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Autore: Padmini    19/10/2015    3 recensioni
Una mente che non risposa, mille pensieri che si accavallano e che combattono tra di loro per la vittoria. Sacrificare la propria vita per una nobile causa o seguire i propri intimi sogni?
Charles Xavier si era trovato davanti a quel dilemma più di una volta, ma quella notte, avvolto dalle tenebre e dal silenzio, aveva preso la sua decisione. Avrebbe dato tutto se stesso per il suo sogno, lo avrebbe fatto davvero ... ma era ancora troppo presto. Quella notte, Charles scelse di essere egoista e di tornare dall'unico uomo che aveva mai amato.
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Charles Xavier/Professor X, Erik Lehnsherr/Magneto
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Accettazione

 

 

 

Nei due giorni successivi Erik trascorse quasi tutto il tempo a pensare a come si sarebbe dovuto comportare durante la cena. Charles era stato molto vago in merito, gli aveva semplicemente detto di comportarsi come se fosse un umano ma di non dirlo apertamente o farlo intendere in qualche modo, sarebbero rimasti in incognito, assolutamente neutrali. Pensandoci meglio era riuscito a capire il punto di vista del compagno. Senza esporsi avrebbero potuto compredere il punto di vista degli umani con i quali sarebbero entrati in contatto senza condizionamenti. Questi, credendo di trovarsi di fronte a degli umani come loro, avrebbero avuto maggior possibilità di esprimere il loro pensiero senza paura di essere giudicati o minacciati. Così, anche se l'idea di dover trascorrere più di una serata in compagnia di persone che disprezzava non lo eccitasse, la prospettiva di poterlo fare con Charles al suo fianco rendeva il tutto meno insopportabile.

Tra di loro era tornato a instaurarsi quel rapporto che era nato spontaneamente quando si erano incontrati per la prima volta e che in modo altrettanto naturale era rinato in quei giorni. Non c'erano state forzature, non avevano avuto bisogno di parole, era stato come se non si fossero mai lasciati. I cambiamenti c'erano stati, nel corpo e nella mente di entrambi, ma il sentimento profondo era rimasto lì, protetto e invulnerabile, come se fosse fatto per resistere al tempo e alle intemperie.

 

Aveva paura, quel pomeriggio, mentre si preparava ad affrontare la sfida che Charles gli aveva posto, ma proprio perché c'era lui era convinto di potercela fare. Era stato difficile per lui accettare di dover dimenticare per una sera la sua natura e comportarsi come un normale essere umano, perciò aveva annullato tutti gli impegni e si era chiuso in camera per potersi concentrare meglio. Charles, che era uscito per prendere un po' d'aria e rilassarsi, rientrò verso le sei, giusto in tempo per cambiarsi per la cena. Entrò nella camera che ormai era diventata anche sua e, dopo aver salutato Erik con un lieve bacio sulle labbra, prese dalla valigia un cofanetto di metallo e la posò sul letto. Restò a guardarla per minuti interi, indeciso. Fu Erik a sbloccare la situazione, aprendo la scatola per lui. Quando lo fece la richiuse all'istante, disgustato.

“Ci stai pensando davvero?”

Charles lo guardò colpevole ma non disse nulla.

“Non posso crederci! Perché dovresti farlo? Per impedirti di usare i tuoi poteri su di loro? Eppure mi hai già avvisato che li avresti usati per la nostra copertura!”

Charles sorrise tristemente e scosse la testa.

“Niente di tutto questo. Semplicemente volevo sbarazzarmene.”

“Davvero?”

“Sì.”

“Così, all'improvviso?”

“No, dopo aver capito una cosa ...”

Erik lo guardò e sorrise, nemmeno in quel momento ci fu bisogno di parlare per comprendere ciò che l'altro intendeva, ma lui sentiva la necessità di spiegarsi, di scusarsi. Il senso di colpa era ancora vivo in lui come, almeno così immaginava, il dolore in Charles. Gli si avvicinò e si inginocchiò di fronte a lui, non per guardarlo negli occhi ma per mettersi in modo che fosse lui a guardarlo dall'alto al basso. Gli prese le mani e le baciò ripetutamente. Charles capì subito cosa stava facendo, ma non si sottrasse a quei baci.

“Non è necessario, Erik. Ho superato quel dolore e tu dovresti fare altrettanto con i tuoi sensi di colpa. Mi hai già chiesto scusa in passato e ho accettato quelle scuse.”

“Tu … tu non puoi camminare … per colpa mia!”

Charles gli sorrise e circondò il suo viso con mani tremanti.

“È tutto passato, te l'ho già detto. Non puoi continuare a condannarti per qualcosa per cui non puoi fare nulla. Voglio disfarmi di questo siero perché so che non ho più bisogno di usarlo per modificare i miei poteri. Voglio essere libero, dal passato, dal dolore, dalla paura. Queste fiale sono in realtà la mia paura.”

Prese la scatola e, dopo averla chiusa con più cura, la gettò nel cestino dei rifiuti sotto lo sguardo di Erik, che non sapeva se essere felice, orgoglioso o spaventato da quel gesto.

“Non guardarmi così, era la scelta giusta.”

Il signore dei metalli non potè che annuire e sorridere a sua volta, d'accordo con il telepate, che baciò amorevolmente.

“Hai bisogno di aiuto per cambiarti?”

Sapeva che Charles aveva delle difficoltà oggettive e che quelle, volente o nolente, non sarebbero scomparse solo grazie alla sua volontà, ma al tempo stesso temeva di offenderlo offrendogli il suo aiuto.

“No, ti ringrazio, ce la posso fare da solo. Potrei … ecco … potrei avere bisogno d'aiuto per i pantaloni, ma me la sono sempra cavata da solo.”

Erik era già pronto per uscire, così si distese sul letto per osservare il compagno mentre si cambiava. I movimenti di Charles erano esattamente come se li era immaginati. Era calmo, pacato, gentile perfino con i suoi vestiti, che ripose piegati con cura sul mobile, prima di prendere quelli che avrebbe usato per la sera. Non notò molta differenza tra il completo che aveva usato per uscire nel pomeriggio e quello che avrebbe indossato per la cena, entrambi erano eleganti e denotavano gran gusto. Lui aveva iniziato a vestirsi con abiti costosi da quando era riuscito a farlo, come reazione a quello che gli era successo quando era bambino, ma per Charles sembrava una cosa normale, come il fatto di pettinarsi o lavarsi il viso la mattina. Lui era fatto per indossare quegli abiti eleganti, era perfetto. I pantaloni, la camicia e la giacca mettevano in evidenza il suo corpo senza ostentarlo, evidenziando i suoi tratti come avrebbe potuto fare un raggio di sole su un fiore.

“Non abbiamo tempo per questo, Erik!” esclamò lui, notando come il compagno lo stava fisanndo.

“Avevi detto che ...”

“Ancora con questa solfa?” chiese Charles, ridendo, mentre aggiustava la giacca “Non ti ho letto nel pensiero, ma come al solito non serve essere un telepate per capire cosa si nasconde dietro quello sguardo! Non hai fatto che fissarmi per tutto il tempo in cui mi cambiavo!”

Le guance di Erik si fecero più rosse per l'imbarazzo e la rabbia, odiava essere letto così dal compagno.

“È inutile che ti arrabbi con me! Sono un professore, fa parte del mio lavoro studiare la comunicazione non verbale ...” mormorò, guardando però un rigonfiamento che prima non c'era su Erik il quale, vedendosi scoperto, si sbrigò a coprirsi, mentre Charles scoppiò a ridere.

Pochi minuti dopo entrambi furono pronti per uscire, così presero le giacche e le chiavi di casa e scesero in strada.

 

La casa di Amelie e Philippe non era molto distante da quella di Erik. Charles non aveva scelto i loro due nuovi amici a caso. Vivevano vicino a loro, avevano una cerchia di amici molto ampia e, almeno apparentemente, erano tolleranti nei confronti delle minoranze.

Fu Philippe ad accoglierli, come un vero padrone di casa. Diede una leggera pacca sulla spalla a Charles, come se lo conoscesse da una vita, e strinse con vigore la mano ad Erik.

“Benvenuti!”

Amelie, che stava ancora finendo di cucinare, li raggiunse solo qualche minuto più tardi.

“James! Che piacere rivederti! Questo è Michael! Molto lieta!”

James e Amelie erano una coppia giovane, entrambi avvocati, entrambi amanti della musica, della lettura e dei viaggi e la loro casa testimoniava ogni aspetto del loro carattere.

La tavola che avevano preparato era impeccabile, non c'era nulla che non stonasse, tutto era sistemato con la massima cura.

Charles, pur non essendo mai entrato in quella casa, sembrava trovarsi a proprio agio, mentre Erik si sentiva un pesce fuor d'acqua in mezzo a tutti quegli umani, che per fortuna al momento erano solo due. Ben presto cominciarono ad arrivare gli altri invitati, a piccoli gruppi o a coppie, e in questo modo Erik riuscì ad abituarsi man mano alla loro presenza. La voglia di andarsene era forte, ma il desiderio di compiacere Charles era più forte, così riuscì a resistere.

Tutti gli amici dei padroni di casa erano apparentemente brave persone, di mentalità aperta come Amelie e Philippe. Charles, a insaputa di Erik si era presentato con lui come coppia e questo al signore del magnetismo aveva fatto solo piacere perché cominciava a intravedere dove voleva andare a parare Charles e perché ormai, anche se non lo avevano detto apertamente, era diventato vero.

La cena iniziò in modo pacato e proseguì senza scossoni, ma verso la fine si animò. Charles si divertì ed Erik riconobbe quel festaiolo che non era riuscito a conoscere prima dell'incidente a Cuba e che ora sembrava essere riemerso dopo anni di oblio. Era solare, felice, meraviglioso da vedere e la sua presenza sembrava far dimenticare ad Erik il fatto di stare insieme a persone che, se avessero conosciuto la verità su loro due, probabilmente gli avrebbero sputato in faccia.

Non ci fu nulla di speciale quella sera, a parte il cibo. Le chiacchiere furono abbastanza superficiali e non ci furono avvenimenti di rilievo, ma giusto poco prima dei saluti fu la padrona di casa ad abbracciare con entusiasmo prima Erik e poi Charles e lo stesso fecero anche le altre donne del gruppo.

Mentre tornavano a casa in silenzio fu Erik a rompere il silenzio.

“Non è andata così male, che ne dici? Un po' noiosa ...”

Charles sorrise e scosse la testa.

“Non poteva andare altrimenti. Ho conosciuto Amelie e Philippe solo da poco tempo. Avrei potuto modificare i loro ricordi in modo da fargli credere di conoscerci da una vita, ma l'inserimento nel loro gruppo di amici sarebbe stato ugualmente graduale … o avrei dovuto modificare la memoria a tutti e considerato il fatto che sto nascondendo le nostre reali identità, tutto questo mi avrebbe fatto sprecare energia inutilmente. Oggi non è andata male per niente. Gli abbracci finali mi hanno fatto capire che ci hanno accettato. Già dalla prossima cena le cose cambierano, vedrai!”

“Quindi ci saranno altre cene?”

“Certo! Venerdì prossimo daranno una cena, stavolta a tema steampunk e ovviamente ho accettato per entrambi. Ci inseriremo nel loro gruppo e li potremo osservare da vicino. Non sarà un problema procurarci gli abiti.”

Erik scoppiò a ridere sentendolo parlare così e lo sguardo interrogativo di Charles lo spinse a spiegarsi subito.

“Ti chiedo scusa, ma sembra che tu stia parlando di cavie da laboratorio!”

“In effetti è quello che sono, almeno per me, in questo momento. Non mi sarei mai avvicinato a loro se non avessi avuto un buon motivo. Ho scelto loro perché erano adatti per il mio esperimento e per la nostra scommessa.”

“Sei perfido! Sei un perfido approfittatore e manipolatore!”

“È il mio potere. Tu manipoli il metallo, io faccio la stessa cosa con le menti. Dovrei reprimermi?”

Erik non rispose, ma entrambi conoscevano la risposta perché stavano sorridendo.

 

Le settimane trascorsero senza scossoni, tra la quotidianità di Charles ed Erik e le cene alle quali partecipavano, che si facevano via via più movimentate e divertenti. Erik, così coinvolto dall'entusiasmo dell'amico, aveva cominciato a dimenticare il motivo per il quale avevano fatto amicizia con quelle persone. Il modo in cui li avevano accolti lo faceva sentire felice, sereno, appagato. Tutti sapevano della loro relazione omosessuale e nessuno sembrava avere niente da ridire. Vivere in un ambiente in cui non c'erano pregiudizi sembrava aver placato i suoi sentimenti di rabbia nei confronti degli umani che lo avevano fatto soffrire. Le risate, gli abbracci, i giochi e le serate in compagnia lo avevano trasformato. Soprattutto l'influenza di Charles, la sua positività, la sua gioia, la sua voglia di vivere nonostante tutto, nonostante ciò che lui stesso gli aveva fatto. Lo guardava ridere e scherzare e non poteva fare a meno di pensare che avrebbe dovuto odiarlo perché per colpa sua era rimasto bloccato in quella sedia a rotelle. L'amore che Charles dimostrava per lui lo aveva spinto a sua volta ad apprezzare anche gli umani, per i quali un tempo aveva provato solo rancore. Non sapeva fino a dove si spingesse la strategia di Charles per fargli provare quei sentimenti, ma di certo sapeva che i sorrisi che gli regalava quando lo vedeva erano sinceri. Non voleva imporgli niente, voleva fargli capire il suo pensiero tramite l'esempio e, da bravo insegnante, ci stava riuscendo.

Charles aveva i suoi piani, Erik aveva i suoi piani, ed entrambi pensavano che sarebbero andati a buon fine, anche se quest'ultimo ormai si stava lentamente convincendo della bontà di quelli dell'altro. Ciò che nessuno dei due sapeva era che, poco prima dello scadere dei due mesi, sarebbe successo qualcosa che nessuno dei due si sarebbe aspettato o sarebbe stato capace di prevedere, ma che avrebbe sconvolto per sempre le loro vite.

   
 
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