzo era seduto sul suo solito banco accanto alla ragazza bionda, che ancora col fiatone, lo guardava con degli occhi totalmente spalancati.

“Che ci fai qua tu?!” Naminè prese il colletto della sua camicia -già stropicciata- e se l'avvicinò alla faccia per fissarlo bene negli occhi.

“E tu non sei felice di vedermi qua?” Incalzò cercando di staccare il suo sguardo da quello della bionda.

Naminè, ancora incredula di quello che aveva appena visto e toccato, mollò la presa ed abbandonò il corpo magro del ragazzo sulla sedia.

Axel, in quel momento entrò nella classe, si accorse che il posto su cui Roxas si era comodamente seduto era proprio quello che avevo utilizzato nel corso di quei giorni.

“Quale buon vento, Roxas?” Gli chiese avvicinandosi alla coppia.

“Mah...”

“Vedo che avete fatto conoscenza voi due...” S'intromise Naminè sorridendo prima ad uno, poi all'altro.

Il ragazzo seduto rispose con una semplice stretta di spalle, mentre Axel annuì allegramente.

“Qualcosa del genere Maeda-chan.”

“Piuttosto... Tu!- indicò il biondo- da una settimana Flame si è spostato in questo posto, quindi ti devi prendere un altro banco.”

“Ma non ce ne sono di liberi.” constatò Roxas guardando tutti i banchi ormai occupati dai suoi compagni di classe.

“Te ne devi prendere altri dall'aula vuota accanto...”

La risposta che le diede fu un semplice sospiro seguito da una faccia scocciata.

“Meglio che vada con te prima che te la svigni allora...”

 

 

 

Il posto del ragazzo venne portato infondo alla classe, dove accanto a lui non c'era nessuno.

L'ora di matematica fece un po' fatica a leggere quello che il professore scriveva sulla lavagna, d'altronde non era seriamente interessato a quello che stavano studiando.

I suoi occhi vagarono per tutta l'aula soffermandosi su un paio di compagni che dormivano coperti dal libro di testo o usavano il cellulare nascondendosi dietro il compagno di banco che stava davanti.

Seguì la fila di persone fermandosi su uno di loro. Quello che aveva i capelli lunghi e legati in una coda che non gli donava affatto. Quella persona che gli aveva stimolato una certa curiosità quando gli prestò l'ombrello senza sapere che casa sua si trovava esattamente alle sue spalle.

Sorrise. Si coprì la fronte col palmo della mano e scosse leggermente la testa.

Tornò poi a fissare il suo libro di matematica, tracciando linee insensate sulla carta senza far caso alle parole che sparivano sotto l'inchiostro della sua penna.

“Tsubasa?”

Qualcuno lo aveva chiamato. Il prof? Forse. Sì.

“Sì?”

“Sapresti dare una risposta a questa equazione?”

Silenzio in classe.

Roxas sbuffò silenziosamente e guardò la lavagna tentando di sfocare la scrittura bianca.

“x=8 mentre y=4.”

L'insegnante si aggiustò gli occhiali e fissò il libro per correggere quella risposta fin troppo veloce ed alquanto precisa per essere giusta.

“Esatto.” Disse poi con un filo di voce rigirandosi alla lavagna e spiegando alla classe come dovesse essere eseguito quel calcolo matematico.

Axel lo fissò con sorpresa. I pregiudizi lo avevano portato a credere che la conoscenza del biondo non andasse oltre al guscio di una nocciola. Ma presto, si rese conto che solo lui era rimasto impressionato dalla bravura del suo compagno di classe, essendo che gli altri erano tornati ad ascoltare il professore.

“Ma perché viene a scuola se alla fine le impara a casa queste cose?”

Un paio di ragazze di cui non sapeva il nome bisbigliarono alle sue spalle.

“Non far caso a questa voci, loro non ne sanno nulla.” Questa volta era Naminè che gli aveva rivolto la parola senza distogliere l'attenzione dalla lezione.

 

 

invidia: [in'vidija] s.f. sentimento di cruccio astioso per qualità o fortune altrui.

 

 

 

Venerdì

 

 

“Ma l'hai sentito Tsubasa ieri Axel-kun? Che presuntuoso.” Commentò Olette prendendo un altro boccone dal suo bento.

“Quando scusa?” Il ragazzo fece finta di non saperne nulla, sinceramente non aveva voglia di continuare un discorso su una persona di cui conosceva solamente il nome ed alcuni particolari futili per quel momento.

“Ieri. All'ora di matematica.”

“Ah... Avevamo matematica ieri?” Scherzò nella speranza di cambiare argomento subito dopo.

E per sua fortuna questa volta funzionò, in quanto Hayner, dopo avergli dato una pacca amichevole, cominciò a parlare della partita di calcio che avrebbe dovuto affrontare quella stessa sera e del suo grande bisogno di un tifo.

“Scusate ragazzi ma devo andare, devo chiedere una cosa al professore.”

Una balla, ovviamente. Una cosa era certa: aveva come un forte bisogno di stare da solo in un posto in cui sicuramente nessuno sarebbe venuto a disturbarlo.

“Certo Flame, ci vediamo in classe poi.”

 

 

Un sospiro dopo l'altro.

Guardava la città oltre la rete leggermente arrugginita senza far caso a quella campanella che era appena suonata.

Evitare l'ora di storia gli sembrò la cosa più giusta da fare, dopotutto le lezioni di quella materia gli portavano una noia particolare che non sarebbe sicuramente sparita spiegata in un'altra lingua.

Incrociò le gambe e portò i palmi delle mani sul pavimento freddo.

Pensò poi all'ultima volta che aveva saltato con frivolezza le ore di scuola, ed infine sorrise.

Si ricordò infine della sgridata che si era beccato da sua madre non appena scoprì che il suo adorato e perfetto figliolo saltava le lezioni senza pensarci due volte. Sua madre, già.

How are you?” Sussurrò abbandonando il suo corpo per terra, dove si sdraiò con le dita incrociate dietro alla nuca.

 

 

 

“Scusi sensei ma sono andato in infermeria perché avevo male alla pancia.”
“Va bene Flame, ma ti consiglio di dirlo ad almeno ad uno dei tuoi compagni la prossima volta che ci vai.”

“Sì.”

“Va bene allora torna al tuo banco.”

Axel camminò sotto lo sguardo di tutti i suoi compagni di classe, senza essersi ancora abituato a quell'attenzione soffocante; e solo quando raggiunse la sua meta, quel presentimento svanì.

“Tutto a posto?” Gli chiese Naminè alla sua destra.

“Sì, non ti preoccupare.” Le sorrise aggiustandosi la coda bassa davanti alla spalla.

Come al solito, sempre alla stessa ora, l'orologio diventava un elemento importante ed essenziale per quell'arco della giornata, in cui studenti, controllando almeno sei o sette volte le lancette diventate improvvisamente lente, fremevano per uscire da quell'edificio.

Driiiiin

E sì. Un sospiro di sollievo e un ultimo saluto a persone sconosciute.

 

 

 

Axel stava copiando gli ultimi appunti prestati da Naminè quando sua sorella gli bussò alla porta avvertendolo del suo arrivo.

“Ehi Axel, scusa se ti disturbo, ma posso sapere cosa vuoi mangiare stasera?”

Il ragazzo smise di scrivere e staccò la punta della sua penna dal foglio bianco del quaderno.

“Mi va bene qualsiasi cosa.” Rispose stiracchiandosi e sbadigliando.

“Ho comprato della verdura, ti va di aiutarmi a tagliarla?”

“Arrivo.” Disse poi subito dopo aver sospirato e roteato gli occhi al cielo.

“Grazie.”

 

Con passi leggeri, raggiunse la cucina , dove la sorella leggeva con attenzione un libro di ricette che aveva trascorso anni su uno scaffale senza essere toccato.

“Cosa devo fare?”

“Non sono in grado di pelare le patate, quindi fallo tu.”

Il moro raggiunse il grembiule appeso vicino al lavandino e lo indossò allacciandosi dietro alla schiena un fiocco perfetto.

Raccolse le patate dal sacchetto e impugnò un piccolo coltello accanto al tagliere iniziando a ripassare il contorno del tubero senza portare via troppo della parte commestibile. E tutto questo lasciando sulla superficie di legno solo una lunga striscia di buccia.

Sua sorella lo guardava incantata da quei movimenti delicati ed eseguiti con una certa manualità che lei, nonostante abbia vissuto da sola per molti anni, ancora non aveva imparato.

“Non smetti di sorprendermi, Axel.” Lo complimentò senza ricevere alcun segno di risposta subito dopo.

“Sembri proprio mamma, sai?” continuò poi sorridendo malinconicamente davanti a quella figura che effettivamente assomigliava alla loro figura materna.

La lama del coltello scivolò improvvisamente cadendo per terra dopo un sonoro rumore metallico.

Il silenzio riempì la casa in un secondo.

Finché Axel lo interruppe prendendo la lama per terra, buttandola all'interno del lavello e afferrandone un'altra simile per ricominciare a fare il lavoro interrotto.

Yuffie lo osservò per un secondo e tornò a a leggere la rivista eliminando dalle sue labbra la curva.

“Non ti è ancora passata Axel?”

“Possiamo non parlarne per favore?”

“Scusa.”

Axel aveva appena finito di spelarne una quando smise di fare qualsiasi cosa rivolgendosi in tutto e per tutto a sua sorella.

“Non devi chiedermi scusa. Io... non... no. Niente.”

Yuffie non disse più niente al riguardo, piuttosto continuò a dargli istruzioni sulla ricetta.

E non appena finirono di cucinare, Axel non mise più di dieci minuti ad alzarsi e dire che aveva finito di mangiare lasciando più di metà pietanza sul piatto ancora caldo.

 

 

Tornò in camera sua e chiuse a chiave la porta.

Si sedette sul comodo materasso pescando dalla tasca dei jeans il suo cellulare.

Digitò un numero ricordato a memoria e rimase immobile ad ascoltare il tu.. tu … Finché una voce dall'altra parte rispose.

Si portò al petto le gambe magre e le abbracciò con le sue braccia.

E iniziò così a piangere silenziosamente circondato da nessun fonte di calore a parte il suo corpo.

 

*solitùdine: [soli'tudine] lo stare, il vivere solo.

 

So, are you ready?”

No, I'm not mom.”

Oh come on! It's not terrible!”

I just don't want to be separated from you.”

It's only half day honey, don't worry. I'm here once you'll finish.”

...”

And we will go to the park after lunch.”

...”

Would you like something else?”

Hug me.”

Oh dear, I can do this all the times that you want.”

And cook for me a nice meal later.”

I will. But be good at school. Promise?”

Mh... promise.”

 

 

TRADUZIONE:

 

Quindi, sei pronto?”

No, non lo sono ma.”

Oh! Su! Non è terribile.

Non voglio solamente essere separato da te.”

E' solo per metà giorno amore, non ti preoccupare, sarò qui quando finirai.”

...”

E andremo al parco dopo pranzo.”

...”

Vuoi qualcos'altro?”

Abbracciami.”

Oh Caro, questo lo posso fare quante volte vuoi.”

E cucinami un buonissimo piatto dopo.”

Lo farò. Ma fai il bravo a scuola, promesso?”

Mh... Promesso.” 




NdA: Buonasera! Eccomi con un nuovo capitolo. Spero vi sia piaciuto :D Non so come ho fatto, ma tutto questo l'ho scritto in una giornata ahaha quindi ho il cervello leggermente fuso, ma niente di grave :D Volevo proprio pubbicarlo oggi dato che domani si ritorna a scuola e purtroppo il mio tempo per scrivere è assai limitato -.-'''Un elemento importante di questa fanfiction sono sicuramente le canzoni, che mi hanno aiutata nella stesura della storia. Senza di loro non sarei veramente ispirata a fare nulla D:
Una di queste è "Heartache" dei One ok rock. Chi ha nekotv sicuramente l'avrà già sentita u.u
Non mi dilungo perché adesso ho un serio bisogno di riposarmi e nutrirmi di qualsiasi cosa. Ci vediamo per un prossimo capitolo che spero di pubblicare presto :D
Ciau ciau :3

  
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