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Autore: gattina04    21/10/2015    6 recensioni
Due tempi, due storie: un futuro neanche troppo lontano e un presente.
Cosa accadrebbe se all’improvviso comparisse una bambina convinta di essere la figlia di Emma e Killian? Come reagirebbero i due scoprendo che presto la loro vita cambierà drasticamente?
E se dall’altra parte due genitori fossero alla disperata ricerca della loro piccola scomparsa? Cosa faranno per ritrovarla, come potranno reagire di fronte a quella che sembra una missione impossibile?
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Emma Swan, Killian Jones/Capitan Uncino, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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12. Gestire le proprie emozioni
 
Present day
Era incredibile come nel giro di un secondo io avessi completamente cambiato prospettiva. Tutto quello che avevo provato fino a quel momento, fin da quando Edith era apparsa nelle nostre vite, era svanito. Adesso mi sembrava solo uno stupido delirio da bambina viziata. Ciò che la piccola significava per me e per Killian mi aveva spaventato, ma come non avevo fatto a capire che in fondo era una bella novità? Avevo criticato Hook per il fatto di sentirsi così legato ad un’estranea, ma non avevo capito che Edith non era una sconosciuta: era nostra figlia, sangue del nostro sangue. Era inevitabile che il legame restasse al di là del tempo.
Guardai ancora una volta la piccola dormire nel suo lettino. Era notte fonda e io non riuscivo ad addormentarmi; così avevo deciso di andare nella stanza di Edith per controllare che lei stesse bene.
Era incredibile quanto assomigliasse a me e ad Hook. Con gli occhioni chiusi, i capelli arruffati che le ricadevano disordinatamente sul cuscino, mi ricordava me da piccola. Dormiva su un fianco, con le manine vicino al viso e un piedino che tentava di uscire da sotto le coperte, in una posizione in cui anche io spesso mi ritrovavo.
Le coprii di nuovo il piede facendo attenzione a non svegliarla e le rimboccai accuratamente le coperte. Il suo sonno era talmente profondo da non accorgersi di nulla. Da altra parte anch’io ero così intenta a guardarla che non mi accorsi neanche che qualcuno stava entrando nella stanza.
Una mano calda mi avvolse in un abbraccio facendomi sobbalzare.
«Scusa non volevo spaventarti». La voce di Killian era un sussurro vicino al mio orecchio. «Mi sono svegliato e non ti ho trovata. Così sono venuto a cercarti; immaginavo che fossi qui».
Appoggiai la testa sulla sua spalla, continuando a fissare nostra figlia. Non avevo bisogno di parole per spiegare a Killian la miriade di sensazioni che stavo provando in quel momento.
«Certo che saremo bravi», mormorò all’improvviso. «Nostra figlia è una forza della natura».
«Già, ed è bellissima». La sola idea che io e lui saremmo riusciti a creare una bambina così speciale sembrava impossibile.
Appoggiai la mano su quella di Killian e cominciai a disegnare dei piccoli cerchi sul suo pollice.
«Quando hai detto», sussurrò in un tono appena udibile, «che presto sarebbero venuta a prenderla, ho pensato subito “io non voglio che se ne vada”. Tuttavia, è ovvio che presto i noi del futuro arriveranno. Io e te ci conosciamo troppo bene e sappiamo che è così». Non dissi nulla immaginando che non avesse finito e lasciai che proseguisse in quella sua confessione.
«Non voglio che se ne vada perché so che mi mancherà, anche se in realtà presto la concepiremo e quindi in un certo senso non la perderemo. Dio! Questo discorso sembra assurdo».
«Beh la situazione è parecchio assurda. Credo che noi siamo i primi genitori della storia ad aver avuto la possibilità di conoscere la loro figlia prima che essa sia nata».
«Credo di sì. Comunque ci ho pensato e sono arrivato alla conclusione che è giusto che lei torni a casa. Poi riuscire ad immaginare la disperazione che i noi del futuro devono star provando in questo momento? Non averla con loro, non riuscire a raggiungerla deve essere…».
«Terribile», conclusi al suo posto. Non avevo ancora pensato al fatto che Edith prima o poi sarebbe dovuta tornare nel suo tempo. In fondo avevo realizzato di avere una figlia e avevo ritrovato il mio istinto materno solo da poche ore.
Killian, però, aveva ragione: per quanto noi tenessimo alla bambina c’erano pur sempre due genitori disperati che volevano riavere la loro figlia. Ed era anche il caso che quei genitori disperati fossimo proprio noi, solo un po’ più maturi e con qualche anno in più.
«Credi che la storia si ripeterà? Che il futuro ricorrerà all’infinito?». Non capii subito la sua domanda e aspettai che si spiegasse meglio. «Quello che intendo dire è questo: credi che anche noi perderemo Edith quando avrà sei anni? Credi che saremo noi quei genitori disperati?». Non ci avevo mai pensato, però c’erano in gioco troppi fattori per poter smentire o confermare quell’ipotesi, o anche solo per dare una risposta ipotetica.
«Penso che ora come ora sia impossibile saperlo e sarà difficile dirlo anche quando arriveranno gli altri noi. Quello che so però è che dovremo dimenticare, non possiamo permetterci di ricordare».
«Intendi che dovremo scordarla? Dovremo dimenticare di averla conosciuta?». La sola idea di cancellare ogni ricordo che avevamo di Edith mi dava una fitta lancinante al petto, ma quello era un passo necessario. Come avremo potuto garantirle un futuro inalterato altrimenti?
«Se non lo facciamo cambieremo ciò che sarebbe dovuto avvenire e questo porterà un gran caos. Non possiamo sapere cosa ne sarà di lei se modifichiamo il passato».
«Credi che gli altri noi ci abbiano pensato?».
«Penso di sì», risposi. «Comunque possiamo chiedere a Regina di tenersi pronta a fabbricare quantità industriali di pozione della memoria per quando arriveranno a prenderla».
«Forse è l’unica soluzione», concluse cullandomi tra le sue braccia. Continuammo a fissare la nostra piccola bambina senza aggiungere altro. La stanza cadde nel silenzio più profondo; l’unico rumore era il respiro regolare di Edith.
«Killian», sussurrai dopo un po’. «Mi dispiace di essere stata così… beh non so neanche come definirmi, diciamo chiusa nei confronti della bambina».
«Non saresti stata tu altrimenti. Swan io ti conosco, non sei il tipo che accetta facilmente notizie come questa».
Abbozzai un sorriso. «Lo so. Solo non è facile per me aprirmi, dopo tutto quello che è successo non riesco a credere di poter avere una vita tutta rosa e fiori».
«Alla fine, però, l’hai fatto. Cosa è stato a farti cambiare idea, a farti aprire gli occhi?».
«Vederla priva di sensi, in fin di vita». Era stato un attimo e tutta la confusione nella mia mente era sparita. Avevo ritrovato la strada e tutto era tornato al suo posto. Era stato esattamente come quando avevo visto mia madre morire e avevo creduto di non poterla più rivedere; era bastato un secondo e la mia mente aveva accettato quello che in fondo il mio cuore sapeva già. «Avrei fatto di tutto per farle aprire gli occhi, per farla stare bene. Avrei sacrificato la mia vita per lei».
«Beh Swan ti comunico che questo è quello che fa un buon genitore. Mette i  propri figli davanti a tutto compreso sé stesso».
«E tu che ne sai?», scherzai per alleggerire il tono del discorso.
«Ho vissuto abbastanza a lungo da vedere tanti pessimi genitori; poi ho visto tua madre e tuo padre e te e Regina con Henry ed ho notato la differenza».
«Sarai un padre meraviglioso Killian». Accarezzai il suo uncino e mi strinsi ancora più forte contro di lui. «Il modo in cui lei ti adora lo dimostra. Non ho mai pensato che potesse essere altrimenti».
«E tu sarai altrettanto brava Swan. Il fatto che tu sia qui in piena notte è una delle tante prove».
Sorrisi e mi voltai per poterlo guardare negli occhi. Il suo sguardo si incatenò al mio togliendomi il respiro come faceva ogni volta.
«Ce la caveremo e qualunque cosa succeda faremo del nostro meglio. Insieme».
«Insieme io e te», confermò. Lo baciai piano assaporando il suo dolce sapore. Non avevamo bisogno di specificare le altre due paroline che erano rimaste sospese nell’aria: “per sempre”. Quel per sempre era stampato a caratteri cubitali sulle pagine delle nostre vite. Non saremmo stati più nulla divisi, eravamo una cosa sola, un unico destino, un intreccio inseparabile.
 
Un paio di giorni dopo eravamo tutti in salotto intenti a guardare la tv. Non c’era molto da fare da quando Edith aveva dato una lezione a Tremotino, se non aspettare un segno dal nostro imminente futuro. Avevamo lasciato Gold all’amorevoli cure della Regina Cattiva e alla furia di Belle per quel suo comportamento; eravamo sicuri che avrebbe riflettuto meglio prima di cercare di rubare la magia altrui un’altra volta.
Henry stava giocando con Edith per terra, mentre io ero accoccolata sul petto di Killian. Non stavo prestando molta attenzione allo schermo, ero più intenta a disegnare motivi immaginari sulla mano del mio pirata. In più, lo scorrere incessante del suo uncino su e giù lungo la mia coscia non aiutava molto la mia concentrazione. Ero sulla mia isola felice e non notavo neanche l’occhiatacce che ci lanciava mio padre, o i sorrisi ebeti di mia madre.
«Mamma, papà». La voce di Edith ci riportò alla realtà; era salita sul divano nel poco spazio che rimaneva non occupato da me e Killian. I suoi occhi ci scrutavano attentamente. Se quello sguardo aveva la stessa accezione di quello di suo padre, allora significava che stava cercando di dirci qualcosa di importante.
«Sì che cosa c’è?». Mi staccai a malincuore dal mio pirata e mi rimisi seduta al suo fianco in una posizione sicuramente più composta.
«Volevo farvi vedere una cosa. È successo ieri pomeriggio». La sua espressione si fece più seria e più tesa. Non avevo la minima idea di cosa avesse intenzione di dirci o mostrarci. Magari le era arrivato un messaggio dai suoi veri genitori? No, in quel caso ce l’avrebbe detto subito.
Guardai Killian per vedere se lui aveva l’idee più chiare delle mie, ma anche lui sembrava brancolare nel buio.
«Può dirci tutto tesoro», la rassicurò allungandosi per carezzarle una guancia con l’uncino. Anche gli altri nella stanza erano emersi dalle loro attività per osservare Edith incuriositi.
«Non si tratta di dire, ma di vedere», ribatté. Annuimmo e aspettammo in silenzio la sua rivelazione. Edith sbatté le palpebre strizzando gli occhi e contemporaneamente la tv si spense. Guardai il telecomando che era rimasto al centro del tavolo lontano da ognuno di noi. Edith riaprì gli occhi fissandomi con uno sguardo deciso. Sapevo cosa mi stava dicendo: “Guarda cosa posso fare”. Edith sbatté di nuovo le palpebre e la tv si riaccese.
«Oh mio Dio!», esultai. «Sei stata tu! Ce l’hai fatta! Riesci a controllarla». L’abbracciai forte stringendola a me; non avevo la minima idea di come ci fosse riuscita, visto che oramai avevamo provato di tutto, ma che importanza aveva? Sapeva gestire i suoi poteri, era quello che avevamo sempre voluto.
«Oh tesoro sei stata bravissima». Anche Killian l’abbracciò mentre veniva sommersa da una miriade di complimenti. 
«E so fare anche altro», aggiunse liberandosi dall’abbraccio di Hook. Fissò una candela che era sopra un piccolo tavolino e l’accese, prese il libro che Henry le strava mostrando e lo fece volteggiare in aria.
«Come ci sei riuscita?», le domandò Killian quasi senza parole dallo stupore. «Da quando…».
«Quando ho usato la magia contro il Coccodrillo ho cominciato a sentire qualcosa di diverso. Non l’avevo mai sentito prima».
«Lo scorrere della magia sotto la pelle, sulla punta delle dita». Era stata la sensazione che anche io avevo provato quando avevo preso coscienza della mia magia.
Annuì. «Sì, e poi ieri ho provato di nuovo l’esercizio della candela. È stato diverso, mi è riuscito subito».
«Credo che sia stata la paura di perdervi a far scattare la molla», intervenne mia madre fissando me e Hook. «Voleva così tanto fermare Gold che ha iniziato a sfruttare tutte le sue potenzialità». Non avevo bisogno di conferme per sapere che era così. Il vederci in pericolo, feriti e senza possibilità di difesa aveva fatto sì che il suo corpo iniziasse a percepire tutta la magia che vi scorreva. Era stato per salvarci che lei aveva imparato a controllare il suo potere.
La guardai con uno sguardo pieno d’orgoglio mentre lei ci fissava con un enorme sorriso.
«Edith ascolta», le dissi per smorzare quel momento un po’ troppo commovente. Mi avvicinai a lei quel tanto che bastava per sussurrarle in un orecchio, in modo che nessun altro potesse sentirci. «Credi di riuscire a togliere l’uncino a Killian con la magia per poi attaccarlo all’attaccapanni?». Lei annuì sorridendo, con lo sguardo accesso per quell’imminente scherzo. Hook non poteva non ricordarsi la scena di quando anch’io avevo giocato con lui e con il suo uncino. Ero molto curiosa di vedere che reazione avrebbe avuto in quel momento.
Mentre tutti ci guardavano perplessi, Edith fissò l’uncino di Killian e, accompagnando la magia con un gesto della mano, fece esattamente quello che le avevo suggerito.
«Bravissima», esultai battendo le mani mentre tutti gli altri scoppiavano a ridere.
«Ehi». Killian protestò fingendosi imbronciato. «Swan non dovresti insegnare queste cose a nostra figlia. Ti ho già detto che non è carino giocare con l’uncino di un uomo». Si alzò e andò a riprendersi la sua “mano”.
Scoppiai a ridere ancora di più, insieme ad Edith. In fondo, anche se avevo la sensazione che presto lei sarebbe tornata al suo tempo, quello che avremo costruito io e Killian stava solo per cominciare. La cosa strana era che non vedevo l’ora di costruire quella famiglia che sarebbe stata sancita con la nascita di Edith.
 
Future time
Come già era successo, i preparativi furono molto veloci; in poco tempo ci ritrovammo quasi del tutto pronti a lanciare l’incantesimo. Probabilmente era il profondo desiderio di riabbracciare nostra figlia che ci velocizzava in quel modo.
Grazie alla magia di Merlino, riuscimmo a reperire gli oggetti necessari per l’incantesimo in tempo record. Imparai la formula in fretta, smaniosa di poter mettere la parola fine a quel tremendo incubo. Il passo successivo e anche uno dei più cruciali fu quello di procurarci le ceneri della Jolly Roger.
Anche se Killian non lo dava a vedere, sapevo che quel sacrificio lo tormentava. Non l’avrebbe mai ammesso, come non si sarebbe mai tirato indietro dal compierlo, però era naturale, era umano che soffrisse. Stava per dare fuoco alla sua casa, al vascello che aveva guidato con suo fratello. Non era un gesto che poteva compiere senza avere il cuore spezzato.
Per facilitare tutto il processo, Merlino aveva fatto apparire la Jolly Roger in un lago vicino alla sua casa. Ci aveva dato il tempo di svuotarla, in modo tale da poter conservare almeno una parte dei ricordi che c’erano sopra. Così quello che sarebbe rimasto di lei, oltre alle ceneri, sarebbe assurdamente entrato in un paio di scatoloni. Ci avrebbe pensato Merlino stesso a recapitarli a Storybrooke dopo la nostra partenza.
Entrai nella cabina del capitano con il cuore in gola. Ricordavo fin troppo bene i momenti passati là sopra: c’era stata avventura, passione, tenerezza. La nave aveva scandito molti dei momenti importanti che noi avevamo passato insieme. Era stato a bordo della Jolly Roger che avevo cominciato a conoscere il vero Hook, e non solo il pirata ma l’uomo dal cuore d’oro che si celava dietro l’aspetto da pirata.
Ricacciai indietro le lacrime, decisa a non piangere. Se c’era qualcosa che rendeva me e Killian una coppia vincente era che ci sostenevamo a vicenda. In quel momento lui aveva bisogno di me ed io dovevo essere forte per lui.
Killian era al centro della cabina e fissava gli oggetti nello scatolone. Mi avvicinai per abbracciarlo e solo quando appoggiai la testa sulla sua spalla notai che stava fissando una foto, la stessa foto che aveva dato inizio a quella tremenda avventura.
«Tesoro…», iniziai.
«No Emma non dire niente, ti prego».
«Mi dispiace», sussurrai nonostante la sua richiesta. «Tutto questo è orribile».
«No, Emma non lo fare», rispose bruscamente. «Per favore non aggiungere altro. Non importa cosa succederà tra poco alla nave, lo rifarei centomila volte se ci porterà da Edith». Aveva la mascella tesa e lo sguardo fisso sulla foto. Lo conoscevo fin troppo bene: voleva dimostrarsi forte, stava fingendo che quel sacrificio fosse meno doloroso di come invece era.
Gli diedi un bacio sulla guancia, ma non aggiunsi altro. Se avesse voluto parlare l’avrebbe fatto a tempo debito. Potevo solo minimamente immaginare il turbinio di emozioni che provava in quel momento. Se il pensiero di bruciare la nave lacerava il mio cuore, cosa poteva sentire lui che vi aveva vissuto sopra e che l’aveva amata per secoli?
«Te la senti di andare?», sussurrai dopo un po’ passandogli le dita tra i capelli.
«Se non ti dispiace vorrei rimanere un attimo da solo». Continuava a guardare fisso davanti a sé, sapendo che incrociando il mio sguardo si sarebbe in qualche modo tradito.
«D’accordo. Prendo lo scatolone allora».
«Non dovresti nel tuo stato», ribatté.
«Kill», protestai. «Saluta la tua nave come si deve e lascia che io porti fuori queste cose». Non aspettai la sua risposta e mi avviai all'esterno.
Una volta a terra, trovai Merlino che ci aspettava proprio davanti alla Jolly. Gli consegnai lo scatolone in modo tale che si occupasse lui di recapitarcelo a Storybrooke.
Killian scese poco dopo e con un sospiro gettò un’ultima occhiata alla Jolly Roger.
«Facciamo quel che va fatto», disse in un tono appena udibile. Mi avvicinai a lui, stringendo forte il suo braccio. Anche se sapeva che io ero sempre lì al suo fianco, volevo che lo sentisse anche fisicamente.
«Va bene», rispose Merlino facendosi avanti. «Posso farlo anche io, ma le ceneri avranno più potenza se sarete voi a compiere il gesto». Le labbra di Killian tremarono a quelle parole. Un conto era veder bruciare la nave sotto i propri occhi, ma addirittura compiere il gesto in prima persona…
«Non dobbiamo per forza Killian», lo tranquillizzai.
«Certo, non è un elemento così fondamentale», mi appoggiò Merlino. «Andrà bene lo stesso se sarò io a bruciarla».
«No». Hook distolse lo sguardo dalla nave e lo puntò sul mago. «Lo farò, ci serve tutta la fortuna possibile per riuscire nella nostra impresa, non voglio lasciare niente al caso. Voglio fare tutto alla perfezione».
«Non dovrai farlo da solo», aggiunsi accarezzando la sua mano. «Lo faremo insieme». Annuì appena e sospirò di nuovo per farsi coraggio.
«Tenete». Merlino ci passò una torcia ancora spenta. «Emma potrà accenderla con la magia, io mi occuperò di raccogliere le ceneri via via che la nave brucerà. Potete prendervi tutto il tempo che volete, cominciate quando siete pronti».
Guardai Killian e posai la mia mano sopra la sua che teneva stretta quella fiaccola ancora spenta. Lui chiuse gli occhi e mi fece un cenno con la testa. L’attimo dopo quando gli riaprì io avevo acceso la torcia e aspettavo solo che lui mi guidasse verso quel gesto che stava macchiando inevitabilmente i nostri cuori.
Ci avvicinammo lentamente alla Jolly quel tanto che bastava per farle prendere fuoco quando avessimo inclinato la fiaccola.
«Al mio tre», disse in un sussurro. «Uno». Il suo sguardo si posò per l’ultima volta sul maestoso profilo della nave. «Due». Anche il mio sguardo la osservò per l’ultima volta, mentre entrambi cercavamo di imprimere nelle nostre menti quanti più dettagli possibili. «Tre». Le nostre mani si allungarono e appiccarono il fuoco alle vecchie assi di legno che costituivano lo scafo.
Killian nel compiere quel gesto aveva voltato la testa di scatto. Anche se ero concentrata a guardare il fuoco davanti a me, avevo percepito il suo movimento. Quando le nostre mani lasciarono cadere la torcia, lasciai la Jolly Roger al suo destino e mi girai a guardarlo.
Aveva la testa completamente voltata di lato, lo sguardo puntato oltre la sua spalla in un vano tentativo di non vedere la sua nave andare a fuoco. Tuttavia ciò che faceva la differenza, ciò che mi dimostrava quanto il suo cuore si stesse spezzando in quel momento, era una lacrima che tentava di uscire da uno dei suoi meravigliosi occhi. Killian non era il tipo che si commuoveva facilmente, ma il dolore che doveva star provando era troppo per non trapelare all’esterno.
Asciugai con un dito quella goccia salata e gli posai un bacio sulla guancia.
«Tutto questo finirà presto amore», sussurrai sulla sua pelle. «Io sono qui, sarò sempre qui con te. Per oggi posso essere io la tua roccia». Annuì per poi tuffare la testa sulla mia spalla, appoggiandovi la fronte. Lo abbracciai stretto, cullandolo tre le mie braccia e impedendogli in quel modo di vedere le fiamme che in quel momento si stavano divampando sempre più alte. Non piangeva, non l’avrebbe fatto, ma ciò non significava proprio nulla. Aveva bisogno di me come non mai.
Quella era la pura dimostrazione di come un gesto d’amore potesse ferire più di un gesto dettato dall’odio. Killian stava bruciando la sua nave e lo stava facendo per amore di nostra figlia, ma ciò nonostante era come se anche una parte di lui avesse preso fuoco e fosse stata ridotta in cenere.
 
Poche ore dopo ci ritrovammo nel cortile di fronte alla casa di Merlino pronti a gettare l’incantesimo. Il mago aveva raccolto le ceneri della Jolly Roger e le aveva messe in un sacchetto in modo tale che potessimo portarle con noi ed usufruirle per poter tornare a casa.
«Facciamo il punto della situazione», dissi a Killian, mentre Merlino stava iniziando a disegnare il triangolo sulla terreno. Hook era ancora abbastanza sconvolto, ma mascherava bene il suo stato d’animo. Per chi non lo conosceva sarebbe potuto sembrare che si fosse ripreso in fretta, ma io sapevo che nella sua testa non aveva pace.
«Guardiamo se abbiamo tutto, va bene?». Gli posai la mano sul braccio in un vano tentativo di distrarlo.
«Certo», acconsentì senza aggiungere altro.
«Allora ciò di cui abbiamo bisogno ora sono il peluche di Edith, la tua fiaschetta e la mia copertina». Tirai fuori gli oggetti da una sacca, che poi Killian avrebbe portato a tracolla, e gli appoggiai per terra. Mi soffermai un attimo sull’orsetto, visualizzando il volto sorridente di Edith mentre lo stringeva. Per fortuna con la sua magia Merlino era riuscito a farci recuperare gli oggetti senza troppi problemi e senza l’utilizzo di troppi portali che ci avrebbero sicuramente rallentato.
«Invece per tornare a casa», continuai, «ci servirà il quaderno di Edith, io prenderò le scarpine e tu amore hai deciso cosa userai?». Io avevo creato con la mia magia un paio di scarpine da neonato, ma Killian non mi aveva ancora detto cosa aveva in mente di utilizzare.
«Sì, questo». Si avvicinò a me e mi passò un piccolo oggetto. Merlino si fermò un attimo per osservarci e poter vedere quale fosse l’ultimo pezzo mancante di quel complesso incantesimo.
Afferrai ciò che mi stava passando e l’osservai. Non capii subito di cosa si trattasse, era un pezzo di legno, tondeggiante. Doveva aver a che fare con la navigazione, probabilmente, ma non capivo il nesso logico con il futuro.
«Cosa è?», domandai visto che lui non parlava.
«È un pezzo della Jolly Roger. L’ho tenuto anche quando ho barattato la nave per venirti a prendere». Lo fissai perplessa ancora non riuscendo a comprendere come quel pezzo di legno potesse ricollegarlo al futuro. Avevamo appena dato fuoco alla sua nave, non sembrava proprio la scelta più adatta.
Lui sembrò capire le mie perplessità e si affrettò a spiegarmi. «Sarà l’unica cosa che avrò, d’ora in avanti, della mia nave. Tutto il resto ormai non c’è più». Si voltò verso Merlino, per chiedergli conferma. «Credi che andrà bene?».
«Sì certo andrà benissimo», rispose tornando a spargere le ceneri sul solco che aveva fatto. Dopo aver ascoltato la sua spiegazione sembrava palese che l’oggetto fosse proprio quello. Aveva vissuto in un passato dove una costante era sempre stata la sua nave, adesso avrebbe dovuto affrontare un futuro dove avrebbe avuto solo qualche suo ricordo.
«In più», disse Hook, ridestandomi dai miei pensieri, «abbiamo la pietra della memoria». Si chinò sulla sacca e tirò fuori la pietra che ci aveva dato Gran Papà.
«Ve l’hanno data i Troll delle Rocce?», ci domandò Merlino fermandosi di nuovo.
«Sì. Tu per caso sai come dovremo usarla?». Magari lui, che ci era già stato di enorme aiuto, avrebbe risolto anche quel mistero.
«Lo capirete una volta là». Stessa risposta, stessi dubbi. Doveva essere una prerogativa dei grandi maghi quella di essere criptici. «Comunque è un bene che voi l’abbiate. Nessuno dovrà ricordare questa vostra incursione nel passato, e ovviamente neanche quella di Edith». Si rimise al lavoro ed io tornai a controllare nella sacca. Non c’era più nulla, l’inventario era completo. Rimisi tutto all’interno, tranne i tre oggetti di cui avevamo bisogno e passai la borsa a Killian che se la mise a tracolla.
Proprio in quel momento Merlino alzò la testa terminando il suo lavoro. «Ecco fatto, adesso è tutto pronto». Passò l’otre con la polvere ad Hook che se la legò alla cintura e lasciò che noi avanzassimo verso il triangolo che era disegnato alla perfezione per terra. Posizionai Mister Bobby ad un angolo, mentre io e Killian prendemmo posto agli altri due.
«Bene», ci disse Merlino, «adesso è tutto nelle vostre mani. Emma puoi cominciare quando ti sentirai pronta».
Annuii, prendendo tra le mani la copertina mentre Killian teneva tra la sua e il suo uncino la fiaschetta. «Grazie», sussurrai prima di iniziare.
«Grazie, senza di te non ce l’avremmo mai fatta», concordò Hook.
«Non ho fatto nulla, se non parlarvi dell’incantesimo. È grazie all’amore per vostra figlia che riuscirete nella vostra missione». Lo fissai per un ultima volta piena di riconoscenza, per poi chiudere gli occhi cercando di concentrarmi.
Sentii la magia fluire sotto la mia pelle e cercai di richiamarla e convogliarla il più possibile. Era molto tempo che non usavo così tanta magia; incantare la Jolly per farla andare sott’acqua era stato nulla a confronto.
Nonostante ciò non avevo paura di fallire, sapevo che ce l’avrei fatta. Era una certezza assoluta, perché a guidarmi ci sarebbe stato solo l’amore per mia figlia e non c’era magia di luce più forte di quella.
«Ubi animus trianguli abesse, ubi amplectimur cassi», mormorai. «Ubi animus trianguli abesse, ubi amplectimur cassi». Continuai a ripetere quella frase come un mantra fino a che un lampo di luce non si dispiegò dal centro della nostra formazione. Dopo accadde tutto velocemente: un momento prima sentivo la terra sotto i piedi, l’aria fresca sulla pelle e i rumori provenienti della foresta che ci circondava, l’attimo dopo non c’era più nulla. In un istante la luce ci accecò circondandoci e noi svanimmo nel nulla. 


Angolo dell'autrice:
Salve a tutti! Ed eccomi di nuovo qua con un capitolo un po' di passaggio per la parte del presente, ma molto importante per il futuro. Oltre a bruciare la Jolly :( hanno lanciato l'incantesimo e presto scopriremo se sarà riuscito o meno.
Ringrazio sempre chi continua a leggere e recensire! Lo dico ogni volta, ma mi fa davvero molto piacere vedere il seguito che ha ottenuto questa storia.
Un abbraccio, alla prossima!
Sara 
Ps Ci tenevo ad aggiungere che ho ancora gli occhi a cuoricino dopo la puntata di lunedì <3 <3
  
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