L’olfatto era il senso più potente ma Klaus
non percepiva niente, non sentiva niente e non ricordava un bel niente. Aveva
lasciato cadere il cuscino sul letto sfatto dopo averlo lungamente odorato e si
era avvicinato all’armadio di Davina, infilando il naso fra i vestiti appesi.
Distingueva il sentore speziato dell’incenso e quello sordo della cera delle
candele mescolato al tipico profumo delle adolescenti – sudore, ormoni e
lozioni da pochi soldi – ma nulla innescava il ricordo voluto.
E per quel che ne sapeva, la strega poteva
essere nella stanza, accoccolata in un angolo ad osservarlo frugare fra le sue
cose.
“Conoscendomi, devo aver fatto qualcosa di
orribile a te e alla tua famiglia, ma è più probabile che ti abbia circuito e
raggirato per ottenere il controllo della congrega. Se vuoi punirmi fa pure, ma
lascia fuori gli abitanti della città” aveva detto guardando le fotografe
appese al muro. Erano identiche a quelle che gli aveva mostrato Rebekah: volti
sorridenti con angoli bruciati dai flash.
Gli angoli che rivelavano il volto della
strega.
Klaus iniziava ad irritarsi. L’aveva pensata
proprio bene, la ragazzina: ora sarebbe caduto nel solito vortice di ossessione
e non avrebbe avuto pace.
///
Non
voltarti,
aveva detto Hayley, e Rebekah si era voltata.
Si inaugurava un nuovo locale in città ed
Hayley ce l’aveva trascinata a forza per cercare di distrarla dal galoppante
senso di colpa che l’affliggeva. C’erano proprio tutti. Locali, turisti,
vampiri a caccia… e fratelli minori. “Se gli fa del male un’altra volta, la
soffoco con i capelli” aveva detto e si era sentita in dovere di sbirciare un’altra
volta Kol e la Bennet che
tentavano inutilmente di ordinare un drink al bar affollatissimo. Sì, era tutto
un fuoco, all’inizio! Si guardavano con gli occhioni da cucciolo, amoreggiavano
e poi la strega di turno faceva il suo numeretto e lanciava maledizioni a
destra e a manca!
“Iceberg!”
La parola in codice per le grandi catastrofi?
Rebekah aveva allungato il collo seguendo la direzione del dito di Hayley: Davina
aveva fatto il suo ingresso con un vestito da urlo e un accompagnatore che
avrebbe fatto urlare la Bennet.
“Che facciamo?”
Gli occhi della vampira si erano stretti impercettibilmente.
La catenina brillava ancora attorno al collo di Davina e poco più indietro, i
piccioncini avevano rinunciato al bar e si agitavano scompostamente sulle note
di una canzone. “Restiamo a guardare. Per ora.”
///
Pensava sarebbe stato semplice rubarle la
catenina, ma dopo un primo approccio morbido, Davina non l’aveva più lasciato
avvicinare. Era successo più o meno dopo aver incontrato il vampiro che gravitava
attorno ad una biondina… ehi! Finalmente una canzone che conosceva!
Kai aveva afferrato le
mani di Davina che, sbilanciata dal movimento improvviso, gli era finita addosso.
Davina aveva rinunciato a combattere. Era più
facile assecondarlo e sottomettersi di buona grazia al suo spirito ballerino
che tentare di farsi lasciare. Kai le stava appiccicato
come un francobollo e, sinceramente, inizia a darle sui nervi. Non chiudeva mai
la bocca e, più di una volta, aveva avuto l’impressione che stesse recitando
una parte.
“Che c’è? Non ti piace la canzone?”
Non le era piaciuto incontrare il vampirastro con un’altra donna…
Kai si era buttato. Nel
momento in cui Davina aveva preso un respiro per rispondere alla domanda, si
era chinato e l’aveva baciata. Il contatto era durato pochi secondi. Non aveva
capito se gli fosse piaciuto o meno e si era tirato indietro, pensieroso.
Inebetita, Davina aveva preso le distanze. Il
cuore le batteva forte e una voce nella testa continuava a ripetere ‘ma che
stai facendo?’ “Vado a prendere… qualcosa… al bar”
aveva balbettato ma il livello di musica era tale che non aveva potuto udirla,
solo indovinare il movimento delle labbra. “Tu vuoi…”
“La pietra che porti attorno al collo. Sta
alterando la tua personalità” aveva risposto e Davina era rimasta a bocca
aperta.
Kol non le avrebbe mai
regalato nulla di tanto pericoloso! “Ne sei certo?”
“A-ah” aveva risposto chiedendosi se fosse il
caso di riprovare per avere una seconda impressione. “Lo spilungone ha
toppato.”
“Come faccio a crederti?”
“Chiamalo e chiediglielo” aveva risposto,
stringendosi nelle spalle.
Davina aveva scambiato un lungo sguardo con
il ragazzo e aveva continuato a stringere il ciondolo. Doveva parlare con Kol: era l’unica persona di cui si fidasse veramente. “Lo
faccio subito.”
“Ok. Io ti aspetto qui.”
Davina aveva scosso la testa ed era uscita a
testa bassa dal locale, il respiro mozzo e i sudori freddi. Il ciondolo non canalizzava l’energia delle streghe?
Il tacco aveva prodotto un rumore sordo
quando si era arrestato di colpo, e la vibrazione era corsa lungo la gamba.
Davina aveva trattenuto il fiato, scoprendo Klaus diretto nella sua direzione.
Si era scansata e lo aveva guardato passarle davanti senza alcuna esitazione, senza
rallentare il passo o battere le ciglia.
Lacrime di tristezza avevano inumidito le
ciglia e quando le aveva asciugate, si era scoperta le mani sporche di sangue. Ma
cos…?! Aveva pagato il prezzo, perché… oh, merda! Non aveva trasformato il
potere illimitato degli Antenati in Oscurità… aveva attinto alla propria
energia vitale! Finchè la maledizione sarebbe
esistita, la sua vita sarebbe stata…
“Sento l’odore del tuo sangue, strega.”
… in pericolo.
Davina era trasalita con un urletto ed era
girata su se stessa, camminando all’indietro. Erano nella parte più asciutta
della città, non c’erano fontane o laghetti in cui poter lavar via le tracce
del proprio peccato: aveva le mani sporche di sangue e Klaus la puntava come un
cane a caccia di tartufi!
“Nik, davanti a
te!”
Rebekah?!
Davina aveva scartato lateralmente ed era
stata bloccata da Hayley. La donna l’aveva guardata atterrita. “Da dove viene
tutto quel sangue?!”
“Ehm…”
“È il prezzo della maledizione” aveva
risposto Rebekah raggiungendole. “Ha sclerato e gli Anziani la stanno punendo.”
Klaus aveva guardato nella direzione delle
ragazze ma aveva dovuto rinunciare. Era fastidioso e disturbante.
“Nik, non startene
lì impalato. Kol è nel locale con la Bennet. Digli di smetterla di limonare e di venire subito.
La Reggente necessita aiuto.”
Senza Reggente ad unire le nove congreghe, le
streghe sarebbero cadute nel caos. Klaus aveva scambiato uno sguardo con Hayley
che aveva ridotto le palpebre ad una fessura: quella donna gli leggeva nel
pensiero.
“Kol non può fare
niente per aiutarmi. Non rovinate anche la sua serata” aveva detto la strega a
bassa voce. “Potresti lasciarmi ora?”
Hayley aveva riportato le mani sui fianchi, ma
non si era discostata. “Che cosa dobbiamo fare per placare i tuoi dei?”
Davina si era stretta nelle spalle. “La
maledizione consuma la mia energia vitale…”
“Stai morendo?”
“Sì… è un altro modo per dirlo” aveva
risposto, gettando un’occhiata a Rebekah, terrea in volto. “Non ho idea di
quanto tempo mi resti.”
///
Supplicare i Vecchiacci era la soluzione
della sorella? Come intendevano procedere? Bruciavano un bel biglietto con su
scritto ‘scusate se ho fatto casino, potete rimettere a posto le cose’?”
Non era certo che frasi come ‘Prima - brutta stronza – Strega’, ‘vorrei
riempirti la faccia di schiaffi’ e ‘Reggente dei miei stivali’ fossero le più
giuste da indirizzate ad una strega di alto livello che stava morendo vittima
del proprio incantesimo.
Klaus aveva osservato in disparte finchè non era stato affiancato da Hayley. “Se tira le
cuoia, la congrega sarà l’ultimo dei tuoi pensieri” aveva sussurrato in modo
che Davina non potesse udirla.
Si preoccupava molto per la strega. Doveva
essere proprio speciale come diceva Elijah.
“L’unica strega in tutta New Orleans che non
fosse marcia fino al midollo… l’unico peso sull’altro piatto della bilancia e
guarda come è andata a finire…”
“Quando le aspettative sono troppo alte, si
rischia il capitombolo.”
Hayley l’aveva guardato e Klaus aveva capito
che ci entrava in buona parte.
“Vado a vedere come sta Rebekah. Non riesce a
gestire il senso di colpa.”
Klaus aveva annuito ed era rimasto ad
osservare l’altare consacrato agli Antenati, le candele accese e le spirali di
incenso che salivano verso l’alto. Era davvero scema come una campana rotta se
aveva creduto allo scherzo della sorella.
“Non mi sono mai fidato di qualcosa che non
si poteva minacciare o sbranare” aveva detto raddrizzando due candele e
portando le mani dietro la schiena. “Pregare non ha mai funzionato, ragazza
mia. Devi dare qualcosa per ricevere qualcosa.”
Davina aveva interrotto la litania. L’avrebbe
rimpianta, il vampirastro. Quando avrebbe dovuto fare
le selezioni per la nuova strega, avrebbe pensato a lei e versato lacrime
amare.
“I Vecchiacci adorano i sacrifici di sangue…
e più giovane ed innocente è, meglio è” aveva continuato con un mezzo ghigno. Doveva
averla raggiunta perché l’odore di sangue era opprimente e la bramosia gli
correva nel corpo.
Davina aveva agito, spinta dalla paura di
morire: lo aveva afferrato per la nuca ed indirizzato contro il collo sporco di
sangue.
Qualcosa – la strega?! – l’aveva ghermito e
sbilanciato e la sua mente era andata in corto circuito: gli occhi non la
vedevano, i sensi non la registravano, ma il sapore del sangue poteva sentirlo
contro la bocca e come un naufrago si aggrappa al salvagente, Klaus si era
aggrappato alla strega e aveva morso, perché l’istinto gli diceva di mordere.
Aveva già bevuto il suo sangue. Più volte. Ricordava il sapore. Il retrogusto
amarognolo di innocenza. Il sangue sgorgava dalla ferita aperta e si riversava
in bocca a fiotti e quasi poteva sentirla – o la mente la immaginava,
ricordando scene passate – abbandonata e sofferente fra le sue braccia. Era
proprio pazza come diceva Rebekah ma veloce a capire. In più, gli stava
regalando una bevuta con i fiocchi. Iniziava a piacergli quella ragazza.
///
“Minacciati come?”
“Potevano intervenire e sciogliere la
maledizione salvandoti la vita o far spazio ai nuovi arrivi.”
“Sii più specifico.”
“Avrei strappato il cuore ad ogni membro
delle nove congreghe e li avrei spediti ai cari vecchi in un bel cesto regalo.”
Klaus aveva sorriso e Davina aveva smesso di
ruminare uova e bacon. “Sei pazzo, lo sai?”
“Sono molto deluso, ragazza. Molto deluso”
aveva risposto piantando un dito nel tavolo e Rebekah aveva alzato gli occhi al
cielo e ordinato un altro bidone di caffè alla cameriera. Hayley era dovuta
tornata a casa in tempo per il risveglio di Hope.
“Quando ti ho scelto, l’ho fatto perché eri
in gamba, pragmatica e col sangue freddo di un serpente. Ti sei rivelata debole
ed inconcludente!”
Davina aveva arricciato il naso e masticato a
più non posso il boccone. “Scusa tanto, sono solo umana!”
“Vedi di ricordarlo” aveva risposto con
un’occhiata alla sorella. “Tu hai finito la colazione?”
Rebekah aveva posato la tazza vuota e spinto
la sedia contro le ginocchia del fratello. “Quel ciondolo deve sparire.”
In quel momento, Klaus scarseggiava della
lucidità necessaria per rispondere a tono. Gli erano stati regalati due giorni
di innaturale tranquillità ma appena l’incantesimo aveva cessato di esistere,
era stato travolto da una montagna di sensazioni soffocanti. La maledizione di
Davina si era rivelata tutt’altro che innocua.
“Sei amareggiato per non aver potuto portare
a termine la minaccia?” aveva chiesto la strega con voce leggera, posando le
stoviglie ai lati del piatto e la catenina nello spazio fra loro.
Klaus aveva sospirato, intascandola. “Ho
caricato le tue giovani spalle di responsabilità e problemi e mi chiedevo se
non fosse più saggio liberarti della mia presenza una volta per tutte.”
Davina aveva sgranato gli occhi e il cuore
aveva battuto tanto da toglierle il respiro.
“Non ho mai voluto renderti infelice, Davina Claire.”
Una nuvola di rossore le aveva colorato le
guance. Sentiva di dover urlare ma in realtà non riusciva a scollare le labbra.
“È evidente che così non funziona.”
E continuava ad infierire sul suo cadavere!
La crudeltà di quell’uomo era senza…
“Proviamo qualcosa di diverso?” aveva detto con
voce leggera ed era stato come esser salvati dal ciglio friabile del burrone.
Un mese dopo
Il cacciatore era arrivato e aveva ucciso
l’unicorno.
Per quanto lo girasse e rigirasse, quel
maledetto segno positivo non voleva saperne di scomparire. Bonnie aveva
scrollato il tester come fosse un termometro e l’aveva guardato di nuovo.
“Accidenti!” aveva esclamato sottovoce e aveva sentito un rumore, come il
cigolio del letto… come se Kol si fosse svegliato e
stesse venendo dritto nel bagno!
“B?”
“Sono sotto la doccia!” aveva gridato aprendo
l’acqua con un gestaccio e infilando il test di gravidanza nella scatola e la
scatola nella cesta dei panni sporchi. “Cinque minuti!”
Bonnie si era appoggiata al lavandino e
guardata allo specchio. Quando era accaduto? Erano sempre stati attenti ma il
suo ciclo non era mai stato regolare e per mesi – complice lo stress da mondo
prigione - non si era presentato. Non poteva essere incinta! Quei test non
erano affidabili al cento per cento, anche Caroline aveva sclerato su un falso
positivo anni prima! E perché proprio in quel momento? Andava tutto a
meraviglia, si era trasferita a New Orleans, aveva ripreso gli studi e usciva
regolarmente con un ragazzo che le piaceva davvero e che non perdeva occasione
per dimostrarle quanto tenesse a lei. Aveva persino accettato di bere il sangue
dell’ibrido per cancellare ogni traccia del passato dal suo corpo. L’aveva
fatto per se stessa, per ricominciare, l’aveva fatto perché Kol
non la finiva più di dirle quanto era bella, ogni volta che la spogliava.
“B, va tutto bene?”
“Sì!” aveva gridato, uscendo come un lampo
dal bagno. “Sono in ritardo per la lezione.”
Kol l’aveva guardata da
sopra il fumetto e augurato la buona giornata. Si era alzato e aveva sfruttato
la temperatura ottimale della doccia. Poi aveva raccolto i vestiti sporchi e
aperto la cesta della biancheria.
///
“Sei una donna e una strega. Dovresti sapere
se sei incinta o meno.”
“Non lo so! Sono nel pallone e il tuo sarcasmo
non mi aiuta!”
Sarcasmo? Bonnie era piombata nel bel mezzo
della sua lezione di yoga e aveva sganciato una novità allarmante. Davina stava
cercando di mantenersi calma, visto che l’allineamento dei chakra erano andato
a farsi friggere. “Hai fatto un test di gravidanza?”
“Sì, e ieri sera Elijah mi ha lanciato uno
sguardo dei suoi e ha rimandato indietro la mia birra!”
Davina si era imbronciata un po’. “Siete
usciti senza di me.”
“Non siamo usciti. Siamo passati al Rousseau’s e abbiamo incontrato… non è importante ora!”
aveva esclamato a bassa voce. “Che faccio, se sono incinta?”
“Se lo sei, lo sei.”
Doveva tenerlo? Darlo via? Rimandarlo
indietro? E Kol? Come l’avrebbe presa? Stavano
insieme solo da un mese! Era una cosa rilassata e non le andava di ‘contrarla’
con simili notizie. “Non dirlo a nessuno.”
Davina aveva annuito e le aveva guardato la
pancia. Lo sguardo di Bonnie era finito sull’ombelico scoperto. “Già si vede?!”
“Ti devi dare una calmata e abbassare la
voce. Klaus ha detto che sarebbe passato a prendermi.”
Il panico saliva. “Un bimbo con il potere
delle Bennet e il cognome dei Mikealson…
l’Anticristo…”
Davina aveva strangolato una risatina e Bonnie
era crollata a sedere su una panca, stringendo le tempie fra le mani.
“Hai tempo per decidere se…”
“Infilare la testa in un barile di tequila e
trattenere il respiro?” aveva biascicato coprendo la testa fra le braccia. “So
a malapena badare a me stessa…”
“Kol è bravo con i
bambini.”
“Io non
sono brava con i bambini” aveva sbuffato. “Sarei capace di dimenticarlo al
parco giochi… o peggio! Sono stata rimandata in economia domestica!”
Davina aveva inclinato la testa e la maglia
bianca si era allargata sulle spalle. “Lo ami?”
“Ora come ora vorrei solo strangolarlo!”
aveva ruggito mimando il gesto con le mani. “Sono in ritardo per la lezione,
porca miseria!”
La sua invece, era finita proprio in quel
momento. Davina aveva salutato i compagni che uscivano alla spicciolata dalla
saletta, e sbirciato l’entrata della scuola di yoga. Se il bimbo fosse nato,
Klaus avrebbe sclerato e accusato entrambi di voler insidiare l’eredità di Hope. Se Bonnie non fosse stata una strega e una Bennet, sarebbe stato tutto più facile. “Schiarisciti le
idee prima di prendere qualsiasi decisione e chiamami se hai bisogno di parlare
con qualcuno.”
“Inutile. Morirò prima della mezzanotte stroncata
da un infarto.”
“Hai tutte le statistiche contro” aveva
risposto, pacata. “Inspira, calmati e resta lontana da Klaus.”
“Il tuo ragazzo dovrà tacere e farsi da
parte. Non è figlio suo” aveva detto e Davina aveva annuito. “Lo vedi il vero problema, ora?”