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Autore: PsYkO_Me    28/10/2015    2 recensioni
-Speciale Halloween!-
Questa è la storia di Sora, un ragazzino che ha sempre vissuto nella semplicità della vita di un villaggio.
Una notte però, degli occhi gialli verranno a cercarlo e da allora la vita del giovane diverrà un incubo.
(Nota: i capitoli saranno brevi).
Genere: Dark, Fantasy, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Sora, Vanitas
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun gioco
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Vanitas.
 
 
Dopo un lungo cammino, Sora cadde in ginocchio stringendo al petto il prezioso fiore. Si sentiva debole, le ferite gli continuavano a dolere e la fame era arrivata vorace. Non sapeva più che fare ed era in preda allo sconforto. Non voleva arrendersi eppure non riusciva a rialzarsi, una parte di lui lo bloccava lì. Si sentì trascinato in un incubo senza fine, senza via di fuga. Non se lo meritava, il dolce Sora, era sempre stato gentile con tutti, li aveva aiutati e li aveva amati. Invece, da quando quegli occhi gialli gli avevano fatto visita la sua vita era rapidamente caduta a pezzi. Aveva perso casa, aveva rischiato di morire, aveva perso tutto e tutti… e ora si trovava in un luogo sconosciuto in cui non esisteva più nulla. Non poteva accadergli di peggio, non più.
Un bagliore lontano lo riscosse poco dopo ma Sora non volle più far affidamento alla speranza, sarebbe stato solo peggio. Strinse i denti e lentamente si rimise in piedi. Avanzò con riserbo e cercò di catturare qualche immagine. Nuovi fiori luminosi avvolgevano quattro colonne e creavano un tappeto floreale. Non vi era altro, solo luce, ma Sora volle andarci comunque. Si strofinò il naso nascondendo la malinconia e fece capolino da dietro una colonna. Non vi era davvero nulla e il ragazzo riuscì a non rimanerci male.
«Ho fatto bene a non sperarci», sussurrò.
All'improvviso qualcosa lo scosse nel fondo dell'animo. Aveva già provato quella sensazione, nel bosco. Non fece in tempo a voltarsi che una presenza lo avvolse da dietro. Il ragazzo si sentì gelare mentre il respiro caldo di qualcuno si appoggiava sul suo collo. Lo udì deliziare il profumo della sua pelle e assaggiarlo con la lingua.
«Ci hai messo un po' per trovarmi.» La voce era sensuale e arrogante allo stesso tempo. Sora lo riconobbe: era il demone che gli aveva rovinato la vita. Cercò di colpirlo nello stomaco con il gomito ma trovò solo aria. Era sparito. Portò la mano dietro la schiena, cercando il coltello ma sbiancò quando non lo trovò. Si tastò il corpo andando nel panico, era sicuro di averlo riposto nel fodero quando era entrato nel palazzo.
«Cercavi questo?»
Il giovane si voltò e vide il demone dagli occhi ambrati appoggiato contro una colonna. Teneva il coltello dalla parte della lama e lo istigava con il suo sguardo divertito.
«Tu mi offendi. Credevi davvero di potermi uccidere con un coltellino da pasto?» Rise.
Sora strinse i pugni. Non era un coltello da assassino ma se per questo nemmeno da pasto. Si era sempre accontentato di ciò che poteva permettersi e quell'arma lo aveva aiutato spesso nella foresta.
«Chi sei?» Domandò il giovane con occhi taglienti. Voleva e doveva sapere chi fosse la causa della sua rovina.
«Siamo già alle presentazioni? Bene!», esclamò con entusiasmo il demone. Si avvicinò a Sora, si chinò per esser alla sua altezza e lo fissò intensamente. «Ah, mi piace quello sguardo...» Sussurrò seducente e mordendosi il labbro. «Il mio nome è Vanitas.»
«Un nome ripugnante.» Rispose freddamente l'altro.
Vanitas alzò un sopracciglio, stupito ma deliziato dalla sfrontatezza dell'umano. «Lo pensi davvero? A me piace molto, Sora. Ti sconsiglio però di parlare così con chi ti ha salvato da un incendio.»
Gli occhi del demone diventarono sottili come rasoi, solo un flebile bagliore ambrato nell'oscurità. Sapeva di averlo in pugno, quel ragazzino. Assaporò la vista del suo viso perdere l'audacia di poco prima e mutare in un'espressione di sconcerto. Poteva toccarne i pensieri: come fa a sapere dell’incendio?, perché l’ha fatto?, cosa vuole da me?. I denti bianchi si allargarono in un sorriso sadico e prima di perdere quell'attimo s'impossessò delle labbra del suo nuovo giocattolo umano. Lo brancò, gli invase la bocca e cercò la sua lingua nutrendosi della sua paura e della sua confusione.

 
   
 
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