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Autore: _ayachan_    20/02/2009    17 recensioni
A cinque anni dalle vicende de "Il Peggior Ninja del Villaggio della Foglia", che ne è stato delle promesse, dei desideri e delle recriminazioni dei giovani protagonisti?
Non si sono spenti con l'aumentare dell'età. Sono rimasti sotto la cenere, al caldo, a riposare fino al giorno più opportuno. E quando la minaccia è che la guida scompaia, quando tutt'a un tratto le scelte sono solo loro, quando le indicazioni spariscono e resta soltanto il bivio, è allora che viene fuori il carattere di ognuno.
Qualunque esso sia.
Versione riveduta e corretta. Gennaio 2016
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo Personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'eroe della profezia'
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Penne 24
Capitolo ventiquattresimo

Anbu




Hitoshi si era preparato come se quella mattina non si fosse svegliato in un letto d'ospedale, ma direttamente nella sua camera. Profumato e vestito in maniera impeccabile studiò il proprio riflesso nello specchio; sistemò un ciuffo di capelli che ricadeva male. Ora sembrava abbastanza rispettabile.
Quella notte aveva riposato come un bambino. Il mal di testa si era spento nel sonno – o negli analgesici – e non si era ripresentato al risveglio. Si sentiva riposato come non gli accadeva da giorni. Ora doveva solo aspettare le analisi di sua madre, poi si sarebbe presentato a Naruto annunciandogli che aveva una rosa di tre candidati al ruolo di spia.
La porta della camera si aprì, e Sakura si fermò stupita sulla soglia.
«Cosa fai fuori dal letto?»
«Ciao mamma. Ottimizzo il tempo.»
Sakura lasciò cadere le braccia lungo i fianchi, facendo frusciare i fogli che stringeva in mano. «Naruto ha avuto una pessima influenza sul tuo sviluppo.»
«Naruto? Non dire sciocchezze, è l'ultima persona a cui potrei mai ispirarmi. Gli esami?»
«Niente che non vada. Niente di particolarmente strano, niente valori anomali, niente di niente di niente!» sbottò lei.
«Preferivi il contrario?»
«No! Ma vorrei capire perché ti si spacca la testa se non hai nulla che non va!»
Hitoshi sorrise amaro, abbassando lo sguardo su un pelucco invisibile per non incontrare quello di lei. «Sappiamo cosa c'è che non va.»
«Oh, adesso non cercare di insegnarmi il mestiere. Devo ancora arrivare ai test genetici.»
Suo malgrado Hitoshi rise, rialzando la testa. «Bene, il tuo patto con Naruto è salvo. Adesso posso andare a cercarlo?»
Sakura sbuffò. «Figurati. L'ho bloccato al piano di sotto, altrimenti sarebbe già qui davanti...»
Hitoshi rise di nuovo, ma non perse altro tempo. Con un saluto un po' distratto la lasciò sola e uscì in tutta fretta, già proiettato verso l'incontro con Naruto e la sua imminente promozione. Sakura lo guardò andare via e fece un sospiro profondo.
Non vedeva Sasuke da prima che Hitoshi tornasse.

Hitoshi trovò Naruto che fremeva ai piedi delle scale. Non ebbe nemmeno il tempo di annunciargli che gli esami erano in perfetto ordine, che il maestro lo afferrò per la nuca e lo trascinò fuori dall'ospedale, completamente disinteressato alle analisi.
«Adesso ti do il materiale e tu te lo studi tutto entro stasera» disse senza nemmeno salutarlo.
«Frena, frena!» esclamò Hitoshi divincolandosi dalla sua stretta. «Quale materiale? Non dovevamo parlare? Io ho pensato a chi può essere la spia!»
Naruto lo fissò stranito. «Ma quello era per far stare tranquilla tua madre!»
«Cosa? Ho passato tutta la giornata a scervellarmi!»
«Davvero? Ma noi sappiamo già chi è la spia. Cioè, chi pensiamo che sia...» abbassò di colpo la voce, passando a un tono a malapena udibile.
«Hai detto che era il mio esame di ammissione!»
«Prima di quello ho detto che per quanto mi riguarda eri già stato ammesso. Sei poco attento!»
Hitoshi lasciò crollare le spalle, arrendendosi. Naruto aveva deciso tutto chissà quanto tempo prima, incurante del suo parere o di quello di Sakura. Probabilmente anche se gli esami avessero indicato che era in fin di vita lo avrebbe trascinato in quella missione solo perché ormai aveva deciso così.
«Naruto...» sussurrò nervosamente, evitando il suo sguardo. «Ti ricordi che non ho lo sharingan, vero?»
«E con questo?» Naruto gli fece arrivare una scoppola. «Nessun altro Anbu ce l'ha, e questo non è mai stato un problema. Forse solo per quel rimbambito di tuo padre. Ma lui è pazzo.»
Hitoshi non seppe come reagire. Ammettere a voce alta di non avere lo sharingan era una cosa che gli capitava assai di rado: un po' era sollevato, ma anche più afflitto. Non aveva voglia di difendere suo padre, in quel momento; preferiva seguire Naruto.
«Dove dobbiamo andare?» sospirò.
«A casa mia, ovviamente. Lo studio è sorvegliato, ricordi? Micchan sarà felice di vederti!»

L'enorme villa di Naruto era come sempre popolata di gatti in varie sfumature del beige, accoccolati sul portico a prendere il sole o impegnati a pattugliare i tetti. Prima dell'ora di pranzo Hitoshi si trovò seduto nel salottino informale della villa davanti a un tè bollente, con un gattino di pochi mesi che gli annusava meticolosamente i piedi. Strano che la casa non puzzasse come il covo di una zitella.
«Questo è il mattone con i documenti» stava spiegando Naruto, sfogliando davanti a lui un plico spesso diversi centimetri. «La maggior parte dei fogli sono inutili, gli Hyuuga sanno essere noiosissimi. Vai direttamente agli ultimi.»
Hitoshi tirò un calcetto discreto al gattino e si protese per sbirciare.
«Quindi chi è la spia?» non poté fare a meno di chiedere.
«Yoshi, quel ragazzino con i capelli assurdi che fa l'Accademia anche se ha l'età per votare.»
Suo malgrado, Hitoshi esultò interiormente: «Lo sapevo!»
«Lo sapevi?» Naruto gli puntò gli occhi addosso, e Hitoshi sentì un brividino correre lungo la schiena. Non capitava spesso che Naruto lo fissasse così, ma quando succedeva si sentiva di nuovo un tredicenne incapace.
«No che non lo sapevo» balbettò. «Lo sospettavo. Andiamo, fa l'Accademia e ci sta dietro nelle missioni di livello A? Avevo già detto al Sesto Hokage che la cosa mi puzzava!»
Naruto rilassò le spalle e annuì. «Sembrava solo un allievo molto promettente. Avevano controllato tutte le sue referenze, eravamo sicuri che non fosse una minaccia... Immagino che invece la Roccia gli abbia offerto qualcosa di succoso e lo abbia convinto a passare dalla loro parte. Uno dei nostri Anbu qualche tempo fa lo ha trovato nel bosco, completamente solo. Quando lo ha interrogato lui ha detto di essere lì per esercitarsi, ma S... l'Anbu ha detto di essere sicuro di averlo sentito confabulare. Lo abbiamo tenuto un po' d'occhio in questi giorni, così abbiamo scoperto che ci sono dei brevi periodi di tempo in cui sparisce completamente nel nulla. Non siamo riusciti a capire dove va. Shikamaru ha fatto due più due e abbiamo pensato che sarebbe il caso di fare qualche domanda seria al signorino.»
Hitoshi continuò ad annuire anche quando Naruto ebbe concluso il discorso. Ne aveva ascoltato solo tre quarti, tutto preso a crogiolarsi nell'orgoglio di aver confermato che Yoshi non era un bravo ragazzo, ma quando si accorse che era tornato il silenzio capì che avrebbe dovuto dire qualcosa.
«Sì, era uno dei tre a cui avevo pensato» commentò allora in tono noncurante. Non vedeva l'ora di sbatterlo in faccia a Chiharu.
Naruto lo fissò un po' sospettoso, poi sospirò e gli porse il faldone al di sopra del tè. «Si parte questa notte. Pensi di riuscire a studiartelo tutto?»
«Per chi mi hai preso? Certo che ce la faccio!»
«E la testa sta bene?»
«La farò stare bene.»
Naruto fece un largo sorriso, fiero delle proprie capacità di educatore. «Questo è il mio ragazzo!» esclamò ripromettendosi di fare un resoconto accurato a Hinata.
«Beh, piano con le parole...» mormorò Hitoshi incassando la testa tra le spalle, ma proprio in quel momento sentì un fruscio sotto il sedere, dove c'era lo spazio per le fondamenta. Si irrigidì. Scambiò uno sguardo con Naruto, che invece pareva non essersi accorto di niente, e all'improvviso si sentì afferrare una caviglia sotto il tavolino.
Il primo istinto fu di sfoderare un kunai e pugnalare la mano, ma non era armato. E per fortuna non lo era: perché una vocina entusiasta iniziò a strillare che lo aveva catturato, e da sotto il pavimento spuntò un impolveratissimo Minato – sia lui sia Itachi avevano una grande passione per le fondamenta.
«Hitocchi!» strillò cercando di abbracciarlo.
Hitoshi lo tenne lontano con un gomito, facendo rallentare i battiti del cuore.
«Ti avevo detto che sarebbe stato contento di vederti» ridacchiò Naruto sorseggiando il tè.
Nonostante la schiera di fratellini minori, Hitoshi non riusciva a sentirsi a suo agio con i bambini. Chissà perché, questo di solito si traduceva nel loro sconfinato amore e in tremendi tentativi di coinvolgerlo in giochi e avventure.
«Non hai portato Itachi?» chiese Minato rubando un cracker dal tavolo.
«Non sono passato da casa» borbottò Hitoshi, cercando rapidamente una scusa per allontanarsi. Aveva bisogno di una sigaretta. Subito.
«L'altro giorno con lui e Chomi abbiamo catturato un furetto, lo sai?»
Hitoshi provò una punta di fastidio al pensiero che tre bambini di cinque anni avessero fatto la stessa cosa che al suo gruppo di tredicenni aveva portato via un'intera giornata. Si sentì un po' in inferiorità, e quasi si strozzò con il tè.
«Ho molto da fare... Devo proprio andare...» borbottò alzandosi in tutta fretta.
«Posso venire con te? Papà, posso andare a giocare da Itachi?»
Hitoshi lanciò a Naruto un'occhiata colma di panico, anche se si convinse che fosse un'occhiata d'avvertimento. Il maestro ridacchiò sotto i baffi, ma alla fine prese Minato per una mano e se lo trascinò sulle ginocchia.
«Per oggi no, Micchan. Facciamo un altro giorno, ok? Hitoshi ha tanto lavoro da fare e ha bisogno di tranquillità. Magari può dire a Itachi di venire a giocare qui da noi.»
Hitoshi li fissò, le braccia dell'uno a circondare le piccole spalle impolverate dell'altro.
Suo padre non lo aveva mai abbracciato così. Non gli aveva mai parlato con quella voce. Non aveva mai appoggiato la guancia alla sua in quel modo. Avvertì una stilettata di invidia in fondo allo stomaco, mista all'urgenza di andarsene, e per farlo si congedò in tutta fretta, quasi maleducatamente. Sperava di non incontrare Sasuke prima della missione di quella notte, e sperava con quella missione di riparare al disastro di Suna e potersi presentare a lui con il mento ben alto... Ma anche se ci fosse riuscito, sapeva che il loro rapporto non sarebbe mai potuto essere come quello tra Naruto e i suoi figli.


*


Otto di sera, tramonto. La luce del sole morente tingeva le pareti dell'infermeria di un morbido arancio, disegnando lunghe ombre dai margini smussati sui muri altrimenti bianchi. Il piccolo medico dalla testa canuta stava terminando la visita di Kotaro con l'espressione di uno che ha appena incontrato Buddha per strada.
«E' impossibile, eppure... Le coste sono quasi completamente ripristinate» mormorò.
Kotaro stava evidentemente trattenendo un'ondata di orgoglio prorompente. Chiharu, seduta a gambe incrociate sul letto accanto, gli rivolse un'occhiata furibonda e incredula.
«Come diavolo hai fatto?»
«Le Porte del Chakra» spiegò Gaara, lievemente corrucciato. «Sei già a questo livello?»
Chiharu fissò Kotaro indispettita e gli augurò di squarciarsi le labbra per il troppo sorridere.
«Ho avuto un po' di tempo per concentrarmi...» disse il ragazzo, quasi in tono di scusa. «Adesso posso tornare a Konoha?»
Il medico scosse la testa e scrollò le spalle, guardando Gaara in attesa di un commento.
«Ci sono controindicazioni?» chiese il Kazekage.
«Nulla, a parte un discreto invecchiamento precoce.»
«Allora domattina partirai con gli altri shinobi di Konoha, dopo...»
«E io?» intervenne Chiharu, il cuore che batteva all'impazzata nel petto. «Io resterò qui da sola?»
«E' meglio...» iniziò il medico, ma lei lo interruppe furibonda.
«Io voglio curarmi a casa mia, se devo scegliere! E' questo posto che mi sfinisce, il clima fa schifo, la qualità delle cure è pessima!»
«Dal momento che ti rifiuti di farmi conoscere i dettagli della tua salute, credo che sia meglio per tutti, te inclusa» disse Gaara senza scomporsi, mentre Kotaro passava lo sguardo dall'uno all'altro.
«E io dovrei restare qui con un ciarlatano che non ha mai neanche letto la mia cartella clinica completa?» sbottò lei.
«Quando vorrai condividere...»iniziò Gaara, ma un bussare improvviso lo interruppe. Vagamente infastidito si voltò , e con gran sorpresa si trovò davanti Baka Akeru, tutto scuse e sorrisi dispiaciuti.
«Sono davvero mortificato per l'interruzione, nobile Kazekage. Scusate tutti, mi dispiace, ho una cosa urgentissima da fare» garantì il ragazzo, sgusciando dentro senza essere stato invitato. Sotto lo sguardo attonito dei presenti si avvicinò al letto di Chiharu, le dispose sulle ginocchia un foglio fittamente scritto e le mise in mano una penna. «Qui» disse indicando una linea in un angolo in basso.
«Cosa diavolo è?» ringhiò lei, nonostante tutto incapace di guardarlo. Averlo a pochi centimetri di distanza le faceva bruciare tutti i punti in cui l'aveva baciata poche ore prima.
«Fidati» sussurrò lui in tono di urgenza. «E' quello che vuoi.»
Lei gli gettò un'occhiata nervosa, che spostò sul foglio subito dopo. Fece scorrere rapidamente le righe, lesse qualche termine sconosciuto e clausole confuse che avevano a che vedere con qualche tipo di assicurazione, poi si costrinse a far funzionare il cervello, e finalmente capì.
«Che cos'è quel foglio?» chiese Gaara.
Chiharu sperò che Akeru non dovesse pentirsene, e firmò.
«La prima copia» annunciò Akeru con un ampio sorriso. Prese il documento dalle ginocchia di Chiharu per porgerlo a Gaara, e facendolo le sfiorò intenzionalmente la pelle; poi prese una seconda, una terza e una quarta copia e le rimise sulle sue gambe, facendole firmare anche quelle. «Qui ci sono la sua, dottore, e la mia. Chiharu, puoi tenere l'ultima.»
«Ma che cos'è?» ripeté il dottore, innervosito.
«Un contratto di custodia medico-sanitaria, redatto secondo le più minuziose norme di Suna» spiegò Akeru schiarendosi la voce. «Io sottoscritto Baka Akeru, Jonin di Konoha, dichiaro di prendere su di me l'intera responsabilità della custodia e della salute della firmataria Nara Chiharu, Chunin di Konoha, nel tragitto tra Suna e Konoha. Il suddetto viaggio si intende improrogabile in conseguenza delle precarie condizioni di salute della firmataria. Di seguito le clausole principali che regolano il rapporto di custodia...»
«Io non ho dato il benestare per un viaggio del genere!» sbottò il dottore.
«Non è necessario. Il mio grado come ninja medico mi pone un livello più su del suo» rispose Akeru in tono flautato, prendendosi la rivincita che sognava dal momento in cui l'aveva sentito criticare il suo lavoro su Kotaro.
«Avrei dovuto esserne informato» obiettò Gaara.
«Clausola numero quattro: in caso di contingenza di priorità elevata o più, il permesso può essere accordato dal Kage di riferimento a posteriori» lesse Akeru premurosamente. «Considerata la situazione di instabilità internazionale e la necessità di avere a disposizione tutti gli shinobi, penso che si possa parlare di contingenza di priorità elevata... Il documento è perfetto» non riuscì a non aggiungere.
«Ho firmato tutte le copie» sottolineò Chiharu. «Adesso posso andare?»
Gaara passò lo sguardo da lei ad Akeru, scrutandoli sospettoso. «Spero che tu sappia cosa stai facendo» mormorò fissando lo shinobi. «Se dovesse succedere qualcosa...»
Akeru sollevò orgogliosamente il mento, e per un attimo a Gaara sembrò di scorgere un segno arrossato poco sotto l'orecchio. Come un livido.
«So esattamente cosa sto facendo. Sono perfettamente in grado di gestire la situazione.»
Il medico dell'infermeria scosse la testa, maledicendo i ragazzini idioti e le scuole per i ninja medici. Un conto era cercare di far del bene, un altro conto era essere circondato da deficienti. «Non voglio più saperne niente» annunciò, uscendo dall'infermeria. «Sparitemi da davanti!»
Gaara, rimasto solo, sospirò e scrollò debolmente le spalle. Avrebbe potuto impugnare il contratto sulla clausola relativa alla contingenza, ma con una guerra alle porte l'ultimo dei suoi desideri era far sospendere due buoni shinobi per trascinarli in tribunale. Credeva che Akeru, come ninja medico, fosse perfettamente informato della situazione clinica di Chiharu e che avrebbe vigilato in maniera responsabile... Credeva.
«Avete il mio permesso» annunciò. Chiharu si raddrizzò, accendendosi di entusiasmo, ma lui la ammonì levando un dito. «Non sarò io a dirlo a Temari.»
Un'ombra di timore passò veloce sul viso di entrambi i ragazzi, ma fu presto spazzata via dal calore confortevole della vittoria.
«Nessun problema» assicurò Akeru.
Gaara si ritirò con la sua copia del documento, sperando segretamente di trovare qualche falla che gli permettesse di renderlo non valido, e lasciò i tre ragazzi soli nell'infermeria. Kotaro guardò nervosamente Baka e Chiharu. Si schiarì la voce.
«Sei davvero sicuro di quello che hai fatto?»
Baka si girò a guardarlo quasi stupito, perché aveva dimenticato che fosse lì. «Hai qualcosa da obiettare?»
Kotaro scrollò le spalle e fissò Chiharu con un'espressione che in chiunque altro sarebbe stata di sospetto, e invece in lui era di vago dispiacere. Avrebbe voluto chiederle se stava davvero bene, invece quello che gli uscì di bocca fu: «ma... Baka?»
Chiharu arrossì e corrugò le sopracciglia. «Era l'unico medico nei paraggi.»
Se lui fu indispettito dal commento, lo nascose magistralmente. Kotaro passò ancora una volta lo sguardo dall'uno all'altra, sentendo una piccola stretta allo stomaco all'idea di essere escluso da qualunque cosa li legasse. Eppure lei, lui e Hitoshi erano ancora il gruppo sette. Stupido non c'entrava niente, era un sostituto di cui si sarebbero liberati appena rientrati. Sicuramente Chiharu aveva insistito per non perdersi il merito della missione, come aveva fatto anche lui... Doveva ricordarselo.
«Quindi domattina si va a casa?» chiese sforzandosi di sorridere.
«Grazie al cielo!» sbuffò Chiharu scendendo dal letto.
«Ci resta ancora una notte» commentò Akeru gettandole un'occhiata veloce. Lei schivò il suo sguardo, ma sentì il viso riscaldarsi e si affrettò a raggiungere il bagno perché nessuno se ne accorgesse.
Era molto difficile restare concentrata sul presente, ora che Baka era lì. Ogni volta che posava gli occhi su di lui ricordava un dettaglio delle ore che avevano passato insieme, e questo aveva una certa capacità distraente.
Non lo aveva fatto intenzionalmente, si disse quando fu sola nel bagno. Fissò il proprio riflesso. Non lo aveva programmato, non era previsto, e nemmeno si aspettava che Akeru la aiutasse davvero, alla fine. Non era stata un'azione calcolata: un minuto prima stavano parlando, e un minuto dopo lui la stava baciando. E lei... lei decisamente non affrontava i baci nella maniera giusta. Non era normale che uno la baciasse e lei automaticamente si spogliasse. Questa cosa andava discussa. Anche perché Hitoshi e Baka erano proprio le persone con cui non avrebbe mai e poi mai pensato di finire a letto, e fino al momento in cui avevano iniziato a distribuire baci se l'era cavata egregiamente nel tenerli a bada. Si passò una mano sul viso. Probabilmente era finita come era finita perché erano ragazzi giovani e prima o poi gli ormoni impazzivano, ecco perché; ma non andava bene comunque. Anche con la scusa del mestiere che li metteva sempre in pericolo di vita, non era giustificabile che uno la baciasse e lei si ritrovasse nuda. Maledizione agli ormoni e alle sparate che si era lasciata scappare davanti a Sai: di esercizio ne stava facendo fin troppo.
Sperava che almeno Akeru non pensasse che lo aveva fatto per interesse... Essendo Stupido il pericolo era relativo, ma se gli avevano dato un posto negli Anbu una ragione doveva pur esserci. Dopo il sesso avevano scambiato solo poche parole di circostanza, piene di imbarazzo e commenti sul tempo, e si erano separati prima che a qualcuno venisse in mente di parlare di quel che era successo. Chiharu non poteva avere la minima idea che poi lui si sarebbe sentito in dovere di esporsi per lei. Non glielo aveva mai chiesto, né durante né dopo.
Oltretutto, anche se fosse stato, lei aveva pensato a un trucco medico, non a un contratto di custodia. Quello sì che era contorto. E furbo. E pericoloso, per lui: persino Chiharu sapeva di essere una testa calda, se le avessero detto di prendersi la responsabilità di una sua gemella avrebbe rifiutato. O comunque non avrebbe accettato senza pretendere di vedere una cartella clinica. Akeru doveva essere mostruosamente Stupido o schifosamente borioso, una delle due.
Sperava per lui che tutto andasse bene...
Osservò ancora il suo riflesso allo specchio, le guance arrossate e le labbra leggermente umide. Aveva una cera molto migliore rispetto a quella mattina, doveva ammetterlo.
Con irritazione aprì l'acqua fredda e si lavò energicamente la faccia.


*


Il profilo dei tetti di Konoha si stagliava su un cielo straordinariamente sereno e ingombro di stelle. Le sagome dei palazzi si disegnavano lunghe sulle strade, descrivendo coni d'ombra e triangoli di luce improvvisa, e i pochi passanti si affrettavano a rientrare a casa dopo aver fatto tardi.
Le finestre delle abitazioni erano per la maggior parte buie. Anche quelle del palazzo che Hitoshi stava osservando, nascosto dietro un comignolo poco distante. Accucciato dietro il tubo di alluminio contava i piani cercando di abituarsi alla difficoltà di portare la maschera da Anbu e mantenere la visione periferica, per non parlare della consapevolezza dei metri che lo separavano dal terreno.
Naruto non lo aveva presentato agli altri Anbu, prima di partire. Il luogo stabilito per l'incontro era già pieno di gente mascherata quando era arrivato, e nessuno aveva detto nulla. Non sapeva nemmeno se si conoscessero tra loro, ora che ci pensava. L'unico a volto scoperto era Naruto, che evidentemente gongolava all'idea di essere potenzialmente il bersaglio più appetibile, e Hitoshi sperava che almeno lui fosse sicuro di avere intorno solo Anbu e non Yoshi in persona... Ma conoscendo il maestro non era poi così tranquillo.
Dopo il raduno, gli uomini si erano dispersi per Konoha andando a occupare le posizioni che erano state assegnate a ciascuno. Con una nota di timore – per non dire vero e proprio panico – Hitoshi si era accorto di essere tra quelli più vicini al centro dell'azione, e questo significava che avrebbe sicuramente avuto un ruolo non marginale nell'intera impresa. Ne era fiero e, tutto sommato, grato; ma l'orgoglio non gli impediva di sentirsi suggerire da una vocina maligna che probabilmente non sarebbe stato all'altezza del compito. Era triste essere finalmente dove aveva sempre sognato, e non poterne godere.
Guardò l'orologio per la trecentesima volta. Mancavano un paio di minuti all'entrata in scena, ma già il cuore minacciava di schizzargli fuori dalle orecchie per la tensione. Cercò di non pensare né alle vertigini né al pacchetto di sigarette nascosto nel marsupio a casa, però purtroppo era precisamente ciò su cui finiva per concentrarsi.
All'improvviso un fruscio a margine del tetto gli fece tirare fuori spasmodicamente i kunai, ma era solo Naruto. Gli si avvicinò facendogli cenno di stare in silenzio, lo raggiunse e indicò una finestra buia all'ultimo piano del palazzo.
Hitoshi annuì nervosamente. Naruto era venuto ad accertarsi che non svenisse per la fifa? Grazie tante. Scommetteva che non era certo andato dagli altri Anbu, maledizione. Sentì sul collo lo sguardo immaginario di suo padre e con un brivido si grattò la nuca, dicendosi che era paranoico. Non lo aveva ancora incontrato da quando era tornato da Suna.
Tutto libero, sillabò Naruto senza emettere suono.
Hitoshi annuì, asciugando le mani sudate sui pantaloni. Naruto sospirò appena e fece per posargli una mano sulla spalla, poi si trattenne.
Sai cosa mi aspetto.
La cosa strana, ora che Hitoshi ci pensava, era che in tutti quegli anni non si era mai reso conto di quanto Naruto fosse stato esigente con loro. Non aveva grandi doti di educatore, ma nel corso degli anni li aveva portati a fare esattamente tutto quello che lui aveva chiesto: non aveva mai permesso a nessuno di restare indietro, di dire 'non ce la faccio' o farsi da parte; anche quando credevano di essere arrivati al limite lui li spronava un poco più oltre, e loro buttavano giù una porta e scoprivano che c'erano molte altre cose che potevano fare, molti altri livelli da raggiungere. Era riuscito a farlo persino con quella testaccia bacata di Chiharu, quando aveva blaterato di non voler più essere ninja, ma nessuno capiva come diavolo ci fosse riuscito e ci riuscisse tuttora. Forse doveva correggersi: non faceva così schifo come educatore...
Al pensiero Hitoshi si sentì un po' riconfortato: anche senza Sharingan restava un Jonin speciale della squadra dell'Hokage – ma non lo avrebbe mai, mai detto a voce alta.
Naruto lo riportò al presente facendogli un rapido cenno e sparendo in una nuvoletta di fumo. Le lancette sull'orologio dicevano che mancavano pochi secondi alla partenza. Hitoshi le fissò con il pugno serrato fino a segnarsi i palmi delle mani. Quando la lancetta sottile toccò lo zero partì come un fulmine verso l'obiettivo, e tanti saluti alle vertigini.

Yoshi era fermo sul letto perfettamente rifatto, vestito di un improbabile pigiama a paperelle. Se ne stava a pancia in su, le ginocchia piegate e le mani che tamburellavano sulla pancia, e fissava l'orologio fosforescente appeso alla parete di fronte. Non c'era molto intorno a lui, a parte il letto, un cassettone e quell'orologio: a una sedia erano posati disordinatamente i vestiti del giorno, i sandali spuntavano per metà da sotto il letto.
Anche lui vide la lancetta sottile toccare lo zero, e quando ciò accadde si alzò di scatto, disfece le coperte e ci si sedette con le punte dei piedi che sfioravano il pavimento, pronte a farlo scattare.
Puntò gli occhi sulla finestra, brillanti di aspettativa, e trattenne un sorriso. Stava contando.
La finestra andò in frantumi al suo dieci, esplodendo in mille pezzi come una palla di vetro. Il kunai che l'aveva infranta si conficcò al centro del letto, nel punto esatto in cui era stato il suo sedere fino a pochi istanti prima, ma lui era già dall'altra parte della stanza, oltre la porta che conduceva in corridoio. Sentì un certo numero di passi invadere la casa mentre correva fino alla porta del bagno. Due shuriken sibilarono accanto al suo orecchio quando spalancò la porta, un altro scheggiò il lavandino quando salì sul water, spalancando la finestrella con grata poco più sopra.
«E' in trappola!» sentì dire a una voce soffocata. Sorrise.
Le sue mani si strinsero sulle sbarre di metallo, spingendo. Quelle cedettero delicatamente e caddero all'esterno, facendo un volo di svariati piani. Yoshi si issò nello stretto passaggio, da lì si aggrappò alla grondaia, fece presa con i piedi nudi e raggiunse la finestra accanto. Sotto di lui Konoha dormiva, ignara della silenziosa concitazione attorno al palazzo.
Uno spiffero di aria gelida si insinuò nella schiena di Yoshi, che con un brivido si issò ancora più in alto per raggiungere il margine del tetto. Un ultimo sforzo e fu in ginocchio sulle tegole, i sensi all'erta.
Un kunai si conficcò accanto al suo piede, un altro gli mancò di poco la testa. Sentì dei richiami simili a quelli degli uccelli, ma non li confuse neanche per un momento. Si sollevò quel tanto che bastava per correre, volò quasi lungo il margine del tetto fino a un angolo lontano, da cui spiccò un balzo verso il palazzo vicino. Si voltò appena, vedendo non meno di quattro ombre seguirlo con velocità sorprendente, e sorridendo sgusciò giù per un abbaino e si moltiplicò in tutta fretta. Lui rimase rannicchiato nell'ombra, la copia continuò oltre fino a un balcone dall'altra parte della strada.
Le ombre che lo seguivano lo oltrepassarono per raggiungere lo Yoshi fasullo, saltando sopra di lui convinti di non averlo mai perso. Yoshi si accomodò tra le tegole e attese ancora qualche secondo, quindi strisciò fino al bordo del tetto e si lasciò scivolare silenziosamente su un balcone.
Dove trovò Naruto e un Rasengan lucente.
«Molto veloce» disse Naruto approvando la sua trasformazione.
Yoshi sorrise, gli occhi fissi sulla sua mano. «Allora, quando arriva il piccolo?»
Naruto arricciò la base del naso. A cosa si riferiva? «Vuoi tirarla per le lunghe?» ribatté, le pupille che rapidamente si assottigliavano fino a ridursi a due fessure acuminate.
«Sembri molto sicuro di te...»
Yoshi allungò una mano coperta di chakra verso la parete, Naruto reagì scagliando il rasengan, ma il balcone vibrò sotto i loro piedi e il braccio del Jonin deviò, mandando la sfera di vento a esplodere contro il palazzo. Il balcone fu divelto dall'onda d'urto, schiantandosi diversi piani più in basso. Yoshi cadde, cercando di tenersi adeso alla parete del palazzo. Le sue mani sfregavano contro l'intonaco, da cui si staccavano granelli di sabbia che gli finivano negli occhi, ma a un certo punto incontrò una ringhiera e frenò la sua corsa.
Sapeva che l'esplosione avrebbe richiamato gli inseguitori, così scappò nel vicolo più vicino senza guardare dove portasse. Naruto, aggrappato al cornicione di una finestra, imprecò e risalì veloce verso il tetto, per dare indicazioni agli Anbu in arrivo.

Nel frattempo Hitoshi si era un po' perso.
Era stato sul tetto del palazzo quando avevano sfondato la finestra ed erano entrati in camera di Yoshi, lo aveva inseguito quando era scappato sul tetto vicino e alla fine lo aveva visto sparire in una nuvoletta di fumo come la copia che era. La cosa lo aveva irritato più di quanto amasse riconoscere, anche perché fino a un istante prima si stava complimentando con se stesso per come affrontava bene le cose. Ma lo aveva anche lasciato smarrito. Per fortuna, poco dopo, il rumore di un'esplosione aveva indicato a lui e agli altri membri del gruppo la direzione giusta, e tornando indietro avevano trovato Naruto che dava istruzioni su come muoversi..
Doveva darsi una svegliata, si disse con un breve attimo di angoscia, o avrebbe fatto il flop definitivo. Mentre lo pensava, una piccola fitta dietro l'orecchio corse a ricordargli che l'effetto degli analgesici sovradosati era ormai attenuato dall'assuefazione, e che presto sarebbe finito.
Seguendo le indicazioni di Naruto corse sul cornicione del tetto fissando l'impenetrabile oscurità del vicolo. Con il dolore era tornato il pensiero di Kotaro e Chiharu e Stupido – Dei, Stupido! - che portavano a termine la sua missione lasciandolo in un letto d'ospedale, mentre lui rischiava di fallire anche la seconda possibilità che gli davano per entrare negli Anbu... Era proprio furioso. Così furioso che l'aumento di sangue al cervello estese il leggero pulsare dell'emicrania all'altro orecchio.
Poi colse un movimento con la coda dell'occhio, molto più in basso, una sagoma che si muoveva rasente il muro. Prima ancora di pensare si trovò a sputare una palla di fuoco, illuminando a giorno il piccolo vicolo e tutte le finestre che vi si affacciavano. Nella luce improvvisa tutti videro Yoshi guardare stupito verso l'alto, riparandosi il viso con le braccia.
Gli Anbu conversero su di lui, accerchiandolo. Kunai e shuriken si conficcarono a pochi centimetri dalla sua sagoma, costringendolo a rannicchiarsi per evitare ferite. Hitoshi dimenticò in un attimo le vertigini e il mal di testa, saltando di balcone in balcone per essere il primo a mettergli le mani addosso; quando arrivò giù per poco non fu colpito dai kunai diretti a Yoshi, ma fu senza ombra di dubbio il più veloce. Senza esitare lo spinse pancia a terra e gli bloccò le mani dietro la schiena.
«Come diavolo hai fatto?» lo sentì bofonchiare contro l'asfalto, appena prima che un altro Anbu gli premesse la testa per costringerlo all'immobilità completa. Nonostante la tentazione Hitoshi non rispose, perché se gli Anbu indossavano una maschera una ragione c'era, ma quando vide il mezzo sorriso con cui Yoshi lo guardava sentì un brivido gelido correre lungo la spina dorsale.
«So chi sei.»
«Bravi!» esclamò la voce di Naruto mentre li raggiungeva trionfante. «Ottimo lavoro, ragazzi! Legatelo e andiamo indietro!»
Hitoshi si fece da parte per lasciare che due Anbu stringessero corde coperte di sigilli bloccanti attorno ai polsi di Yoshi. Il mal di testa era tornato e si era spostato più al centro, seguendo il battito rapido del suo cuore. Guardò Naruto, che gli strizzò l'occhio in segno di approvazione, ma non riuscì a condividere il suo entusiasmo: Yoshi sapeva che c'era lui dietro quella maschera.
Non solo l'ufficio dell'Hokage era sorvegliato.






* * *

Hitoshi fa quasi tenerezza in questo capitolo.
Dai, un pochino. Ino-ino?

In ogni caso, nel prossimo capitolo incontrerà Sasuke!
*effetti sonori*
...E anche Naruto incontrerà Sasuke.
Ci siamo un po' rotti le scatole del capo Uchiha, diciamocelo.
E' il momento di dargli una scrollata!

Un saluto a tutti e ancora grazie a voi che leggete sempre!


  
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