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Autore: Demon Heart    24/10/2015    0 recensioni
Spencer ha venti anni ed è la sorella minore di David Cade, la nemesi di Kendall. Andranno d'accordo nonostante la leggera aria tesa che regna da sempre tra i due ragazzi? Oppure Kendall farà di tutto per allontanare la ragazza da lui e dalla Band?
Spencer è il dolce angioletto che appare o nasconde molteplici segreti?
James riuscirà mai a trascinare la ragazza con se? Oppure cambierà la sua preda?
Cosa passerà mai per la testa di Logan e Carlos?
Cosa accadrà quando sarà nota a tutti l'identità della castana?
Vero, sono solo domande queste, ma ce ne sono molte altre che vi lasceranno una sensazione di amaro in bocca.
Non bisogna giudicare un libro dalla copertina o da come lo si vuole far apparire.
Bisogna scoprirlo fino in fondo.
Genere: Generale, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ripensando al passato, mi rendevo conto sempre più che non ero più come una volta, ma ero cambiata radicalmente.

All'età di 17 anni abbandonai casa mia, allontanandomi anche da mio fratello per poter inseguire la libertà.

Ero insicura come pochi, lasciavo che gli altri più forti avessero la meglio su di me, e se lanciavano frecciatine che mi riguardavano, me le lasciavo scivolare addosso, dando loro poco conto.

Il mio sogno nel cassetto era quello di intraprendere la carriera di scrittore, cosa non del tutto facile, visto che Los Angeles era la città dei sogni, ma come li creava, li distruggeva anche.

Spesso e volentieri mi lasciavo andare ai sentimenti, prendendo le solite cottarelle da ragazzina, coltivando la passione per gli idoli del momento e cercando di allungare la mia lista di amici.

Eppure ero una di quelle poche persone a prendere l'amicizia seriamente, mettendoci anche l'anima, nonostante quasi nessuno meritasse un trattamento del genere.

Anche se mi ferivano, volevo credere fosse solo un passo che aveva sbagliato, eppure mi lasciavo ferire di continuo, spesso anche dalle stesse persone, ma non mi arrendevo.

Non abbandonavo la mia idea, continuando a sperare che le persone potessero cambiare.

Intrapresi la mia vita per strada, incerta sul da farsi, insicura e fragile.

Spike mi prese sotto la sua ala protettiva, accogliendomi come fossi sua sorella, e trattandomi come fossi qualcosa a cui teneva più della sua stessa vita.

Mi aiutava a crescere caratterialmente, cambiandomi anche.

Non voglio che gli altri continuino a ferirti, non meriti un trattamento del genere, mi ripeteva.

Voleva proteggermi, e su questo non c'erano dubbi.

Rafforzai il mio carattere, cominciando a coltivare una lingua biforcuta a cui, la lingua delle vipere, facevano un baffo.

La mia difesa divennero le parole, mentre creavo una corazza indistruttibile attorno a me, per impedire che qualcuno potesse anche solo scalfirmi.

Il sorriso divenne parte di me, come anche la sicurezza, l'arroganza, la presunzione, l'irresponsabilità, la sadicità e la malizia.

Eppure rimanevo la ragazza fragile ed affettuosa, ovviamente che si nascondeva dietro un potente ed indistruttibile guscio.

Il legame che avevo con quel fantastico castano dagli occhi petrolio si rafforzava, mentre affinavo la mia tecnica di Writer e quella nel Parcour.

Eravamo una coppia inseparabile, non era necessario scambiarci effusioni romantiche o ripetere che stavamo insieme per farlo capire.

Ci chiamavano la coppia dello Squalo Jolly e del Drago Spike.

Una strana accoppiata, vero, ma eravamo entrambi forti e diversi dalla massa.

Seguivamo una strada tutta nostra, per nulla asfaltata, fieri di essere quello che eravamo e con l'idea di poter abbattere l'unica cosa che impediva a noi e le altre bande di girare senza preoccupazioni.

L'Anarchy.

Era un gruppo di delinquenti che si divertiva a comandare e rendere la vita impossibile a chiunque, distruggendo sogni, speranze e vite.

Non si facevano scrupoli ad eliminare chi fosse un pericolo per loro, per questo cancellarono Spike dalle nostre vite.

Avevano paura di lui.

Paura che potesse spodestare il re ed eliminare il gruppo.

Paura che portasse alla luce tutte le malefatte che avevano combinato, e tutte le morti che avevano causato.

Paura che il loro regno del terrore potesse finire.

Picchiato senza pietà e lasciato a morire lontano da chiunque, lontano dalla sua casa, con solo me al suo fianco; eppure diceva che io ero il suo tutto.

Ero contenta che sia morto con un sorriso dipinto sulle labbra e con me al suo fianco, contenta di averlo visto un'ultima volta.

Contenta di aver visto la sua uscita di scena degna del suo nome.

Quella fu la fine della rivoluzione del Drago Spike, ma l'inizio della furia inconstatata dello Squalo Jolly.

Allora non dissi nulla alla polizia di ciò che vidi, perchè dovevo rafforzarmi.

Dalla sua morte, mi allontanai dai murales, allenandomi nel Parcour fino allo stremo e fino all'avere le ossa rotte.

Cambiai il mio nome, cominciando a farmi chiamare con l'appellativo di Dragone Rosso, senza graffitare sui muri però; correvo solamente, aiutando coloro che venivano puntati dall'Anarchy o dalla 66Route, attirando l'attenzione su di me e distogliendola da loro.

Mentre correvo lungo la mia strada, come un Dragone Solitario, attorno a me si raggruppavano varie persone, dando così vita all'esercito che un giorno avrebbe fatto trionfare i propri sogni e le proprie speranze, distruggendo i segni del passaggio di persone che non meritavano di passeggiare per le nostre stesse strade.

Rafforzavo i miei muscoli compiendo movimenti decisamente pericolosi, dedicandomi anche alla lotta ed alla palestra.

Creai il gruppo degli Shark73.

All'inizio eravamo solo io ed un ragazzo di dimensioni e forza per nulla modeste.

Cominciammo a seminare il panico per Los Angeles, scacciando i componenti dell'Anarchy.

In successione si aggiunsero anche altri, formando l'unica banda che riusciva a tener testa ai palloni gonfiati che si attorniavano a The King.

Ignorai ogni genere di avvertimento sul quanto fosse pericoloso, decisa come non mai ad infrangere il regno del terrore che avevano creato.

Era in ballo la mia vita, ma poco mi importava.

Il mio scopo, era finire quello che Spike aveva iniziato, e sarei andata fin in fondo.

Prima di tutto questo ero perennemente alla ricerca di qualcosa che potesse cambiarmi, dandomi anche una spinta in più.

L'avevo trovata.

Potevano nascondersi, ma io li avrei trovati comunque; potevano provare a passare sulla mia testa, ma sarebbe stata l'ultima cosa che avrebbero fatto.

Potevano circondarsi d'ombra attendendo il momento di colpire, ma tremavano.

Avvertivo la loro paura, come uno squalo con la sua preda.

Il piccolo ed indifeso "Squaletto Jolly", come osavano chiamarmi all'inizio, era diventato il temuto Squalo Jolly, che non si sarebbe fermato nemmeno davanti alla morte.


Il flusso continuo dei miei pensieri venne bruscamente interrotto da un lampo che squarciò il cielo, preparandomi all'arrivo del suono che segue il veloce fascio di luce.

Sentii bussare alla porta, mentre il fragore del tuono fece la sua comparsa.

Sospirai, rimanendo in silenzio, per nulla intenzionata ad aprire la porta.

Riportai la mia attenzione alla finestra, sistemandomi meglio sul davanzale, abbracciandomi le gambe e poggiando la testa alla parete.

Osservavo le gocce di pioggia abbattersi violentemente contro la lastra di vetro, poco dopo intravidi l'ennesimo lampo susseguito, dopo alcuni attimi di silenzio, dal boato comunemente chiamato tuono.

«Spencer?» l'ennessimo richiamo mi fece sbuffare stufata, mentre sentii il sumore della chiave che girava nella toppa.

La porta si spalancò di colpo, rivelando James con una chiave fra le mani.

«Hai una copia delle chiavi della mia camera?» chiesi, marcando la parola "mia" ed inarcando un sopracciglio.

Si grattò nervosamente la nuca prima di rispondermi «Kendall ha una copia delle chiavi di tutte le camere»

«E come mai?» non staccai gli occhi da lui nemmeno per un secondo, scrutandolo attentamente, come se volessi leggergli nell'anima.

«Una volta Carlos ha perso la chiave ed è rimasto chiuso in camera tutto il fine settimana, fino a quando non è venuto il fabbro» ridacchiò divertito, cercando di smorzare, anche se senza successo, l'atmosfera tesa.

Dal litigio avuto la sera precedente con mio fratello, ero rimasta segregata in camera mia e non esageravo a pensare il mio umore è come questo tempo...

«Come ti senti?» mi voltai verso la finestra, mormorandogli un "bene" in risposta.

Se mi avesse guardata negli occhi, sicuramente non mi avrebbe creduta.

In lontananza, la voce di Kendall richiamò il moro, che lo raggiunse subito, lasciandomi in solitudine e con la porta semi-aperta.

Brontolai parole decisamente poco gentili, avvicinandomi e cercando di chiudere la porta.

"Cercando", visto che era stata bloccata da un piede.

«Ehy» la voce della penultima persona che avrei voluto vedere in quel momento; l'ultima era decisamente David.

«Che vuoi?» la mia risposta fu secca, come uno spiedo che infilza un Corn Dog.

«Come stai?» chiese spingendo la porta, fino a farmi allontanare ed aprirla del tutto.

«Come dovrei stare, scusa?» chiesi guardandolo beffarda e con un sopracciglio inarcato.

Quel ragazzo era uno dei pochi che riusciva facilmente a far riemergere la parte peggiore di me.

Mi osservò divertito, squadrandomi da capo a piedi, soffermandosi poi sul petto.

«Mi fai uno squillo quando hai finito la radiografia?» lo incenerii con lo sguardo, incrociando le braccia al petto.

«Non è di certo colpa mia se vesti attillato» scese con gli occhi, cercando di migliorare la visuale del mio sedere.

«Cos'è? Fai l'ironia?» risposi piccata «vesto così perchè sto comoda, non come le tue amate sgualdrinelle che vogliono solo farsi "notare"»

Un sorriso malizioso si allargò sul suo viso, mentre due adorabili fossette comparivano ai lati della bocca.

«Gelosa?»

Quella piccola parolina di sei lettere, fece crollare tutto l'autocontrollo che mi impediva dal tirare un pugno al moretto e sbattergli la porta in faccia.

«Gelosa? Io? Di te?» non mi trattenni dal ridere, scuotendo la testa; in quel momento mi fregava poco o niente di quello che potessero provocare le mie parole «Io non sono e mai sarò gelosa di uno come te. Mai.» evidenziai l'ultima parola con un gesto delle dita, spintonandolo poi fuori dalla camera e sbattendogli la porta in faccia.

Gli era andata meglio del previsto almeno... mi ero risparmiata il pugno, e non era cosa da poco.

«Spencer!» la sua voce tuonò furiosa.

Il moretto non è abituato ad esser trattato così, ridacchiai tra me e me, mordicchiandomi il labbro inferiore.

Lui poteva essere stronzo, ma io ero la personificazione della stronzaggine, poco ma sicuro.

Presi le chiavi di casa e della mia camera, buttandole nello zainetto.

Il tempo non era dei migliori, vero, ma non avevo voglia di vedere nè sentire nessuno.

Indossai velocemente una felpa pesante, aprendo la finestra e lasciando che il vento e le goccioline d'acqua mi sferzassero il viso.

Presi una grande boccata d'aria, mettendo il mio amato zainetto sulle spalle e lanciandomi dalla finestra ed aggrappandomi al ramo di un albero vicino.

Pochi altri salti e finalmente arrivai coi piedi a terra, mentre sollevavo lo sguardo verso la finestra.

«Spencer fermati!» notai Logan sbraitarmi contro per farmi tornare indietro, ma non lo ascoltai.

Cominciai a correre, senza una meta precisa, col solo scopo di allontanarmi da quella casa.

Dopo una buona mezz'ora mi intrufolai in un bar appartato, fradicia fino al midollo e coi capelli intrisi di pioggia.

Sospirai, sentendo un brivido scorrermi lungo la schiena, mentre mi affrettavo a prender posto ad un tavolo più appartato.

«Cosa posso portarti?» una giovane cameriera dagli occhi azzurri e dalle lunghe trecce blu scuro, sicuramente tinti, attirò la mia attenzione.

«Una cioccolata calda, grazie» le sorrisi, sfregandomi le mani.

Scribacchiò qualcosa sul suo blocco, sorridendomi a sua volta «Colta alla sprovvista?»

Ridacchiai, scuotendo la testa «In questo periodo nessuno si aspetterebbe un'acquazzone del genere» confermai, cercando di frizionare i capelli con le mani.

«Ti porto un asciugamano?» chiese gentilmente, ed io annuii in risposta.

Dieci minuti dopo avevo una calda e fumante cioccolata calda sotto il naso, ed un'asciugamano sulla testa.

Sospirai, cominciando a bere lentamente la mia bevanda, osservando le goccioline infrangersi contro il vetro.

Stranamente, mi ritrovai a riflettere sugli strani comportamenti di James e Logan, senza contare che addirittura Carlos non sembrava in se.

Come si dice sempre, parli del diavolo e spuntano le corna.

In quel preciso momento, entrò un ragazzo nel locale, fradicio quanto me, e notando la somiglianza con ìl latino, sistemai in testa l'asciugamano, cercando di coprirmi il volto.

Sorrisi appena, notando che si era seduto ad un tavolo parecchio lontano dal mio, così potevo stare più tranquilla.

Cercò di passarsi le mani lungo le braccia, come per riscaldarsi.

Una strana sensazione mi pervase, facendomi scuotere la testa; in fondo, io volevo stare lontana da lui, perchè dovrebbe passarmi per la testa l'idea di avvicinarmi?!

Fatto sta, che mi alzai, avvicinandomi a lui con l'asciugamano tra i capelli, la tazza calda fra le mani e lo zainetto in spalla.

Io darmi ai sentimentalismi? Direi che semplicemente non mi pareva giusto nei suoi confronti, ma nemmeno io sapevo bene perchè.

Forse perchè era il mio migliore amico...

«Siamo nella stessa situazione» ridacchiai, storcendo il naso nel vedere che aveva una semplice maglietta a maniche corte ed un pantalone che arrivava al ginocchio.

Sollevò il viso infreddolito, guardandomi e cercando di accennare un sorriso, ma sembrava aver i muscoli congelati.

«Ehy Penny» un lieve sussurro, poco prima di starnutire.

Scossi la testa, mettendogli l'asciugamano in testa ed intimandolo ad asciugarsi.

Si sfregò energicamente i capelli, cercando di asciugarli il più possibile; sospirò, scostandosela dal volto e lasciandosela in testa, come avevo fatto io poco prima.

«Ti sembra il caso di uscire con questo tempo?» mi guardò con un'espressione imbronciata, arricciando il naso.

«A quanto posso vedere, nemmeno tu sei a casa» ridacchiai, allungandomi per tirargli un lieve pugnetto.

«Ti siedi o aspetti l'invito?» cercò di stuzzicarmi, facendomi scappare una risatina divertita.

«Mi siedo, tranquillo» scossi la testa, sedendomi sul divanetto accanto a lui, e porgendogli la tazza di cioccolata calda ancora fumante.

«Cioccolata?» chiese, squadrandomi attentamente.

«Ovviamente! Su, bevi, sei parecchio più infreddolito di me» sorrisi dolcemente, continuando a tenere la tazza vicino al suo viso.

«Beh, visto che insisti tanto, accetto» ridacchiò, prendendo la tazza e scoccandomi un bacio sulla guancia.

Passammo molto tempo a chiacchierare del più e del meno, senza far mancare battute squallide e divertenti.

«Spencer, dobbiamo parlare» ad un tratto si fece serio, puntando i suoi profondi occhi scuri nei miei, che apparivano stranamente più chiari del solito.

Non riuscii a fare a meno di deglutire; avevo sempre pensato che nelle parole "Dobbiamo Parlare" ci fosse qualcosa di oscuro e maligno e spesso, quella supposizione, si era rivelata esatta.

«Dimmi tutto» affermai cercando di mantenere la calma e non farmi sopraffare dall'agitazione.

«Riguarda noi due, Logan e James» continuò, senza staccare gli occhi dai miei.

Annuii come a dargli consenso per continuare il discorso che aveva ed allo stesso tempo non aveva cominciato.

«Penso tu abbia notato strani comportamenti in tutti e tre» sembrava più un'affermazione che una domanda «Il punto è che c'è di mezzo una scommessa» si scostò appena da me, come per paura che potessi saltargli addosso e sbranarlo, manco fossi una tigre del Bengala.

«Uhm... che scommessa?» chiesi titubanta, voltandomi per osservarlo meglio.

«Logan e James hanno fatto una scommessa su chi dei due ti avrebbe conquistata per primo ed il perdente avrebbe dovuto lavare tutti i panni sporchi dell'altro, riordinargli la camera e preparare i pasti per un mese.» si morse il labbro inferiore, osservandomi come un bambino che aveva appena confessato di aver combinato un qualche guaio.

Non mi trattenni dal ridere, scuotendo violentemente la testa e cercando di tenere gli occhi aperti per guardarlo.

«Non sei arrabbiata?» chiese, osservandomi circospetto.

«Oh, si. Sono arrabbiata, ma non con te» ridacchiai, pizzicandogli la guancia «Anzi, ti ringrazio per avermi parlato di questa scommessa» lo guardai riconoscente, continuando a sorridere.

«Davvero?» prima di riaccostarsi a me si accertò della cosa, per poi mettermi un braccio sulle spalle e scompigliarmi i capelli «Questo ed altro per te, piccoletta»

«Però, devi aiutarmi» gli dissi, cercando di ritornare seria.

«A fare?» mi osservò curioso, sollevando un angolo della bocca.

«Voglio vendetta» sussurrai, mentre un sorriso sadico si faceva largo sulle labbra di entrambi.

Se ci chiamavano gnomi malefici, c'era un motivo, oltre ad essere bassi.

Parlammo per un tempo indeterminato, prima di uscire dal locale, rimanendo sotto il portico all'esterno.

«Ora come faccio...» aveva sussurrato fra se e se Carlos.

Ci pensai qualche minuto, mentre un lampo di genio mi folgorò quando il mio sguardo si posò sul negozio di abbigliamento di fronte al bar.

«Possiamo comprare qualcosa li» diedi voce ai miei pensieri, osservando il moretto.

«Ma ci bagneremo di nuovo» brontolò, guardandomi imbronciato.

Scossi la testa, facendogli reggere il mio zaino, mentre sfilavo la felpa, restando con un semplice top da corsa.

Arrossì appena, voltando subito lo sguardo e facendomi ridere.

Corremmo velocemente, io con lo zaino sulla testa e lui con la mia felpa.

Entammo nel negozio ridendo come due bambini al Lunapark, mentre in commesso alla cassa ci guardava sconcertato.

«Io prendo una felpa, che sto morendo di freddo» ridacchiò, dirigendosi verso il settore maschile.

Lo seguii a ruota, passando lo sguardo sui vari indumenti.

Si accorse solo dopo qualche minuto della mia presenza «Ma non vai nel settore delle ragazze?» mi osservò confuso, passando lo sguardo sul mio corpo.

«Secondo te come mai le mie felpe sono così larghe?» chiesi ridacchiando ed allungandomi verso una felpa nera con la scritta "Shut up Bitch, I'm a Fabulous Unicorn".

Sorrisi, cercandone una misura non troppo grande nè troppo piccola.

«Ma quindi» non gli lasciai continuare la frase, interrompendo il suo pensiero sul nascere.

«No, solo alcune felpe prendo dal settore maschile, altre ed il resto dei vestiti al femminile.» chiarii, cercando di provare la felpa, che però ero riuscita non so come ad arrotolare su se stessa nel tentativo di metterla.

Mi aiutò Carlos, ridendo divertito e facendomi imbronciare come una bambina stizzita.

«Prendo questa» affermai, cominciando a dirigermi alla cassa per pagare l'acquisto ed "usarlo".

Fatto lo scontrino, staccai il cartellino prezzo/marca, indossando la mia nuova felpa ed abbandonandomi al suo confortevole calore.

Misi la felpa bagnata in una busta, cercando di infilarla nello zainetto; prima o poi l'avrei rotto, tanto dalle cose che ci mettevo dentro.

Notai degli ombrelli, vicino alla cassa, decidendo di prenderne uno grande da usare, visto che il cielo non accennava a placarsi.

Mentre effettuavo il pagamento, intravidi il mio amico venire verso la cassa, con due felpe tra le mani, una nera ed una rossa.

«Ho preso anche un ombrello» pigolai allegramente, contenta del non dovermi inzuppare nuovamente, anche se non mi dispiaceva l'idea di correre sotto la pioggia.

Ma allo stesso tempo, avrei voluto evitare una broncopolmonite fulminante.

«Ottimo» sorrise allegro a sua volta, passando gli abiti al cassiere, che cominciò a calcolare il prezzo.

«Non prendi un paio di pantaloni?» chiesi, squadrandolo attentamente «Mi sa che ti conviene»

Lo vidi pensarci su ed annuire, scattando nuovamente tra i vestiti.

Sorrisi, scuotendo la testa e passando la carta di credito al cassiere, dicendo di effettuare il pagamento con quella.

Ridacchiò appena, sorridendomi e cominciando a digitare alcune cose.

Pochi istanti dopo, Carlos aveva aggiunto alle felpe un pantalone sportivo nero, frugando nelle tasche del proprio alla ricerca di qualcosa.

Il ragazzo dietro al bancone digitò altre cifre, comunicando il prezzo e passandomi la macchinetta per inserire il mio codice Pin.

Notai il moretto stralutano, mentre balbettava frasi sconnesse prima di riprendersi.

«Ma che stai facendo?!» mi parve di riconoscere la nota nervosa che spesso caratterizzava la voce di mio fratello.

«Ma nulla» sorrisi angelica, riprendendo la carta e passando al ragazzo sia il pantalone che la felpa nera «Fila a cambiarti, che si torna a casa»

Brontolò qualcosa prima di sparire, mentre mi affrettavo a rinchiudere anche la felpa rossa nel mio zainetto.

Per mia fortuna non avevo portato le bombolette, altrimenti sarebbe stato molto complicato.

Ritornò poco dopo, afferrandomi per un braccio, recuperando l'ombrello che avevo comprato e cominciando a trascinarmi.

«Ma si può sapere che combini?» chiese, squadrandomi attentamente, incrociando le braccia al petto, una volta fuori dal negozio.

«Semplicemente ho pagato il conto. Consideralo un regalo» lo guardai con una facciotta da cucciolo ferito, a cui nessuno era mai riuscito a resistere «Non vorrai mica rifiutare e ferire i miei sentimenti?»

Lo vidi addolcirsi appena, scuotendo la testa ed attirandomi a lui in un caldo abbraccio «Ma la prossima volta pago io»

Ogni volta che facevamo qualcosa insieme, pretendeva di pagare lui, ma di certo non ero intenzionata a fare da mantenuta.

Ridacchiai, aprendo l'ombrello ed invitandolo a seguirmi sotto di esso.

Percorremmo la strada per tornare a casa appiccicati sotto quell'ombrello, chiacchierando animatamente e perfezionando i dettagli sul piano di vendetta che avevamo organizzato.

Si prospettava una serata piuttosto movimentata.

«Ma chi ha messo in mezzo questa scommessa?» mi voltai, osservando il castano rifletterci qualche secondo.

«Se non sbaglio James, visto che voleva confrontare i suoi metodi di conquista con quelli di Logan, e l'altro ha accettato» spiegò, ridacchiando divertito «Ti prego, non dire che sono stato io a parlartene o mi spellano»

«Non permetterò che ti facciano una cosa del genere» ridacchiai a mia volta, mentre la nostra casa faceva la sua comparsa nella nostra visuale, avvolta da un velo di nebbia.

Arrivati davanti alla porta di casa, mentre Carlos si affrettava ad aprire la porta, io chiudevo l'ombrello, per poi abbandonarlo nel portaombrelli all'ingresso.

«Spencer!» una voce sgraziata mi arrivò alle orecchie come il brontolio dello stomaco di un elefante, facendomi sbuffare.

«Che diamine vuoi?» sbottai, stringendomi nella felpa, senza degnarlo di uno sguardo.

«Ma si può sapere che ti prende?» sembrava parecchio arrabbiato, e non riuscii a fare a meno di sorridere, voltandomi verso di lui.

«Non sei abituato ad essere preso a porte in faccia?» gli chiesi, dando alla mia voce un tono da bambina tenera ed innocente.

«Non è questo» assottigliò gli occhi neri, senza staccarli dai miei.

«Mi dispiace per te, ma la cosa non mi interessa» gli dissi sorridendo, voltandomi verso il ragazzo che mi aveva tenuto compagnia sotto la pioggia «Cioccolata calda o latte?»

«Cioccolata calda!» urlò, per poi correre in cucina.

«No Carlos! Non ci provare!» urlai a mia volta, raggiungerlo e saltargli addosso «Non avvicinarti ai fornelli!»

«Ma solo questa volta» mi fece scendere, guardandomi con un facciotto da cucciolo a cui non sarei mai riuscita a resistere.

Sbuffai, scuotendo la testa «Va bene Los» ridacchiai, scompigliandogli i capelli e sedendomi sul tavolo della cucina, osservandolo all'opera.

«Noi non abbiamo ancora finito di parlare» disse Logan, entrando in stanza e posizionandosi di fronte a me.

«Vogliamo parlare davvero di cose parecchio interessanti che scopro grazie ad "anche i muri hanno le orecchie?"» chiesi, inarcando un sopracciglio ed osservandolo divertita.

Sbiancò appena, senza distogliere lo sguardo; chissà come sarebbe andata a finire.




☸☬Angolo Oscuro☬☸

Salve a tutti!! Qui Demon!

Sono in ritardo, lo so D:

ma ho avuto già dall'inizio molti impegni, senza poi contare i compiti a scuola

In ogni caso ecco il capitolo sei*^*

Una breve descrizione per chiarire alcune cose su Spencer e sul

"mondo esterno" diciamo.

Che ne dite?

Detto questo non vi trattengo oltre e chiudo!

Alla prossima *^*

  
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