Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Mai Valentine    27/10/2015    3 recensioni
Se Merida principessa ed erede di DunBronch si inoltrasse nella fitta foresta e seguendo il suo istinto trovasse un anello di ghiaccio? E se Elsa regina di Arendelle sognasse la coraggiosa e ribelle Merida e un regno devastato dalla guerra? Un viaggio oltre il tempo, un legame oltre ogni confine, una regina e una principessa così diverse unite da uno strano scherzo del destino.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, FemSlash | Personaggi: Anna, Elsa, Kristoff, Nuovo personaggio, Olaf
Note: Cross-over, What if? | Avvertimenti: Violenza
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Arendelle
 
Nascosta tra gli alberi Merida si morse la mano, non gli era mai capitato di sbagliare un tiro e certamente non voleva colpire i due amanti. Avrebbe dovuto scusarsi in qualche modo e sopratutto raccogliere la freccia o altrimenti sarebbe stata perduta. Aveva trovato l'arco che era stato nascosto nella sala armi, dopo che Anna e Kristoff se ne erano andati e dopo aver dormito un'ora aveva deciso di esplorare il castello perdendosi più e più volte. E quando era giunta nella sala armi appesa alla parete aveva trovato il suo prezioso arco dono di suo padre; c'erano poche frecce nella faretra ma questo a lei sarebbe bastato per un allenamento veloce. Ora si trovava a  dover interrompere ulteriormente il momento intimo dei due  promessi entrando in scena con un: «O scusaste tanto, ma vedete ho trovato il mio arco e poiché non mi allenavo da molto ho deciso di farlo questa sera, al buio. Ma prego, non badate a me continuate pure». Disperata sbatté la testa contro la corteccia dell'albero disperatamente, con la coda dell'occhio continuò a osservare la scena. Sperava che i due  amanti andassero via e che lei potesse finalmente prendere ciò che le apparteneva e invece solo uno dei due fuggiva, correva velocemente come una preda inseguita da un cacciatore. «Elsa» bisbigliò. In fretta raccolse l'arco da terra e la seguì rimanendo occultata dalla fitta vegetazione del parco, voleva vedere dove stava andando la regina e proteggerla da pericolose creature notturne o da uomini molesti; guidata anche da una forte curiosità, si chiedeva perché fosse fuggita dall'uomo che l'aveva baciata.
          Camminarono per un lungo tratto fin quando Elsa non raggiunse la foce di un ruscello completamente ghiacciato e lo attraversò saltando sulla punta dei piedi. Merida rimase impressionata da tanta agilità e abilità, sembrava che la regina danzasse e si librasse a pochi metri dal suolo. Tornò a concentrarsi sulla sua di strada da percorrere se voleva continuare a seguire Elsa, innanzi a se non aveva un fiume ghiacciato ma neve alta e spessa. Determinata andò avanti, i piedi affondavano nella vene, mentre la sovrana di Arendelle continuava inarrestabilmente la sua corsa.
         Quando Elsa raggiunse il castello di ghiaccio le luci dell'alba non ancora splendevano sul suo amato regno. Il vento soffiava con forza e irruenza, sollevando il candido manto. Il cielo carico di nuvole nere tuonava minaccioso. Intorno a lei non vi era nulla solo neve, neve e il suo magnifico castello di ghiaccio che si ergeva grandioso sulla montagna del Nord. Il silenzio era assordante, il battere del suo cuore l'unico rumore. Si sentì libera, lontana dai suoi doveri di sovrana. Più di una volta aveva pensato di restare lì per sempre, sebbene la popolazione e ogni singolo membro della servitù conoscesse il suo segreto ed era  ben voluta, la miglior sovrana di Arendelle, a volte il desiderio della solitudine, di poter fare ciò che più voleva con i suoi poteri tornava a farle visita la notte, a bussare con prepotenza. Il bacio di Ramsay aveva turbato il suo animo inquieto e fragile. Desiderava una sola notte di pace. Poggiò il piede sul primo scalino, ma una voce, o meglio un rantolo la costrinsero a voltarsi. Spaventata da Ramasay non controllò il suo potere e lanciò contro l'uomo la magia.
         «Ah!» esclamò la voce alle sue spalle evitando di striscio l'attacco della regina. Elsa si voltò di scatto, in posizione di difesa fronteggiando il suo nemico.
         «Tu? Cosa ci fai qui? E perché mi hai seguita?» domandò la sovrana avanzando minacciosa e furiosa contro la principessa di DunBroch. Merida fece dei passi indietro, lentamente, alzando le mani in alto, intimorita dallo sguardo intimidatorio di Elsa. Mai avrebbe immaginato di vedere la regina così nervosa e spaventata.
         «Io, io, volevo solo recuperare la freccia che avevo perduto, poi però l'ho vista fuggire e l'ho seguita, per proteggerla. Lo giuro, non era mia intenzione scoprire questo bellissimo posto» si giustificò. Elsa continuava ad avanzare, Merida a indietreggiare e la ragazza dai folti capelli rossi mise un piede in fallo, scivolò affondando nella fredda neve. La monarca non esitò ad aiutarla e porgendole la mano la sollevò da terra. I lunghi capelli ricci erano ricoperti da fiocchi candidi, le guancie avevano assunto un colore rosso fuoco mettendo ancora di più in risalto le numerose lentiggini. Con le braccia cercava di riscaldarsi.
         «Grazie» disse battendo i denti.
         «Sta tremando». Con fare protettivo  la strinse tra le sue braccia, come  faceva con sua sorelle quando esagerava a giocare con la neve, e in quel momento notò del liquido rosso che scorreva dal fianco della principessa.
         «Non c'è bisogno di abbracciarmi, non ho freddo...?» Merida sgranò gli occhi e soffocò un gemito nel sentire le dita di Elsa, gelide, sfiorarle la carne, sulla ferita riaperta.
         «Dobbiamo tornare ad Arendelle, il dottore saprà cosa fare. Oh no, la tormenta». Neve e pioggia si abbatterono su di loro con irruenza. Elsa guardò le scale, poi la principessa che si aggrappò all'abito della donna.
         «Non possiamo tornare indietro, dobbiamo raggiungere la porta del Castello. Non separarti mai da me» urlò contro vento. Merida annuì e a passi lenti salirono le scale di ghiaccio, passo dopo passo la tormenta aumentava divenendo bufera. Elsa con un ultimo slancio aprì la porta del Castello. Scivolarono in terra, ai piedi del grande mostro di neve e ghiaccio, Marshmellow. La creatura magica nel riconoscere la sua padrona si inginocchiò al suo cospetto. Elsa si rimise in piedi posando lo sguardo sulla principessa di DunBroch che a fatica si rialzava.
         «Sto bene, sto bene. Bello slancio» disse complimentandosi con la regina e quando alzò gli occhi e si trovò di faccia il gigante aprì e chiuse la bocca, spaventata.
         «Oh per tutti gli Orsi, per mia madre orsa, per Mor'Du orso! Che cos'è questo coso?» chiese indicandolo con il dito. Il freddo e il dolore al fianco sembravano essere spariti del tutto.
         «Anche le creature più mostruose hanno un cuore, non sia offensiva. Il suo nome è Marshmellow, il guardiano del mio castello personale».
         «Hai un castello personale? Pensa che io non ho, quasi, neanche una stanza tutta per me! Gente che entra ed esce, mio padre, mia madre, i miei pretendenti che cercano di conquistare il mio cuore, i miei fratelli... I miei fratelli!» esclamò ricordandosi di aver dimenticato, di aver lasciato soli i tre principi ad Arendelle a molte miglia di distanza da dove lei si trovava.
         «Non preoccuparti staranno bene, Anna si prenderà cura di loro, lei sarà un'ottima madre e Kristoff un ottimo padre» scostò una ciocca di capelli dal viso abbassando lo sguardo, a Merida non sfuggì quel gesto.
         «Anche tu lo sarai, Elsa» rispose con un mormorio le usciva naturale chiamare la sovrana con il suo proprio nome e alla monarca di Arendelle ciò non dava fastidio.
         «Non perdiamo tempo in stupide chiacchiere, non puoi restare con quegli abiti bagnati addosso o ti prenderai una polmonite e poi c'è la ferita da curare. Spogliati e fammi vedere» era un ordine.
         «Davanti al mostro? A Marshmellow?»
         «É un pupazzo di ghiaccio e neve non ha... E va bene, Marshemellow per favore voltati». Il gigante girò le spalle, confuso. Elsa raccolse gli abiti bagnati dell'erede di DunBroch e li piegò, non avrebbe potuto accendere un fuoco, ma avrebbe potuto crearle un nuovo abito.
         «Sono pronta» disse  abbassando la sottana fino ai fianchi, mentre con le braccia si copriva i seni. Elsa controllò la ferita, non era profonda, ma qualche punto  era saltato, avrebbe dovuto disinfettarla e fasciarla. Ci pensò qualche istante e d'istinto creò dalle sue mani una sfera di neve. Il freddo avrebbe sgonfiato e pulito la zona arrossata. Sotto lo sguardo  sorpreso di Merida, Elsa strappò la gonna del suo abito e fasciò il fianco stringendo il nodo.
         «Non sarà il migliore dei modi, ma è un modo».
         «Ti ringrazio Elsa, ma ora avrei bisogno di abiti asciutti»  le fece notare Merida. Elsa la osservò, imbarazzandosi di fronte alla vista della ragazza quasi del tutto spogliata. Fece un lungo respiro e con uno schioccare delle dita la principessa straniera indossava un abito nuovo, verde, rosso con alcuni ricami in acqua marina che si intonava alla perfezione agli occhi e ai capelli della ragazza.
         «Tu davvero puoi fare questo?» domandò estasiata.
         «E molto altro, questo Castello è opera mia» rispose con un sorriso allargando le braccia «e anche Marshmellow e Olaf».
         «Sei meglio di quella strega che ha trasformato mia madre in orso, per causa mia si intende, ma questa è un'altra storia te la racconterò un altro giorno. E quindi potresti creare un drago, un drago di ghiaccio?» chiese lasciando trapelare tutto il suo entusiasmo saltellando sul posto. La regina guardò con aria titubante la ragazza annuendo.
         «Come mai questa richiesta?»
         «Ehm, nulla» rispose l'erede di DunBroch gettando all'indietro i capelli. Elsa abbassò lo sguardo sull'anello di ghiaccio, brillava. "Che Granpapà avesse ragione? Una volta ad Arendelle devo leggere quel libro, devo sapere". Il silenzio calò sulle due giovani donne fino a quando Merida con il capo chino non osò porle la domanda che l'aveva convinta a seguirla.
         «Perché prima fuggivi? Sua maestà e quell'uomo  eravate in sintonia»
         «Quando? Oh — sembrò ricordarsi tutto d'un tratto divenendo nervosa — beh, non è come pensi. Lui mi ha baciata senza che io lo volessi, senza il mio consenso e sono scappata». Elsa rispose brusca, fredda, come se non le riguardasse ciò che le era accaduto. Merida si morse il labbro, allungò una mano per accarezzare in segno di conforto la regina di Arendelle, ma Elsa scostò il braccio con un brusco scatto. Era spaventata e tremava. Stringeva con sforza le dita facendo diventare bianche  le nocche delle mani. Era diventata un'altra persona e si rese conto di non conoscere per niente quella strana donna che la incuriosiva.
         «Scusami, non avrei dovuto... Mia madre me lo dice sempre di non essere così impulsiva. Spero che mi possa perdonare, maestà» fece un inchino in segno di scuse. La sovrana abbozzò un sorriso. «Scuse concesse e preferisco che mi chiami Elsa. Ora è tempo di chiudere gli occhi, fino a domani non potremmo muoverci, ma purtroppo questo bellissimo castello è privo di letti, ci penserà Marshmellow da farvi da materasso e cuscino». Il gigante di neve abbassò il suo pesante corpo fino alla ragazza aprendo la mano. Merida titubante vi si adagiò e non appena si distese sentì il sonno invaderla.
         «Elsa?»
         «Quando sono in questo posto non ho bisogno di dormire, il mio animo riposa in questo luogo anche quando sono sveglia. Buona notte principessa di DunBroch».
 
***
         Ramsay aveva seguito l'ombra combattendo contro il forte vento fino a giungere in un luogo avvolto da uno strano e pesante silenzio. Tutto intorno vi erano alberi e l'ululare del vento e lo sferzante battere della pioggia erano lontani, si chiese se non fosse caduto in qualche trappola, in un sortilegio magico della stupida vecchia strega. Occhi rossi lo scrutavano, sentì passi pesanti e il fiato di lupo diventare sempre più vicino. Sguainò la spada che portava al fianco, pronto ad attaccare l'animale o qualsiasi altra creatura demonica, quando Shane prese le sue sembianze e furiosa  lo spinse contro la corteccia di un grande pino stringendo il colletto del cappotto. Ramsay non aveva mai visto occhi così cupi e intensi. Tremò.  
         «Merida è qui lo sento nelle ossa, devi dirmi dov'è!» esclamò furiosa.
         «Se lo sapessi saresti la prima a saperlo, è nel mio interesse che la principessa torni a casa sua» ribatté con voce tremante.
         «Maledizione» spinse di nuovo il principe lasciando poi la presa. «Mio fratello mi sta prendendo in giro, io voglio tutti i DunBroch morti, tranne Merida e lui cosa fa? Diventa amica di Elinor! Maledetto».
         «Shane non sei lucida. Devi pensare al tuo piano, al nostro piano. Ti manca un solo anello e il potere del tempo sarà tuo». La donna gli lanciò un'occhiata carica d'odio.
         «Come se se fosse semplice, quella dannata ragazzina è qui, lo sento, ma non riesco a trovarla e tu invece di essere mio complice perdi tempo a conquistare regine impossibile».
         «Come ci siamo già accordati in precedenza la conquista di Arendelle fa parte dei nostri piani e non possiamo assolutamente permettere che Elsa e Merida si incontrino o tutti i nostri sforzi non saranno valsi a nulla». Shane rifletté per un istante, era vero non si stava comportando lucidamente, si stava lasciando sopraffare dalla rabbia e dall'orgoglio ferito. I ricordi della morte di sua madre e delle torture che aveva subito da parte degli uomini del Nord erano ancora vivi nella sua mente, troppo vivi. E per un frangente Ramsay vide Shane divenire una bambina. Gli abiti che indossava, un vestito nero con una cappa rossa, le sembrarono troppo grandi per una bambina di cinque anni, il suo volto non mostrava segni di cattiveria e i grandi occhi neri luccicavano, colmi di lacrime. Fu un attimo. Shane tornò adulta, il suo volto si indurì e ogni innocenza era scomparsa dal suo corpo. La donna gli accarezzò il volto. Sentì le unghie lunghe dallo smalto rosso sangue sfiorarle la pelle e le labbra di lei imprimersi sulle sue. Era totalmente sbagliato ed eccitante. Ramsay avrebbe voluto approfondire quel contatto, ma Shane si allontanò da lui, bruscamente e rise.
         «Sei come tutti gli uomini, Ramsay. Cadete sempre nella provocazione, non sai quanti già ne uccisi in questo modo. Il mio tempo è scaduto, fai il tuo dovere e non deludermi».
         «Ho interesse anche io in tutto questo, mia regina dell'ombra». E con un sorriso carico di malvagità Shane sparì nel buio della notte e Ramsay si trovò nella sua calda stanza, il camino scoppiettava rumorosamente e nella mano destra reggeva un boccale di vino. Fuori dalla finestra la tempesta imperversava.
 
 
***
          I primi tenui raggi solari filtravano oltre le pesanti tende della sala principale del Castello di Arendelle. Anna camminava innanzi e indietro, irrequieta, facendo venire un forte giramento di testa all'Ice Master. Olaf e i tre principi di DunBroch giocavano insieme, o meglio facevano a gara a chi inghiottiva più cioccolata. La servitù cercava il più possibile di evitare la principessa a passi di danza portando vassoi e piatti pesanti non solo per preparare la colazione, pranzo e cena, ma anche per i preparativi imminenti per il compleanno della regina.
         «Basta!» gridò Anna fermandosi di tutto punto in mezzo alla sala; uno dei servitori si fermò poco prima d'investirla con un vassoio di tazze di tè caldo e cioccolata. Kristoff si alzò di scatto pronto a salvare la sua fidanzata. Il cameriere riuscì ad evitarla con maestria.
         «Anna dovresti calmarti e sopratutto evitare di essere investita dai servitori» l'Ice Master la costrinse a sedersi di peso su una delle tante sedie libere.
         «Ma Kristoff potrebbe esserle capitato qualsiasi cosa. Attaccata dai lupi, divorata dagli orsi, ho rapita da quella strana vecchia o...» la principessa abbassò lo sguardo torturandosi le mani e fu a quel punto che Kritosff capì tutto; Anna aveva paura che sua sorella potesse averla lasciata di nuovo, da sola. Il ragazzo si inginocchiò e amorevolmente baciò le mani della principessa.
         «Vedrai che lei non ti lascerà più sola, deve essere accaduto qualcosa, ma niente di grave o preoccupante. Elsa è pur sempre la Regina delle Nevi» disse in tono affettuoso. Kristoff era uno dei pochi ai quali venisse permesso di chiamare la sovrana in quel modo; un tacito accordo d'amicizia tra la regnante e l'Ice Master,  soprannominato affettuosamente da  Elsa Re delle Renne.  Anna annuì trovando conforto in quelle parole.
         «Oh Elsa sta tornando è in compagnia della strana ragazza dai capelli rossi!» esclamò Olaf. La principessa si precipitò alla finestra rovesciando in terra la pesante sedia. Finalmente sua sorella era tornata a casa. Corse fino al portone d'ingresso e quando Elsa lo varcò Anna la cinse in un forte abbraccio, rimproverandola con apprensione.
         «Dove sei stata, cosa è accaduto, stai bene?»
         «Si,  io sto bene, ma forse non così tanto la nostra ospite. Chiamate il medico, deve essere nuovamente visitata... Ieri sera abbiamo avuto un incidente imprevisto» lanciò uno sguardo a Merida che afferrò al volo: nessuna parola su ciò che aveva visto accadere tra lei e Ramsay.
         «Oh va bene, l'accompagno io da Marcus, in questo momento è nel suo studio».
         «Grazie Anna e scusa se ti ho fatto preoccupare, ma una per una non pensi? Più tardi parleremo, ora devo proprio andare» e prima che sua sorella potesse fermarla salì in fretta le scale per dirigersi nel suo studio. Spalancò la porta della stanza e la richiuse con tre girate di chiave, abbassò le tende e prese il libro che GranPapà le aveva dato e sedendosi alla scrivania con il cuore che batteva nel petto lo aprì.
 
DunBroch
 
         Un nuovo sole era sorto oltre le montagne. Un nuovo giorno con nuove lacrime che sgorgavano dal viso arrossato della regina. Una nuova notte insonne passata a pensare ai suoi figli, a Merida, a Fergus prigioniero. Libera e in prigione nel suo stesso castello. Osservava dalla grande finestra della camera da letto gli uomini in arme con indosso lo stemma dell'Uomo Bruciato che si allenavano nel cortile. Il martellante rumore del ferro che batteva contro altro ferro la costrinse a massaggiarsi le tempie, un tempo quel suono le piaceva, o meglio non la infastidiva come in quel momento. I cani di suo marito avevano preso ad abbaiare e a latrare con forza, avevano fame. Non sapeva chi si occupava di quelle povere bestie, solo qualche giorno prima erano libere di gironzolare per il castello, ora erano tenuti in una gabbia, spaziosa, ma pur sempre una gabbia. Ramsay aveva sostenuto, saggiamente, che i cani sono più fedeli degli uomini.
         «Agli uomini bastano oro, donne e una carica importante per corromperli, un cane anche se gli servirai da mangiare ti staccherà la mano con tutta la carne portandola al suo vecchio padrone scodinzolando. Lo so per certo, mia signora l'ho visto con i miei occhi».  Questo le aveva detto il nuovo padrone di DunBroch una notte prima e non poteva che dargli ragione, silenziosamente aveva annuito.
         Lo bussare incessante alla porta la costrinse a voltarsi spezzando il flusso dei suoi pensieri. Le sue due servette erano giunte per preparale il bagno, abbellirla e condurla nella sala da pranzo, seduta al centro tra Ramsay e Roose Sutherland, nel suo vecchio posto di regina. La trattavano con gli onori dovuti, come se avesse ancora un ruolo in quel Castello, forse era così, forse no. Sospirando aprì la porta alle due servette che come ordinato dal loro padrone la prepararono di tutto punto. Indossò uno splendido abito rosso di seta, che le portava alla mente i capelli di Merida. Sulle spalle le venne poggiata una mantella corta di lino verde e ai piedi scarpe di cuoio. Tra i vari oggetti vi trovò una magnifica collana di d'oro bianca costellata di diamanti preziosi e gemme luccicanti. Osò sfiorarla appena con le dita per paura di romperla.
         «Spero che il mio regalo sia di vostro gradimento».
         Elinor sollevò gli occhi sull'uomo, su Ramsay che entrò nella stanza con passi felpati e veloci.
         «Credo, sia buona educazione bussare alla porta» ribatté la regina. Il Lord le porse un inchino di scuse.
         «Perdoni la mia distrazione»  con un movimento fluido e veloce la raggiunse, dietro le spalle e prendendo la collana le sussurrò «mi permetta di aiutarla a indossarla?»
         In un primo istante la regina avrebbe voluto rifiutare e scacciare l'uomo, ma riflettendo attentamente trovò più saggio e considerevole accettare quell'offerta, mostrarsi amichevole poteva tornarle utile, in futuro. Elinor annuì sentendo le mani fredde e nerborute del giovane sfiorarle il collo. Ramsay sorrise compiaciuto.    «Ho fatto bene a scegliere questa collana per lei, le dona molto».
         «La ringrazio» fu pura cortesia.
         «Non ringraziatemi, prendetelo come un regalo anticipato per il mio futuro matrimonio con sua figlia. Bene, la colazione è pronta». "Se riuscirà a trovarla e a costringerla a sposarsi con te, mio lord" pensò Elinor.
         Ogni leccornia era stata messa sul tavolo, dalla carne arrosto, alla zuppa di fave, al pane col miele e burro, a torte di ogni genere, vino e birra. Elinor toccò poco cibo e poco vino, preferiva rimanere lucida. Guardò gli uomini che pranzavano con lei, erano tutti in silenzio, solo di tanto in tanto si alzava un mormorio o una risata più forte, era tutto così diverso da quando Fergus non era più re. Non c'erano più risate, non c'era più vitalità. Maudie serviva a capo chino la colazione aiutata da una giovane servetta che non aveva mai visto al Castello, che con i suoi grandi occhi  marroni continuava a fissarla, forse  apparteneva ai Sutherland, ma tre le loro file oltre alle due servette che le preparavano la stanza e Shane non aveva visto altre  donne. La giovane a lei sconosciuta attraversò tutta la sala per versare vino fresco nelle coppe dei sovrani. Roose Sutherland rifiutò e con un cenno del capo si alzò dalla sedia allontanandosi, era un uomo silenzioso e di poche parole. Ramsay invece accettò annuendo, portando alla bocca un chicco d'uva.
         «Altro vino, maestà» disse la ragazza avvicinandosi con nuovo boccale alla coppa della sovrana sfiorando la mano con i suoi lunghi capelli color del grano. Elinor la scrutò con attenzione. No, non apparteneva ai Sutherland e neanche aveva mai lavorato al Castello, doveva essere stata assunta da pochi giorni o ore, perché sulla pelle della spalla si poteva vedere una bruciatura, un segno che tutte le ladre finite nelle prigioni e poi liberate portavano.
         «Si...» rispose la sovrana.
         «Il mio nome è Laire, mia signora».
         «La ringrazio Laire».
         La servetta si congedò con un inchino chiamata da Maudie. Elinor abbassò lo sguardo e trovò sul grembo una lettera dalla busta bianca che portava il nome della giovane servetta. L'aprì in fretta nessuno si era reso conto del suo gesto, Ramsay era troppo intento a parlare con una delle sue guardie per badare a lei; la lesse tutto d'un fiato.
         «Mia sovrana, lei non mi conosce, ma io  si e ho anche conosciuto sua figlia e per Merida e per lei che sto facendo questo. Oggi busserò alla sua stanza portandole del tè, mi apra. Dobbiamo parlare». ELinor nascose la missiva tra le pieghe del vestito. La testa le girò vorticosamente e lo stomaco si era chiuso in una morsa, scortata dalle guardie tornò nella sua stanza. Si sedette su una sedia a dondolo guardando il cielo, al di là delle montagne. Aveva deciso che avrebbe aperto alla giovane e parlato con lei con cautela, non sapeva ancora da che parte giocava, ma aveva intenzione di ascoltare ciò che Laire avesse da dirle. In cuor suo sperava  in unno spiraglio di luce dalle oscure tenebre.
 
 
 
 
 
 
Angolo Autrice:
Scusate il ritardo per vari motivi non sono riuscita ad aggiornare prima, ma la storia è tutta segnata su un quaderno, dovevo solo trovare il momento adatto per riportarla sul computer. Spero che questo capitolo vi sia piaciuto e ringrazio coloro che continuano a recensirmi e a seguirmi. Mi scuso per non aver risposto alla precedenti recensioni, ma provvederò a recuperare stesso oggi =). A presto, Mai Valentine. 
   
 
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