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Autore: Avenal Alec    25/10/2015    2 recensioni
Una ragazza, il patto con una spada infernale, un incontro inaspettato, la speranza che anche la sua vita possa rinascere come la natura quando arriva la primavera...
DAL TESTO..
Il viso sporco di fango, sangue e fuliggine è rivolto al terreno; non deve alzare gli occhi per sapere cosa vedrà, c’è abituata ormai: solo morte e distruzione. È stato solo un altro freddo, calcolato massacro: donne, uomini, bambini e vecchi. Non si sentono gemiti di dolore e pianti di disperazione, non ce ne sono mai: nessuno rimane vivo per piangere i propri morti.
Quando la Danae colpisce nessuno sopravvive per raccontare la carneficina.
Genere: Azione, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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LA PRIMAVERA È ARRIVATA FORSE…


La giovane si accascia esausta a terra.
Poggia la schiena al muretto in pietra. Le gambe leggermente raccolte, le mani stanche poggiate mollemente sulle ginocchia. La spada ancora macchiata di sangue è accanto a lei, non se ne separa mai. 
Tutto attorno è immobile. 
Il viso sporco di fango, sangue e fuliggine è rivolto al terreno; non deve alzare gli occhi per sapere cosa vedrà, c’è abituata ormai: solo morte e distruzione. È stato solo un altro freddo, calcolato massacro: donne, uomini, bambini e vecchi. Non si sentono gemiti di dolore e pianti di disperazione, non ce ne sono mai: nessuno rimane vivo per piangere i propri morti.
Quando la Danae colpisce nessuno sopravvive per raccontare il carneficina.
Lentamente il respiro torna regolare, ma la giovane non sembra voler alzare gli occhi da terra. 
Un gemito sussurrato l’assale, allunga la mano verso la spada. Una grossa pietra color rubino ne adorna il pomello. Le sue dita stringono l’impugnatura con una tale forza da far sbiancare le nocche. Rimane immobile, il respiro mozzato dal dolore; Un brivido le percorre il corpo poi, dalla manica della giacca ormai usurata e sdrucita, appare un serpente nero come la pece. L’aniamel sembra perdersi nel riverbero del mattino: a tratti appare vivido e reale, in altri sembra appiattirsi sulla pelle della mano. Dopo un istante d’immobilità il rettile scivola verso l’impugnatura e la lama della spada; Subito dopo un secondo serpente segue il precedente. Le due irreali figure si accavallano, si attorcigliano sulla lama fino a diventarne parte, graffiti immobili forgiati con la spada.
Finalmente la ragazza torna a respirare. Alza i suoi tristi occhi color nocciola, pieni di dolore e rimpianto. Un’unica silenziosa lacrima le percorre la guancia, le labbra serrate. Un singulto, poi la resa di fronte all’inevitabile. 

Un destino, un desiderio di vendetta, un richiamo di aiuto così forte alla quale la Danae non poteva non rispondere. E’ apparsa a lei, in quella fredda e umida prigione in cui aveva vissuto per anni, un oscuro luogo buio di follia dove era stata reclusa e cacciata dal suo stesso sangue. 
Il suo peccato? Essere nata. Essere figlia di sua madre. Essere sopravvissuta alla sua morte, monito al mondo dei suoi peccati.
Era appena entrata nella pubertà quando il patto era stato siglato. La Danae, apparsa come d’incanto, cosparsa da un alone di stelle, le aveva parlato, aveva sussurrato con flebile voce soave alla sua mente malata: una goccia del suo sangue e avrebbe ritrovato la libertà e la vendetta nei confronti dei suoi torturatori impietosi, che per 10 anni l’avevano fatta marcire in quella fetida prigione buia. La giovane non agognava altro: cosa poteva essere mai una goccia del suo sangue in cambio della libertà e della vendetta? Senza indugio si era accostata alla spada fluttuante: strane creature simili a serpenti ne adornavano la lama e una grossa pietra nera come la notte impreziosiva l’impugnatura, altrimenti molto semplice. La voce nella sua testa continuava ininterrotta una litania che raggiungeva il suo cuore, riempieva la sua mente e faceva sussultare la sua anima: 
“In me troverai la pace,
in me troverai la vita.
Io ti donerò la forza,
io ti donerò la velocità,
io ti donerò un nuovo mondo.
Non più tormenti,
non più dolore.
Usami
e io ti amerò,
ti onorerò
e non ti abbandonerò.
Dissetami con il tuo sangue
e io ti donerò la vita.”
La ragazza, col cuore colmo di stupore, aveva afferrato la lama con entrambe le mani. Aveva chiuso gli occhi: un dolore immediato l’aveva investita, ma lo aveva cavalcato e vi si era immersa. 
Rivoli di sangue macchiavano la lama ma nemmeno una goccia cadeva al suolo; la spada aveva cominciato a respirare e palpitare tra le sue mani ferite: i serpenti che vi erano impressi avevano cominciato prendere vita muovendosi sinuosi lungo l’argento brunito della lama. La pietra nera stava lentamente cambiando colore, diventando color rubino. Palpitava come un cuore vivo. I movimenti dei due serpenti apparivano sempre più confusi, più reali e concreti. Un bagliore accecante, poi il buio. 
La ragazza si era accasciata a terra esausta, la spada ancora tra le mani; sentiva qualcosa strisciarle sul braccio nudo e sfregiato dalle numerose cicatrici malamente rimarginate: i due serpenti neri si muovevano sul suo braccio, ma la giovane non aveva la forza di scacciarli, non aveva forza per scostarsi; li osservava immobile, ipnotizzata dalle spire luccicanti. Imperterriti, i due rettili si muovevano sinuosi verso il suo petto mortificato da altre cicatrici. Poi, come d’incanto, erano spariti dentro di lei; un singulto, un dolore acuto, poi aveva cominciato a percepirli dentro di lei mentre avvolgevano le loro spire al suo cuore, annidandosi nella sua anima. All’improvviso era stata posseduta da una forza che non aveva mai conosciuto prima e aveva sentito la vita scorrerle tra le vene. Si era lasciata cullare da quella forza, che sembrava proteggerla. I momenti successivi erano stati sincopati e frenetici: il suo io più profondo, cullato nelle spire dei serpenti, aveva osservato il suo corpo alzarsi e colpire con forza la porta ripetutamente, i passati affrettati del suo torturatore, il chiavistello girare. Il suo corpo si era scostato: l’uomo non aveva neanche avuto il tempo di capire che già la sua testa era rotolata sul pavimento. La ragazza aveva osservato quel corpo immobile, indifferente, lontana da qualunque passione o sentimento; gli occhi di quell’uomo, che l’avevano sempre guardata con odio, rabbia e follia, ormai erano senza vita. 
Suo padre: sangue del suo sangue, il suo carnefice e torturatore. 
Non aveva indugiato vicino a quel corpo ormai inanimato, un ultimo sguardo e poi era scappata dalla porta aperta. 

La giovane ha ancora ricordi confusi di quella fuga, ma da allora la spada non l’ha più abbandonata, impossessandosi di lei ogni volta che nelle vicinanze percepiva della magia latente. Il patto era stato siglato e lei aveva donato il suo corpo e la sua anima ad uno strumento di morte, perché la Danae non era altro che questo: un magico artefatto infernale che si cibava della vita e della forza vitale delle persone. La Danae era la morte, la tenebra, l’inferno di chi non conosce pietà.
Si riscuote dai suoi pensieri; ogni volta, ogni singolo giorno da quando si è liberata dalla sua prigionia, ripensa alla sua scelta: non tornerebbe mai indietro, ma sente che sta perdendo la sua battaglia con la spada. Ben presto le apparterrà completamente, la sua anima sarà risucchiata dalla tenebra e non ci sarà alcuna vita da vivere e da sognare. 
Un respiro profondo, poi la ragazza si alza in piedi con una certa agilità. Non si guarda in giro: non vuole guardare, non ne ha la forza. Aveva tentato di evitare il villaggio, ma era stato troppo tardi: la forza della spada aveva cominciato a pulsare percependo la forza vitale delle anime degli abitanti, i serpenti avevano cominciato a risvegliarsi e, subito dopo, si erano impossessati di lei, del suo corpo, e l’avevano resa un mero strumento del loro mortale godimento.
Ora recupera lo zaino, l’arco, le frecce e i pugnali ricurvi lasciati alle porte del villaggio e si incammina verso il bosco: la sua via di fuga, la sua casa, l’unico luogo in cui sa di non incontrare uomini a cui può far male. 
Dal lontano giorno della fuga la vita errante è diventata l’unica che conosce. I primi tempi aveva tentato di avvicinarsi a qualche insediamento, ma l’unico risultato che aveva ottenuto erano stati dei massacri per cibare la spada di altro sangue. 
Passava le giornate in attesa di qualcosa: una via di uscita, un modo per ritrovare quella vita normale che ricordava di aver vissuto prima della prigionia, quando era circondata da persone che l’amavano e la cullavano con dolci nenie prima della notte. Erano confusi frammenti di un passato che ricordava appena, ma al quale si era aggrappata con tutta se stessa per non impazzire.  

La giovane procede con ritmo sostenuto: vuole allontanarsi il più possibile dal villaggio, ma non sa ancora che direzione prendere; di solito vaga senza meta tra i boschi, cacciando a volte, ma soprattutto muovendosi in maniera confusa. Non riesce a rimanere ferma da qualche parte: sebbene sappia di aver massacrato tutte le persone presenti nel villaggio, l’irrazionale terrore che qualcuno la segua per riportarla in quella stanza buia la spinge a muoversi sempre. Ha scelto un sentiero a caso, non sa dove lo porterà, probabilmente verso il fiume. 
Non pensa quando cammina, non dopo che la Danae si è svelata in tutta la sua forza: è un semplice corpo in movimento che non può fermarsi per trovare riposo e giovamento.  
Un grido lontano, seguito da un pianto infantile, riscuote la giovane dalla sua trance. Normalmente passerebbe dritta, ma quel pianto risveglia i lontani dolori della sua infanzia. Decide di allontanarsi dal sentiero, si arrampica sul costone che lo costeggia e, con cautela, si avvicina al luogo da cui proveniva il pianto. Man mano che si avvicina i rumori diventano più forti: masserizie sbattute o lasciate cadere a terra, grugniti e qualche bestemmia; nell’aria di sente odore di legna bruciata. 
Attraverso i rovi la ragazza riesce finalmente a vedere ciò che sta avvenendo più in basso: dei briganti hanno assaltato un carro.
La Danae, nel suo fodero, non accenna a riprendere vita: perché dovrebbe? Quegli uomini sono fatti della sua stessa pasta. Il carro coperto da un telone è trainato da due buoi, ora al pascolo poco più in là; probabilmente una famiglia che si stava dirigendo al mercato nel villaggio in fondo alla valle e aveva deciso di fare colazione prima di continuare il viaggio. 
Osserva con attenzione: accanto alla ruota anteriore del carro un corpo maschile è riverso sulla schiena e l’asta di una freccia gli spunta dal petto. È morto sul colpo: probabilmente stava tentando di raggiungere la sua arma sul carro. Poco distante altri due corpi più piccoli, due ragazzini adolescenti. Dietro il carro scorge la gamba lattea di una donna: è macchiata di sangue. Nessun movimento, non percepisce in lei il fluire della vita, ma solo il suo bagliore che, lentamente, si affievolisce- percepisce la vita che svanisce un dono perverso della Danae-. Un uomo spunta da dietro il carro e si riordina le brache con un sorriso soddisfatto sul viso sfregiato dal vaiolo. Si guarda circospetto in giro e annusa l’aria; percepisce qualcosa e osserva attentamente tra le fronde dove si trova la giovane: “Roark” urla “vieni fuori, dobbiamo andare, portati la bambina”.Un grugnito dall’interno del carro, dei movimenti, altri singulti di sottofondo. Un secondo uomo spunta da sotto il tendone.
“Che c’è Drug, non avevo nemmeno iniziato”, ma sta già scendendo dal carro trascinandosi dietro una bambina di tre o quattro anni, con un caschetto di capelli castani che incorniciano un viso smunto ma pulito; ha gli occhi gonfi di pianto, sbarrati dal terrore e le mani legate con una corda; non urla, non si ribella, sembra solo ciò che è: un cucciolo pietrificato dalla paura. 
Roark borbotta e strattona la piccola, facendola cadere malamente a terra mentre scende dal carro. “Muoviti” le urla tirandole un calcio. “Drug, cos’è tutta questa fretta? Non c’è anima viva qui intorno: se arriviamo a Lunadel vorrai consegnarla subito a…” L’uomo sfregiato non lo lascia continuare “Ne potrai avere quante ne vorrai con i soldi che faremo con questa. Ora prendi su quello che serve e andiamocene, vado a recuperare i cavalli”. Roark osserva il compagno allontanarsi, lega la bambina ad un raggio del carro e si affretta a recuperare tutto ciò che potrebbero barattare al mercato. 

La giovane continua ad osservare ed i suoi occhi scrutano la bambina: così piccola, così indifesa. In un giorno qualunque le sono stati strappati i genitori e, ben presto, la sua vita diventerà un tormento. Le mani fremono sull’elsa della spada: sa che la Danae non farà nulla per aiutarla. In passato le è già capitato di voler aiutare qualcuno, ma la spada le si era rivoltata contro e aveva sterminato chi aveva tentato di salvare. Tutto in lei le dice di lasciar stare: non può fare nulla, eppure il suo sguardo è incollato alla piccola legata alla ruota. Non potrà aiutarla ma, forse, le potrà donare una fine misericordiosa. 
La Danae comincia a pulsare nel fodero, il bagliore bluastro si intravede anche attraverso di esso; sente l’odore della sua speranza: adora nutrirsi dei suoi sentimenti più innocenti e vibra deliziata percependo il suo piano. La giovane si sente dilaniata dall’orrore per ciò che sta per commettere. La voce della spada comincia a farsi sentire, comincia ad adombrare la sua anima e il suo corpo. Lei lotta con tutte le sue forze, non vuole che la spada si nutra di quella piccola: la ucciderà lei col pugnale, la spada non deve contaminare le giovani carni di quella fragile e innocente creatura. 
Lentamente il bagliore della Danae comincia a diminuire. La giovane sa che la spada sta giocando con lei e che, appena potrà, comincerà a tormentarla, ma spera di riuscire a controllarla abbastanza al lungo. Per la prima volta in vita sua non vuole essere adombrata dal suo potere mentre cercherà di liberare dalle pene la piccola. Ha preso la sua decisione e sente una scintilla nel suo cuore, sa che sta facendo la cosa giusta: quella bambina non soffrirà quello che lei ha passato. 
L’uomo chiamato Roark sta terminando di ammucchiare la roba che porteranno via.

La giovane, con un movimento fluido e silenzioso, estrae una freccia dalla faretra che porta sulla schiena, recupera l’arco che tiene a tracolla, lo imbraccia e prende la mira: è questione di un attimo, poi scocca il dardo. L’uomo cade a terra trafitto al petto. La bambina sobbalza e si rincantuccia ancor di più vicino alla ruota. La giovane scende dal costone e scivola silenziosa sulla neve fangosa quasi sciolta - l’inverno è ormai giunto al termine-. Si avvicina circospetta al carro e guarda di sfuggita la piccola, che la osserva a occhi sbarrati. La ragazza sente di fronte a sé lo scalpiccio dei cavalli. Recupera un’altra freccia dalla faretra, ma un sesto senso l’avverte che qualcosa non va: un impercettibile rumore alle sue spalle la rende guardinga; non vuole sfoderare la spada, non ancora, e si guarda alle spalle di sottecchi… un’ombra. La giovane lascia cadere arco e freccia. In un unico movimento fluido si gira e si sposta a sinistra, sguainando i coltelli ricurvi che tiene alla cintola. Il fendente di una spada si abbatte dove si trovava giovane fino a pochi istanti prima. La ragazza non dà nemmeno il tempo al suo aggressore di ritrovare l’equilibrio dopo che il colpo è andato a vuoto e, in un battito di ciglia, è già su di lui: il coltello compie un parabola verso il collo dell’aggressore e tronca di netto la giugulare. L’uomo rantola, la mano corre inutile a tamponare la ferita al collo, mentre un fiotto di sangue imbratta il terreno di fronte a lui e la giubba in pelle. Si gira un istante verso la giovane, poi crolla a terra in ginocchio e boccheggia nel tentavo di respirare: bollicine rossastre si formano agli angoli della bocca e un fiotto di sangue comincia a calare; non c’è salvezza per l’uomo, che cade a faccia in giù sul terreno fangoso.  

Il respiro della giovane è regolare. Nessuno sforzo, non ha provato nessuna emozione ad uccidere un uomo senza l’aiuto e l’ombra della Danae. Sa che ora giungerà il momento più difficile: occuparsi della piccola. Sente la spada fremere al suo fianco, la forza dei serpenti concentrarsi sull’elsa, un dolore sordo l’assale dietro gli occhi. La vista sembra sdoppiarsi. Cerca di respirare e di controllare la potenza che sale dalla spada: sta perdendo la sua battaglia, di nuovo. Un urlo scaturisce dalla sua anima e crolla sulle ginocchia. Nessun suono esce dalle sue labbra, ma lacrime solcano le sue guance. Sente di non farcela, ma sa che se si farà sopraffare dalla spada non ci sarà più alcuna speranza, nessun futuro, nessuna libertà. 
Si aggrappa con tutte le forze ai frammenti del suo passato: quando era felice, quando era amata, quando era coccolata e viziata. Il calore del fuoco, l’odore del legno, i biscotti di muck appena sfornati, l’odore di erba e di agrifoglio. Continua a lottare per la bambina, quel piccolo essere indifeso a cui è stato tolto tutto e che le ricorda così da vicino se stessa, tra le nebbie di un periodo ormai passato. Sta lottando per lei, ma anche per il ricordo di ciò che è stata prima. Sente la spada ridere di lei e delle sue speranze che verranno disattese. La sente pulsare, ma i serpenti non accennano a superare la barriera dell’elsa. La giovane si mette in ascolto del loro potere vibrante. Percepisce una membrana tra l’arma e il suo corpo: è una sorta di confine. Non capisce cosa stia succedendo, ma sembra che la Danae sia bloccata. Continua ad osservarla, percepisce il movimento convulso dei serpenti. 
Respira.
Respira lentamente e capisce che i suoi desideri, per la prima volta così limpidi e chiari, sono più forti di qualunque condizionamento della spada. La lotta non è semplice: la spada non vuole dargliela vinta ma, alla fine, si ritrae. Rimarrà lì in allerta, la giovane lo sa, ma il fatto che per la prima volta in cinque anni la spada si sia ritratta è per lei fonte di gioia. Un sorriso appena accennato, il primo dopo anni, le illumina il viso: la giovane sente una nuova vitalità percorrerle la mente, una ventata di aria fresca in una stanza stagnante. 
Apre gli occhi, che ha tenuto serrati durante il corso della sua battaglia interiore: accanto a sé vede il corpo dell’uomo in una pozza di sangue; di fronte la bambina, che la scruta con occhi sbarrati. La giovane pensa al da farsi: cosa farà di lei? Continuare nel suo piano e ucciderla? 
Scarta immediatamente l’idea: non può farlo, non riuscirebbe a farlo a mente lucida. Lasciarla lì in attesa che passi un viandante e che la soccorra? No, troppo rischioso. Sa che non c’è soluzione: dovrà portarla con sé e accompagnarla al villaggio più vicino, dove sicuramente troverà qualcuno che si prenderà cura di lei. Riuscirà a farcela? La giovane non ne è convinta, ma la rinnovata energia che la pervade le dà una speranza, anche se flebile, di riuscire nell’impresa. Si alza in piedi un po’ indolenzita: lo scontro con la Danae è stato duro e spossante. 
Si avvicina alla bambina, si china di fronte a lei e i suoi occhi incontrano quelli castani e guardinghi della piccola. C’è qualcosa di strano nella piccola: lo sente ma non comprende cosa sia. Non le rivolge parola: le slega le mani dal raggio della ruota, poi si alza e comincia a cercare tra il mucchio di oggetti poco distanti qualcosa di utile. La bambina non si muove, è terrorizzata, ma la giovane non fa alcun gesto per rinfrancarla. Un atto simile è fuori dalla sua portata: conosce il valore della vita perché ne ha tolte troppe, ma non le è mai stato insegnato a stare con la gente. Come avrebbe potuto rimanendo imprigionata per gran parte della sua vita in una scantinato?

La bambina non si muove: è vigile e osserva la ragazza. Le persone con cui viaggiava sono morte, non ha avuto nemmeno il tempo di conoscerle. Non volevano conoscerla: era figlia della strega, una bastarda degli Altri, e solo un atto di compassione li aveva spinti a portarla con sé, lontano dalla sua casa vuota ormai, dopo che Loro avevano portato via sua madre. Quella ragazza dai capelli lunghi e corvini le piace, anche se odia le sensazioni che sente provenire dalla sua spada: sono malvagie. La mamma le ha sempre detto di scappare quando sente quelle sensazioni, ma la giovane è buona: lo vede, lo sente, sa che non le farà del male. Si alza e si avvicina alla giovane: sa di essere osservata, la ragazza non l’ha mai persa di vista, e con l’empatia che l’ha sempre contraddistinta percepisce che la giovane sta lottando contro qualcosa di oscuro. Non sa spiegarselo ma è consapevole che il loro destino è profondamente intrecciato. Ha fiducia in lei. “Come ti chiami?” chiede la bambina titubante. La giovane si volta, la osserva e poi scrolla la testa triste “Non lo ricordo”. Sono passati troppi anni da quando qualcuno l’ha chiamata per nome e, anche se vorrebbe, non se lo ricorda. La bambina capisce istintivamente e le sorride “Io sono Nene”.
La giovane non risponde: non sa cosa rispondere. Guarda il cielo: il sole è ormai alto ed è ora di rimettersi in cammino. Si alza e si girà verso la piccola. “Andiamo” le dice e, senza più voltarsi, si incammina verso il sentiero. La bambina comprende che non c’è più niente da fare lì, si guarda in giro e poi trotterella dietro alla giovane. 
La piccola osserva la sua camminata sciolta: c’è forza in lei, c’è vitalità; i suoi occhi la sondano e l’analizzano carpendone ogni flusso vitale. Aumenta il passo per mettersi al pari della ragazza. Non parla, non è ancora il momento; silenziosa, segue la sua nuova compagna di viaggio verso il destino che l’attende. 

La ragazza sente la presenza della bambina. La spada sembra essersi assopita: un buon segno? un cattivo segno? Non lo sa, adesso pensa solo ad andare avanti e cercare un riparo e del cibo per la notte, poi si vedrà. Guarda fisso davanti a sé e annusa l’aria: il profumo della primavera viene trasportato dal venti. Si lascia inebriare dagli odori che sente. Di sottecchi osserva la bambina che le trotterella accanto, sente le labbra piegarsi in un sorriso. È una sensazione strana e piacevole alla quale vuole aggrapparti.
Forse, anche per lei, la primavera è arrivata…. 


-------------------------------- NdA: Ringrazio tutti coloro che l'hanno letta. Questa storia è vecchietta, si trovava nel mio computer forse da 5/6 anni circa ma grazie al contest "L'inizio e la fine di ogni cosa" indetto da Munufury ho avuto la possibilità di tirarla fuori e farne qualcosa!! e così, eccola qua!!. Spero vi sia piaciuta!---------------
  
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