Long live the lioness
"And we’re gonna be alright
Dry your tears and hold tight
Can’t you tell I got news for you
Sun is shining and so are you”
Sun is Shining, Axwell
Giardini
dell’Acqua, tre settimane dopo
Quel profumo...o
meglio, quell’atmosfera…
Casa.
C’era e non c’era
allo stesso tempo, pareva solo qualcosa immaginario e contemporaneamente così
evidente da non poter essere negato. Lo sentiva e non lo sentiva.
Ma in fondo, cosa
importava?
Era a casa. Finalmente a casa. E contava solo e soltanto
quello.
In un gesto oramai
abituale, la sua mano andò a perdersi tra i lunghi capelli dorati.
Attorcigliò una
ciocca attorno al dito, mentre continuava a perdersi tra pensieri finalmente
sereni, distaccati, a tratti anche senza senso né scopo. Ma era proprio questo
che desiderava. E Dorne aveva, aveva sempre avuto, il potere di farle
dimenticare ogni problema, ogni dilemma, ogni questione irrisolta.
Solo lì, solo a casa, poteva sentirsi finalmente così,
spensierata, libera, in pace.
Era così bello essere tornati…
Sospirò.
Tutt’a d’un tratto
tornò a udire le parole degli altri. E i loro discorsi la riportarono alla
realtà.
“Non sai cosa
faranno i Dayne…” diceva una voce, dubbiosa ma misurata e calma.
Quella di Trystane
interruppe bruscamente la frase.
“La stella nera…non è più un problema…”
Abbassò lo sguardo,
riordinando e mettendo a fuoco i pensieri.
“Edric è riuscito a
conciliare le parti. Starfall ci sarà fedele, fino in fondo…”
Il principe Doran
scosse la testa.
“Ti fidi così
ciecamente di loro?”
La voce del marito
si fece ora quasi irata.
“Dèi, se non mi
posso fidare dei miei alfieri…cosa dovrei
fare?”
Appoggiò il pugno
sul tavolino.
“Non possiamo
continuare a vivere nel sospetto, nell’inquietudine…non posso fare come hai fatto negli ultimi vent’anni”
Il padre lo
interruppe.
“Trystane…”
Ma non ebbe modo di
finire la frase.
“Sedersi a un tavolo, sentire le loro
ragioni, discuterci assieme…non apparire come un punto di riferimento vago, non
essere una figura assente, silenziosa, che si chiude in sé stessa, che è troppo
distante, lontana…questo fa la differenza” disse, scandendo le parole.
Puntò un dito sul
tavolo.
“Questo fa la
differenza…mi fido di loro, e loro si
fidano di me”
Doran Martell fu
sul punto di replicare, ma poi…
Si era protratto in
avanti nel dialogo, ma si lasciò ora ricadere sul divano.
Myrcella allungò la
mano, andando a stringere quella del marito.
Forse era stato troppo brusco. Ma del resto quella non
era altro che la verità. La linea politica che il principe di Dorne aveva
tenuto negli ultimi anni era a dir poco…discutibile.
Certo, ciò che i lui, che i Martell avevano subito…ma
quell’isolamento totale, quel silenzio, quel temporeggiamento senza fine erano
davvero eccessivi.
La voce di Trystane
interruppe nuovamente i suoi pensieri.
“Avrò bisogno di
tutto ciò che potranno darmi, di tutto il loro appoggio e aiuto in ciò che si
scatenerà tra poco…”
Solo il pensiero di
cosa stava per dire lo faceva sorridere, sorridere amaramente.
“Hai passato anni
ad architettare piani, mosse, strategie per ottenere ciò che volevi…giustizia…ma non hai mai voluto trascinare Dorne in una guerra”
La voce del padre, quasi gelida, tornò a riecheggiare.
“Cosa vuoi dunque tu?”
Trystane abbassò
per un istante il capo, e tornò a fissare il padre negli occhi. Indugiò per un
istante. Ma poi riprese a parlare con rinnovata sicurezza.
“Mettere Aegon su quel
trono è quello che voglio…ciò che giusto, ciò che è meglio per noi, per Dorne,
per il regno intero. E nemmeno io vorrei maitrascinare Dorne in una guerra
infernale
Rise, una risata amara, quasi folle.
“Ma purtroppo non
c’è altro modo..."
I suoi occhi si strinsero di nuovo in quella determinazione così ferrea.
Il tempo di
temporeggiare e di pianificare è finito…dobbiamo mettere tutto in gioco,
buttarci nella mischia, dare tutto ciò che abbiamo per...”
Non poté finire la frase. La voce del padre venne a sovrastare la sua.
“You…you are right”
Sospirò, un sospiro stanco, amaro, quasi carico di rimpianto.
momento giusto…e ora…”
Scosse la testa.
“Everything is changed”
"Mi guardo intorno, e i nemici che vedo....il mio tempo è oramai passato. Mi guardo intorno e vedo i tuoi…”
Il suo sguardo si soffermò sul figlio e sulla principessa.
“I vostri nemici…”
Abbassò il capo, mentre gli occhi perdevano fuoco.
“This is your time…those are your choices…this is your war”
Cadde un silenzio quasi surreale.
A Trystane non pareva vero ciò che era appena successo. E quel silenzio…non faceva altro che contribuire alla sua incredulità.
Nell’aria della
veranda aleggiava l’aura carica di ciò che era appena successo, e di ciò che
stava per accadere.
Ogni suo muscolo,
ogni suo nervo, ogni suo respiro era teso, irrequieto, incredulo, impaziente. Stava davvero per…
Sentì le dita di
Myrcella sfiorare le sue, per dargli e al contempo cercare sicurezza, per rendersi entrambi conto che no, non
stavano sognando.
Come in un sogno,
vide il padre tornare alla realtà.
Alzò la mano destra
all’altezza del viso, quasi in contemplazione di…
Sorrise,
malinconico e sicuro assieme.
Lentamente, molto
lentamente si sfilò l’anello dal dito.
Lo pose sul palmo
della mano, contemplandolo ancora.
Dopo istanti che
parvero infiniti, allungò la mano verso il figlio.
Trystane se lo
aspettava, era la logica successione
delle parole dette in precedenza dal padre. Eppure il respiro gli si mozzo ugualmente.
Smise di udire, di percepire tutto ciò che c’era intorno. La vista si annebbiò,
tutto tranne la mano che reggeva l’anello, che a ogni istante si faceva più
luminoso e sfavillante, divenne un alone indistinto.
Sentiva riecheggiargli nelle orecchie un fischio, un
ronzio costante, che era allo stesso tempo assordante e lontano. La sua pelle
sembrava diventare più calda ad ogni istante. Quando le sue dita sfiorarono
l’anello, sembrò la cosa più fresca che avesse mai toccato.
Forse ci sarebbe stato
bisogno di parole, parole come “Ora Dorne è tua. Questo onore, ma anche questa
responsabilità enorme è tua.”
Ma quell’anello era
un simbolo, un simbolo potente, chiarissimo, inequivocabile.
E nessuno sentì il
bisogno di usare parole.
Ancora incredulo
Trystane se lo fece scivolare sul dito.
Ciò che
provava…non sapeva se ridere o piangere, se sorridere orgoglioso e felice o
rimanere freddo e impassibile nella consapevolezza del peso di quella enorme
nuova responsabilità.
Sapeva che
ciò che lo aspettava, ciò che li
aspettava, era…
Chiuse gli
occhi, prendendo un lungo respiro. Cercò dentro di sé ogni briciolo di determinazione,
forza, coraggio.
Da tanto
tempo sapeva che quel momento, prima o poi, sarebbe arrivato. Era arrivato a
volerlo con tutto sé stesso, non per sé, non per loro, ma per il padre, per
Dorne. Bisognava cambiare. Cambiare. E
lui, anzi, loro, sarebbero stati l’inizio, ma anche il fulcro di quel
cambiamento. Già, loro.
Tornò a
concentrarsi sul mondo reale, ponendo momentaneamente freno a tutto ciò che gli
ronzava incessantemente nella testa.
Il principe Doran
sporse in avanti, verso il tavolo, scostando il sottile velo che copriva la
piccola scatola.
Le dita indugiarono
tra i lembi delle tasche di velluto della scatola.
Sollevò le mani,
stringendo tra le mani…
Era un cerchio
d’oro sottile, esile, minimalista, spesso pochi millimetri.
Decine, centinaia, forse
migliaia di minuscoli rubini erano stati incastonati nell’oro.
Le era capitato di
vedere quel leggendario simbolo in un paio di occasioni. La tradizione voleva
che fosse il dono fatto dal capostipite dei Martell alla regina Nymeria. Era il
simbolo della discendenza femminile di quella coppia che si perdeva nei meandri
della storia di Dorne. Il simbolo della
principessa di Dorne.
Un raggio di sole investì la corona, che parve brillare
di luce propria. Lame di luce si sprigionarono dal metallo e dalle pietre,
creando uno spettacolo magnifico e quasi abbagliante.
Myrcella capì in un unico istante cosa stava per
accadere. Non poteva dire di non averci mai pensato. L’idea le aveva sfiorato
la mente più di una volta.
Ma non ci aveva mai davvero ragionato troppo sopra.
Pareva sempre qualcosa di così lontano, di così impossibile, una visione tanto
remota da essere irrealizzabile.
Eppure stava accadendo.
Un’emozione
le risalì dentro, la percorse dalla testa ai piedi, divampò in lei come un
incendio senza controllo.
Gli occhi le brillavano.
Il padre appoggiò il diadema sui palmi del figlio.
Trystane alzò lo sguardo. I loro occhi si incrociarono.
Riuscirono quasi a percepire ognuno l’emozione, la
tensione, l’incredulità dell’altro.
Lui le sorrise ancora, un sorriso di felicità pura, un
sorriso sicuro, come per confermarle che
stava tutto succedendo davvero.
Con un gesto lento le pose la corona sul capo.
Già alla vista il diadema d’orato era parso leggero, e
sentirlo tra i capelli non fece altro che aumentare questa sensazione.
Ma capì subito che quel peso, seppur leggero in sé, non
era altro che un simbolo.
Un simbolo di ciò che era, di ciò che erano, ora.
La terra in cui sette anni anni prima era arrivata come
estranea l’avrebbe d’ora in poi chiamata principessa.
La sola idea la faceva andare fuori di testa in tutti i
sensi, la entusiasmava e la terrorizzava insieme, la riempiva di orgoglio e
allo stesso tempo le metteva i brividi.
Senza rendersene conto le sue dita stavano stringendo la
mano del principe. Del suo principe.
Lo sguardo le tornò a fuoco, dopo che aveva passato
attimi, secondi, o magari minuti assorta nei pensieri. Era stata la voce di…di Doran a riportarla alla realtà.
Possibile? Aveva davvero sentito bene?
Con un gesto della mano la chiamò a sé.
Che cosa?
Non credeva ai suoi occhi. Davvero il principe…
Ma il sorriso di lui era davvero sincero.
Si alzò, muovendosi un po’ incerta verso di lui, ancora dubbiosa
e sorpresa.
Arrivò di fronte a lui, incocciando lo sguardo con quello
del vecchioprincipe.
Ma in qualche modo, per qualche strana ragione, le dava fastidio guardarlo così, dall’alto
in basso.
Senza sapere davvero cosa stesse facendo, si inginocchiò
di fronte a lui.
Sostenere uno sguardo con lui era davvero difficile.
Si sentiva in soggezione e allo stesso tempo le veniva da
sorridere.
Il principe Doran le posò le mani sulle spalle.
"Dorne fortunata…è stata troppo, troppo a lungo
senza una principessa”
Si fermò un istante. Il suo volto vecchio e stanco si irrigidì
leggermente, mente gli occhi si perdevano tra ricordi troppo sbiaditi e
consunti per poter essere chiari.
“Mio figlio è un uomo fortunato…fortunato ad avere te al
suo fianco. So benissimo che sotto questo…”
Sollevò la mano, come per indicarla.
“Aspetto
così angelico…si nasconde ben altro…”
Non poté trattenere una leggera risata, che gli riportò
un sorriso sul volto. Scosse ironicamente la testa.
“Lo battevi a Cyvasse a dieci anni…posso solo immaginare
chi realmente governerà Dorne…” aggiunse.
Il tono era sincero, non accettava repliche.
Ma contemporaneamente era anche ironico, scherzoso,
disteso. Non era di certo un insulto o
un’accusa.
Myrcella gli restituì il sorriso migliore che riuscì a
inventarsi, mentre si sentiva…non era
propriamente imbarazzo, ma ricevere tanti complimenti…
La voce di lui tornò a farsi sentire.
“Per me è
come se avere una nuova figlia…”
Lei sentì gli occhi diventare lucidi, mentre la gola le
si stringeva. Provò a dire qualcosa. Ma
di fronte a tanta…a tanta fiducia, tanto…affetto?
Era tutto
così nuovo che…
La principessa si morse il labbro, cercando parole che
erano troppo difficili da trovare.
“Queste parole…mi rendono un grande onore e…”
Il principe Doran fu sul punto di replicare, ma…lei non gliene diede il tempo.
“Io sono stata
fortunata. Fortunata trovare un marito così”
Abbassò il capo, mentre i ricordi le invadevano i
pensieri.
“Mi hanno detto non so quante volte che…che ero nata per
questo. Per essere il sigillo di un’alleanza. E…”
Quei ricordi la fecero sorridere amaramente.
“E in qualche modo
mi avevano anche preparata…preparata ad
un futuro infelice, in una terra lontana, a fianco di un freddo sconosciuto, di
un estraneo a cui importava solo del mio nome”
Scosse la testa, mentre sentiva gli occhi diventare
sempre più lucidi.
“Non dico che ero pronta, pronta a subire, pronta ad accettare qualcosa del genere, ero…non estranea all’idea. Ma mai e poi mai
avrei pensato di poter trovare…ciò che ho
ora.”
Non riuscì più a trattenere le lacrime, che scesero come
due minuscole e perfette perle di cristallo lungo il suo viso.
“Qualcuno
che mi accogliesse a braccia a aperte, qualcuno che davvero tenesse a me e di
cui mi potessi…innamorare”
Si morse ancora il labbro, cercando di sconfiggere la
mano invisibile che le stringeva la gola.
“E non avrei
mai pensato di poter trovare…un posto che sentissi essere, che diventasse…casa”
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Meereen
“Magia…” disse, mentre le dita giocherellavano
distrattamente con l’elsa di Blackfyre.
“Magia, Daenerys. Il potere dei nostri antenati…”
Sospirò, divertito e serio allo stesso tempo.
“Non si è affatto estinto. Valyria stessa è impregnata di
un qualcosa…di qualcosa di misterioso, ma soprattutto, di incredibilmente
potente…ancora oggi”
Scosse la testa, mentre i suoi occhi d’ossidiana
smettevano di mettere a fuoco e si trasformavano in spirali in cui ci si poteva
perdere.
Tutto quello
che aveva visto…l’atmosfera stessa che regnava là, l’aveva temprato,
rinvigorito, motivato ancora e ancora di più nella sua ferrea volontà, nel suo
disegno, nei suoi piani e progetti per il futuro. Ciò che ancora trasudava da,
a Valyria aveva un potere straordinario. L’aveva aiutato enormemente, eppure,
era tanto misterioso e potente che lo affascinava e lo intimoriva allo stesso
tempo.
“Hai visto gli effetti su Rhegal…” aggiunse, tornando a
guardare la regina.
“È cresciuto in maniera incredibile…” disse lei,
distaccata, mentre mille ricordi del suo drago verde tornavano ad affiorare
nella sua mente.
“Daenerys…” continuò lui, sospirando.
“Quando…quando volo su di lui…”
Si fermò un istante, cercando le parole per esprimere ciò
che sentiva. Ma non ce n’erano di adatte.
“Solo in quei momenti…mi
sento davvero vivo, davvero completo, davvero me stesso…sento come se tutto il
resto non avesse senso…”
Parlarne era davvero difficile, quasi impossibile.
Daenerys lo guardò sorridendo. Sapeva benissimo quello che lui stava provando a descrivere.
“Aegon…è quello per
cui esistiamo. Fare questo, i draghi stessi…sono parte di noi...”
Indugiò un istante, mentre centinaia di ricordi e
pensieri le bombardavano la mente.
“It’s what we are born for…”
Forse ci sarebbe stato bisogno di alter parole, ma loro
non ne avevano più. Non avevano più la forza per dirle, o forse…non gliene
servivano altre.
Rimasero in silenzio, uno a fianco all’altra, a guardare
il sole sprofondare nel mare del tramonto, raggiungere
le terre del tramonto.
Presto lo avrebbero seguito in quel viaggio a occidente…
Aegon sorrise malinconicamente. Era paradossale, quasi ridicolo,
che stessero mettendo in gioco tutti loro stessi, tutte le loro certezze per
riprendere ciò che era loro, per conquistare una terra che…che non conoscevano, di cui non avevano alcun ricordo.
Questi pensieri gli fecero tornare in mente un…un dubbio, una domanda, una questione che
fino ad allora era riuscito ad evitare, ad accantonare.
Ma ora non riusciva a mettere da parte quel pensiero.
Daenerys percepì la sua inquietudine.
Gli prese la mano, pronta a chiedere cosa non andasse.
Lui però la precedette.
“Mi stavo chiedendo…se
ce la facessimo, cosa…”
Abbassò lo sguardo, ancora incerto se condividere o meno
quel dubbio con lei. Ma non poteva
portare quel peso ancora da solo, voleva…la sua opinione, voleva porre fine a
quel dubbio.
“Cosa
succederà dopo? Cosa…cosa faremo?”
Socchiuse, gli occhi, cercando le parole migliori. Ma lei
lo precedette.
“So cosa vuoi dire Aegon…”
Si avvicinò a lui, prendendogli una mano tra le sue.
“So che quando…riavremo
ciò che ci spetta…”
Incrociò lo sguardo con quello di lui, catturandolo
magneticamente.
“Sono pronta a…a
perseguire la tradizione. A mandare avanti la stirpe dei draghi.”
Indugiò per un solo istante.
“Sono pronta a
essere…la tua regina”
Gli occhi di Aegon avevano perso ogni traccia di
resistenza, di dubbio.
Erano completamente concentrati su di lei, e trasparivano
la fiducia e l’abbandono totale a lei che pervadevano il principe.
Sembrava
quasi un bambino…
Daenerys sorrise.
Senza davvero volerlo, si perse in quegli occhi, in
quegli oceani violetti e d’ossidiana e…
Era da tantissimo
tempo che non pensava a…a come sarebbe stato essere la regina avendo…avendo un
altro drago al suo fianco.
Del resto,
era stata sola, dannatamente, immensamente sola per così tanto tempo che…
Certo,
quando ancora Viserys era vivo…si era ritrovata a pensare a quello ben più di
una volta. Ma erano pensieri così astratti, così lontani, così sfuocati e
irraggiungibili che…che non ci aveva mai creduto troppo. E poi, era soltanto
una bambina al tempo.
“Daenerys…” sussurrò Aegon con un filo di voce.
Lei rialzò lo sguardo, avvicinandosi leggermente a lui.
Il principe, senza davvero ordinarlo al suo corpo,
abbassò il capo verso di lei.
Si avvicinò al suo volto, mosso da qualcosa che non era
precisamente la sua volontà. O forse, sì.
Arrivò a pochi centimetri da lei e…non si era mai sentito così impacciato. Aveva ripetuto quel…quel gesto
centinaia, forse migliaia di volte. Eppure ora…
La regina comprese…dove
lui volesse arrivare. Chiuse gli occhi.
Aegon le sfiorò timidamente le labbra. Fu leggero, e solo
per un breve istante. Ma bastò a
entrambi.
Daenerys lo sentì scostarsi. Tenendo gli occhi chiusi, si
appoggiò al petto di lui.
Sentì una mano del principe posarsi sulla nuca, e l’altro
braccio avvolgerle la schiena. Si strinsero l’una all’altro, drago contro drago.
Il principe si sentiva…beh, c’era stato tanto caos fino
ad allora nei suoi pensieri. Quel dubbio, quell’incognita di cosa sarebbe
accaduto una volta ripreso il trono…l’aveva tormentato fin troppo a lungo. La
sola idea di doverla costringere a…no, non riusciva nemmeno a concepirla.
Come avrebbe potuto essere un re rispettato, giusto, che
ispirava fiducia, a cui tutti obbedivano senza esitare, se lui stesso aveva
sposato una donna contro la volontà di lei?
Sospirò. Era stato davvero orribile avere quel pensiero
in testa per così tanto.
Ma ora
finalmente Daenerys aveva fugato ogni suo dubbio.
C’erano ancora tante emozioni, tante sensazioni, domande,
che si rincorrevano nella sua mente…per
quello che era appena successo.
Ma al contempo, sentiva dentro di sé una sorta di pace,
di calma, di sicurezza ritrovata.
Sfiorò con il mento la fronte di lei, sentendo i suoi
capelli argentei solleticargli il collo.
In quei mesi aveva sentito tante, forse troppe opinioni,
valutazioni sulla regina. E molte contrastavano fra loro. Chi la vedeva giusta
e compassionevole, altri spietata e assetata di sangue come i suoi draghi.
Ma di certo nessuno osava negare che…che fosse veramente bellissima.
Era il suo, il
loro, sangue valyriano a determinare quei lineamenti, quei capelli, quegli
occhi, quell’aura, quell’atmosfera così regali, così sovraumani, così unici.
Di certo non era una donna che ti lasciava…indifferente.
Non poteva
negare di essere attratto da lei. Ma chi lo poteva negare?
Per il resto però…non sapeva come definire ciò che
sentiva per lei. Era ancora qualcosa di strano, di indefinito…non era debole,
questo no. Teneva a lei, ma in un modo nuovo, a lui sconosciuto…le voleva bene come…come se fosse una
sorella.
Il solito sorriso malinconico tornò ad allargarglisi sul
volto.
Cosa ne
sapeva lui per definire così ciò che provava? Poi era tutto ancora così
confuso…
Ma forse col tempo...forse col tempo le cose sarebbero
cambiate.
Forse sarebbe persino riuscito a…ad amarla.
Mentre non credeva di starci davvero pesando, tornò a
udire la voce di lei.
“Ho pensato per tanto tempo che…che sarei diventata la regina di Viserys”
Daenerys sorrise amaramente.
“Lui…mi ha cresciuta nell’ottica di…”
Sospirò.
“Di essere una regina, una moglie…sottomessa in tutto…”
Aegon la interruppe, con tono deciso, quasi arrabbiato.
“Non ti obbligherò
mai, mai a essere così, sottomessa, subordinata a me in tutto”
Le strinse con forza le mani tra le sue.
“Se vorrai, potrai esserlo ma…ma vorrei tanto una regina,
una compagna, una moglie che possa essere un sostegno, un aiuto, una motivazione
che mi faccia andare avanti”
Lei annuì, senza aggiungere altro.
Il principe sorrise, malinconico e divertito insieme.
“Conquistare i sette regni sarà uno scherzo in confronto
a ciò che ci aspetta dopo…”
Daenerys ricambiò il suo sorriso.
“Non sarebbe meglio cominciare allora?”
Lui abbassò per un istante lo sguardo.
“Hai ragione”
disse.
Aegon tornò a guardarla negli occhi.
“Presto Westeros
tornerà a conoscere i draghi…”
Note dell’autore:
Ma ora eccomi qui.
Spero che questo capitolo possa essere una consolazione
adeguata.
Ho dovuto fare una transizione, ma ho comunque voluto
inserire elementi importanti.
Sono stato molto molto simbolico, nella prima parte
soprattutto, spero si sia capito ciò che volevo trasmettere: il tempo di Doran
è oramai finito, e lui in primis se n’è accorto, e lascia ora spazio al figlio
e a Myrcella.
Come ho detto, ho usato questi simboli, quali l’anello e
la corona per trasmettere proprio “fisicamente” il passaggio tra il vecchio e
il nuovo.
Forse ho esagerato con questo simbolismo, ma mi pareva il
modo migliore e più originale per descriverlo.
Per il resto…allora, so già che molti si staranno facendo
film mentali su Daenerys e Aegon. Chiarimento: come spero si sia capito Aegon
non è assolutamente sicuro di ciò che sente per lei, e la cosa è reciproca.
Non è un’altra coppia perfetta, non per ora almeno.
Sono entrambi però consapevoli che essendo dei Targaryen
se riusciranno a riprendere il trono dovranno per forza perseguire le
tradizioni.
Spero di essere stato chiaro, e che il capitolo vi sia
piaciuto.
Come al solito lasciatemi qui sotto tutte le vostre
opinioni, per me è davvero importantissimo sapere cosa ne pensate.
Concludendo, mi sto dannando per una foto caricata
dall’attrice che interpreta Myrcella…ebbene, foto di tipo un camerino con tanto
di nome sopra. Ora, o è una foto vecchia delle riprese della quinta stagione e quindi si sta divertendo a perdere tutti in
giro, oppure…beh sapete bene quanto spero sia ancora viva. Ma in Benioff e socio ripongo davvero poca speranza.
Ho scritto fin troppo.
Alla prossima
E ovviamente, long
live the lioness