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Autore: gattina04    16/10/2015    6 recensioni
Due tempi, due storie: un futuro neanche troppo lontano e un presente.
Cosa accadrebbe se all’improvviso comparisse una bambina convinta di essere la figlia di Emma e Killian? Come reagirebbero i due scoprendo che presto la loro vita cambierà drasticamente?
E se dall’altra parte due genitori fossero alla disperata ricerca della loro piccola scomparsa? Cosa faranno per ritrovarla, come potranno reagire di fronte a quella che sembra una missione impossibile?
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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11. Sacrifici
 
Future time
Il suono delle mie nocche sul legno della porta sembrò riecheggiare in tutta la radura. Per qualche istante non ci fu che silenzio, finché all’interno della casa risuonarono dei passi.
L’uscio si aprì cigolando e la figura di Merlino apparve sulla soglia sorridendoci.
«Accomodatevi, è un piacere rivedervi. Sapevo che sareste venuti». Entrammo in quella casa titubanti, con l’anima in subbuglio, ansiosi di ricevere delle risposte alle tante domande che ci assillavano.
Nel giro di pochi minuti, senza neanche rendermene conto, mi ritrovai seduta accanto a Killian; tra le mani stringevo una tazza fumante di tè, che Merlino ci aveva generosamente offerto.
«Bene veniamo al dunque», disse sedendosi davanti a noi. «Siete qui per Edith giusto?». Sbattei le palpebre perplessa: lui sapeva già tutto? E allora cosa aspettava a dirci ciò che ci interessava?
«Tu lo sai?», balbettai.
«Ho predetto il vostro arrivo e sono riuscito ad intuire il motivo della vostra visita, ma vi prego esponetemi meglio la situazione».
«Nostra figlia, Edith, è tornata indietro nel tempo», cercai di spiegargli. «So che sembra assurdo ma guardando una nostra foto si è teletrasportata nel 2015, esattamente quando la stavamo scattando».
«Ha molto potere», intervenne Killian, «ma è troppo piccola per controllarlo. Così non è riuscita a gestirlo ed adesso è bloccata nel nostro passato. Noi non chiediamo altro che di poterla riabbracciare, vogliamo riportarla a casa».
«Ti prego», lo supplicai, «sei la nostra ultima speranza, se neanche tu puoi fare niente per noi…».
«Emma», mi interruppe poggiandomi una mano sulla spalla. «Io posso aiutarvi». Quelle erano le parole che a lungo avevamo sperato. L’avevamo desiderate così tanto che sentirle pronunciare sembrava un sogno, un bellissimo sogno dal quale potevamo svegliarci da un momento all’altro.
«Davvero?». Killian appoggiò la sua tazza sul tavolo e mi prese la mano stringendola forte.
«Penso di avere quello che fa al caso vostro». Sospirai di sollievo portandomi l’altra mano alla bocca e mi lasciai sfuggire alcune lacrime di gioia.
«Tremotino ci ha detto che non possiamo semplicemente usare un portale e non vogliamo usare nessun sortilegio oscuro». Killian voleva tastare bene il terreno prima di credere veramente alle sue parole; in fondo avevamo avuto fin troppe delusioni.
«Lo so Hook, non devi preoccuparti per questo. Seguitimi». Si alzò e ci fece strada verso un’altra stanza della casa. Scoprimmo presto che, se anche l’abitazione non dava segni di magia all’esterno, all’interno la situazione era completamente diversa; infatti la casa era enorme nonostante che dal di fuori sembrasse possedere al massimo due o tre stanze.
Merlino ci guidò in un’ampia sala, che era stata adibita a biblioteca. C’erano centinaia di libri, alcuni dalle copertine rilegate molto simili al libro di Henry, altri più piccoli. C’erano volumi di tutte le forme e dimensioni, disposti ordinatamente su moltissimi scaffali addossati alle pareti.
«Vediamo un po’». Merlino cercò tra i vari tomi, che probabilmente avevano un ordine ben preciso e ne estrasse uno piuttosto grosso. «Questo dovrebbe andare bene». Si diresse ad un tavolo posto al centro della stanza e ci fece cenno di avvicinarci.
«Credo che quello che vi occorra sia un incantesimo ben preciso…», mormorò sfogliando attentamente le pagine.
«In quel libro c’è un incantesimo che può riportare indietro Edith?», domandò Killian.
«No», rispose. «Ma ve ne è uno che potrà portarvi da lei e poi riportarvi a casa».
Trattenni il respiro mentre Merlino continuava a sfogliare le pagine alla ricerca di quella giusta. La mano di Killian strinse più forte la mia. Non avevo bisogno di guardarlo negli occhi per capire quanto anche lui fosse ansioso e titubante. Era la prima volta da quando era cominciato quell’inferno che sembravamo avere la certezza della nostra riuscita. Merlino era certo di poterci aiutare, e lui era uno dei più potenti maghi di nostra conoscenza. Era così bello che stentavo ancora a crederci.
«Ecco qua», esultò all’improvviso fermandosi su una pagina. «Proprio quello che fa al caso vostro». Voltò il libro dalla nostra parte in modo tale che potessimo vedere ciò che vi era scritto. Quello che Merlino ci stava indicando era la raffigurazione di un triangolo isoscele; la figura aveva delle illustrazioni ma erano scritte in una lingua che non conoscevo.
«Un triangolo? A cosa serve?», domandai. «Cosa c’è scritto?».
«Ah giusto! Lasciate che vi spieghi». Prese il libro e fece apparire tre comode poltrone ad un lato della stanza. Una volta accomodati, iniziò la sua spiegazione.
«Questo è un incantesimo che di solito viene utilizzato per rintracciare e raggiungere una determinata persona, in qualsiasi mondo si trovi. Non è stato mai sperimentato in tempi diversi, ma sono sicuro che non ci saranno problemi grazie alla piccola variante che apporteremo. Tra l’altro voi avete un legame di sangue per cui riuscire a trasportarvi da Edith non dovrebbe essere un problema».
«Il triangolo serve a questo?», chiesi sforzandomi di assimilare tutto il meglio possibile.
«Sì. Solitamente ai primi due angoli si dispongono due persone e al terzo un oggetto dell’individuo che si vuole raggiungere. In questo caso, visto che si tratta di tempi diversi apporterei alcune modifiche che vi permetteranno di tornare indietro fino al 2015, esattamente nel tempo in cui si trova la bambina».
«E quali sarebbero queste modifiche?», chiese Killian precedendomi.
«Dovrete tenere in mano degli oggetti che vi leghino al passato, qualcosa che sicuramente avevate a quel tempo e con un significato particolare per voi. In più anche l’oggetto che vi permetterà di rintracciare Edith dovrà essere in qualche modo legato al suo giovane passato».
«E così potremo andare da lei?». Sembrava così semplice da parere ancora di più impossibile.
«Sì ve lo garantisco. Occorreranno però delle ceneri speciali, ma di questo parleremo più tardi. Prima voglio finire di spiegarvi come funziona l’incantesimo». Ceneri speciali? Di qualunque cosa si trattasse io e Killian l’avremmo trovata. Non ci saremmo fermati di certo ad un passo dalla meta.
«Emma», continuò puntando lo sguardo su di me, «credi di essere capace di imparare la formula e di avere abbastanza potere per lanciare l’incantesimo?».
«Sì». Su quello non avevo dubbi; se da quel mio gesto dipendeva la  riuscita dell’impresa il potere l’avrei trovato di certo. «Ce la farò ne sono sicura».
«Emma…». Killian mi guardò preoccupato per poi tornare a guardare Merlino. «Lei è incinta». Lo fulminai con lo sguardo, ma lui mi rispose con un’espressione altrettanto decisa. Perché diavolo l’aveva detto? Non ero mica malata, potevo farcela benissimo anche se ero in stato interessante.
«Oh congratulazioni», esclamò l’altro.
«Potrebbe essere un problema?», domandò Killian titubante. «L’incantesimo, la magia…».
«Devi stare tranquillo, Emma non correrà nessun pericolo. Se lei dice che può farcela, allora non ci saranno problemi». Gli lanciai un’occhiataccia, come per dire “visto?” ma lui fece finta di non notarla. Lasciai perdere e tornai all’argomento principale.
«E una volta riabbracciata Edith come faremo per tornare indietro?». Non avevo dimenticato che uno dei problemi principali era riuscire a ritornare a casa.
«Giusta osservazione. Potrete usare lo stesso incantesimo, solo con una formula magica diversa e con oggetti diversi. In questo caso sarete in tre, uno ad ogni angolo, e terrete in mano cose che vi ricolleghino al futuro. In più se vi concentrerete su casa vostra, l’incantesimo sarà più facile. Allora credete di riuscire a trovare questi oggetti?».
Killian ed io ci fissammo, pensando a ciò che ci sarebbe potuto essere utile.
«Potremmo usare», disse all’improvviso, «Mister Bobby, l’orsetto di Edith, ne è così legata e poi il suo regalo: il quaderno. Non l’ha neanche visto, è sparita prima».
«Sì sono perfetti», esultai. «Ed io so perfettamente quali oggetti utilizzare». Avrei usato la mia coperta, l’unica cosa che avevo fin dalla nascita, per ricollegarmi al passato e qualcosa legato al bambino in arrivo per tornare indietro.
«E tu Hook?», gli domandò Merlino.
Killian ci pensò su per qualche secondo. «Potrei usare la mia fiaschetta».
«Sul serio?». Lo guardai perplessa; era davvero quello l’oggetto che più lo legava al passato?
«Beh è con me da sempre, per un pirata è una fida amica come la sua nave. Per l’altro datemi un secondo, va bene?».
«D’accordo», acconsentì Merlino. «Nel frattempo approfitto per spiegarvi l’ulteriore modifica che vorrei apportare in modo che l’incantesimo sia efficace per questo salto temporale. Come vi accennavo prima ci sarà bisogno di ceneri speciali».
«Ceneri speciali?», ripetei.
«Sì. Di solito il triangolo viene scavato nel terreno in maniera molto semplice. Invece in questo caso sarà opportuno che venga tracciato con delle ceneri di un oggetto particolare. Se è stato relativamente semplice trovare qualcosa che colleghi ognuno di voi a presente e passato, forse la ricerca in questo caso sarà più difficile». Avevo avuto subito la sensazione che fosse troppo semplice per essere vero; la fregatura doveva esserci da qualche parte. Comunque, di qualsiasi oggetto si trattasse saremo riusciti ad averlo. Il problema non era tanto nell’avere successo nell’impresa, ma quanto tempo avremo impiegato nel farcela.
«Di che oggetto si tratta?». Killian pose la domanda che io non ero riuscita a fare.
«Sono necessarie le ceneri di un oggetto che abbia vinto il tempo. Ci serve qualcosa che sia riuscito ad avere la meglio sullo scorrere dei minuti. Non so se riuscite a capirmi, ma ciò che ci occorre è qualcosa che abbia affrontato tempi diversi, che sia in qualche modo sopravvissuto. Saranno le sue ceneri a permettere il salto temporale». Lo guardai pensierosa, riflettendo sulle informazioni che ci aveva appena dato. Non era certo stata una spiegazione chiara, cosa significava “un oggetto che abbia vinto il tempo”? Poteva essere tutto o nulla. Poteva riferirsi all’orologio della torre di Storybrooke, ma in quel caso come avremmo fatto a bruciarlo? L’unica altra cosa che mi veniva in mente era il libro di Henry, era uno degli oggetti che aveva affrontato il viaggio nel passato, ma non ero certa che si potesse definire come vincitore del tempo.
Killian al mio fianco si fece teso e i suoi occhi si incupirono. Conoscevo fin troppo bene quei due oceani e capii subito che stava pensando a qualcosa che lo tormentava. Forse lui aveva avuto idee migliori delle mie? Ma allora perché sembrava essere impallidito?
«E dovremo bruciarlo?», chiese in un sussurro.
«Sì ed usare le sue ceneri», gli rispose Merlino scrutandolo.
«Deve essere piccolo o grande?». Lo fissai non riuscendo a capire. Aveva davvero trovato qualcosa che potesse fare al caso nostro?
«Le sue dimensioni non hanno importanza».
«Killian a che cosa stai pensando?». Mi voltai completamente verso di lui stringendogli forte la mano con la mia e posandogli l’altra sulla guancia.
Fece un profondo respiro, come per reprimere ogni incertezza. «So cosa ci serve, non sarà difficile  procurarci queste ceneri».
«Cosa?». I miei occhi si incatenarono ai suoi cercando di capire quello che ancora mi stava nascondendo. Se non aveva detto subito di cosa si trattasse doveva esserci un motivo.
«Quale oggetto pensi di usare?», gli domandò Merlino osservando, come me, ogni sua espressione.
«La Jolly Roger».
«No!». Non mi ero neanche accorta di averlo urlato. Mi alzai di scatto cercando di riflettere lucidamente.
«Emma, pensaci». Si alzò anche lui, avvicinandosi e scostandomi una ciocca di capelli con l’uncino. «La Jolly è stata sull’Isola che non c’è, lì il tempo scorre diversamente; guardami sarei già morto e sepolto altrimenti. Ha affrontato portali, sortilegi, è stata bloccata in una bottiglia eppure è sempre la stessa, come la prima volta che l’ho portata per mare. Chi meglio di lei può dire di aver battuto il tempo?». Lui aveva ragione, ma quello che stava dicendo significava bruciare la nave. C’erano troppi ricordi, troppe avventure, era la SUA nave, la SUA seconda casa, tutti i suoi ricordi erano su di lei, buona parte della sua vita l’aveva trascorsa là sopra.
«Killian tu non puoi, la Jolly è la tua nave, è tutto per te». Le lacrime cominciarono a rigarmi le guance, senza che potessi far niente per trattenermi.
«Emma». Mi asciugò gli occhi rivolgendomi un sorriso triste. «La Jolly non è tutto per me, tu ed Edith siete tutto quello che ho. Già una volta l’ho abbandonata per raggiungerti, pensi forse che qualcosa mi trattenga dal fare lo stesso per Edith?».
«Ma Killian dovrai bruciarla», singhiozzai. «Dopo non potrai riaverla, non ci sarà più».
«Lo so, ma non importa se è davvero quello di cui abbiamo bisogno». Si voltò verso Merlino che era rimasto in disparte. «Credi che usando le ceneri della Jolly Roger la magia funzionerà?».
«Sì funzionerà». Sapevo che quella era la risposta, ma non riuscivo ancora a capacitarmene. Killian invece non aveva più dubbi. Ancora una volta mi aveva fatto capire quanto fossimo importanti per lui. Avrebbe sacrificato la sua nave, la cosa più preziosa che avesse mai avuto, per noi.
Mi asciugò le lacrime con un dito, rivolgendomi il suo sguardo risoluto. «Bene, allora non dobbiamo più perdere tempo. La nostra principessa ci sta aspettando».
 
Present day
Entrammo nel negozio di Gold come delle furie. Killian teneva la piccola in braccio, David e Mary Margaret ci seguivano. Se dovevamo affrontare Tremotino era meglio arrivare prepararti. Avevamo anche avvertito Regina, che sarebbe arrivata il prima possibile.
«Coccodrillo esci fuori». La voce di Killian tremava di rabbia repressa, probabilmente se non avesse tenuto Edith, priva di forze, tra le sue braccia non si sarebbe trattenuto dal prendere a pugni qualcosa o qualcuno.
Era inconcepibile che quel codardo se la fosse presa con una bambina. Per cosa poi? Per un potere che lui ormai non aveva più? Era sempre il solito e non era cambiato per niente. Nonostante non fosse più il Signore Oscuro aveva scelto il potere per l’ennesima volta.
«Gold!», gridò mio padre.
«Cosa è tutto questo baccano?». Spuntò dal retrobottega come se nulla fosse. Ci squadrò con uno sguardo meschino e sentii la rabbia ribollirmi ancora di più nelle vene.
«Maledetto come puoi fingere?», sputò fuori Killian. «Sai benissimo perché siamo qui».
«Smettila immediatamente», sibilai. «Toglile il bracciale». Hook distese la piccola sul bancone: le sue braccia, penzolavano inerti e sul suo polso candido il braccialetto spiccava come nero su bianco.
«Non so a cosa tu ti riferisca», rispose semplicemente.
Quella ipocrisia fu la goccia che fece traboccare il vaso. «Basta, ti ho detto di levarle il bracciale e di fermare qualsiasi cosa tu le stia facendo». Agitai la mano per immobilizzarlo al muro con la mia magia, ma non accadde assolutamente niente.
«Cosa diavolo…». Riprovai ma fu come se non avessi più il mio potere.
«Sorprendente, non trovate? È incredibile ciò che si riesce a fare con un capello e una candela».
«Cosa hai fatto alla mia magia?», balbettai.
«L’ho semplicemente bloccata, cara. Fino a quando io controllerò la magia di Edith, visto che in lei scorre il tuo sangue non potrai più farmi nulla». Fremetti di rabbia, sentendomi impotente come mai prima di allora.
«Maledetto». Mio padre e Killian tentarono di avvicinarsi a lui per colpirlo fisicamente viso che con la magia non avevamo chance. Ma il coccodrillo li immobilizzò, evidentemente incanalando il potere di Edith. La pistola che mio padre aveva estratto volò lontano nella stanza.
«Miei cari non avete ancora capito che con me le vostre armi non funzionano».
«Ti prego. È solo una bambina», intervenne mia madre. «Guardala! Come puoi farle questo?». Non fece  a tempo a finire la frase che anche lei si trovò bloccata grazie a un semplice gesto della mano.
«Ci avevi dato la tua parola», mormorai furente. «Avevi promesso che non l’avresti toccata neanche con un dito».
«Tecnicamente io non ho fatto niente. È stata Edith che ha scelto il braccialetto, è stata lei che l’ha voluto. Non è colpa mia se si tratta di un oggetto ricco di magia oscura».
«Di cosa si tratta?».
«Di un bracciale che riesce a catturare la magia della persona e a trasferirla al precedente proprietario, che si dia il caso sia proprio io. In fondo sapete benissimo che Edith aveva troppo potere dentro di sé per riuscire a gestirlo».
Corsi nella sua direzione, esattamente come avevano fatto poco prima Killian e mio padre, ed anche io mi ritrovai bloccata. Avevo agito senza riflettere lasciando che la rabbia e la preoccupazione prendessero il sopravvento.
«Mia cara, mi sembra che i tuoi tentativi siano poco innovativi». Feci un profondo respiro per riuscire a calmarmi.
Dovevo provare a pensare lucidamente. Io non potevo fare niente, noi non potevamo fare niente. Però se la mia magia non era efficace forse lo sarebbe stata quella di Regina. Sarebbe arrivata presto e avrebbe dato una lezione al Coccodrillo. Guardai verso la porta, sperando che comparisse da un momento all’altro a salvare la situazione.
«Credi davvero», mi disse Gold notando la direzione del mio sguardo, «che non abbia preso precauzioni? Mi consideri così sciocco da non aver pensato che avreste chiamato i rinforzi? Mi dispiace, ma Regina non riuscirà ad entrare. È stupefacente quanto potere possegga questa bambina».
Eravamo in trappola, senza via di fuga e senza nessuna possibilità di riuscita. Come potevamo essere stati così stupidi? Eravamo accecati dalla rabbia per Edith e non avevamo riflettuto abbastanza. Ci eravamo sconfitti da soli ed Edith continuava a stare là, stesa sul bancone, priva di forze. La mia bambina priva di forze.
Sentii le lacrime pungermi gli occhi per uscire mentre una nuova consapevolezza si faceva strada dentro di me. Finalmente capivo Killian, il perché fosse tanto affezionato a lei. Quel legame che avevo sempre tentato di negare adesso era così evidente da sembrare palese. Edith era la nostra bambina ed io ero felice che lo fosse, che fosse mia e di Killian anche se probabilmente sarebbe stata una sorpresa improvvisa. Il vederla così, piccola, inerme ed indifesa aveva abbattuto tutte le mie barriere e risvegliato in me il mio istinto materno.
Raccolsi tutte le mie forze cercando di abbattere quel tremendo muro che mi teneva immobilizzata.
«Cosa vuoi farci?», domandai, alzando la testa e puntando lo sguardo dritto nei suoi occhi.
«Oh niente cara. Vi terrò così fino a che non avrò assorbito tutto il potere di Edith, dopo di che potrete andarvene. Siate sinceri, non è quello che avete sempre desiderato nel profondo? Non avete sempre sperato che la piccola perdesse la sua magia in modo da non essere più un pericolo né per gli altri né per sé stessa?».
«Ma se continui così lei morirà!». La voce di Killian era strozzata e sofferente. Evidentemente stava lottando con tutte le sue forze per liberarsi da quella morsa invisibile.
«Non ti permetterò di farle questo». Richiamai tutta l’energia e il potere che avevo e riuscii a muovere un passo. Sembrava che stessi camminando in un mare di cemento ma non mi sarei arresa.
«Davvero impressionante», mormorò Tremotino visibilmente colpito. «In fondo tieni a questa bambina più di quanto credessi».
Faticosamente raggiunsi Edith al bancone e con altrettanta fatica arrivai al suo polso afferrando il braccialetto. Le avrei tolto quell’affare a tutti i costi. Tirai tentando di staccarlo, di romperlo in qualche modo ma risultò tutto inutile.
Mentre armeggiavo con quel bracciale una mano si unì alla mia, aiutandomi nell’impresa. Killian era riuscito a vincere quella forza invisibile e tentava con tutto sé stesso di salvare la nostra bambina. Quel nostro tentativo, quell’accanirsi sul bracciale, sembrava stupido, ci avevamo già provato, ma era la nostra unica possibilità di salvarla.
«Adesso basta». Gold fece un cenno con la mano e un’ondata di potere si infranse su di noi. Riuscii miracolosamente a resistergli mentre tutti gli altri furono scagliati indietro. Mary Margaret e David cederono a terra privi di sensi e Hook fu scaraventato contro un mobile. Lo vidi battere la testa e cadere a terra sanguinante.
«Killian!», gridai. Mi si parò davanti un bivio: o andavo da lui e cercavo di capire se stesse bene o rimanevo con Edith cercando un modo per fermare quell’affare infernale che aveva al polso.
Respingendo le lacrime che tentavano di uscire, mi voltai di nuovo verso Edith e tornai a prestare la mia completa attenzione al suo piccolo polso.
Se non riuscivo a toglierlo cosa altro potevo fare? Quell’aggeggio cercava e prendeva il suo potere, come potevo impedirglielo?
All’improvviso, mentre sentivo la disperazione prendere campo dentro di me, ebbi un’illuminazione. Se il bracciale voleva prendere il suo potere allora gli avrei dato il mio. Se avesse iniziato a canalizzare la mia magia probabilmente Edith sarebbe sopravvissuta. Non sapevo cosa sarebbe successo a me, ma non mi importava. Ero disposta a sacrificarmi per salvarla.
Così invece di continuare a tirare il braccialetto, l’afferrai stretto, stringendolo nella mia mano fino quasi a tagliarmi la carne. Mi concentrai in modo che il bracciale riuscisse a sentire il mio potere, sicuramente più potente di quello che aveva Edith in quel momento, e potesse incanalarlo.
Seppi di aver avuto successo quando lentamente sentii le forze abbandonarmi. Riuscivo a percepire come la magia si allontanasse da me, da ogni centimetro del mio corpo, da ogni mia singola cellula. Le mie gambe tremarono, non riuscendo più a reggere il mio peso. Mi accasciai lentamente, scivolando con la schiena lungo il bancone ma sempre stringendo forte il braccialetto.
Da quella mia posizione non riuscivo più a vedere cosa stesse facendo Tremotino, ma non mi importava: non avevo abbastanza forze per pensare anche a lui. Lanciai uno sguardo a Killian che era sempre steso a terra; lui sarebbe stato bene, era bravo a sopravvivere e non sarebbe stato un colpo alla testa a cambiare questo dato di fatto.
La manina di Edith che pendeva dal bancone sfiorava il mio polso, mentre offrivo al bracciale tutto quello che avevo. Speravo che cedendogli tutta la mia magia sarebbe stato neutralizzato e non avrebbe più incanalato il poco potere che restava ad Edith. Le avrebbe lasciato la giusta forza che le bastava per sopravvivere ed uscire da quella orribile situazione.
I miei occhi si fecero pesanti ma cercai di tenerli aperti. La stanchezza mi sopraffaceva istante dopo istante e anche i miei pensieri cominciarono a farsi confusi.
Quel che accadde dopo riuscii ad intravederlo dalla profonda nebbia che piano piano mi stava circondando. Sentii la mano di Edith riprendere a muoversi mentre probabilmente si stava svegliando. Con uno sforzo immane alzai leggermente la testa per poter vedere mia figlia negli occhi almeno un’ultima volta.
Edith si svegliò lentamente e si mise a sedere sbattendo le palpebre confusa. Doveva essere disorientata ed evidentemente non riusciva a capire dove fosse. Sentendo il peso della mia mano sul suo braccio, abbassò lo sguardo e mi vide. I suoi occhi, gli occhi di Killian, mi fissarono riempiendosi di paura. Avrei voluto rassicurarla, avrei voluto dirle che sarebbe andato tutto bene, ma non avevo più le forze per parlare.
Gli oceani di Edith lasciarono i miei per potersi guardare attorno, fermandosi su quello che era il corpo di suo padre privo di sensi. «Mamma! Papà!». Il mio cuore batté più forte sentendo quelle parole: non eravamo mai stati per lei solo Emma e Killian, eravamo i suoi genitori anche se, in realtà, dovevamo ancora concepirla.
L’energie mi stavano completamente lasciando e non riuscii più a tenere gli occhi aperti; nonostante ciò, rimasi in ascolto. «Tu!». Edith doveva essersi rivolta a Tremotino. Gold con molta probabilità era rimasto in disparte fregandosene del mio gesto. In fondo lui voleva il potere, non gli importava molto da chi l’avrebbe ottenuto.
«Cosa hai fatto alla mia famiglia?». Edith non piangeva, la sua voce era rabbiosa. Non si sarebbe mostrata debole, non di fronte a lui.
«Me la pagherai», fu solo un sussurro ma all’improvviso sentii come il pavimento tremare sotto di me. Subito dopo la forza che mi teneva incollata al braccio di Edith sembrò disgregarsi e il braccialetto che tenevo saldamente in mano si sbriciolò tra le mie dita. Non avendo più quell’appiglio il mio braccio scivolò giù risentendo della forza di gravità; ma mentre il mio braccio crollava sentii la magia tornare ad invadere ogni fibra del mio corpo. Tutto quello che mi era stato portato via, stava ritornando al suo posto con estrema velocità.
«Mamma… Emma…». Due piccole mani mi accarezzarono la testa. Lentamente riuscii ad aprire gli occhi per poter incontrare due oceani che mi stavano fissando preoccupati.
«Edith», sospirai per poi tuffarmi ad abbracciarla. Stavo tornando velocemente in forma e tutta la stanchezza che avevo provato stava scomparendo per rimanere solo un brutto ricordo.
Quando mi staccai da lei, mi alzai per vedere ciò che era successo. Le mie gambe sembrarono sostenermi. Il mio corpo stava recuperando l’energie in un battito di ciglia.
Guardandomi intorno notai che nella stanza regnava il caos più totale. Tutti i gingilli che il Coccodrillo teneva ammassati nel suo negozio erano sparsi alla rinfusa e i mobili sembravano essersi leggermente spostati come in seguito ad un tremendo terremoto. Tremotino era steso a terra privo di sensi e dal suo stato si poteva dedurre che sarebbe rimasto in quelle condizioni per un bel po’. Il pensiero che si meritasse anche di peggio mi passò per la mente, ma lasciai che fosse un’idea fugace. Avevo ormai chiuso con l’oscurità e la voglia di vendetta. Se volevo tornare ad essere un’eroina dovevo riuscire ad accontentarmi di averlo ridotto in quello stato.
Il mio pensiero successivo fu subito rivolto al possessore del mio cuore. Edith era già al suo fianco e quando arrivai su di lui, Hook stava riprendendo conoscenza. Del sangue gli colava dalla fronte e mi affrettai a guarirlo con la magia appena ritrovata. Sbatté le palpebre cercando di mettere a fuoco la stanza e le persone intorno a lui. Il suo oceano scrutò profondamente prima me per poi passare alla piccola figura al mio fianco.
«Edith», sospirò abbracciandola. «Emma». Si sporse per riuscire ad abbracciare anche me.
«Cosa è successo?». Era stato mio padre a parlare. Anche lui e mia madre avevano ripreso i sensi e stavano venendo verso di noi.
«È merito di Edith», affermai fiera. «Ci ha salvato tutti».
La piccola arrossì e abbasso lo sguardo sulla sue mani. «Non è vero». Sicuramente non aveva preso l’ego di suo padre; la modestia doveva averla ereditata da me.
«Sì invece non so cosa avrei fatto senza di te». Le accarezzai la guancia, sollevandole il viso per poterla osservare negli occhi.
«Io non… tu e Killian eravate… io… lui era lì ed io non volevo che vi facesse del male». Aveva balbettato tutta la frase e dal suo tono era palese quanto l’avesse turbata il vederci entrambi feriti e in pericolo.
«Sono fiero di te». Killian le prese la mano e la strinse forte. I loro occhi si incrociarono e sul volto di Edith comparve un piccolo sorriso.
«Anch’io sono molto fiera di te».
«Grazie mamma». Si bloccò accorgendosi troppo tardi di avermi chiamato in quel modo.
«Mamma va bene», la tranquillizzai. «Anche se presto la tua vera mamma verrà a prenderti, puoi chiamarmi così se ti viene naturale. In fondo sono pur sempre la stessa persona e sono orgogliosa di poter avere in futuro una figlia come te». Edith mi si tuffò tra le braccia travolgendomi in un abbraccio che valeva più di mille parole. Sentii su di me lo sguardo di Killian e quando alzai gli occhi su di lui mi inondò con un sorriso radioso.
«Beh che ne dite se andiamo a fare colazione da Granny?», propose mia madre.
«A Gold penseremo più tardi», disse David, che nel frattempo aveva ammanettato Tremotino ad un mobile. Era sempre privo di sensi, ma non era in condizioni così gravi da non poter passare in secondo piano.
«Sono perfettamente d’accordo», acconsentii alzandomi e porgendo una mano a Killian per aiutarlo.
Una volta usciti trovammo Regina in preda al panico che tentava di entrare nel negozio.
«Emma, Mary Margaret che cosa diavolo è successo là dentro?».
«È una lunga storia, che ne dici se te la raccontiamo di fonte ad una bella tazza di cioccolata calda?». Senza aspettare una sua risposta presi la mano di Killian da una parte e quella di Edith dall’altra e insieme ci avviammo da Granny per goderci un meritato riposo dopo quella inattesa avventura.


Angolo dell'autrice:
Ciao a tutti! Eccomi di nuovo qua con un capitolo bello intenso; infatti si può dire che sia successo di tutto e di più in entrambi i tempi.
Prima di tutto Merlino può aiutarli! Questo è il primo vero risultato positivo per i nostri poveri genitori. Ovviamente ogni magia ha un prezzo e Killian lo pagherà sacrificando la Jolly Roger. Mi piange il cuore per questo ma penso che sia giusto così alla fine... 
E poi c'è la lotta contro Gold, Edith che salva la situazione e l'illuminazione di Emma. Le c'è voluto un po' ma alla fine l'istinto materno che c'è in lei ha preso il sopravvento
Vi ringrazio di leggere e recensire. Alla prossima!
Un abbraccio
Sara
 
  
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